Il segreto bancario non può coprire l’evasione fiscale

10 Ottobre 2017

Il Sole 24 Ore 19 Settembre 2017 di Alessandro Galimberti

LISTA FALCIANI? SENTENZA DEL TRIBUNALE FEDERALE

«Il segreto bancario non ha lo scopo di proteggere l’evasione fiscale commessa all’estero». Se a vergare questa sentenza è un tribunale svizzero – quello Federale, massima istanza del paese, l’equivalente della nostra Cassazione – significa che il vento lassù è davvero cambiato.
La causa che segna il punto di non ritorno tra il vecchio mondo alpino e il nuovo è quella che opponeva una signora argentina e i figli, tutti con domicilio fiscale in Italia, e banca Hsbc, quella diventata famosa per il furto + vendita di file al fisco francese da parte dell’ex dipendente Hervè Falciani (condannato per questo a 5 anni di carcere dal tribunale di Bellinzona). Nei primi due gradi mamma e figli avevano ottenuto «parziale ragione» dal pretore di Lugano e poi dall’appello ticinese: banca responsabile della mancata protezione dei dati, quindi clienti risarciti per la mancata adesione allo scudo fiscale-ter (i fatti accadono nel 2010) e per le imposte, sanzioni e interessi pagati alle Entrate, 40mila euro.
Ora però la cassazione svizzera inverte l’ordine causale: se i ricorrenti hanno versato quell’amaro importo, peraltro piccola frazione dei loro depositi in Hsbc, è perché – e solo perché – hanno scelto di non pagare le tasse là dove avrebbero dovuto, in Italia. Quindi c’è stato certamente un danno, ma chi è causa del suo mal non guardi alla banca, appunto perché il segreto bancario non tutela l’evasore, sicut dixi.
La sentenza (per la cronaca la 4A_21/2017 dell’udienza 29 giugno 2017) farà la storia del costume, prima ancora che della giurisprudenza, ma va letta anche per i riflessi che potrà avere sulle cause gemelle, centinaia, aperte a Lugano per le polizze Credit Suisse Life Bermuda (si veda da ultimo Il Sole 24 Ore del 1° settembre scorso). Qui i clienti lamentano la “stangata” per non aver potuto accedere alla voluntary disclosure/1 dopo che la Gdf aveva trovato i loro nomi (13mila) in un ufficio di Milano, e gli interessati non erano stati avvisati. Ma non è detto che Credit Suisse meriterà la clemenza riservata dalla corte a Hsbc: «La vicenda è parzialmente diversa – dice l’avvocato ticinese Paolo Bernasconi, che patrocina decine di clienti “Life Bermuda” – perchè non puntiamo a dimostrare la mancata custodia dei dati, ma piuttosto la erronea e cattiva consulenza: agli investitori veniva detto che quelle polizze erano sostanzialmente fuori dall’imponibile, cioè fiscalmente esenti. Così invece non era», come hanno scoperto i tanti che a Natale di 3 anni fa vennero raggiunti dagli avvisi di accertamento velocemente notificati dalla Gdf e dalle Entrate: il 1° gennaio infatti apriva la sanatoria vd/1, che fu invece impedita a molti dei 13 mila “Life Bermuda”.

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La società svizzera «paga» l’inerzia del rappresentante

10 Luglio 2017

Il Sole 24 Ore 26 Giugno 2017  di Ferruccio Bogetti e Gianni Rota

Imposte indirette. Se il mandatario italiano omette dichiarazioni e liquidazioni Iva

