DECRETO-LEGGE 29 marzo 2020 nr 56 – Norme per l’uso della teleconferenza/videoconferenza nelle assemblee dei soci delle persone giuridiche

31 Marzo 2020

Si allega il testo completo  del Decreto 56/2020 che regola l’uso della teleconferenza/videoconferenza nelle assemblee dei soci delle persone giuridiche. Nell’art. 1 viene concessa la  facoltà di tenere tutte le riunioni assembleari di tutte le persone giuridiche ed enti anche in deroga alle disposizioni di legge vigenti e/o statutarie con la forma della teleconferenza/videoconferenza mentre negli articoli successivi ne viene disciplinato il funzionamento.

DL 56-2020

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Il Fisco concede una tregua: sospesi controlli e verifiche

30 Marzo 2020

Il Sole 24 Ore 13 MARZO 2020 di Marco Mobili

SPECIALE CORONAVIRUS LOTTA ALL’EVASIONE

Una direttiva delle Entrate e una circolare GdF congelano le attività

Spetterà al Dl in arrivo decidere la sorte degli atti che sono in scadenza

Il coronavirus blocca i controlli del Fisco. In attesa che il Governo vari con il decreto legge atteso per il week-end il congelamento del saldo Iva di lunedì 16 marzo (si veda il servizio a pagina 9) e misure finalizzate a sospendere i termini per le attività di Entrate e agente della riscossione, i termini di cartelle saldo e stralcio e rottamazione-ter e quelli di invio cartelle e atti esecutivi, l’Agenzia e la Guardia di Finanza si sono giù mosse autonomamente per fermare le attività legate a verifiche e controlli. Anche se non tutto è destinato a fermarsi.

Ma andiamo con ordine. Proprio nella serata di ieri le Entrate hanno comunicato che il direttore Ernesto Maria Ruffini ha firmato una direttiva per disporre la sospensione di attività di liquidazione, controllo, accertamento, accessi, ispezioni e verifiche, riscossione e contenzioso tributario di propria competenza. Questo «a meno che non siano in imminente scadenza (o sospesi in base a espresse previsioni normative)».

Proprio su questo aspetto dell’«imminente scadenza» potrebbe intervenire il Dl che il Governo si appresta a licenziare. E che dovrà chiarire anche se il perimetro della sospensione della riscossione preveda delle limitazioni o meno. Del resto, anche secondo quanto comunicato alle sigle sindacali di Ader (Fabi, First Cisl, Fisac Cgil e Uilca) in un pacchetto di misure riorganizzative del lavoro per fronteggiare l’emergenza sanitaria, l’ente ha dato istruzione agli ufficiali di riscossione e messi notificatori che svolgano solo attività interne, con la sola eccezione delle attività indifferibili.

Anche la Guardia di Finanza ha deciso di sospendere per un periodo ancora indefinito e vincolato all’evoluzione dell’epidemia da Coronavirus, l’esecuzione delle verifiche, dei controlli fiscali e in materia di lavoro, «d’intesa con i contribuenti interessati, fatti salvi i casi di indifferibilità e urgenza». Ovvero per tutte le situazioni connesse a violazioni per le quali potrebbero scadere i termini di contestazione. A spiegarlo è una circolare (consultabile su Ntplus Fisco) del comando generale della Guardia di Finanza (III reparto operazioni) diramata l’11 marzo a tutti gli uffici territoriali. Un blocco immediato esteso ai controlli strumentali e a tutte le attività di intelligence e di polizia economico finanziaria di contrasto al riciclaggio.

L’attività delle Fiamme gialle si concentrerà nei confronti di chi approfitta di questa situazione. In particolare, massima attenzione nel contrasto di frodi e attività illegali legate all’epidemia e dunque alle gare di approvvigionamento di presidi e attrezzature sanitarie, come ad esempio le mascherine, l’indebito utilizzo di risorse pubbliche (sussidi e incentivi di sostegno al reddito) destinati a famiglie e imprese. Ma non solo, perché saranno potenziati anche i controlli in dogana per il transito delle merci in entrata che in uscita con particolare riguardo alla sicurezza dei prodotti.

