Decreto Delegato 19 Aprile 2021 nr 66 – Modifiche all’All. VII e agli art. 15 e 16 al D.D. 21 Aprile 2008 nr 62 – Produzione e commercializzazione di integratori alimentari

10 Maggio 2021

Si allega il testo completo del Decreto Delegato nr 66 che introduce importanti novità per tutti gli operatori economici che trattano integratori alimentari

DD66-2021

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Dall’Irlanda all’Ungheria, almeno 35 Paesi nel mirino della minimum tax sulle società

10 Maggio 2021

Il Sole 24 Ore 8 aprile 2021 di Angelo Mincuzzi

FISCO GLOBALE

Le giurisdizioni che applicano l’aliquota zero risultano 15

Emirati Arabi Uniti, zero. Bahamas, zero. Bermuda, zero. Isola di Man, Jersey e Guernsey, zero. Ungheria, nove. Gibilterra, dieci. Cipro, Irlanda e Liechtenstein, dodici virgola cinque. Sono almeno 35 i paesi che rischiano di finire nel mirino del G20 perché applicano aliquote fiscali tra lo zero e il 12,5% sugli utili delle società. Percentuali troppo lontane dalla media del 23,5% raggiunta nel 2020 dai 37 paesi aderenti all’Ocse.

Contro di loro – da lunedì scorso – è puntato il dito del segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Janet Yellen. Parlando davanti al Chicago Council on Global Affairs, il segretario al Tesoro ha affermato che gli Usa stanno lavorando con i Paesi del G20 per concordare un’aliquota fiscale minima globale per le società, in modo da fermare la corsa al ribasso sulla tassazione degli utili che dura da più di trent’anni.

L’amministrazione Biden sa bene che l’aumento delle imposte sulle società dal 21% al 28% prospettato dal presidente Usa pochi giorni fa rischia di far fuggire all’estero gli utili delle grandi corporation. L’incremento delle imposte dovrebbe contribuire a finanziare l’ambizioso piano infrastrutturale da 2.300 miliardi di dollari deciso da Biden ma per raggiungere l’obiettivo è necessario sterilizzare la concorrenza fiscale di un gruppo di paesi che attraggono le società americane in cambio di imposte nulle o molto basse. Una decisione del G20 che vada nel senso auspicato da Janet Yellen rappresenterebbe una svolta per far rallentare la spirale perversa dei paradisi fiscali.

Ma chi sono i paesi che avrebbero da perdere da un’iniziativa del G20? Per capirlo bisogna leggere un report del dicembre 2020 della Tax Foundation, un think tank di Washington fondato nel 1937 da un gruppo di top manager, tra i quali l’allora presidente della General Motors, Alfred Sloan Jr.

Secondo Tax Foundation sono 15 i Paesi che non prevedono imposte sugli utili societari. Si tratta di Anguilla, Bahamas, Bahrain, Bermuda, Isole Vergini Britanniche, Isole Cayman, Guernsey, Isola di Man, Jersey, Saint Barthelemy( una collettività d’oltremare della Francia), Tokelau (territorio della Nuova Zelanda), Isole Turks and Caicos, Emirati Arabi Uniti, Vanuatu e le Isole Wallis e Futuna (territorio francese nel Pacifico). Alcuni di loro sono paradisi fiscali ampiamente utilizzati dalle società per ridurre il loro carico fiscale globale.

Altri 20 Stati applicano un’aliquota inferiore al 12,5%. In questo gruppo gli unici paesi industrializzati sono Irlanda (con il 12,5%) e Ungheria (9%). Dublino è ferma a quest’aliquota dal 2003 mentre Budapest l’ha ridotta dal 10% al 9% nel 2017. Altri 10 paesi prevedono una percentuale del 10% e sei di loro sono piccoli Stati europei, soprattutto dell’Est (Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Kosovo, Macedonia del Nord, Andorra e Gibilterra).

Dal punto di vista dell’amministrazione Biden, convincere gli altri partner del G20 a fissare un’aliquota minima globale rappresenterebbe un passo importante ma potrebbe non bastare. Il perché lo rivela uno studio del maggio 2020 dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano, diretto da Carlo Cottarelli.

