Mese: Agosto 2020
Si avvisa la gentile clientela che lo Studio Studio Fiscale Tributario e Legale Dott. Antonio Valentini chiuderà per ferie estive dal 10/08/2020 al 21/08/2020. Si riaprirà al pubblico lunedì 24/08/2020
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Decreto Legge nr 123 del 27/07/2020 – (Ratifica Decreto – Legge nr 114 dell’08/07/2020) – Interventi in ambito di lavoro a supporto dell’emergenza economica causata da Covid-19
7 Agosto 2020
Il D.L.123 del 27/07/2020 ha apportato le seguenti modifiche ed integrazioni al precedente Decreto Legge 114/2020:
– Art. 3bis – Prestazioni di lavoro occasionali e accessorie
La modifica riguarda unicamente i settori di seguito elencati: bar, alberghi, ristoranti, commercio turistico, operatori del turismo in generale (comprese le attività connesse alle manifestazioni sportive, culturali, fieristiche, dello spettacolo e giochi), attività agricole e zootecniche.
Per tali settori, i datori di lavoro possono assumere lavoratori per svolgere prestazioni di lavoro occasionale e accessorio senza il limite settimanale dei tre giorni, ma nel limite delle 70 giornate complessive. Tale possibilità rimane in vigore fino al 30 settembre 2020 (per le sole attività agricole fino al 30 ottobre 2020).
– Art. 5 – Permesso parentale straordinario per nuclei familiari
Il comma 7-bis stabilisce che tale permesso non può essere richiesto dai dipendenti che risultano essere amministratori, soci o coniugi o parenti fino al secondo grado degli stessi.
Il comma 9-bis stabilisce il diritto ad usufruire dei permessi senza la corresponsione di alcuna indennità da parte di nuclei familiari che non abbiano fatto richiesta di iscrizione ai centri estivi.
Relativamente alle prestazioni occasionali ed accessorie richiamate dall’art. 3 bis del D.L. 123 si allega anche la Circolare del 29 luglio 2020 emessa dalla Segreteria di Stato del Lavoro e Sanità.
Con l’occasione si inoltra anche la Circolare del 09/7/2020 Prot. n. 62863 emessa dall’Ufficio Attività economiche in merito alle autocertificazioni presentate ai sensi della Circolare 3 -2020 UAE
Prot. n. 62863 del 09/07/2020 Uff. Att. Economiche
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Decreto Legge nr 122 del 24/07/2020 – (Ratifica D.L. nr 108 del 30/06/2020) – Disposizioni Finali relative all’emergenza COVID-19
7 Agosto 2020
Si allega il testo integrale del D.L. del 24 Luglio 2020 (a ratifica del precedente Decreto Legge n.108/2020 contentente le disposizioni finali relative all’emergenza da COVID – 19. Di seguito i punti principali:
– Articolo 1: con decorrenza 1 luglio 2020 si dichiara la cessazione dell’emergenza.
– Articolo 2: viene meno l’obbligo di indossare la mascherina qualora non possa essere mantenuta la distanza interpersonale di almeno un metro per un periodo superiore ai 30 minuti ed il divieto di assembramenti. L’Allegato 1 stabilisce comunque che permane fortemente raccomandato indossare la mascherina in caso di contatto interpersonale prolungato (distanza inferiore a un metro per più di 30 minuti) ed è raccomandato indossare la mascherina ogni qualvolta si acceda ad ambienti chiusi.
Inoltre, torna ad essere fruibile da tutti i lavoratori la mensa presso l’Ospedale di Stato.
– Articolo 10: è esteso anche ai soggetti non residenti o non soggiornanti che rientrano da Paesi diversi da Stati membri dell’Unione Europea, Stati parte dell’Accordo Schengen, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Andorra, Principato di Monaco e Stato della Città del Vaticano di comunicare preventivamente il proprio ingresso in territorio al Dipartimento Affari Esteri (così come avviene per i cittadini ed i residenti).