Intanto anche la Consulta dei Caf ha deciso di rinviare al 6 aprile l’avvio della stagione dichiarativa dei 730.

 

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Tassato il finanziamento soci citato nel verbale d’assemblea

30 Marzo 2020

Il Sole 24 Ore 2 MARZO 2020 di Angelo Busani

SOCIETARIO

Per la Cassazione scatta il registro anche in caso d’uso Molte però le criticità

Si applica l’imposta proporzionale di registro al contratto di “finanziamento-soci” formato per corrispondenza ed enunciato nell’ambito di un verbale di assemblea societaria: lo afferma la Corte di cassazione nell’ordinanza n. 32516 del 12 dicembre 2019.

L’orientamento

Supportando questa sua decisione con una stringatissima motivazione, la Cassazione prosegue, dunque, l’orientamento secondo cui:

il verbale assembleare è suscettibile di essere considerato quale atto “enunciante”;

l’enunciazione comporta la tassazione anche quando ne è oggetto un contratto da registrare solo “in caso d’uso” (tale è il contratto di finanziamento-soci formato mediante corrispondenza).

La tassazione del finanziamento-soci enunciato in un verbale assembleare era già stata affermata dalla decisione di Cassazione 15585/2010; mentre, più in generale, la tassazione a causa di enunciazione dei contratti soggetti a registrazione solo in caso d’uso era stata affermata nelle decisioni di Cassazione 5946/2007 e 22243/2015.

I punti deboli

La tesi riproposta dalla Cassazione nell’ordinanza 32516/2019 si presta però a essere criticata sotto una pluralità di aspetti.

Anzitutto, quando l’articolo 22, del Dpr 131/1986 (il Tur, testo unico dell’imposta di registro) detta la norma per la quale l’enunciazione di un atto (l’atto enunciato) da parte di un altro atto (l’atto enunciante) comporta la tassazione dell’atto enunciato, subordina questo precetto al fatto che l’atto enunciante e l’atto enunciato siano «posti in essere fra le stesse parti». Ebbene, è chiaro a chiunque che questa coincidenza soggettiva non può ontologicamente verificarsi quando si mette un verbale assembleare (il quale, per sua stessa natura, è un “atto senza parti”) al cospetto di un contratto (quello che reca l’accordo di finanziamento che, per sua natura, è un contratto bilaterale, formato per l’accordo intervenuto tra il socio mutuante e la società mutuataria).

In secondo luogo, l’articolo 22 Tur dispone anche che non si fa luogo a tassazione per enunciazione «quando gli effetti delle disposizioni enunciate…cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione»: anche qui, non v’è chi non veda che se un finanziamento-soci viene passato a capitale sociale (o, ciò che è lo stesso, a copertura perdite) in sede di assemblea, ecco che si verifica la cessazione degli effetti del contratto di finanziamento soci contestualmente alla sua enunciazione.

Sia nella decisione 15585/2010 che nella decisione 32516/2019 i due rilievi citati non vengono presi in alcuna considerazione.

Quanto poi, più in generale, al tema della enunciazione dei contratti soggetti a registrazione in caso d’uso (tra di essi spiccano, tutti i contratti soggetti a Iva, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, Tur; nonché, appunto, quelli formati per corrispondenza: articolo 1, Tariffa Parte Seconda allegata al Tur) la Corte di cassazione afferma decisamente – senza evidenziare un benchè minimo dubbio – che detta enunciazione comporta, dunque, la tassazione dell’atto enunciato.

Sennonché, è invece plausibile avanzare l’idea che, nel caso del contratto da registrare solo in caso d’uso, il legislatore stesso abbia dispensato questi atti dall’obbligo di registrazione fino al momento in cui si verifichi un determinato evento (il caso d’uso), al cui ricorrere (e solo al cui ricorrere) la legge connette l’attivazione dell’obbligo di registrazione: ebbene, che senso avrebbe esonerare da registrazione questi contratti fino al verificarsi del caso d’uso quando poi, invece, questi contratti dovrebbero essere registrati in caso di enunciazione?