Il documento pone l’accento sulla differenza tra le aliquote statutarie e quelle effettive nei paesi dell’Unione europea. Il messaggio è che la tassazione applicata alle imprese può essere ufficialmente alta ma in realtà molto bassa, perché ridotta da trattamenti specifici come i tax ruling,deduzioni, detrazioni e accordi contro la doppia imposizione fiscale che, nel tentativo di evitare doppie tassazioni, finiscono spesso per non applicarne alcuna.

I casi più rilevanti di differenza tra tassazione ufficiale e reale sono diversi. In primo luogo, l’Irlanda, dove l’aliquota è del 12,5% ma dove la percentuale più bassa applicata è stata dello 0,005%.

Poi il Lussemburgo, che ha un’aliquota ufficiale del 25% ma dove è stata applicata anche una percentuale dello 0,3%, cioè il 99% in meno. E l’Olanda, dove a un’aliquota del 25% può corrispondere una tassazione effettiva del 2,44% (il 90% in meno). E poi il Belgio, con il 29% di tassazione (che scenderà al 25% quest’anno) ma il 2,9% applicato effettivamente in alcuni casi (-90%). Per finire a Cipro (12,50% contro lo 0% applicato, il 100% in meno) e a Malta (35% ufficiale, 5% di aliquota più bassa applicata, l’86& in meno).

Non sarà facile evitare scappatoie se si dovesse raggiungere l’obietivo di una aliquota minima globale. Liniziativa promossa dall’amministrazione Biden interromperebbe però un trend cominciato molto tempo fa. Negli ultimi 40 anni, infatti, le aliquote dell’imposta sugli utili societari sono diminuite costantemente su base globale. Nel 1980, la percentuale fiscale media mondiale era del 40,11%. Oggi, il tasso legale medio si attesta al 23,85%, con una riduzione del 41%.

Se però Biden e Yellen convinceranno i paesi del G20, questi numeri. E per i paradisi fiscali comincerà una vita un po’ più difficile di quella di oggi.

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Plusvalenze da criptovalute: ritenuta al 26 per cento

10 Maggio 2021

Il Sole 24 Ore 26 Aprile 2021 di Alfredo e Attilio Calvano

“Nel 2020 ho cominciato a operare acquistando in diversi momenti bitcoin su una piattaforma per criptovalute. Non possiedo altri investimenti in valuta estera (in qualità di “persona fisica residente in Italia”) mentre sono titolare di un conto titoli (in gestione amministrata). Da unico “titolare effettivo” del wallet, come sono normate le plusvalenze derivanti dal possesso di criptovalute alla luce di quanto emerge da provvedimenti legislativi (come l’articolo 67 del Tuir, Dpr 917/1986), documenti di prassi (la risoluzione 72/E/2016), sentenze (per esempio la n. 1077/2020 del Tar Lazio)?La somma oltre la quale denunciare e tassare le plusvalenze è di 15.000 euro o 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continuativi? Qual è il valore bitcoin (di entrata e uscita) e quale l’aliquota da applicare alle plusvalenze per il calcolo dell’imposta?
È sempre necessaria la compilazione del quadro RW del modello Redditi persone fisiche?”

È da considerare consolidato l’orientamento operativo (oltre ai riferimenti già segnalati nel quesito, si evidenziano in proposito le risposte 210/2020 e 14/2018 dell’agenzia delle Entrate) in base al quale il trattamento reddituale ai fini Irpef delle valute virtuali (criptovalute), tra cui il bitcoin, rientra nella medesima regolamentazione – contenuta nel comma 1, lettera c–ter, articolo 67 del Tuir, Dpr 917/1986 – riservata alle valute “tradizionali”.

La norma dispone che il presupposto impositivo (ovvero l’emersione di minusvalenza) emerge a seguito della cessione della valuta a titolo oneroso, alla quale viene equiparato il suo prelievo dal deposito o conto corrente. A temperare gli effetti impositivi di quest’ultima disposizione interviene il comma 1–ter del citato articolo 67, che prevede l’assoggettamento a tassazione della plusvalenza eventualmente realizzata, qualora nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento, sia superiore a 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui.

