Mese: Dicembre 2023
Scadenziario Febbraio 2024
31 Dicembre 2023
entro il 20 Febbraio
- Scade il termine per il pagamento dei contributi previdenziali /assistenziali I.S.S. F.S.S. e FONDISS per lavoratori dipendenti relativi al mese di gennaio.
entro il 29 Febbraio
- Scade il termine per il versamento della ritenuta del 5% sugli utili (anche eventualmente accantonati a Riserva) prelevati nel bimestre di novembre e dicembre dell’esercizio precedente (ritenuta da applicarsi sulla distribuzione utili formatisi dall’anno 2014 in avanti);
- il pagamento delle ritenute a titolo definitivo per lavoro autonomo relativi al bimestre di novembre e dicembre dell’esercizio precedente;
- il pagamento dell’imposta speciale di bollo sui servizi di agenzia e rappresentanza (3% – 6%) relativi al bimestre di novembre e dicembre dell’esercizio precedente;
- il pagamento dell’imposta speciale di bollo sui servizi di elaborazione dati e pubblicità (3%) relativi al bimestre di novembre e dicembre dell’esercizio precedente;
- scade il termine per la richiesta di rimborso per l’acquisto di benzina e di gasolio usato come carburante nel periodo 01/07/2023 – 31/12/2023 come da Decreto Delegato del 6 agosto 2012 n. 114.
- si ricorda che la presentazione della richiesta al Fondo Servizi Sociali finalizzata al rimborso delle spese obbligatorie inerenti la sicurezza di cui all’Accordo del 14/02/2006 fra la Confederazione Sindacale e le Associazioni Datori di Lavoro
– per il settore INDUSTRIA è da inviarsi entro il 29/02/2024
– per i settori COMMERCIO/ARTIGIANATO/SERVIZI è da inviarsi entro il 31/03/2024
Alla richiesta vanno allegate le relative fatture di spesa.
- Scade il termine per versamento degli importi relativi alla gestione separata e FONDISS per gli amministratori, presidenti CdA, Amministratori delegati, CO.CO.PRO e soci lavoratori di cui alla Legge 158 del 05/10/2011 art. 4 e succ mod. Proroga del termine consentita per l’anno 2023 come da comma 2 art. 4 Decreto Delegato nr 199 del 29/12/2023.
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Scatta la raccolta di dati sui redditi online
15 Dicembre 2023
Il Sole 24 Ore 22 novembre 2023 di Giuseppe Latour
Un provvedimento rende operativa la Dac7: stretta su e-commerce e affitti brevi
Identificativo del venditore, giro d’affari maturato online, eventuali imposte trattenute e, in caso di locazione, dati dell’immobile affittato e numero di giorni di affitto. Sono solo alcune delle informazioni che i gestori di piattaforme digitali devono comunicare all’agenzia delle Entrate, secondo la direttiva europea Dac7 (2021/514 del Consiglio del 22 marzo 2021) e il decreto di recepimento italiano (Dlgs n. 32/2023).
Ieri un provvedimento firmato dal direttore dell’agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini (Prot. n. 406671/2023) ha reso pienamente operative queste regole. Attraverso lo scambio automatico di informazioni sul reddito degli utenti che vendono prodotti o forniscono servizi con le piattaforme digitali, l’obiettivo è contrastare l’evasione fiscale a livello europeo.
Alla base di questo intervento c’è la difficoltà che, in tutti i paesi europei, le amministrazioni finanziarie incontrano nel ricostruire i ricavi realizzati attraverso le piattaforme web. Avendo spesso piattaforme collocate fuori dai confini nei quali operano, è sempre complicato ricostruire i volumi di affari ed effettuare eventuali contestazioni. Da qui nasce l’esigenza di avere a disposizione comunicazioni standardizzate a livello europeo.
Entro il 31 gennaio del 2024, allora, i gestori di piattaforme digitali residenti in Italia (e in alcuni casi anche i gestori stranieri “non-Ue”), dovranno comunicare all’agenzia delle Entrate i dati sulle vendite di beni e sulle prestazioni di servizi realizzate dagli utenti attraverso i loro siti e app. Entro il 29 febbraio, il Fisco italiano condividerà queste informazioni con le autorità degli altri paesi Ue, in base allo Stato di residenza del venditore, ricevendo a sua volta quelle relative ai venditori (persone fisiche o giuridiche) residenti in Italia.