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Società, voto a distanza a prescindere dallo statuto

30 Marzo 2020

Il Sole 24 Ore 20 Marzo 2020 di Franco Roscini Vitali

EMERGENZA COVID-19 IMPRESE

Proroga generalizzata di 180 giorni per svolgere le assemblee

Proroga ad ampio raggio per l’approvazione dei bilanci 2019, ma non solo questo. L’articolo 106 del Dl 18/20 dispone, in deroga agli articoli 2364 (Spa) e 2478-bis (Srl) del Codice civile e delle diverse disposizioni statutarie, la convocazione dell’assemblea ordinaria entro 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio.

Si tratta di una facoltà, esercitabile anche da parte alle società che, nello statuto, non hanno previsto la convocazione dell’assemblea per l’approvazione del bilancio nel maggior termine di 180 giorni, che potrà portare, per le seconde convocazioni, al mese di luglio.

Inoltre, Spa, società in accomandita per azioni, Srl, coop e mutue assicuratrici possono prevedere, anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie, per le assemblee ordinarie e straordinarie:

il voto in via elettronica o per corrispondenza;

l’intervento in assemblea con mezzi di telecomunicazione.

Queste società possono prevedere che l’assemblea si svolga, anche esclusivamente, mediante mezzi di tlc che garantiscano l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto, senza la necessità che si trovino nel medesimo luogo, ove previsti, presidente, segretario e notaio.

Le Srl possono consentire l’espressione del voto con consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto, anche in deroga all’articolo 2479, comma 4 e alle disposizioni statutarie. Le Spa quotate, per assemblee ordinarie e straordinarie, possono fare ricorso al “rappresentante designato”, previsto dall’articolo 135-undecies del Testo unico dell’informazione finanziaria, anche se lo statuto dispone diversamente: la norma in questione prevede il conferimento delle deleghe con istruzioni di voto su tutte o alcune delle proposte all’ordine del giorno. Inoltre, queste società possono prevedere, nell’avviso di convocazione, che l’intervento in assemblea si svolga solo tramite il rappresentante al quale possono essere conferite deleghe e subdeleghe: disposizione che intende evitare l’accesso fisico con i conseguenti rischi di contagio.

Queste disposizioni si possono applicare anche alle quotate sull’Aim e alle Spa diffuse tra il pubblico in modo rilevante. Banche popolari, di credito cooperativo, società cooperative e mutue assicuratrici possono designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante previsto dall’articolo 2539 del Codice civile anche in deroga ai limiti relativi al numero di deleghe conferibili a uno stesso soggetto: inoltre, nell’avviso di convocazione, possono prevedere che l’intervento in assemblea si svolga solo tramite tale soggetto. Il termine per il conferimento della delega è fissato al secondo giorno precedente la data di prima convocazione dell’assemblea.

Le disposizioni dell’articolo 106 si applicano alle assemblee convocate entro luglio 2020 ovvero entro la data, se successiva, fino alla quale è in vigore lo stato di emergenza.

Per le società a controllo pubblico l’applicazione delle disposizioni ha luogo nell’ambito delle risorse finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

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Per provare il patto fiduciario basta la scrittura privata

30 Marzo 2020

Il Sole 24 Ore lunedì 23 MARZO 2020 di Angelo Busani

IMMOBILI

Le Sezioni Unite chiudono il contrasto interpretativo: non serve il contratto

Il riconoscimento scritto che un dato bene immobile è intestato fiduciariamente a nome altrui è sufficiente affinché il proprietario-fiduciante possa pretendere il ritrasferimento del bene a nome proprio: non occorre, in sostanza, che risulti in forma scritta anche il negozio fiduciario e, cioè, l’accordo con il quale Caio accetta di intestarsi un dato bene di proprietà di Tizio. È quanto deciso dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza 6459 del 6 marzo 2020, che non solo compone un aspro contrasto verificatosi nella giurisprudenza di legittimità, ma dà anche credito a una tesi che era risultata minoritaria nelle decisioni precedenti.