Il prelievo d’imposta è previsto nella misura del 26% della plusvalenza realizzata, nella quantificazione della quale il costo è determinato secondo i criteri riportati negli ultimi tre periodi del comma 6 dell’articolo 68 del Tuir; mentre come corrispettivo, in caso di prelievo della valuta da depositi e conti correnti, si assume il valore normale della valuta alla data di effettuazione del prelievo stesso (comma 7, lettera c, dello stesso articolo 68).

Circa gli adempimenti connessi al monitoraggio fiscale delle valute virtuali mediante il quadro RW del modello Redditi, le relative istruzioni non forniscono alcuna indicazione “discriminante” sugli obblighi di compilazione; i quali sono da ritenere sussistenti (ma la circostanza merita una conferma amministrativa) se le operazioni in questione avvengono tramite operatori terzi non residenti e/o con la disponibilità di un conto corrente estero

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La delibera sui finanziamenti dei soci fa da scudo alle contestazioni fiscali

10 Maggio 2021

Il Sole 24 Ore 12 aprile 2021 di Stefano Mazzocchi

IMPRESE

Le somme non formalizzate potrebbero essere rilevate come redditi non dichiarati

La mancanza si può sanare con indicazioni nel bilancio o con un verbale ad hoc

Il finanziamento delle imprese da parte dei soci, specie in un periodo così difficile, ha implicazioni importanti sia a livello di contabilizzazione, sia sotto il profilo fiscale. È bene ricordare che c’è una differenza non solo metodologica fra un finanziamento e un versamento di capitale da parte dei soci all’interno dell’impresa: il primo è un debito per la società beneficiaria della somma ricevuta, mentre il versamento diviene una posta del patrimonio netto.

La Cassazione (sentenza della prima sezione civile 29330 del 22 dicembre scorso) si è espressa in merito all’inquadramento a livello civilistico delle somme versate dai soci, distinguendo fra poste di debito e poste che incrementano il patrimonio netto (si veda la tabella in alto, con le principali caratteristiche dei versamenti/finanziamenti). La posta di debito presenta tuttora alcuni punti controversi.

La delibera di richiesta

L’articolo 2467 del Codice civile prescrive le regole che qualificano gli apporti dei soci alla società come finanziamenti quando vi sia un momento di «squilibro patrimoniale della società». Non avendo dettato altri criteri di qualificazione, diviene fondamentale la classificazione di queste poste nel bilancio d’esercizio.

Una delle questioni più dibattute ruota intorno alla necessità o meno di formalizzare con una specifica delibera assembleare la richiesta di un finanziamento della società verso i soci. La questione concerne più temi, anche diversi, ad esempio l’attribuzione del compenso dell’amministratore senza una preventiva delibera.

Circa il problema qui trattato, giova richiamare la sentenza 6104/2019 della quinta sezione della Cassazione, che può essere cosi riassunta:

1 la mancanza di delibera può essere sanata attraverso un’idonea rappresentazione nel bilancio di esercizio, che «è il documento principale da cui dover partire per qualificare la natura di un’entrata tributaria»;

2 l’assenza di delibera societaria può essere inoltre sanata ex post attraverso la redazione di un verbale assembleare che tenga conto «di quello omesso entro l’esercizio successivo»;

3 la delibera assembleare di richiesta del finanziamento non è vincolante per i soci (si veda il Tribunale Milano, 23 marzo 2017, n. 3465).

La mancata adozione di un’idonea delibera assembleare potrebbe avere come conseguenza fiscale che l’immissione di liquidità nelle casse sociali, tramite un finanziamento soci non formalizzato, comporti il rischio della rilevazione di ricavi o componenti positivi non dichiarati, pari alla somma erogata.

Quest’ipotesi è stata confermata dalla Cassazione nella sentenza 24746 del 5 novembre scorso, con cui è stata abbracciata l’interpretazione dell’Agenzia, fondando la “trasformazione” in un contesto di società fortemente in perdita.

Il finanziamento soci e la rinuncia

Interessante anche la possibile relazione fra un finanziamento soci concesso e il valore fiscalmente riconosciuto alla partecipazione detenuta. L’articolo 96, comma 5, del Tuir, prevede che per le imprese il costo della partecipazione posseduta sia comprensivo dei versamenti fatti a fondo perduto o in conto capitale, a cui deve essere aggiunto il valore del credito (ergo finanziamento) rinunciato dal socio.

