Corsi online, imposta da pagare nel luogo di residenza del cliente

12 Settembre 2022

Il Sole 24 Ore 5 agosto 2022 di Paolo Parodi e Benedetto Santacroce

AGENZIA/CONSUMATORE FINALE

Nuovo intervento dell’agenzia delle Entrate sul tema della territorialità Iva nel settore della formazione online, con molte conferme ma anche con talune conclusioni foriere di criticità sia sotto il profilo concettuale sia in termini di operatività.

Il caso affrontato con la risposta ad interpello 409/2022 riguarda diverse tipologie di corsi di formazione, della durata di alcuni giorni, resi dalla società a distanza sia a favore di soggetti “business” che di consumatori finali. I corsi consentono l’interazione fra i docenti e i partecipanti e i docenti svolgono la loro attività in luoghi diversi, mediante il canale elettronico. L’Agenzia osserva che, considerando la possibilità di interazione fra docente e discenti, la qualificazione del servizio prestato non rientra nella nozione di «servizio prestato tramite mezzo elettronico» di cui all’articolo 7 del regolamento Ue 282/11. Il passaggio successivo, al fine di valutare l’applicabilità o meno delle deroghe fissate dall’articolo 7-quinquies, è costituito dalla necessità di distinguere le fattispecie in cui il committente sia un soggetto business (B2B) rispetto alle situazioni in cui il committente sia un consumatore finale (B2C). Per i corsi online verso soggetti business, non essendovi accesso in luogo fisico ove si svolge la formazione, trova applicazione la regola generale dell’articolo 7-ter: la territorialità Iva è nel Paese del committente e sarà questo ad assolvere l’imposta nel proprio Paese. Per i corsi verso consumatori finali opera invece la deroga dell’articolo 7-quinquies e dunque la territorialità Iva è nel Paese ove si svolge la formazione. Ma qui sorge la criticità interpretativa: qual è il luogo ove si svolge la formazione? La soluzione prospettata dalla società istante era quella di ritenere che le prestazioni devono considerarsi «materialmente eseguite» nel luogo ove sono fornite dal gestore della piattaforma, vale a dire nel luogo della sede delle attività economiche. L’Agenzia, invece, non ha accolto tale soluzione, ritenendo che i corsi B2C assumano rilevanza territoriale nel luogo di residenza del cliente. A sostegno dell’interpretazione, l’Agenzia richiama le linee guida approvate dal Comitato Iva nella riunione 118 del 19 aprile 2021, per i servizi consistenti in sessioni interattive filmate e trasmesse in tempo reale via internet (ad esempio, video-chat), nonché le modifiche operate dalla Direttiva Ue 2022/542 all’articolo 54 della Direttiva Iva, paragrafo 1, in relazione alle trasmissioni in streaming.

L’assimilazione della formazione online con interazione alle sessioni filmate o alle trasmissioni in streaming non appare pienamente condivisibile e comunque, nei casi in esame, genera non poche difficoltà operative per il fatto che il prestatore deve essere in grado di assolvere l’Iva nei diversi Paesi di stabilimento degli utenti.

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Due residenze e cittadinanze non fermano l’accertamento

12 Settembre 2022

Il Sole 24 Ore 12 agosto 2022 di Massimo Romeo

Dirimente la verifica sull’effettiva presenza e sulle attività svolte

Il possesso della doppia cittadinanza e della doppia residenza non elimina tout court la pretesa del fisco italiano. Un cittadino con cittadinanza e residenza italiana e ucraina, impugnava l’avviso di accertamento all’esito di un’ indagine delle Dogane relativa a spese non compatibili con la dichiarata assenza di redditi in Italia.