Il tema è quello dell’accordo (il cosiddetto negozio fiduciario o pactum fiduciae) tra Tizio e Caio con il quale Caio accetta di intestarsi beni di proprietà di Tizio: vuoi perché Caio li acquista con denaro di Tizio, vuoi perché Tizio, avendoli comprati a suo nome, intende (ad esempio, per un certo periodo) non avere in capo a sé l’intestazione di questi beni.

È pacifico che quando Caio si rende acquirente in via fiduciaria su incarico di Tizio, i beni acquistati appartengono sostanzialmente a Tizio anche se sono formalmente intestati a Caio. Quindi, ad esempio, se i creditori di Tizio lo sanno, validamente pignorano i beni formalmente intestati a Caio; ancora, se Tizio muore, nella sua eredità sono compresi anche i beni formalmente intestati a Caio.

Ebbene, se il pactum fiduciae è formalizzato per iscritto, non si pone alcun tema: in qualsiasi tempo Tizio desideri divenire intestatario dei beni fiduciariamente intestati a Caio, egli può pretendere da Caio di compiere le attività occorrenti e, in caso di rifiuto di Caio, Tizio può ottenere (in base all’articolo 2932 del Codice civile) una sentenza che tenga luogo dell’attività di reintestazione che Caio non vuole compiere.

La questione si pone invece se il pactum fiduciae non risulta da un documento scritto, ma si ha solo una scrittura nella quale Caio riconosce che i beni a lui intestati sono di proprietà di Tizio; la scrittura può anche contenere l’impegno di Caio al ritrasferimento a Tizio dell’intestazione formale dei beni in questione. Il problema deriva dal fatto che la legge prescrive la forma scritta sia per gli atti che hanno per effetto il trasferimento della proprietà di beni immobili (articolo 1350 n. 1 del Codice civile), sia per gli atti dai quali (come accade per il contratto preliminare di compravendita immobiliare) scaturisce un obbligo al trasferimento di beni immobili (articolo 1351 del Codice civile).

Finora, la tesi dominante in Cassazione (5663/1998, 6024/1993, 3706/1994, 9489/2000, 4886/2003, 8001/2011, 10163/2011, 11757/2014, 13216/2017) riteneva che, qualora il negozio fiduciario avesse a oggetto diritti reali immobiliari, il pactum fiduciae dovesse avere la forma scritta a pena di nullità: in altri termini, in mancanza della forma scritta, il fiduciante non avrebbe avuto azione contro il fiduciario per il ritrasferimento dei beni fiduciariamente intestati al fiduciario.

La tesi giurisprudenziale minoritaria (Cassazione 10633/2014), invece, riteneva che, in mancanza di un pactum fiduciae redatto per iscritto, fosse sufficiente per il fiduciante esibire in giudizio una dichiarazione scritta del fiduciario attestante l’altrui proprietà sostanziale e l’impegno a trasferire al fiduciante gli immobili fiduciati.

Le Sezioni Unite hanno sostanzialmente aderito a questa seconda tesi, decidendo che l’accordo fiduciario non necessita indefettibilmente della forma scritta a pena di invalidità (in quanto non vi è alcuna norma che lo preveda) e che la prescrizione di forma si intende ugualmente soddisfatta in caso di esistenza di una dichiarazione scritta con la quale il fiduciario si impegni a trasferire determinati beni al fiduciante, in attuazione del pactum fiduciae. In sostanza, è eccessivo ritenere estensibile al pactum fiduciae la medesima prescrizione di forma dettata dalla legge per il contratto preliminare.

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Non c’è interposizione se il consulente opera tramite una società

30 Marzo 2020

Il Sole 24 Ore 23 MARZO 2020 di Fabrizio Cancelliere e Gabriele Ferlito

ABUSO DEL DIRITTO

Rileva che le prestazioni dirette (effettive) erano inopportune per i clienti

Non integra un’ipotesi di interposizione fittizia la fatturazione di prestazioni di consulenza da parte di una Srl unipersonale nei confronti di un gruppo societario di cui lo stesso socio della Srl era in precedenza un consulente diretto. È quanto affermato dalla Ctp di Piacenza con la sentenza 4/1/2020 (presidente Marchetti, relatore Rovero).