Ai nostri fini, come ricordato dalla risoluzione 124/E del 13 ottobre 2017, la rinuncia al credito di qualsiasi natura (quindi anche finanziaria) costituisce un addendum per la valorizzazione della partecipazione, nei limiti del costo fiscalmente riconosciuto al credito rinunciato.

La trasformazione in riserva

Altro caso da evidenziare, la trasformazione del finanziamento socio in una posta del patrimonio netto.

L’Oic 28 lo tratta dedicandogli un paragrafo (il 36), dove la rinuncia alla restituzione del finanziamento fa scattare un vincolo di destinazione per quella somma, permettendo la contabilizzazione in una riserva del patrimonio netto.

La destinazione finale a una riserva di capitali è strettamente connessa al vincolo di destinazione che, se non espressamente enunciato dal socio o dalla società, lo dirotta verso la riserva in conto capitale. Tale riserva non ha un vincolo specifico, ma una destinazione generale che come ben precisato dal principio contabile avviene «pur in assenza dell’intendimento di procedere a futuri aumenti di capitale».

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Decreto Delegato 28 Aprile 2021 nr 70 – Attribuzione della qualifica di esportatore registrato

10 Maggio 2021

Con il Decreto Delegato 28/04/2021 n.70  si pone fine al problema dell’impossibilità per gli operatori sammarinesi di iscriversi nel registro elettronico degli esportatori registrati UE
(REX), e dunque di beneficiare degli accordi di partenariato economico che legano l’UE con i Paesi terzi di cui San Marino fa parte. Tali accordi di partenariato prevedono dazi doganali agevolati ed il fatto di non poterne beneficare poneva gli operatori in una condizione di svantaggio competitivo rispetto a quelli comunitari.
Con il Decreto Delegato 70/2021 si dà ora attuazione al Regolamento UE che istituisce il codice doganale, stabilendo che questo venga rilasciato, così come avviene per la
qualifica di trasportatore autorizzato, dall’Ufficio Tributario all’esportatore autorizzato che lo utilizzerà per tutte le esportazioni di merci con certificato d’origine.

Si allega il testo completo

DD 70-2021+All

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Decreto Delegato nr 73 del 29 Aprile 2021 – Interventi a sostegno delle famiglie nonché degli operatori economici in seguito all’emergenza sanitaria da COVID-19 – Modifiche al D.L. 26 05 21 nr 91 e al D.D. 26 03 21 nr 60

10 Maggio 2021

Il Decreto Delegato nr 73 all’art. 5 proroga al 14 maggio 2021 la presentazione della domanda di accesso ai ristori. Vengono fornite inoltre alcune precisazioni in merito interventi di sostegno  alle famiglie e agli operatori economici.

Si allega il testo completo del Decreto e l’ ultima Circolare emessa dal Dipartimento Finanze

DD73-2021

Int.Circ.Dip Finanze

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Decreto Delegato 30 Aprile nr 83 – (mod. D.D. 24 05 2017 nr 51 – mod. D.D. 26 01 2015 nr 5) – Incentivi per l’effettuazione di interventi di riqualificazione energetica ed impiantistica degli edifici esistenti e per l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili o cogenerazione e mod. D.D. 24 07 2014 nr 120 – IV conto energia

10 Maggio 2021

Si allega il testo completo del Decreto Delegato nr 83 riguardante gli incentivi per le ristrutturazioni edilizie  che prevedano una riqualificazione energetica ed impiantistica degli immobili.

DD83-2021

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Decreto Delegato nr 84 – Revisione e aggiornamento della disciplina vigente in materia di protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali di cui alla Legge 21 dicembre 2018 nr 171

10 Maggio 2021

Si allega il testo completo del Decreto Delegato nr 84 che aggiorna la Legge nr 171/2018 in tema di  trattamento dei dati personali.