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Privacy, bocciato l’accordo Ue-Usa sui dati
7 Agosto 2020
Il Sole 24 Ore 17 luglio 2020 di Beda Romano
LA SENTENZA
La Corte europea: non dà garanzie sufficienti ai cittadini dell’Unione
La decisione complicherà ulteriormente le relazioni transatlantiche
Privacy e internet. I social media sono tra gli spazi dove si avverte maggiormente l’esigenza di proteggere i dati delle personeREUTERS
Bruxelles
Si complica ulteriormente il già difficile rapporto tra Stati Uniti e Unione europea. Ieri la magistratura comunitaria ha ritenuto invalido un accordo internazionale tra Washington e Bruxelles dedicato alla trasmissione di dati personali sui due lati dell’Atlantico. La Corte europea di Giustizia teme che l’intesa, nota con l’espressione inglese Privacy Shield e firmata nel 2016, possa mettere a repentaglio la privacy dei cittadini europei.
Secondo la Corte, l’accordo rende «possibili ingerenze nei diritti fondamentali delle persone i cui dati sono trasferiti» verso gli Stati Uniti. La magistratura comunitaria teme l’intrusione dei servizi di sorveglianza americana nelle banche dati situate in America. La decisione giudiziaria, che non può essere oggetto di appello, crea un vuoto giuridico in un ambito delicatissimo. Oltre 5.000 imprese – il 70% piccole e medie aziende – hanno sottoscritto nel tempo l’intesa Privacy Shield.
La sentenza giunge dopo un ricorso presentato da un giurista austriaco preoccupato in particolare dai dati personali degli europei raccolti da Facebook e custoditi negli Stati Uniti. «Mi sembra che la Corte abbia fatto propri tutti i miei rilievi», ha detto Max Schrems, lo stesso che era riuscito a ottenere nel 2015 l’annullamento di un precedente accordo tra gli Stati Uniti e l’Unione europea (il Safe Harbour), sempre per paure sul fronte della privacy.
«Gli Stati Uniti – ha aggiunto il giurista austriaco – dovranno modificare seriamente le loro leggi sulla sorveglianza se le imprese americane vorranno continuare ad avere un ruolo importante sul mercato europeo». Mentre molte associazioni di protezione dei consumatori hanno salutato la sentenza con soddisfazione («una vittoria per la vita privata», ha affermato Access Now), il segretario al Commercio Wilbur Ross ha detto «di sperare di limitare l’impatto economico sulle relazioni transatlantiche”.
Lo sguardo corre alle cosiddette clausole contrattuali standard. Si tratta di un modello di contratto ideato da Bruxelles e che può essere usato da qualsiasi impresa per esportare i propri dati verso una filiale, una casa madre o anche imprese terze. La Corte ieri ha considerato queste clausole accettabili purché le autorità nazionali incaricate della protezione dei dati diano il loro benestare e che le leggi del paese destinatario siano sufficientemente protettive della privacy.
Per l’esecutivo comunitario, la decisione giudiziaria è una nuova battuta d’arresto. Per fortuna le clausole contrattuali standard sono state salvaguardate dalla Corte e possono essere una soluzione alternativa, pur temporanea. Ha commentato il commissario alla Giustizia Didier Reynders: «Prenderò contatto con la mia controparte negli Stati Uniti per lavorare in modo costruttivo in vista di un meccanismo di trasferimento dei dati che sia solido e durevole».
La sentenza riguarda molte imprese multinazionali, a iniziare da Facebook. «Faremo in modo che i nostri inserzionisti, clienti e partner possano continuare a usufruire dei servizi di Facebook mantenendo i loro dati sicuri e protetti», ha dichiarato Eva Nagle, dirigente della società. «Le clausole sono utilizzate da migliaia di aziende in Europa, forniscono importanti garanzie per proteggere i dati dei cittadini dell’Unione».
La decisione giudiziaria giunge in un momento delicato nelle relazioni euro-americane. Negli anni, le tensioni si sono moltiplicate sul fronte commerciale, fiscale e anche militare (con la scelta di Washington di ridurre la presenza di truppe americane in Germania).
Non è un caso che l’associazione imprenditoriale Business Europe abbia ieri esortato le parti «a mettere a punto una strategia positiva».
L’Antitrust Ue ha inoltre avviato un’indagine nell’ambito di”Internet delle cose” su prodotti e servizi come Alexa o Siri, connessi alla rete e che possono essere controllati a distanza.