Fra i motivi, il ricorrente eccepiva la residenza fiscale in Ucraina e precisava che l’attività in Italia era solo a scopo perlustrativo. I giudici di prime cure accoglievano il ricorso osservando che la questione assorbente riguarda stabilire se il ricorrente fosse o meno residente in Italia; in tal senso, la Ctp riteneva che dalla documentazione prodotta risultava che il ricorrente (e il coniuge), non era residente in Italia, fatto dimostrato dal certificato doganale dei transiti. L’Ufficio, sia in primo grado che in fase di proposizione dell’appello, aveva precisato che se un soggetto non è residente paga in Italia solo per i redditi ivi prodotti, mentre se è residente paga per i redditi ovunque prodotti. Nel caso di specie, l’Agenzia puntualizzava che il ricorrente aveva: a) il centro degli interessi in Italia, b) la residenza italiana; c) conti correnti e una vettura intestata; d) investimenti patrimoniali effettuati dalla moglie.

La Ctr, pur con differente risultato, condivide il modus procedendi ritenendo che dirimente rispetto sia l’accertamento dell’assoggettabilità del ricorrente al sistema tributario italiano. Il Collegio osserva che, a prescindere dalle evidenze riscontrate dall’Ufficio come pure dalle contrapposte ragioni, a risolvere il contrasto interpretativo sul “se” e “quando” un soggetto debba considerarsi fiscalmente residente in Italia, è ancora intervenuta la Suprema corte che con l’ordinanza del 18 gennaio 2022 (n. 1355) ha stabilito che «le persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente si considerano, in applicazione del criterio formale dettato dal Dpr 1986/917, articolo 2, in ogni caso residenti, e, pertanto, soggetti passivi d’imposta, in Italia; con la conseguenza che, ai fini predetti, essendo l’iscrizione indicata preclusiva di ogni ulteriore accertamento, il trasferimento della residenza all’estero non rileva fino a quando non risulti la cancellazione dall’anagrafe di un Comune italiano».

Pertanto, considerato che il dato formale della residenza anagrafica in Italia non era stato contestato dal ricorrente, né risultava la stessa essere stata sospesa dall’iscrizione all’Aire, si doveva concludere che il contribuente fosse soggetto alla normativa tributaria del Paese di cui era anche cittadino (Italia). A fronte delle spese e degli investimenti accertati, il ricorrente non aveva contestato la correttezza delle imputazioni trincerandosi dietro a considerazioni poco plausibili (quali quelle afferenti agli oneri di casa) o a generici rinvii a prassi estere di poca presa (l’assenza, nell’ordinamento ucraino, di obblighi di tracciabilità delle movimentazioni di denaro).

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Partita Iva italiana anche con residenza UK

12 Settembre 2022

Il Sole 24 Ore 17 agosto 2022 di Giovanni Parente

Domicilio fiscale nel luogo di svolgimento dell’attività Tassazione nel nostro Paese

Domicilio fiscale nel luogo di svolgimento dell’attività libero-professionale in Italia all’apertura della partita Iva per il contribuente iscritto all’Aire e residente nel Regno Unito. In questo modo, l’operatore sarà considerato soggetto passivo d’imposta alla stregua di un residente. I redditi prodotti da tale attività saranno tassati in Italia. Così la risposta a interpello 429/2022 delle Entrate.

Il caso riguarda una cittadina italiana residente nel Regno Unito e iscritta all’Aire, che è intenzionata a svolgere un’attività libero-professionale in Italia senza averla svolta prima nel Paese estero di residenza. Il quesito è se potesse indicare all’apertura della partita Iva in Italia la sede di svolgimento dell’attività professionale come domicilio fiscale.

Le Entrate riconoscono l’intenzione della contribuente di costituire nel territorio italiano il «centro dei propri interessi» e di svolgere l’attività lavorativa in tale luogo. Di conseguenza, secondo l’Agenzia, «la circostanza che nel territorio italiano venga costituito il domicilio fiscale, pur in presenza della residenza in un paese terzo (Regno Unito), non è di ostacolo a considerare l’istante quale soggetto passivo di imposta alla stregua di un soggetto residente». Tra l’altro, la contribuente dovrà indicare nel modello AA9/12 di dichiarazione attività ai fini Iva «il domicilio fiscale ossia il luogo ove sarà svolta l’attività lavorativa, al fine di dotarsi di una partita Iva ordinaria».