Nello specifico, dovranno comunicare i dati i gestori di piattaforme residenti ai fini fiscali o costituiti o gestiti in Italia o dotati di una stabile organizzazione nel nostro Paese. I gestori esonerati dovranno inviare una «Comunicazione di assenza di dati da comunicare». Il provvedimento detta le regole anche per i Foreign Platform Operator (Fpo), ovvero i gestori stranieri non qualificati non-Ue, tenuti a comunicare i dati alle Entrate: è il caso, ad esempio, degli operatori che intermediano la locazione di immobili situati in Italia.
Le nuove regole andranno a colpire i marketplace che intermediano l’e-commerce (ad esempio, di vestiti), ma anche i portali per gli affitti brevi, oltre alle piattaforme di noleggio di qualsiasi mezzo di trasporto e, in generale, a tutto il mondo legato all’offerta di servizi alla persona. Restano, comunque, fuori alcuni soggetti. Ad esempio, sono esclusi i dati relativi ai grandi fornitori di alloggi nel settore alberghiero, per i quali l’amministrazione finanziaria dispone di altri flussi di dati. E, allo stesso modo, sono esclusi i piccoli inserzionisti, cioè i venditori per i quali il gestore di piattaforma abbia intermediato meno di 30 attività e l’importo totale del corrispettivo versato o accreditato non sia superiore a 2mila euro nel corso dell’anno. In qualche modo, per la Dac7, i soggetti troppo grandi o troppo piccoli non sono considerati a rischio.
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Residenza fiscale delle società nella sede di direzione effettiva
15 Dicembre 2023
Il Sole 24 Ore 23 novembre 2023 di Alessandro Germani
Cambiano due criteri su tre: entra pure la gestione ordinaria in via principale
Non rilevano la supervisione e il monitoraggio della gestione da parte dei soci
La residenza delle società nel testo del decreto legislativo Internazionalizzazione che è stato depositato in Parlamento (e di cui oggi inizia l’esame in commissione Finanze alla Camera) per la sua discussione appare invariata rispetto alla bozza in precedenza circolata. Ciò che varia è la formulazione rispetto al testo attuale del Tuir, per tenere conto di una serie di implicazioni emerse nel tempo. Ma vediamolo in dettaglio.
Nell’ambito dell’articolo 73 del Tuir la residenza effettiva di una società individua attraverso determinati parametri il luogo in cui la società deve considerarsi residente (comma 3) mentre l’esterovestizione (comma 5-bis) introduce una presunzione, imperniata sul controllo da parte di soggetti residenti o sull’amministrazione da parte di consiglieri residenti, di residenza in Italia di soggetti non residenti.
Per ciò che concerne la residenza fiscale l’attuale versione del Tuir prevede tre criteri alternativi, cioè la sede legale, la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale. Anche la presenza di uno solo di questi implica la residenza nel territorio dello Stato. L’attuale testo del decreto Internazionalizzazione lascia questa struttura alternativa, ma modifica due elementi su tre. Resta infatti ferma la sede legale, e non può essere altrimenti visto che si tratta di un dato essenziale, anche se di natura formale, ma si modificano gli altri due visto che fanno il loro ingresso la sede di direzione effettiva e la gestione ordinaria in via principale.
La modifica normativa mira a chiarine anche il significato. Infatti, per sede di direzione effettiva si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Mentre per gestione ordinaria si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Sembrano dei criteri decisamente più chiari per stabilire se una società si debba considerare residente in Italia, rispetto alla sede dell’amministrazione e all’oggetto principale. In particolare, come chiarito dalla stessa relazione illustrativa, essi hanno natura sostanziale. Inoltre, il fatto che siano posti l’uno dopo l’altro serve a superare il concetto della sede dell’amministrazione. La relazione chiarisce infatti che le attività di supervisione e di monitoraggio della gestione da parte dei soci devono considerarsi diverse dalla direzione effettiva e dalla gestione amministrativa corrente. Quindi sicuramente la sede di direzione effettiva viene mutuata dall’esperienza delle Convenzioni internazionali (place of effective management), ma va visto come qualcosa di differente rispetto all’elemento volitivo dei soci. Mentre la gestione ordinaria in via principale, elemento utilizzato da altri paesi europei, indica quegli atti attinenti al normale funzionamento della società nel suo complesso. L’inciso «in via principale» serve nel caso in cui solo una parte delle attività siano svolte nel territorio dello Stato e quindi vi può essere, nel caso, solo una stabile organizzazione.
Per gli organismi di investimento collettivo del risparmio resta la regola per cui si considerano residenti se istituiti in Italia. Anche per i trust il collegamento con lo Stato italiano resta invariato, nel senso che il trust estero sarà residente in Italia se almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. E lo stesso vale per quei trust per i quali un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi. Ciò che cambia è la modalità di individuazione di questi trust esteri, perché il riferimento alla white list dell’articolo 168-bis del Tuir, articolo abrogato ormai dal 2015, viene sostituito dal riferimento alla lista dei paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni, in base al Dm introdotto dall’articolo 11, comma 4, lettera c), del Dlgs 239/1996.
