DECRETO DELEGATO 26 maggio 2017 n.54 MODIFICHE ALLA LEGGE 29 LUGLIO 2014 N.125 – Legge di riforma in materia di Aviazione Civile e successive modifiche

8 Giugno 2017

Art. 1
Articolo soppresso
Art. 2
1. Il comma 4 bis dell’articolo 38 della Legge 29 luglio 2014 n.125 introdotto dall’articolo 12 del Decreto Delegato 13 ottobre 2015 n.153 è sostituito dal seguente:
“4 bis. Il titolo di proprietà per ottenere l’immatricolazione di aeromobili è costituito da:
a) gli atti previsti dalla Legge 29 ottobre 1981 n.87;
b) scrittura privata autenticata dal Direttore Generale dell’Autorità;
c) copia autentica del titolo in base al quale l’aeromobile è stato precedentemente immatricolato nel registro aeronautico di provenienza se il soggetto richiedente l’immatricolazione risulta esser l’ultimo proprietario registrato in base al certificato di cancellazione rilasciato da tale registro;
d) copia semplice del titolo indicato al punto c) unitamente ad apposita dichiarazione autenticata del proprietario attestante la validità del titolo stesso.
I punti a) e b) costituiscono anche titolo per ottenere la registrazione, modifica e cancellazione di diritti reali di garanzia o contratti di locazione finanziaria.”.
Art. 3
1. Il punto 4), lettera c), comma 3, dell’articolo 38 della Legge 29 luglio 2014 n.125 è sostituito dal seguente:
“4) una società o trust di diritto sammarinese.”.
Art. 4
1. Dopo l’articolo 38 della Legge 29 luglio 2014 n.125 e successive modifiche è inserito in seguente articolo 38-bis:
“Art. 38-bis
(Operatore di aeromobili)
1. E’ operatore, o esercente, colui che assume l’esercizio dell’aeromobile ed è tenuto all’equipaggiamento e approvvigionamento dello stesso. L’operatore ha altresì il potere di nominare e revocare il comandante ovvero di fissarne i poteri nei limiti imposti dalle norme vigenti.
2. Il proprietario di aeromobile, ovvero il conduttore nei casi di contratti di locazione finanziaria, è operatore dello stesso salvo diversa indicazione da fornirsi nelle forme previste dall’Autorità.
3. L’operatore è responsabile della gestione dell’aeromobile, dei fatti dell’equipaggio e delle obbligazioni contratte dal comandante dell’aeromobile. Tuttavia, l’operatore non risponde dell’adempimento da parte del comandante degli obblighi di assistenza e soccorso e degli altri obblighi relativi alla spedizione o che le norme impongono al comandante quale capo della spedizione.
4. Il proprietario di aeromobile, il concedente in forza di contratto di locazione finanziaria, il locatore in forza di contratto di dry lease ed il soggetto finanziatore dell’aeromobile non sono responsabili per l’esercizio dell’aeromobile, salvo il caso in cui hanno posto in essere qualunque attività connessa a tale esercizio.
5. L’operatore risponde solidalmente con chi fa uso dell’aeromobile senza il suo consenso quando non abbia posto in essere la dovuta diligenza per evitare tale uso.”.
Art. 5
1. Dopo l’articolo 38-bis della Legge 29 luglio 2014 n.125 e successive modifiche è inserito il seguente articolo 38-ter:
“Art.38-ter
(Legge dello Stato di immatricolazione dell’aeromobile)
1. La proprietà e gli altri diritti reali di garanzia sugli aeromobili, le forme di pubblicità degli atti di costituzione, trasmissione ed estinzione di tali diritti sono regolati dalla legge dello Stato di immatricolazione dell’aeromobile, fatta salva l’applicazione della Convenzione di Cape Town del 16 novembre 2001 relativa alle garanzie internazionali su beni mobili strumentali e relativo Protocollo Aeronautico.