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Tassazione, Bruxelles prepara la fine dei regimi privilegiati
7 Agosto 2020
Il Sole 24 Ore 15 luglio 2020 di Beda Romano
FISCALITÀ
Verso il voto a maggioranza qualificata per porre fine agli squilibri nell’Unione
Oggi la sentenza della Corte europea sui 13 miliardi di Apple all’Irlanda
Vantaggi fiscali. Il logo di Apple con lo sfondo della bandiera irlandese: oggi la sentenza della Corte Ue
Bruxelles
Salvaguardare il mercato unico e la parità di condizioni d’accesso è diventato un aspetto cruciale della risposta comunitaria allo shock economico provocato dall’epidemia influenzale. Ciò è vero nel delicatissimo campo degli aiuti di Stato, ma anche in quello altrettanto delicato della fiscalità. In questo caso, il tema assume una dimensione particolare mentre i paesi membri sono alla ricerca di nuovo gettito fiscale per ridurre l’indebitamento.
La Corte europea di Giustizia dovrebbe pubblicare oggi una attesa sentenza dedicata al caso Apple. Nel 2016, la Commissione europea chiese alla società americana di rimborsare al governo irlandese un totale di 13 miliardi di euro. Bruxelles rimproverò a Dublino di avere fatto beneficiare Apple di aliquote fiscali bassissime, tali essere equiparate ad aiuti di Stato illegittimi. Il ricorso è stato presentato sia dalla società che dal governo.
Il caso è emblematico per via dell’ammontare in ballo. La Commissione vede nella vicenda un esempio di distorsione del mercato unico attraverso politiche fiscali eccessivamente generose. L’esecutivo comunitario ha imposto rimborsi anche ad altre aziende beneficiarie di aiuti di stato simili provenienti dall’Olanda o dal Lussemburgo. Lo shock economico provocato dall’epidemia influenzale ha reso la questione ancor più controversa, in un contesto peraltro di forte aumento dei debiti pubblici.
Si calcola che i più grandi paesi europei perdono miliardi di euro in gettito fiscale tutte le volte in cui loro aziende trasferiscono la sede in Stati membri nei quali il sistema fiscale è particolarmente generoso (si stima che l’Italia abbia perso fino a 21 miliardi nel 2019). Da anni, nelle sue raccomandazioni-paese, Bruxelles punta il dito contro l’Olanda, il Belgio, il Lussemburgo, l’Irlanda, Malta, Cipro e l’Ungheria, chiedendo una riforma dei loro regimi fiscali perché favorirebbero abusi da parte delle singole imprese e provocherebbero distorsioni alla libera concorrenza.
Secondo il Financial Times, la Commissione europea sta riflettendo sull’ipotesi di usare l’articolo 116 dei Trattati che dà modo all’esecutivo comunitario di correggere distorsioni alla libera concorrenza nel mercato unico provocate dalle legislazioni nazionali attraverso l’adozione di direttive, la cui violazione verrebbe eventualmente sanzionata a livello europeo. Mentre le questioni fiscali richiedono tradizionalmente l’unanimità, in questo caso Bruxelles potrebbe adottare misure attraverso il voto alla maggioranza qualificata.
Interpellato ieri il portavoce della Commissione europea Dan Ferrie ha commentato: dall’inizio del suo mandato, la Commissione presieduta da Ursula von der Leyen «ha chiarito che esplorerà modi per sfruttare appieno le disposizioni dei trattati che consentono l’adozione delle proposte fiscali a maggioranza qualificata anziché all’unanimità. La Commissione sta ora esaminando varie opzioni per mantenere questo impegno politico».
Intanto, sempre oggi, Bruxelles dovrebbe presentare una raccomandazione che permetterà ai paesi membri nel caso di non versare aiuti di Stato a imprese nazionali con una sede in un paradiso fiscale (extra-Unione europea). Si tratta in buona sostanza di una eccezione al principio di non discriminazione. Nello stesso modo, pur di garantire equa concorrenza nel mercato unico, la Commissione nei giorni scorsi ha ricordato che non è possibile condizionare l’aiuto di Stato a particolari decisioni d’investimento.