C’è poi il fronte dell’imponibilità. A detta delle Entrate, «i redditi riconducibili all’attività svolta in Italia andranno ivi assoggettati a imposizione». La risposta a interpello fa riferimento all’articolo 14 della Convenzione tra Italia e Regno Unito (approvata con la legge 329/1990). Il passaggio chiave è il concetto di «base fissa» per l’attività libero-professionale. In estrema sintesi, la disposizione assoggetta a imposizione i redditi provenienti da una libera professione o da un’attività indipendente esclusivamente nello Stato di residenza ma «fa salvi i redditi che il beneficiario ottiene grazie ad una “base fissa” posta nell’altro Stato contraente, ipotesi che rende applicabile un regime di tassazione concorrente in entrambi i Paesi e la successiva applicazione del credito d’imposta nel Paese di residenza per le imposte pagate all’estero».

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Decreto Delegato 22 Agosto nr 115 – Modifiche alla Legge 23/02/2006 nr 47 – Legge sulle società e successive modifiche

12 Settembre 2022

La Legge sulle Società viene ulteriormente aggiornata con il Decreto Delegato nr 115 di cui si allega il testo completo

DD115-2022

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Decreto Delegato 4 Agosto 2022 nr 112 – Norme di attuazione del progetto “San Marino Card”

12 Settembre 2022

Il Decreto Delegato nr 112, riordina la normativa della San Marino Card prevedendo nuovi servizi digitali. Il passaggio fondamentale sarà la sostituzione della attuali carte, in scadenza a ottobre, con le nuove. Tra le novità, anche la possibilità di trasferire denaro tra due carte e non più solo ricariche in banca ma anche con il bancomat agli sportelli automatici.  Con la nuova app viene inoltre prevista la possibilità di effettuare operazioni tramite smartphone.

DD112-2022

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Decreto Delegato 8 agosto 2022 nr 113 – Rinnovazione delle iscrizioni ipotecarie

12 Settembre 2022

Il Decreto Delegato nr 113 ha per oggetto la rinnovazione delle iscrizioni ipotecarie al fine di impedire l’estinzione delle stesse.

DD113-2022

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Scadenziario Ottobre 2022

12 Settembre 2022

entro il 20 Ottobre

  • Scade il termine per il pagamento dei contributi previdenziali /assistenziali I.S.S.  F.S.S. e FONDISS per lavoratori dipendenti relativi al mese di settembre.

entro il 31 Ottobre

  • Scade il termine per il pagamento delle ritenute a titolo d’acconto per lavoro dipendente e autonomo relativi al bimestre di luglio-agosto 2022;
  • scade il termine per il versamento della ritenuta del 5% sugli utili  (anche eventualmente accantonati a Riserva) prelevati nel bimestre di luglio- agosto (ritenuta da applicarsi sulla distribuzione utili formatisi dall’anno 2014  in avanti);
  • il pagamento dell’imposta speciale di bollo sui servizi di agenzia e rappresentanza (3% e 6%) relativi al bimestre di luglio e agosto 2022;
  • pagamento dell’imposta speciale di bollo su servizi di elaborazione dati e pubblicità relativa al bimestre luglio – agosto 2022.
  • Ai sensi dell’ art. 40 Legge 207/2021 entro il 31/10/22 è consentito alle società di ogni genere ed agli operatori economici persone fisiche di rivalutare i beni strumentali iscritti nel registro dei beni ammortizzabili al 31 dicembre 2021 e le partecipazioni in società controllate o collegate costituenti immobilizzazioni.

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Decreto Legge 31 Agosto 2022 nr 124 (ratifica DL 1/8/2022 nr 111)- Modifiche urgenti e temporanee delle disposizioni di carattere generale legate all’attuale Stato Pandemico da COVID-19

12 Settembre 2022

Si allega il testo completo dell’ultimo Decreto Legge in tema di COVID-19 le cui disposizioni sono in vigore dal 3 Agosto u.s.