Art. 6
1. Il comma 3 dell’articolo 40 della Legge 29 luglio 2014 n.125 e successive modifiche è sostituito dal seguente:
“3. L’iscrizione dei diritti reali di garanzia mantiene i suoi effetti pubblicitari fino ad avvenuta cancellazione dell’iscrizione stessa nei casi e nelle forme previste dalla legge.”.
Art. 7
1. Il comma 4 dell’articolo 59 della Legge 29 luglio 2014 n.125 e successive modifiche è sostituito dal seguente:
“4. Nei casi di cui ai punti a), b), d), e), f) e q) si applica altresì la revoca della licenza di volo. Nei casi di cui ai punti l) ed o) si applica la sospensione della licenza da uno a sei mesi. L’operatore dell’aeromobile è solidalmente responsabile con il comandante per tutte le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate nei confronti di quest’ultimo ai sensi del presente comma.”.
Art. 8
1. Dopo il comma 9, dell’articolo 59, della Legge 29 luglio 2014 n.125 e successive modifiche è aggiunto il seguente comma 9-bis:
“9-bis. Fino all’avvenuto pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate ai sensi della presente Legge, il Direttore Generale ha il potere di:
a) rifiutare il rinnovo di certificati di aeronavigabilità richiesto dall’operatore sanzionato per qualunque aeromobile appartenente alla flotta aerea da quest’ultimo operata;
b) rifiutare il rilascio di licenze di pilotaggio o convalide di licenze di pilotaggio nei confronti del comandante di aeromobile sanzionato;
c) rifiutare il compimento di qualsiasi altro atto richiesto dall’operatore sanzionato ed inerente l’operatore stesso, la flotta aerea da quest’ultimo operata ed il personale tecnico e di volo alle sue dipendenze.
d) ordinare il divieto di utilizzo degli aeromobili appartenenti alla flotta aerea operata dall’operatore sanzionato.
Tali poteri possono essere esercitati anche cumulativamente.”.
Art. 9
Articolo soppresso

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DECRETO DELEGATO 26 maggio 2017 n.55-Norme per l’aggiornamento e la semplificazione delle imposte di registro

8 Giugno 2017

Art. 1
(Registrazione in Caso D’uso o a Termine Fisso)
1. Le scritture private portanti atti o contratti per i quali le norme vigenti prevedano l’imposta fissa di registro nella misura minima, non sono soggetti a registrazione a termine fisso ma sono da sottoporre a registrazione qualora se ne voglia far uso nell’amministrazione pubblica o in giudizio.
2. L’imposta giudiziale, di cui all’articolo 1 della Legge 25 luglio 2003 n.99 e successive modifiche, non assorbe le imposte di bollo e di registro dovute sugli atti e contratti di cui si faccia uso in giudizio ma assorbe le imposte di bollo e di registro per i documenti, per il fascicolo e per i provvedimenti giudiziali nelle cause civili, nonché l’imposta di bollo sulle copie degli atti e contratti che siano stati registrati o comunque abbiano assolto le imposte in modo virtuale.
3. Gli atti pubblici o autenticati da Notaio, qualora non siano espressamente esentati dalla registrazione, sono obbligatoriamente da registrare a termine fisso a prescindere dal loro contenuto e dall’imposta per essi prevista.
Art. 2
(Modifica della Tabella delle Imposte di Registro)
1. Nel N. 29 della vigente Tabella sulle Imposte di Registro è aggiunto il seguente paragrafo:
“VIII – Finanziamento Soci 0,20%”.
2. Il punto 12 del N. 1 della citata Tabella, è modificato come segue:
“12) di beni sub 3 e 4, a titolo di contratto estimatorio euro 70,00”.