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Tassata la guida dell’auto con targa extra Ue
7 Agosto 2020
Il Sole 24 Ore lunedì 6 luglio 2020 di Giorgio Emanuele Degani
DOGANE
Scattano dazi, Iva e confisca per l’utilizzo in Italia da parte di un residente
Integra la fattispecie di contrabbando l’utilizzo in Italia, da parte di un soggetto residente, di un autoveicolo a uso privato immatricolato in Svizzera (quindi con targa stranera) e di proprietà di una persona fisica straniera residente in un Paese extra Ue. Pertanto, la richiesta di pagamento dei dazi, dell’Iva e la confisca del veicolo sono legittime. A dirlo è la Ctp Brescia 221/3/2020 (presidente Maddalo, relatore Repossi).
Il reato di contrabbando nell’importazione di autoveicoli è stato depenalizzato dall’articolo 1, comma 1, Dlgs 8/2016. Con specifico riferimento agli autoveicoli ad uso privato, destinati ad usi non commerciali, gli articoli 232 e 233 delle disposizioni di applicazione del Codice doganale comunitario (regolamento Ce 2454/93) prevedono che, laddove i mezzi siano immatricolati al di fuori del territorio eurounionale, è prevista l’esenzione dal pagamento dei diritti di confine al ricorrere di due condizioni: che il veicolo sia immatricolato al di fuori del territorio doganale unionale, a nome di una persona stabilita non in uno Stato membro; che il mezzo sia utilizzato dall’intestatario (o da un congiunto entro il terzo grado di parentela parimenti stabilito al di fuori del territorio doganale unionale; o da un’altra persona anch’essa residente extra Ue purché debitamente autorizzata dal titolare; o, da ultimo, da una persona stabilita nel territorio unionale, a condizione che il titolare si trovi a bordo del veicolo).
Sussistendo ambedue le condizioni, il veicolo, varcando la frontiera del territorio doganale unionale, si considera ammesso temporaneamente per un massimo di sei mesi, anche non consecutivi, a decorrere dal primo ingresso: ciò comporta l’applicazione del regime di temporanea importazione, senza dover assolvere i dazi e l’Iva.
Il decreto Sicurezza 2018 (Dl 113/2018 convertito in legge 132/2018) ha modificato l’articolo 93 del Codice della strada, secondo cui è vietato a chi ha stabilito la residenza da oltre sessanta giorni in Italia condurre un veicolo con targa straniera.
Nel caso in esame la contestazione sollevata dalle Dogane trova il proprio fondamento in un verbale redatto dalla polizia locale, nella quale il conducente del veicolo, residente in Italia, ne dichiarava l’uso occasionale, senza però che il titolare si trovasse a bordo.
Senza aver fornito la prova di aver assolto i diritti di confine, il conducente assumeva che l’uso era avvenuto per ragioni di emergenza, ossia per il ricovero d’urgenza del figlio minore presso l’ospedale di un’altra città, ma nessuna documentazione veniva versata in atti. Al contrario, l’ufficio dimostrava che il conducente aveva un collegamento stabile con lo Stato italiano.
I giudici hanno rilevato quindi la legittimità della ripresa erariale, ritenendo prevalente la disciplina doganale sul Codice della strada.
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Srl, nulle le scelte «rilevanti» dell’amministratore non approvate dai soci
7 Agosto 2020
Il Sole 24 Ore 10 Giugno 2020 di Angelo Busani
È nullo il contratto stipulato dall’amministratore di una Srl quando si tratta di un atto che comporta una «sostanziale modificazione dello statuto sociale» e che non ha ottenuto il previo placet dei soci. Lo decide il Tribunale di Roma con la sentenza n. 1722 del 27 gennaio 2020, diffusa solo di recente, reiterando identiche decisioni che il Tribunale medesimo aveva adottato il 28 aprile 2011 e il 3 agosto 2018 (non consta invece, sul punto, altra giurisprudenza, tranne una sentenza del Tribunale di Piacenza del 14 marzo 2016 che ha deciso per l’annullabilità e non per la nullità).