L’agenzia delle Entrate contesta a un contribuente l’infedeltà della dichiarazione dei redditi per l’anno 2013, per effetto dell’omessa indicazione del reddito prodotto da una Srl, ritenuta interposta, di cui il contribuente era socio unico (e le cui quote erano intestate a una società fiduciaria). In particolare, la società aveva fatturato prestazioni consulenziali nei confronti di un gruppo societario al quale il contribuente, in anni precedenti (ma anche in anni successivi a quello interessato dalla rettifica), aveva prestato personalmente la propria consulenza. In sostanza, secondo la tesi dell’Agenzia, si sarebbe di fronte a una ipotesi di interposizione fittizia finalizzata a ottenere un indebito risparmio di imposta in violazione del divieto di abuso del diritto. Pertanto, secondo l’ufficio, va applicato l’articolo 37, comma 3, Dpr 600/1973, secondo cui vanno imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando risulti dimostrato, sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che ne è l’effettivo possessore per interposta persona.

Il contribuente si oppone all’avviso di accertamento e la Ctp accoglie il ricorso. Secondo i giudici, nella fattispecie non è ravvisabile alcuna forzatura nella scelta del contribuente di costituire una Srl per continuare a svolgere, in favore delle società clienti, attività consulenziale già svolta personalmente in epoca pregressa. Infatti, sulla base di quanto documentato dal contribuente, tale scelta era stata determinata da una situazione contingente che, alla luce delle policy aziendali della clientela, rendeva inopportuna la prestazione delle consulenze in via diretta. Tanto è vero che, superata la situazione contingente, il contribuente ha in seguito ripreso a svolgere personalmente queste attività. Tutto ciò dimostrava che la scelta di costituire la società non era dettata dal perseguimento di alcun risparmio di imposta. E ancora, precisa la Ctp, non vi è nulla di anomalo nell’intestazione fiduciaria delle quote di partecipazione detenute dal contribuente, perché lo schema fiduciario è trasparente nei confronti della pubblica amministrazione e la società fiduciaria ha regolarmente assolto a tutti gli obblighi tributari per conto del fiduciante in qualità di sostituto d’imposta.

Da ultimo, i giudici rilevano che nemmeno l’ufficio ha messo in discussione l’effettività delle consulenze fatturate dal veicolo societario: il fatto che le prestazioni siano state materialmente svolte dal consulente/socio, senza percepire alcun compenso dalla società e senza beneficiare di ripartizione di utili, è un aspetto che attiene ai rapporti interni alla società ed è irrilevante nei confronti dell’amministrazione finanziaria, avendo la società regolarmente assoggettato a tassazione le prestazioni fatturate.

 

 

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DECRETO – LEGGE 20 marzo 2020 n.52 MISURE URGENTI DI CONTENIMENTO E GESTIONE DELL’EMERGENZA DA COVID-19 (CORONAVIRUS

23 Marzo 2020

Le disposizioni contenute nel Decreto Legge nr 52 del 20 marzo 2020 abrogano quelle contenute nel Decreto – Legge 14 marzo 2020 n. 51 e producono effetti fino al 6 aprile 2020.

DL052-2020+All.t

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Contante oltre i 2mila euro in fuorigioco dal 1° luglio

20 Marzo 2020

Il Sole 24 Ore 30 MARZO 2020 di Francesco Nariello

Lotta all’evasione. Nuovo freno all’uso di denaro liquido. Si punta ad accelerare per aumentare i pagamenti digitali

Limiti più stringenti all’uso del contante. Ma anche, per esercenti e professionisti, l’obbligo di dotarsi di Pos, che – sebbene senza sanzioni in caso di inadempimento – potrà fare leva su un bonus fiscale sulle commissioni applicate ai pagamenti elettronici. Sono le principali novità che, come previsto dal decreto fiscale collegato alla manovra di Bilancio, scatteranno dal prossimo 1° luglio per favorire un minore utilizzo del cash. Misure che vanno ad aggiungersi alle numerose soglie e regole fissate, negli ultimi venti anni, da varie disposizioni normative: dai 15mila euro per gli acquisiti degli stranieri ai mille euro per le rimesse dei money transfer, fino alle retribuzioni ai lavoratori subordinati da versare solo con mezzi tracciati.