DL124-2022

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Compila Redditi chi lavora all’estero senza essere iscritto Aire

12 Settembre 2022

Il Sole 24 Ore 24 agosto 2022 di Giovanni Esposito

Le imposte pagate oltreconfine costituiscono un credito

Il contribuente è sottoposto alla maggiore delle due tassazioni

In base al cosiddetto principio della tassazione mondiale (world wide taxation principle), sul quale si fonda anche il sistema fiscale italiano, il cittadino che lavora all’estero non iscritto all’Aire (anagrafe degli italiani residenti all’estero) e quindi fiscalmente residente nel nostro Paese, ha comunque l’obbligo di pagare le imposte in Italia anche sui redditi prodotti all’estero, salvo che sia diversamente indicato da disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.

Le eventuali imposte pagate a titolo definitivo nei Paesi in cui i redditi sono stati percepiti si possono comunque detrarre da quelle italiane, sotto forma di credito d’imposta, fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero e il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione. In altri termini il contribuente soggiace alla maggiore delle due (italiana/ estera) imposizioni senza possibilità di monetizzare alcun credito.

Il quadro RC

Premesso che per convertire in euro i redditi espressi in valuta estera deve essere utilizzato il cambio indicativo di riferimento del giorno in cui gli stessi sono stati percepiti, quello del giorno antecedente più prossimo o in mancanza il cambio medio del mese, analizzando il caso della percezione di reddito da lavoro dipendente in Usa per 52.491 euro, nella dichiarazione Redditi 2022 nelle colonne al rigo RC1 si indica:

1 “2” redditi di lavoro dipendente o assimilati;

2 “1”se il contratto di lavoro è a tempo indeterminato, ovvero “2” se a tempo determinato;

3 l’importo dei redditi percepiti; in colonna 4, il codice che identifica la fonte estera dei redditi indicati nelle colonne precedenti (“1” se nella colonna 1 è indicato il codice 1).

Le imposte estere

I dati delle imposte estere andranno così indicati nelle colonne del rigo CE1:

1 il codice dello Stato estero;

2 il periodo d’imposta;

3 il reddito prodotto all’estero;

4 le imposte pagate all’estero (nel caso Usa pari alla somma della Federal income tax State and local income taxes);

5 il reddito complessivo;

6 l’imposta lorda italiana;

7 l’imposta netta italiana;

10 la quota d’imposta lorda italiana costituita dal risultato della seguente operazione: (colonna 3 / colonna 5) x colonna 6 (si precisa che se il rapporto tra reddito estero e reddito complessivo assume un valore maggiore di 1, tale rapporto deve essere ricondotto a 1);

11 l’importo dell’imposta estera ricondotta eventualmente entro il limite della quota d’imposta lorda, quest’ultima diminuita del credito utilizzato nelle precedenti dichiarazioni relativo allo stesso Stato ed anno di produzione. A tal fine si riporta il minore importo tra quello indicato nella colonna 4 (imposta estera) e il risultato della seguente operazione: colonna 10 – colonna 9.

Il credito d’imposta

Nelle colonne del rigo CE4:

1 sarà indicato il periodo d’imposta;

2 il totale degli importi indicati nella colonna 11 del rigo CE1;

3 l’importo dell’imposta netta;

4 l’importo per il quale è possibile fruire del credito pari al minore tra l’importo di colonna 2 e l’importo di colonna 3 di questo rigo. L’importo del credito così determinato va riportato nel rigo CE23 e, al netto di crediti di cui all’articolo 165 comma 6 e importi già utilizzati, il risultato finale nel CE26.

L’importo come prima quantificato è, infine, riportato nel rigo RN29, colonna 2, del quadro RN.

Cosicché l’imposta da versare sarà pari alla differenza tra l’imposta netta italiana (16.267 euro) e quelle pagate all’estero (11.362 euro).