3. In applicazione della deroga prevista dall’articolo 5 del decreto 17 giugno 2004 n. 80, e con riferimento al N. 18 della vigente Tabella sulle Imposte di Registro, i contratti di comodato o di concessione in uso gratuito di beni materiali o immateriali stipulato fra coniugi o fra soggetti di cui almeno uno sia vincolato ad una delle controparti da parentela di primo grado, soggiace all’imposta di registro di euro. 70,00. Tali contratti, ancorchè dichiarati rinnovabili, non sono iscritti nel Registro di cui all’articolo 18 del Regolamento per l’Applicazione della Legge sulle Imposte di Registro (allegato alla Legge n.85/1981).
3 bis. Nel confermare la ratio del II paragrafo del N.28 della citata Tabella, alla divisione di beni ricevuti dai figli a titolo di eredità e/o di legato nella successione del genitore, è applicata l’imposta di registro fissa anche in caso di conguaglio e a prescindere dal numero dei condividenti e l’imposta di trascrizione è applicata nella misura minima. La stessa imposizione si applica alla divisione a cui partecipi il coniuge superstite e, pertanto, il paragrafo II del N.28 della citata Tabella è modificato come segue:
“II – dei beni ereditari tra figli e coniuge superstite euro 100,00”.
Art. 3
(Imposte sugli atti inerenti l’affidamento fiduciario)
1. Il contratto di affidamento fiduciario, e gli eventuali ulteriori atti di trasferimento al patrimonio affidato, sono assoggettati all’imposta di registro fissa nella misura di euro 70,00 e alle imposte di bollo, trascrizione e voltura nella misura ordinaria.
2. Gli atti con cui sono trasferiti ai beneficiari i beni facenti parte del patrimonio affidato sono assoggettati alle imposte previste per i trasferimenti a titolo oneroso. A tali atti si applicano le imposte previste per gli atti a titolo gratuito qualora affidante e beneficiario siano legati da rapporto di parentela in linea retta entro il secondo grado.
3. Ricorrendo le ipotesi previste al comma III° e IV° dell’articolo 5 della Legge n.43/2010, gli atti di trasferimento a favore dell’affidante dei beni già oggetto del patrimonio affidato sono assoggettati all’imposta di registro fissa nella misura di euro 70,00 e alle imposte di bollo, trascrizione e voltura nella misura ordinaria.
Art. 4
(Contratti bancari)
1. I contratti stipulati per scrittura privata con soggetti autorizzati ai sensi della Legge n.165/2005, portanti i negozi di cui ai punti 8, 8 bis, 9, 11, 12, 13 e 17 della Tabella delle Imposte di Registro,
a) sono esenti da registrazione se di ammontare non superiore a euro 5.000,00;
b) sono soggetti a registrazione in caso d’uso se di ammontare compreso tra euro 5.001,00 ed euro 20.0000,00;
c) sono soggetti a registrazione a termine fisso se di ammontare superiore a euro 20.000,00.
2. Sono esenti da registrazione le scritture private portanti contratti di deposito, contratti di apertura di conto corrente senza fido, contratti di noleggio delle cassette di sicurezza, contratti di
assicurazione, contratti per servizi bancari e finanziari alla clientela, nonché gli atti e contratti tra istituto bancario/finanziario e cliente aventi per oggetto strumenti finanziari.
3. In applicazione delle norme generali di cui alla Legge n.85/1981, gli atti e contratti, comunque stipulati, portanti i negozi di cui al presente articolo, scontano le imposte proporzionali per essi previste anche qualora siano allegati o enunciati in contratti, dichiarazione e atti di cui si faccia uso in giudizio o che siano sottoposti a registrazione ai sensi delle norme vigenti.
4. L’imposta ipotecaria per gli annotamenti di subingresso di cui al punto 8 della Tabella “C” allegata al Decreto Delegato n.8/2010, è parificata a quella prevista per gli altri annotamenti e pertanto tale punto 8 è modificato come segue:
“8. Annotamenti di subingresso euro 70,00
5. Le imposte sono corrisposte dall’esibitore il quale ha diritto di rivalersi sul soggetto obbligato ai sensi delle norme sulle Imposte di Registro.