Evasione nel mirino

L’obiettivo perseguito è quello di mettere a segno una svolta cashless, nell’ottica di contrastare evasione fiscale e riciclaggio, favorendo e potenziando l’utilizzo dei mezzi elettronici, inclusi i pagamenti digitali. Un target, tuttavia, non facile da centrare in un Paese, come l’Italia, dove – in base a quanto riportato nella relazione illustrativa dell’articolo 18 del Dl 124/2019 (che prevede la stretta) – le banconote restano lo strumento più utilizzato nei negozi: l’85,9% degli acquisti viene pagato in contanti, privilegiando spese di importo più ridotto (valore medio transazione circa 13,5 euro), che rappresentano la grande maggioranza delle operazioni (90% sotto i 40 euro).

Stretta sul contante

Il prossimo passo per limitare l’uso del cash, dunque, scatterà a luglio, con il divieto al trasferimento di contanti fra soggetti diversi che passerà a 2.000 euro, un terzo in meno rispetto alla soglia attuale di 3.000 euro. Ed è stato già definito il successivo step, che dal 1° gennaio 2022 porterà tale limite a 1.000 euro. Diventa così operativa la modifica all’articolo 49, del Dlgs 231/2007, ridefinendo, ulteriormente al ribasso, le soglie per denaro liquido, titoli al portatore, negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta.

La nuova stretta, come detto, si va ad aggiungere a una lunga lista di limitazioni – più di una quindicina – già esistenti. Tra quelle derivanti da norme di portata generale ci sono: il limite di 15mila euro allo shopping in contanti, da parte degli stranieri in Italia, di beni e prestazioni legati al turismo (valido dal gennaio 2019); la cifra massima di mille euro a partire dalla quale la rimessa di denaro da parte dei money transfer deve essere effettuata solo con mezzi tracciabili; il ricorso obbligato a bonifici, strumenti elettronici, pagamenti allo sportello o assegni in banche o posta per il versamento della retribuzione (compresi anticipi) ai lavoratori subordinati da parte di datori di lavoro e committenti.

E, ancora: il tetto di 1.000 euro a partire da cui stipendi, pensioni e compensi pagati dalle pubbliche amministrazioni (e loro enti) devono essere erogati con strumenti di pagamento elettronici, e oltre cui gli assegni bancari e postali devono avere la clausola di non trasferibilità e l’indicazione di nome o ragione sociale del beneficiario.

L’argine all’utilizzo di trasferimenti cash può derivare anche da norme relative a controlli e comunicazioni dati. E’ il caso della soglia dei 10mila euro come ammontare delle operazioni in contanti effettuate in un mese da un singolo cliente, oltre la quale scaturisce, per l’intermediario finanziario, l’obbligo di inviare comunicazione antiriciclaggio; oppure l’importo massimo per la valuta, sempre di 10mila euro, dopo cui va compilata una dichiarazione da depositare alla dogana all’ingresso/uscita dall’Italia.

Sbarramento e Fisco

Esiste, infine, una serie di norme che impongono di non usare il contante se si vogliono ottenere specifici bonus o essere in regola con gli adempimenti fiscali. In questa categoria ricadono, ad esempio, il pacchetto di detrazioni connesse ai lavori edilizi, per accedere alle quali è necessario pagare con bonifici o altri mezzi tracciati (si veda altro articolo), ma anche l’acquisto di carburanti da parte di soggetti passivi Iva, come professionisti e imprenditori, che devono pagare con carte, bonifici, bollettini o assegni per evitare indeducibilità del costo e indetraibilità dell’Iva.