I poteri limitati dell’amministratore
La decisione (che concerne un contratto con il quale una società veniva privata dell’intero suo patrimonio) trova argomento nella considerazione che l’articolo 2479, comma 2, n. 5), del Codice civile, attribuisce inderogabilmente ai soci l’assunzione della «decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale» o «una rilevante modificazione dei diritti dei soci»: ne consegue che l’amministratore violerebbe una norma imperativa se stipulasse il contratto non sottoposto a una preventiva favorevole decisione dei soci, con la conseguente nullità di questo contratto (ai sensi dell’articolo 1418 del Codice civile).
Né potrebbe opporsi, secondo il Tribunale, che, ai sensi dell’articolo 2475-bis del Codice civile, gli amministratori «hanno la rappresentanza generale della società» e che «le limitazioni ai poteri degli amministratori» «anche se pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società», in quanto la riserva di competenza dei soci su queste decisioni risulta direttamente dalla legge e, trattandosi appunto di una limitazione legale, non si presta a trovare regolamentazione nell’articolo 2475-bis del codice civile, dal quale invece pacificamente si desume che non sono tacciabili di invalidità:
- l’atto episodicamente compiuto dall’amministrazione al di fuori del perimetro dell’oggetto sociale (nel caso in esame si ha invece una modifica permanente dell’oggetto sociale);
- l’atto compiuto dall’amministratore in eccesso rispetto ai suoi poteri;
a meno che non si dimostri (ma è notoriamente una probatio diabolica) l’intenzionale agire del terzo ai danni della società.
Gli effetti (negativi) verso i terzi
La decisione del Tribunale di Roma suscita perplessità in quanto rende rilevanti, all’esterno della società, questioni che la Riforma del 2003 ha chiaramente inteso confinare, in quanto ai loro effetti, all’interno della compagine sociale, proprio perché le patologie interne non si riverberino all’esterno, minando la serenità delle contrattazioni: in modo, cioè, che l’operato dell’amministratore, in dispregio alle limitazioni che il suo operato deve avere, non ridondi sui contratti che il medesimo stipula (e, quindi, coinvolgendo terzi estranei alla compagine sociale) ma abbia conseguenze solo a livello di responsabilità dell’amministratore verso la società amministrata (nonché i suoi soci e i suoi creditori) e a livello di giusta causa di revoca dell’amministratore dal suo incarico.
Anche perché non è facile, per i terzi estranei alla società, giudicare se il contratto stipulato dall’amministratore per conto della società che egli rappresenta comporti «una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale» «o una rilevante modificazione dei diritti dei soci»: ad esempio, nel caso esaminato dalla sentenza 1722/2020, si trattava di un’alienazione immobiliare concernente l’intero patrimonio della società e, dando credito alla sentenza, vorrebbe dire che il terzo contraente dovrebbe farsi carico di svolgere indagini sulla consistenza patrimoniale della società con la quale contrae, il che appare un onere francamente eccessivo.
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Antiriciclaggio, la Ue richiama l’Italia
7 Agosto 2020
Il Sole 24 Ore 3 luglio 2020 di Alessandro Galimberti
LOTTA AL DENARO SPORCO
La Commissione europea “stringe” sulle politiche antiriciclaggio, richiamando una serie di Paesi alla piena attuazione delle norme e avviando anche un pacchetto di procedure di infrazione.
Tra i destinatari delle comunicazioni c’è anche l’Italia, che ieri ha ricevuto un “parere motivato” – una sorta di avviso informale – per dare piena attuazione alla IV direttiva antiriciclaggio (anche se nel frattempo Roma ha già dato esecuzione pure alla V direttiva).
Insieme all’Italia, che ora avrà tre mesi per adeguarsi ai rilievi della Commissione ed evitare la messa in mora e poi l’eventuale procedura – ci sono anche Repubblica Ceca e Danimarca.
Lettere di costituzione in mora sono state invece recapitate al Lussemburgo, alla Slovacchia e alla Slovenia sempre per mancato o incompleto adeguamento alla IV direttiva antiriciclaggio, paesi che si avvicinano quindi al deferimento. Deferimento che invece da ieri è efficace per Austria, Belgio e Paesi Bassi, chiamati avanti la Corte di giustizia dell’Unione europea, con richiesta di sanzioni pecuniarie, per attuazione incompleta nel diritto nazionale sempre della 4ª direttiva antiriciclaggio.