5 bis. Le scritture private portanti i negozi di cui al presente articolo da sottoporre a registrazione a termine fisso, qualora siano stipulate in data anteriore a quella del presente decreto e siano portate alla registrazione nel periodo intercorrente dal 1° giugno al 30 novembre 2017, sono assoggettate alla penale di ritardata registrazione di cui all’articolo 58 della Legge n.85/1981 nella misura ridotta pari al 10% dell’imposta con un importo minimo di euro 10,00.
Art. 5
(Provvedimenti giudiziali e formalità)
1. Sono esenti dalla formalità della registrazione i provvedimenti giudiziali emessi nelle cause civili nonché gli atti del cancelliere e degli ufficiali giudiziari.
2. I provvedimenti ed atti di cui al comma che precede sono assoggettati alla registrazione qualora per essi la parte interessata richieda eseguirsi le formalità nei pubblici registri immobiliari. Allo scopo, gli atti e provvedimenti sono sottoposti alla registrazione senza necessità di presentazione dell’originale, con il deposito delle copie dichiarate conformi dal Cancelliere in numero sufficiente alla esecuzione delle formalità per la pubblicità immobiliare.
2 bis. Fino alla revisione delle pertinenti norme, il Conservatore dei Registri Immobiliari è autorizzato ad iscrivere ipoteca giudiziale sulla base di sentenza o di altro titolo previsto dall’articolo 37 della Legge Ipotecaria 16 marzo 1854, portante condanna anche non definitiva al pagamento di somma e per l’importo ivi risultante.
3. I provvedimenti ed atti di cui ai precedenti commi assolvono le normali imposte di bollo, registro, trascrizione, ipotecarie e catastali al momento della presentazione per l’esecuzione delle formalità. Le imposte sono dovute nella misura per essi prevista, anche qualora siano allegati ad atti presentati alla registrazione.
4. Per le formalità da eseguirsi negli altri pubblici registri non è necessaria la registrazione dell’atto o provvedimento presso l’Ufficio del Registro e Conservatoria.
4 bis. Per quanto compatibili, le disposizioni di cui al presente articolo sono applicate anche ai provvedimenti giudiziali emessi nelle giurisdizioni diverse da quella civile.
4 ter. Il repertorio dei Cancellieri non è soggetto alla vidimazione annuale.
5. Sono abrogati il comma 3 dell’articolo 52 della Legge n.174/2013 e il comma 2 dell’articolo 15 della Legge n.87/1981.
Art. 6
(Rinuncia all’eredità)
1. La rinuncia all’eredità è ricevuta esclusivamente da Notaio e pertanto la lettera c) dell’articolo 3 della Legge n.87/1981 è modificata come segue: “c) gli atti tra vivi di rinuncia ai diritti di qualunque specie che riflettono beni immobili ivi compresi gli atti di rinuncia all’eredità”.
2. E’ abrogato il punto 4) dell’articolo 54 della Legge n.85/1981.
Art. 7
(Coordinamento delle norme di registro con la legge notarile)
1. Alla fine dell’articolo 4 del Decreto Delegato 24 febbraio 2016 n. 20 sono aggiunti i seguenti commi:
“5 bis. Il Notaio conserva, almeno fino alla vidimazione del Repertorio, copia degli atti autenticati e non soggetti a registrazione, al fine dei controlli sul Repertorio degli atti tra vivi.
5 ter. L’Ufficio del Registro e Conservatoria non è responsabile del mancato pagamento delle imposte che sarebbero dovute sugli atti annotati nel Repertorio Notarile degli Atti tra vivi, fatta salva l’applicazione delle penali previste dal Decreto Delegato n.20/2016 e le eventuali segnalazioni all’Ordine degli Avvocati e Notai.”.