Obbligo Pos ma senza sanzioni

Altro capitolo è quello dell’obbligo di Pos per i commercianti. Chi vende prodotti o servizi, anche professionali, è già tenuto – in base al Dl 179/2012, articolo 15 – ad accettare anche i pagamenti con bancomat e carte di credito, eccetto in casi di «oggettiva impossibilità tecnica»: per coloro che non si adeguano, tuttavia, non sono previste sanzioni.

Nella realtà, quindi, è come se l’obbligo non ci fosse. A tale mancanza avrebbe dovuto porre rimedio il Dl fiscale, che nel suo testo iniziale prevedeva sanzioni per gli inadempienti: cancellate, però, nella versione definitiva del provvedimento.

Per spingere all’utilizzo del Pos, tuttavia, lo stesso dl 124/2019 introduce (articolo 21) un sistema di incentivi ad hoc.

Dal 1° luglio partirà una sorta di bonus sui pagamenti elettronici, attraverso un credito d’imposta pari al 30% delle commissioni applicate da banche e circuiti sui versamenti via Pos e utilizzabile dagli esercenti con fatturato annuo fino a 400mila euro. Una misura, quindi, di cui beneficeranno soprattutto piccole medie imprese e che dovrebbe incentivare il ricorso ai pagamenti attraverso i terminali elettronici.

 

 

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Sospesa la privacy sui dati personali

20 Marzo 2020

Il Sole 24 Ore 12 MARZO 2020 di Maurizio Caprino

DL sanità

Se indispensabile contro il virus, possono essere forniti anche a privati

L’emergenza coronavirus sospende anche il diritto alla privacy sui dati personali sensibili. Lo prevede l’articolo 14 del nuovo decreto emanato lunedì per potenziare il sistema sanitario di fronte all’emergenza (Dl 14/2020). E si va verso una “liberalizzazione” dei controlli della temperatura corporea: presto potrebbero essere eseguiti anche da personale non sanitario, come già avevano iniziato a fare alcune aziende a febbraio subito dopo l’istituzione delle zone rosse nel Lodigiano e nel Padovano, con una prassi però “bocciata” dal Garante.

La sospensione della privacy non è una misura improvvisa: era un’eventualità già prevista nel caso in cui la situazione diventasse difficile. E c’è l’ok del Garante della privacy, dato il 2 febbraio, subito dopo la delibera del 31 gennaio con cui il Consiglio dei ministri, in previsione di un’epidemia, aveva dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi.

L’articolo 14 del Dl riprende i contenuti della prima ordinanza (Opcm) emanata per attuare lo stato di emergenza. Dunque, rende possibile lo scambio tra sistema sanitario, forze dell’ordine e Protezione civile di tutti i dati sensibili delle persone necessari ai fini del contrasto dell’epidemia. Se fosse indispensabile, si arriverebbe anche a fornire i dati a privati (per esempio, aziende farmaceutiche per ricerca sui vaccini).

Il tutto, però, rispettando l’obbligo di proporzionalità che è fra i cardini del regolamento europeo 2016/679 (Gdpr). Quindi, per esempio, ai ricercatori privati potrebbero essere forniti solo dati disaggregati.

L’ultimo comma dell’articolo 14, recependo l’indicazione data dal Garante, stabilisce che alla fine dell’emergenza andranno adottate «misure idonee a ricondurre i trattamenti di dati personali effettuati nel contesto dell’emergenza, all’ambito delle ordinarie competenze e delle regole che disciplinano i trattamenti di dati personali». Sarà in quella fase che tornerà la vigilanza ordinaria e quindi potranno emergere eventuali abusi.

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Delibera del Congresso di Stato n. 10 del 17 marzo 2020 recante misure straordinarie di proroga termini di legge, di scadenze fiscali, di pagamento di imposte e tasse, e di utenze.

19 Marzo 2020

Si comunica a tutta la clientela che con Delibera del Congresso di Stato nr 10 del 17 marzo 2020 vengono prese misure straordinarie di proroga termini di legge, di scadenze fiscali, di pagamento di imposte e tasse, e di utenze.

Delibera del Congresso di Stato nr 10 17/3/2020

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