In base alle modifiche del comma 3 appare poi più netta e chiara anche la norma dell’esterovestizione (comma 5-bis) che per individuare la presunzione di residenza per i non residenti che controllano società italiane e sono controllati o amministrati da soggetti italiani non fa più riferimento alla nozione di sede dell’amministrazione, ormai superato.
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Decreto Delegato 4 dicembre 2023 nr 173 – Definizione dello spred massimo e del tasso d’interesse nominale da applicarsi fino al 30 settembre 2024 ai prestiti assistiti dal contributo statale di cui alla Legge 31 03 2015 nr 44 e succ. mod.
15 Dicembre 2023
Con il Decreto Delegato nr 173 vengono fissati lo spread massimo e il tasso d’interesse nominale da applicarsi ai prestiti assistiti dal contributo statale da applicarsi sui muti stipulati fino al 30 settembre 2024.
a) durata fino a 15 anni: spread massimo 3,40%;
b) durata da 16 anni a 20 anni: spread massimo 4,30%;
c) durata da 21 anni a 25 anni: spread massimo 4,90%.
Per quanto concerne il tasso di interesse effettivo medio per i mutui stipulati a tasso fisso è determinato nella misura di 3,3719% mentre per i mutui stipulati a tasso variabile è determinato nella misura di 3,7171%.
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Decreto Delegato 4 dicembre 2023 nr 172 – Modifica all’Allegato VII ed agli art.15 e 16 del D.D. 21 04 2008 nr 62 “Produzione e commercializzazione di integratori alimentari” e successive modifiche
15 Dicembre 2023
Il decreto in oggetto aggiorna l’allegato VII e gli articoli 15 e 16 del precedente D.D. 62/2008 (in materia di produzione e commercializzazione di integratori alimentari) introducendo nuovi meccanismi di controllo ed etichettatura ed inasprendo le sanzioni amministrative che possono arrivare fino a 20mila euro se si commercializzano prodotti che non compaiono nei registri, e se l’integratore ha dosi diverse rispetto a quelle in etichetta.
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Decreto Delegato 30 novembre 2023 nr 168 – Sismabonus per la riduzione del rischio sismico
15 Dicembre 2023
Il Decreto Delegato nr 168 “Sismabonus” la cui entrata in vigore è fissata al 1° gennaio 2024 detta i presupposti per la detrazione d’imposta riconosciuta ai contribuenti che effettuano lavori edilizi antisismici ai fini della messa in sicurezza delle proprie case e degli edifici produttivi.
Come indicato all’art. 5 che dettaglia la procedura per l’ottenimento dell’incentivo, la norma è rivolta sia ai privati che alle società proprietarie dell’unità immobiliare oggetto d’intervento ma anche ai titolari di un contratto di locazione finanziaria e ai soci di cooperative di abitazione.
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Decreto Consiliare 3 novembre 2023 nr 159 – Ratifica della Convenzione tra il Governo della Repubblica di San Marino e il Governo del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord per l’eliminazione della doppia imposizione in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire l’evasione e l’elusione fiscale
15 Dicembre 2023
E’ stata data piena esecuzione alla Convezione tra la Repubblica di San Marino e Regno Unito e Irlanda del nord, firmata lo scorso maggio, per l’eliminazione delle doppie imposizioni fiscali.
L’accordo bilaterale che regola l’esercizio della potestà impositiva al fine di eliminare le doppie imposizioni sui redditi e/o sul patrimonio dei rispettivi residenti, è tra i primi del genere che il Regno Unito ha firmato dopo la sua uscita dall’Unione europea.
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Pensionati all’estero, la residenza oltreconfine guida l’imposizione
15 Dicembre 2023
Il Sole 24 Ore lunedì 20 novembre 2023 di Giorgio Emanuele Degani e Damiano Peruzza
L’assegno va tassato solo in Lussemburgo: le ritenute Inps vanno rimborsate
Il cittadino italiano, pensionato residente in Lussemburgo, ha diritto a ottenere il rimborso delle ritenute alla fonte Irpef operate dall’Inps sul reddito da pensione percepito. Così si è pronunciata la Cgt dell’Abruzzo con la sentenza n. 642/7/2023 (presidente e relatore D’Angelo) ha chiarito che l’articolo 18, della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Lussemburgo, prevede che la pensione percepita dal residente all’estero debba essere tassata solo in tale Stato di residenza e non anche in Italia.