Per inadempienze e mancato ricorso contro gli avvisi risponde la società

La società svizzera risponde delle imposte accertate con atti notificati al rappresentante fiscale italiano. Questi è destinatario di tutti gli atti tributari quale mandatario, nonché solidamente responsabile. Né rilevano per il giudice eventuali responsabilità interne al rapporto fiduciario tra la società estera e il suo rappresentante, se quest’ultimo non impugna gli avvisi e li lascia diventare definitivi. Queste le conclusioni della sentenza 1863/01/2017 della Ctr Lombardia (presidente Labruna, relatore Aondio).
Il 9 marzo 2010 il Fisco eleva un Pvc a una società svizzera con rappresentante fiscale in Italia. Dal 2005 al 2010 tramite il rappresentante, la società avrebbe svolto nel nostro Paese operazioni Iva senza tenere i registri, effettuare le liquidazioni e presentare le dichiarazioni Iva.
Il 29 aprile 2011 le Entrate notificano al solo rappresentante alcune rettifiche Iva, che questi non impugna. In seguito, il 7 novembre 2011 la società comunica la cessazione del rapporto di rappresentanza fiscale.
La società riceve poi in Svizzera i ruoli definitivi e impugna contro le Entrate e il concessionario della riscossione, spedendo il ricorso in busta anziché plico. Queste le ragioni del ricorso:
nessuna notizia della verifica;
ricezione degli atti non presso la sede legale, ma solo presso il rappresentante fiscale;
violazioni solo formali, perché l’effettuazione dei vari adempimenti Iva avrebbe fatto scaturire un credito anziché un debito Iva;
in ogni caso, violazioni imputabili all’inadempienza del rappresentante.
Il Fisco resiste e il concessionario chiede l’inammissibilità del ricorso presentato in busta chiusa anziché in plico. Tesi accolta dalla Ctp, mentre la Ctr pur confermando nel dispositivo la sentenza di primo grado, nella parte alta della decisione ammette che il ricorso possa anche essere spedito in busta chiusa, purché sia provata la data di invio.
La ragione per cui la Ctr dichiara inammissibile il ricorso è che il ruolo e la cartella non sono stati impugnati per vizi in senso proprio (ad esempio, la decadenza della formazione del ruolo o l’incompetenza territoriale del concessionario), ma solo per un vizio in senso lato, cioè l’omessa notificazione dell’atto presupposto. Ed è proprio questa presunta omissione che i giudici non considerano tale, e questo per due ragioni:
il Fisco italiano deve poter contare su un interlocutore nazionale quando il soggetto passivo è stabilito all’estero e il rappresentante è l’unico destinatario di tutti gli atti dell’amministrazione: è un mandatario sempre obbligato a identificare in Italia il soggetto estero rappresentato, che diventa responsabile in solido per i debiti tributari;
al giudice tributario non interessano le responsabilità interne al rapporto fiduciario tra società estera e il suo rappresentante fiscale, da far valere in altra sede.
In conclusione l’accertamento è ritualmente notificato e i ruoli definitivi notificati in Svizzera sono legittimi.

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Reati fiscali, allargato il «ne bis in idem»

7 Giugno 2017

Il Sole 24 Ore 19 Maggio 2017 di Marina Castellaneta

Corte diritti dell’uomo. Il principio vale anche se la sovrapposizione dei processi è breve

La Corte europea dei diritti dell’uomo torna sull’applicazione del principio del ne bis in idem nei casi di sanzioni tributarie e penali per reati fiscali. Con la sentenza depositata ieri nella causa Johannesson e altri contro Islanda (ricorso n. 22007/11), Strasburgo sembra allargare nuovamente gli spazi applicativi del principio del ne bis in idem. Per la Corte, infatti, se manca una connessione sostanziale e se la sovrapposizione tra il procedimento tributario e quello penale è limitata dal punto di vista temporale, è certa la violazione del principio.
A rivolgersi alla Corte sono stati due cittadini islandesi che erano stati al centro di un procedimento per evasione fiscale. L’amministrazione tributaria aveva disposto l’applicazione di una sovrattassa, ma dopo nove mesi i due ricorrenti erano stati indagati per reati fiscali e condannati a una pena detentiva (pena sospesa) e a una multa. Di qui il ricorso alla Corte europea che ha dato ragione ai ricorrenti.
Per la Corte, infatti, l’Islanda ha violato l’articolo 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea – che afferma il diritto a non essere processato o punito due volte per lo stesso reato – proprio perché il procedimento tributario culminato con una sanzione pecuniaria aveva, in realtà, una natura sostanzialmente penale. I fatti contestati nei due procedimenti erano identici e così la stessa entità dell’evasione fiscale contestata.
È vero – osserva la Corte europea – che l’articolo 4 del Protocollo n. 7 non esclude del tutto la possibilità che due procedimenti siano condotti contemporaneamente, ma questo solo a condizione, accertata l’identità del fatto, che le due azioni siano strettamente legate dal punto di vista sostanziale e temporale. In presenza di questo legame “sufficientemente stretto”, infatti, si verifica un’integrazione tra le due azioni. Con la conseguenza che i due procedimenti ne formano uno unico.
La Corte, nell’accertare se sussistessero le due condizioni, ha tenuto conto, dal punto di vista della connessione temporale, della durata della sovrapposizione legata, però, all’intero svolgimento del procedimento.
Di conseguenza, poiché i procedimenti si erano svolti in parallelo solo per un anno su una durata complessiva di 9, Strasburgo ha escluso la connessione, anche perché l’imputazione ai due ricorrenti era arrivata 16 mesi dopo la decisione delle autorità fiscali.
Netta separazione anche sotto il profilo delle prove, con indagini e svolgimento dei procedimenti realizzati in modo indipendente.
Di qui la conclusione dell’assenza di una connessione sostanziale e temporale “sufficientemente stretta” e l’evidente duplicazione del processo, con una chiara violazione del principio del ne bis in idem.