DD84-2021

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Decreto Legge 30 Aprile 2021 nr 85 – Ulteriori disposizioni per allentamento delle misure di gestione dell’epidemia da COVID-19

10 Maggio 2021

I punti principali dell’ultimo Decreto Legge per il contrasto all’epidemia da COVID-19   sono i seguenti:

DL85-2021+All

  • Per persona vaccinata si intende un individuo: a) in possesso di certificato/tessera vaccinale, oppure b) in possesso di certificato di guarigione nei 6 mesi precedenti, oppure c) documentazione attestante il possesso di anticorpi superiori a 50 con esame effettuato in data successiva all’1 aprile 2021 e non prima del quarantesimo giorno dalla data di somministrazione della prima dose vaccinale (si veda art. 1).
  • Art. 2: i bambini al di sotto dei 6 anni e i soggetti vaccinati (come identificati al punto precedente) non hanno l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto e al lavoro. Gli assembramenti rimangono vietati salvo se tutti i presenti sono vaccinati (ad eccezione dei minorenni).
  • Art. 2 comma 6 e 7: rimane consigliato lo svolgimento di riunioni e assemblee da remoto. Sono consentite riunioni, conferenze e congressi nel rispetto delle misure igienico sanitarie. Le attività formative in presenza sono consentite nel rispetto delle misure igienico sanitarie.
  • La dichiarazione di appartenenza allo stesso nucleo di conviventi o lo status di vaccinato afferisce alla responsabilità individuale.
  • Mobilità(art. 3): il comma 1 disciplina l’ingresso in Repubblica per coloro che provengono da paesi diversi dall’Italia. Il comma 2 disciplina l’ingresso in Repubblica per i sammarinesi o residenti che rientrano dopo un soggiorno fuori dall’Italia. Rimangono vietati gli spostamenti da e verso le regioni/provincie/comuni in zona rossa o arancione, salvo che per comprovati motivi di lavoro, salute o necessità (tra cui raggiungere i figli minori, attività sportiva agonistica, visita a seconde case, ricongiungimenti con coniuge/partner), mentre è consentita la mobilità da e verso le zone gialle.
  • Attività sportiva(art. 5): è consentita l’attività motoria e sportiva a condizione che sia possibile consentire il rispetto delle misure igienico sanitarie previste all’Allegato 1. L’obbligo di distanziamento non si applica tra conviventi o soggetti vaccinati. Attività sportive collettive o individuali di contatto o allenamenti a circuito sono consentiti solo a soggetti vaccinati o non vaccinabili.
  • Somministrazione di alimenti e bevande(art. 6): è consentita senza limiti di orario. Restano confermate le misure precedenti in termini di distanziamento e contingentamento.
  • Medie e grandi strutture commerciali(art. 7): devono contingentare gli accessi a 1 utente ogni 5 mq di superficie di vendita; decadono le altre limitazioni concernenti le attività all’interno di centri commerciali.
  • Lavoro da domicilio(art. 8): rimane in vigore fino al 1 giugno 2021. Dal 1 giugno i contratti di lavoro da domicilio cesseranno i loro effetti ed entrerà in vigore la disciplina di “lavoro agile”.
  • Musei, teatri, cinema ed eventi: l’art. 11 disciplina le modalità di apertura di tali attività.Il Congresso di Stato emanerà apposito regolamento per disciplinare lo svolgimento di manifestazioni, feste ed eventi in gernerale, sia all’aperto che al chiuso.
  • Calendario giudiziario(art. 13): sono giorni giuridici giovedì 1 luglio e giovedì 8 luglio. La sospensione feriale estiva decorre dal 12 luglio all’8 settembre 2021.
  • Campagna vaccinale(art. 19): l’ISS garantisce la gratuità della vaccinazione per cittadini, residenti o soggiornanti che prenotino entro il 31 maggio 2021. Successivamente la vaccinazione avrà un costo di 50€. Tale costo non si applica a coloro che hanno contratto il COVID19 nei sei mesi presenti al 31 maggio 2021, per i sei mesi successivi alla data di guarigione.

Segnaliamo inoltre:

–        Decadono le disposizioni straordinarie in merito agli appalti pubblici.

–        Decade il divieto di ingresso simultaneo di conviventi all’interno di supermercati e medie/grandi strutture.

–        Decadono gli obblighi di prenotazione per attività di servizio alla persona.

–        Decade il divieto di pranzi e cene in abitazioni private.