In tema di doppia imposizione internazionale, la nozione di persona fisica residente deve essere intesa nel senso di potenziale assoggettamento della stessa ad imposizione in modo illimitato nello Stato di residenza; ciò, indipendentemente dall’effettivo prelievo fiscale subito, in quanto il fine delle Convenzioni contro le doppie imposizioni è proprio quello di eliminare la sovrapposizione dei sistemi fiscali nazionali ed agevolare l’attività economica internazionale.
La soluzione della fattispecie, pertanto, è stata individuata dai giudici nell’interpretazione dell’articolo 18 della Convenzione, secondo cui, ad eccezione delle pensioni connesse allo svolgimento di funzioni pubbliche per le quali si applica l’articolo 19 della Convenzione medesima e il diverso criterio dello Stato della fonte, le pensioni erogate da privati e pagate ad un residente di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in detto Stato.
L’avverbio “soltanto”, del resto, designa il potere impositivo allo Stato di residenza, escludendo ogni altra forma impositiva.
Pertanto, laddove la Convenzione contro le doppie imposizioni come quella siglata con il Lussemburgo preveda la condizione del subject to tax, questa deve essere intesa nel senso di potenziale assoggettamento ad imposizione in modo illimitato nello Stato di residenza.
La pronuncia è conforme anche alla giurisprudenza unionale: da un lato, gli Stati membri sono liberi di decidere i criteri da utilizzate nelle Convenzioni sovrannazionali per ripartire in modo equilibrato e bilanciato il proprio potere impositivo; dall’altro, gli accordi non hanno l’obiettivo di garantire al contribuente l’imposizione più bassa tra quelle applicate dalle due parti contraenti, ma hanno lo scopo di ripartire il potere impositivo evitando che il medesimo reddito venga tassato due volte.
In assenza di un’armonizzazione a livello eurounitario dell’imposizione diretta è, dunque, fondamentale applicare correttamente le Convenzioni, evitandone un impiego distorto. In conclusione, il pensionato residente all’estero in uno Stato con un regime fiscale vantaggioso e che abbia subito la ritenuta alla fonte da parte dell’Inps può chiederne il rimborso: ciò che rileva è unicamente il potere impositivo, anche solo potenziale, dello Stato estero di residenza.
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Provvigioni non inerenti: prova severa per il Fisco
15 Dicembre 2023
Il Sole 24 Ore lunedì 27 novembre 2023 di Marco Nessi e Roberto Torelli
La Cgt Campania ricorda che l’ufficio deve fornire ulteriori indizi oltre l’entità della spesa
L’impresa ha dimostrato che le somme erano legate all’attività e basate su contratti
In tema di deducibilità dei costi d’impresa, l’antieconomicità di un costo – intesa come sproporzione fra spesa e l’utilità che ne deriva rispetto alla produzione di ricavi – può costituire sintomo di difetto di inerenza. Pertanto, nel caso in cui il contribuente dimostri la riconducibilità dei costi all’attività d’impresa, l’ufficio deve fornire ulteriori elementi indiziari di inattendibilità della condotta del contribuente. Lo ha chiarito la Cgt della Campania nella sentenza n. 5124/16/2023 (presidente Pusateri, relatore Napoli).
La vicenda
Nel caso esaminato l’agenzia delle Entrate contestava ad una Sas la deducibilità fiscale (per presunto difetto di inerenza – ex articolo 109, comma 5, del Tuir) dei costi relativi alle provvigioni pagate ad un terzo in relazione ad un’attività di procacciamento d’affari. In particolare, il rilievo veniva giustificato in considerazione della mancata indicazione nelle fatture emesse di riferimenti specifici a rapporti contrattuali sussistenti tra le parti coinvolte, al numero dei clienti procurati nonché alla sussistenza di obblighi di pagamenti da effettuare “a vista”. Oltre a ciò, secondo l’Agenzia, l’accordo di mediazione commerciale sottoscritto prevedeva esclusivamente un accordo nel procurare nuovi clienti, senza alcun riferimento a corrispettivi dovuti a titolo di provvigione.