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Così il socio italiano dell’impresa elvetica si finge dipendente

12 Settembre 2022

Il Sole 24 Ore lunedì 22 agosto 2022 di Ivan Cimmarusti

Faro della Gdf su aziende oltreconfine in realtà controllate dai loro addetti

IMAGOECONOMICA In dogana.  Controlli sui mezzi alla frontiera di Chiasso

Sulla carta risultano quali semplici lavoratori dipendenti italiani di società svizzere, ma nei fatti ne sono i proprietari. La Guardia di finanza di Como accende i fari investigativi sui frontalieri: l’ipotesi è che, in alcuni casi, la corretta tassazione sia stata aggirata attraverso architetture societarie che farebbero apparire come subordinato – e dunque assoggettato al più conveniente regime fiscale dei dipendenti in Svizzera – chi in realtà è un amministratore con reddito da tassare in Italia.

Le informazioni contenute nel registro di commercio del Canton Ticino, incrociate con le banche dati Gdf, avrebbero permesso di scoperchiare un presunto “sistema” per evadere il Fisco italiano. Bisognerà capire quanto sia estesa la prassi sotto inchiesta. Allo stato gli accertamenti riguardano solo un segmento della categoria dei frontalieri: quelli con domicilio fiscale nei Comuni limitrofi al confine con la Svizzera, che contemporaneamente sono titolari di quote e lavoratori dipendenti di queste società elvetiche. L’ipotesi che si tratti di false «subordinazioni» è nei processi verbali di contestazione finora eseguiti.

Secondo l’attuale normativa – in corso di modifica – il lavoratore frontaliero è quel soggetto residente in un Comune italiano il cui territorio è compreso nella fascia dei 20 chilometri dal confine, che svolge il suo lavoro in Svizzera. In particolare, il frontaliere, pur mantenendo la residenza in Italia, presta la propria attività in qualità di dipendente/subordinato in via esclusiva e continuativa, per conto di un datore di lavoro estero. Una regola valida per i frontalieri in Francia, Austria, Slovenia, San Marino e, ovviamente, Svizzera. Tutto ciò ha un beneficio. Come hanno ricordato le Entrate, con la risoluzione 38/E/2017, «i salari, gli stipendi e gli altri elementi facenti parte della rimunerazione che un lavoratore frontaliero riceve in corrispettivo di una attività dipendente sono imponibili soltanto nello Stato in cui tale attività è svolta». Un vantaggio fiscale non da poco quando si tratta di Svizzera.

Ora i soggetti sotto accertamento risultano titolari di quote delle società per le quali sono subordinati. Secondo la Gdf alcuni risultano titolari dell’intero capitale delle società per le quali lavorano. In sostanza si tratterebbe di lavoratori dipendenti, ma solo sulla carta. Tutto ciò permetterebbe un duplice beneficio: i soggetti non subiscono alcuna tassazione in Italia, mentre in Svizzera assolvono a una minima tassazione sul lavoro dipendente; evitano di dichiarare compensi da amministratore, considerato l’imposizione più onerosa, pari al 30% circa di ritenuta a titolo d’imposta.

Secondo il commercialista Stefano Noro, partner dello studio Sala Noro e Associati, «dai verbali visionati, emerge che la Gdf propone di tassare il salario del frontaliere sempre come reddito di lavoro dipendente, ma secondo le regole previste per i frontalieri fuori fascia e quindi con una tassazione Irpef, al netto della franchigia di legge, scomputando le imposte trattenute in Svizzera. Appare però curioso che prima venga disconosciuto al frontaliere il rapporto di lavoro subordinato, ma poi la proposta di tassazione sia sempre come reddito di lavoro dipendente». Aggiunge che «secondo logica, se non esiste la subordinazione, non può esserci una classificazione di reddito di lavoro dipendente, né come frontaliere di fascia, né come frontaliere fuori fascia. Questi accertamenti possono avere una portata esplosiva per i lavoratori, ma anche nei rapporti tra i due Stati. Inoltre, si pone il problema per i lavoratori italiani di come comportarsi in futuro in quanto, lato Svizzera, il contratto di lavoro è perfettamente legittimo».

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