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Triangolazioni all’esportazione: consegne a rischio imponibilità Iva

10 Maggio 2021

Il Sole 24 Ore 26 aprile 2021 di Matteo Balzanelli Massimo Sirri Riccardo Zavatta 

IMPOSTE INDIRETTE

Il passaggio da promotori o terzisti può incidere sulla continuità dell’operazione

Eccetto le soste tecniche (e casi simili) il primo step causa un effetto interruttivo

Quando il bene oggetto di una compravendita internazionale non giunge direttamente al cliente, ma la sua movimentazione s’interrompe per qualche ragione, possono esserci conseguenze di assoluto rilievo. Ancor più se si tratta di operazioni complesse (triangolari). Occorre allora distinguere fra: “consegne” in senso proprio, che rompono l’unitarietà dell’operazione; consegne che non sono tali in ottica fiscale (“pseudo-consegne”) e quindi non hanno effetto interruttivo; vere “soste tecniche” che parimenti non incidono sulla continuità dell’operazione.

Il tema è stato affrontato nella risposta a interpello 580/2020, che esamina il caso di un’operazione triangolare in cui il primo cedente nazionale (soggetto Ue identificato Iva in Italia) invia i beni al proprio cessionario/cedente nazionale (promotore della triangolare), affinché ne esegua assemblaggio e certificazione, prima di acquistarli ai fini della rivendita al cliente finale extracomunitario.

Una delle criticità è la possibilità che la consegna dei beni al promotore in territorio italiano qualifichi la prima vendita come soggetta a Iva (imponibile), anziché come cessione all’esportazione non imponibile ex articolo 8, comma 1, lettera a), Dpr 633/72. Nel caso in esame – premesso che le clausole che regolano il trasporto e i termini di resa, nonché le altre pattuizioni, sono coerenti con la prassi e la giurisprudenza – secondo le Entrate non si configura alcuna disponibilità dei beni in capo al promotore: pertanto, l’operazione non va scomposta in una vendita imponibile Iva (dal primo cedente al promotore) e in una successiva cessione all’esportazione non imponibile (dal promotore al cliente extra-Ue).

La consegna al terzista

La fattispecie sarebbe analoga a quella affrontata dalla risoluzione 72/E/2000: la consegna al cessionario residente per l’esecuzione di test e collaudi tecnici sui beni prima della loro esportazione «non costituisce consegna in Italia» e non è quindi di ostacolo a realizzare l’operazione non imponibile. Ma la recente risposta è più generosa rispetto alla risoluzione, dato che l’attività svolta dal cessionario/promotore (l’assemblaggio dei beni) pare implicare una “intensità” superiore all’esecuzione di semplici test di conformità. Aspetto che non pare sfuggire alle Entrate, visto che è richiamata la sentenza C-446/13 della corte di Giustizia Ue, che sottolinea come la consegna a un terzista incaricato della loro rifinitura non implichi (ancora) la cessione dei beni all’acquirente finale (trasferendone la disponibilità), perché tale consegna mira solo a rendere i beni conformi a quelli oggetto della fornitura al cessionario.

Attenzione però al diverso contesto. Nel caso della sentenza Ue, infatti, i beni erano inviati in altro Stato per l’esecuzione dei lavori e ciò determinava una diversa allocazione territoriale della loro vendita; mentre nella fattispecie della risposta 580/2020 non è in discussione la territorialità delle cessioni (verificata per entrambe le vendite della triangolare) ma la loro non imponibilità.

L’operazione interrotta

A ogni modo, le aperture di questa risposta non vanno estese a situazioni diverse. Bisogna sempre considerare che, eccetto i casi sopra indicati e qualora non ci sia una vera “sosta tecnica”, la consegna dei beni è idonea a provocare un effetto interruttivo dell’operazione. Si rammenta infatti che, in base alla circolare 15/1980, la sosta tecnica sarebbe quella presso vettori/spedizionieri per il tempo necessario al raggruppamento o smistamento dei beni; e che questa non deve mai integrare un distinto rapporto di deposito (circostanza che può ravvisarsi nell’indicazione sui documenti di trasporto della destinazione del carico presso il luogo della sosta).

Nella risposta 273/2020 si evidenzia che non ricorrono gli estremi della “sosta tecnica” nella spedizione di beni presso un magazzino in altro Stato Ue, in attesa degli ordinativi dei clienti. Nonostante i beni siano destinati a rimanere stoccati per un breve periodo, il loro fermo presso la piattaforma logistica (in un rapporto di deposito) è idoneo a “spezzare” l’operazione, che quindi perde l’unitaria qualificazione di cessione intracomunitaria.

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