Il giudizio
Dopo un primo grado già favorevole al contribuente, anche in sede d’appello la Corte di giustizia di secondo grado ha confermato l’illegittimità dell’accertamento sulla base di una pluralità di motivazioni. Nel dettaglio:
1 l’avvenuta dimostrazione del pagamento delle fatture contestate così come risultante nei relativi estratti conti correnti bancari (a nulla rilevando la previsione di pagamento delle stesse “a vista”);
2 il deposito in giudizio del contratto (avente data certa) sottoscritto, consistente in un accordo di mediazione commerciale per procurare nuova clientela;
3 l’indicazione nel contratto di mediazione commerciale di un compenso stabilito, di volta in volta, in funzione della tipologia del cliente, del prodotto venduto o del servizio prestato (come confermato anche dalla corrispondenza intercorsa tra le parti contrattuali);
4 la giustificazione delle provvigioni pagate con la volontà di entrare in nuovi mercati con conseguente notevole incremento del fatturato;
5 l’assenza di indizi gravi, precisi e concordanti in merito alla presunta sproporzione (peraltro non rilevata in sede di accertamento) delle provvigioni pagate rispetto al mercato di riferimento e/o agli usi commerciali.
La sentenza in esame conferma l’orientamento, ormai consolidato, in base al quale l’agenzia delle Entrate è legittimata a sindacare la congruità dei costi appostati dal contribuente per la determinazione del reddito d’impresa solo in presenza di un comportamento che appaia manifestamente ed inspiegabilmente antieconomico. I tempi dovrebbero essere ormai maturi per un’applicazione diretta di questo principio da parte dell’agenzia delle Entrate.
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Criptovalute: ecco le sanzioni sul quadro RW non compilato
15 Dicembre 2023
l Sole 24 Ore 4 Dicembre 2023 di Rosanna Acierno
Accertamento e Riscossione
Nel 2020, ho acquistato criptovalute per un modico valore, che attualmente è pari a seimila euro. In caso di non adesione alla sanatoria – senza regolarizzazione, dichiarazione integrativa e ravvedimento operoso – quali sono le sanzioni/conseguenze per le criptovalute non dichiarate?
In caso di mancata regolarizzazione successiva all’omessa compilazione del quadro RW, qualora il cosiddetto wallet non sia detenuto presso un intermediario residente, l’amministrazione finanziaria potrebbe – con un apposito atto di contestazione – comminare, innanzitutto, le sanzioni dal 3% al 15% dell’ammontare degli importi non dichiarati per ciascun anno, a decorrere dall’anno di imposta 2020 (articolo 5, comma 2, del Dl 167/1990, convertito in legge 227/1990). Inoltre, a decorrere dall’anno d’imposta 2023, l’amministrazione finanziaria potrebbe, con un ulteriore atto impositivo, accertare la maggiore imposta sul valore delle criptovalute secondo l’aliquota proporzionale del 2 per mille annuo (in forza dell’articolo 19, comma 18, del Dl 201/2011, modificato dall’articolo 1, comma 146, della legge 197/2022, di Bilancio per il 2023), unitamente alla irrogazione di sanzioni dal 120% al 240% dell’imposta, oltre alla maggiore imposta di bollo, anch’essa con l’aliquota proporzionale del 2 per mille annuo, secondo quanto stabilito dall’articolo 13, comma 2-ter, della tariffa allegata al Dpr 642/1972. Si fa rilevare, infatti, che fino al 2022, le cripto-attività non erano soggette all’Ivafe (imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero), come chiarito anche dalle risposte a interpello all’agenzia delle Entrate 24 novembre 2021, n. 788, 24 agosto 2022, n. 433 e 26 agosto 2022, n. 437. A partire dal 1° gennaio 2023, invece, anche le cripto-attività sono soggette all’imposta di bollo e a un’imposta sul valore delle cripto-attività che riprende per buona parte la normativa dell’Ivafe.
Infine, l’amministrazione finanziaria, sulla base dell’articolo 6 del Dl 167/1990, che prevede una presunzione di fruttuosità degli investimenti all’estero posseduti da un contribuente residente tenuto agli obblighi in materia di monitoraggio fiscale, potrebbe accertare un maggiore reddito in misura pari al tasso ufficiale di riferimento vigente in Italia nel relativo periodo d’imposta e comminare le sanzioni dal 90 al 180 per cento. Come detto, le imposte e le sanzioni citate potrebbero essere dovute ove le cripto-attività fossero detenute presso un intermediario non residente, o se fossero archiviate su chiavette, Pc o smartphone. Non dovrebbe, invece, essere comminata alcuna sanzione, né verrebbe accertata alcuna maggiore imposta, ove il wallet sia detenuto presso un intermediario residente in Italia. Infatti, secondo quanto chiarito dalle risposte a interpello all’agenzia delle Entrate 24 agosto 2022, n. 433, e 26 agosto 2022, n. 437, le cripto-attività si considerano di fonte estera nella misura in cui il wallet non è detenuto presso un intermediario residente, con la conseguenza che non vi è alcun obbligo di monitoraggio qualora l’intermediario sia una società italiana.