Art. 7-bis
(Intestazioni e trasferimenti a favore del coniuge ed ex coniuge)
1. E’ assoggettato all’imposta di registro fissa nella misura di euro 100,00 l’atto, in data successiva al 1° giugno 2017, con cui i coniugi non separati dispongono:
a) che siano intestati ad entrambi i diritti reali su beni immobili già intestati ad uno solo dei coniugi mentre vigeva la comunione legale dei beni;
b) che siano trasferiti al coniuge diritti reali su immobili già intestati all’altro coniuge mentre vigeva il regime patrimoniale di separazione dei beni, qualora il trasferimento di tali diritti costituisca, per dichiarazione in atto, dazione a corrispettivo dell’apporto economico del coniuge non intestato, all’acquisto, costruzione o ristrutturazione degli immobili stessi.
2. E’ assoggettato all’imposta di registro nella misura fissa di euro 100,00 l’atto, in data successiva al 1° giugno 2017, con cui si assegnano tra i coniugi separati o divorziati beni immobili e diritti reali immobiliari o altri diritti, a seguito e secondo quanto stabilito in sede di separazione coniugale o di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
3. Le imposte di bollo, trascrizione e voltura sono dovute per intero. L’imposta di trascrizione è applicata nella misura minima sugli atti di cui alla lettera a) del primo comma.
4. Le stesse imposte di cui ai commi che precedono sono dovute per il trasferimento di contratti, beni e diritti diversi da quelli indicati ai commi 1 e 2.
5. Le superiori norme si applicano anche ai casi in cui l’acquisto da parte del coniuge già intestato avesse goduto dei “benefici prima casa” previsti al N.1 bis delle Tariffe delle imposte di registro. I predetti “benefici prima casa” si continuano ad applicare qualora, nel caso del comma 2, l’assegnazione sia fatta esclusivamente al coniuge separato o divorziato non intestato, in possesso dei requisiti richiesti dal citato N.1 bis.
Art. 7-ter
(Riduzione di penale)
1. Il comma 3 bis dell’articolo 8 del Decreto Delegato 24 febbraio 2016 n.20, articolo con il quale è stato modificato l’articolo 57 della Legge n.73/2014, è così sostituito:
“3 bis. Le penali per la violazione di cui al comma 3 sono ridotte della metà per il ritardo alla presentazione delle scritture autenticate soggette ad imposta di registro fissa nella misura minima.”.
Art. 8
(Aggiornamento degli atti esenti da registrazione – articolo 74 Legge n.85/1981)
1. L’articolo 74 della Legge n.85/1981 è modificato come segue:
Sono esenti dalla registrazione, ancorchè autenticati:
1) gli atti emanati dalla Pubblica Amministrazione quando non siano specialmente designati nell’annessa tariffa;
2) i mandati di pagamento sulla Tesoreria di Stato;
3) gli atti e documenti per l’applicazione, liquidazione e riscossione delle pubbliche imposte e le quietanze di dette imposte;
4) le ricevute dei lavoratori dipendenti per retribuzioni, pensioni, indennità o anticipazione;
5) le quietanze per le multe e spese di giustizia;
6) gli atti richiesti dalla Pubblica Amministrazione esclusivamente per fini d’Ufficio o nell’interesse del pubblico servizio;
7) le offerte fatte all’asta pubblica;
8) le note e quietanze per raccolte di beni o denari a scopo esclusivo di beneficenza;
9) gli atti e documenti richiesti per la ammissione alla scuola o per l’ammissione nei servizi della Sicurezza Sociale e le ricette mediche;
10) gli attestati, le dichiarazioni ed autorizzazioni per i minori, i conti e le giustificazioni dei tutori;
11) gli atti in materia penale;
12) le procure ad lites;
13) le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà e di certificazioni, le dichiarazioni circa il possesso dei requisiti per l’iscrizione in registri ed albi professionali, o per l’abilitazione all’esercizio di attività da depositare agli atti di AIF e Bcsm;
14) i certificati azionari e le girate sui titoli azionari;
15) gli attestati, i certificati e le dichiarazioni da depositare agli atti del Registro delle Società previste dalla Legge 23 febbraio 2006 n.47 e successive modifiche e quelli da depositare agli atti del Registro dei trust previsti dalla Legge 1 marzo 2010 n.42;
16) gli attestati, i certificati e le dichiarazioni richieste per le associazioni e fondazioni da depositare agli atti dei pertinenti Registri del Tribunale, di uffici pubblici o di gestori di pubblici servizi;
17) gli atti e contratti oggetto delle formalità nel Pubblico Registro Automezzi e nel Registro dell’Ente per l’aviazione Civile e la Navigazione Marittima;
18) gli atti e documenti espressamente esentati da registrazione dalle disposizioni del presente decreto delegato e da norme speciali.