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Fiscalità di gruppo, il Lussemburgo si adegua

17 Gennaio 2017

Il Sole 24 Ore 28 Dicembre 2016 di Valerio Vallefuoco

Multinazionali. Recepita la regolamentazione internazionale in vigore dal 1° gennaio

Passo importante verso la tax compliance del Lussemburgo che appena ieri attraverso la sua “Administration des contributions directes” (equivalente dell’agenzia delle Entrate) ha recepito la regolamentazione internazionale ed europea sulla fiscalità dei gruppi di imprese, a partire dal 1° gennaio 2017. La nuova regolamentazione assicurerà che le multinazionali non potranno più effettuare delle transazioni all’interno del proprio gruppo, in modo da assicurare che il prezzo del trasferimento dei ricavi sia tassato in maniera esigua ovvero non tassato in modo da risultare aiuto di Stato illegale ma si conformi alle regole che assicurano la concorrenza nel mercato Ue e Ocse. La circolare dell’amministrazione Lussemburghese richiama i principi e il contenuto dell’articolo 9 del commentario Ocse sulle imprese associate. Nella sostanza il principio internazionale condiviso prevede infatti che nei gruppi di imprese allorché due imprese, nelle loro relazioni commerciali o finanziarie, siano vincolate da condizioni, convenute o imposte, diverse da quelle che sarebbero state convenute tra imprese indipendenti, gli utili che, in mancanza di tali condizioni sarebbero stati realizzati da una delle imprese, ma che, a causa di dette condizioni, non sono stati realizzati, possono essere inclusi negli utili di questa impresa e tassati di conseguenza. Tale normativa è stata spinta dal mutato assetto europeo e mondiale contro l’elusione internazionale. Del resto sono da tempo in corso indagini della Commissione Ue per violazione della normativa sugli aiuti di Stato proprio nei confronti del Lussemburgo per tax ruling troppo favorevoli nei confronti di Amazon, Mc Donald’s e Gdf. Inoltre a brevissimo verrà implementata la regolamentazione europea sullo scambio automatico di informazioni nell’ambito dei ruling preventivi transfrontalieri e degli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento, fino a oggi previsto solo in via opzionale.
Nella normativa dell’Ue l’obbligo di scambio di informazioni sui tax ruling è previsto dalla direttiva Ue 2015/2376 recante modifica della direttiva 2011/16/Ue per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale. Tale direttiva si applica a decorrere dal 1° gennaio 2017, ma soggiacciono a scambio automatico i ruling emanati, modificati o rinnovati dopo il 31 dicembre 2016. In particolare anche la “Administration des contributions directes” Lussemburghese nel caso in cui i ruling preventivi transfrontalieri e gli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento siano stati emanati, modificati o rinnovati tra il 1° gennaio 2012 e il 31 dicembre 2013, potrà comunicarli agli altri Stati a condizione che fossero ancora validi al 1° gennaio 2014. Invece nel caso in cui i ruling preventivi transfrontalieri e gli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento siano emanati, modificati o rinnovati tra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2016, dovrà comunicarli alla Commissione Ue o agli altri Stati indipendentemente dal fatto che siano ancora validi.

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