I documenti ed atti di cui al comma che precede o esentati da registrazione da altre norme, che siano volontariamente portati alla registrazione, assolvono l’imposta fissa rispettivamente nella misura minima prevista per i documenti e nella misura minima prevista per gli atti dalla Tabella delle Imposte di Registro.”.
Art. 9
(Rilascio di copie)
1. L’Ufficio del Registro e Conservatoria è autorizzato a rilasciare copia conforme degli esemplari d’archivio degli atti pubblici registrati esclusivamente allo scopo di consentire all’Ordine degli Avvocati e Notai di prendere visione degli atti per i quali l’ufficio abbia fatto segnalazione ai sensi di legge e agli organi pubblici ed uffici amministrativi di effettuare i controlli nei rispettivi ambiti di competenza previa motivata richiesta.
2. E’ consentito il rilascio di copie autentiche degli esemplari d’archivio di scritture private ed atti esteri agli organi pubblici ed uffici amministrativi per consentire i controlli nei rispettivi ambiti di competenza previa motivata richiesta.
Art. 10
(Decorrenze e Norme transitorie)
1. Il secondo comma dell’articolo 1 è applicato a tutti i processi civili e procedure, comunque denominate, iscritte a ruolo a partire dal 1° ottobre 2016.
2. Le disposizioni contenute nel presente decreto delegato hanno effetto a decorrere dal 1° ottobre 2016 facendo riferimento alla data di riscossione delle imposte e di vidimazione dei Repertori Notarili, fermo restando quanto previsto dal precedente comma.
3. Tenuto conto di quanto previsto al comma che precede, delle modifiche introdotte con il presente decreto delegato e della necessità di definire la disciplina transitoria per la vidimazione dei Repertori degli Atti Tra Vivi tenuti nel periodo intercorrente dalla data di entrata in vigore della Legge 73/2014 alla data di tenuta del Repertorio in formato elettronico, l’Ufficio del Registro e Conservatoria applica agli atti ivi annotati il primo comma dell’articolo 1 e l’articolo 4 in combinato disposto con il primo comma dell’articolo 1, con le eventuali penali già previste dal Decreto Delegato n. 20/2016 e ferma restando l’applicazione dell’articolo 59 della Legge sulle imposte di Registro n. 85/1981. Con riferimento agli atti annotati e non ricadenti nel primo comma dell’articolo 1 e nell’articolo 4, il Repertorio degli Atti tra Vivi del Notaio che dichiari sotto la sua responsabilità di non essere più in possesso dell’originale o della copia e di non poterlo reperire presso il contraente, è vidimato senza ulteriori adempimenti da parte dell’Ufficio, salve comunque le penali poste a carico del Notaio stesso ai sensi del Decreto Delegato n.20/2016.
Art. 10-bis
(Decorrenza delle norme introdotte con la ratifica)
1. Fermo restando quanto previsto per le decorrenze dal precedente articolo 10 e dall’originario Decreto Delegato n.127/2016, le nuove norme introdotte con il presente decreto hanno efficacia a partire dalla data della sua entrata in vigore.

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Inesistente la fattura emessa da una srl estranea al servizio

8 Giugno 2017

Il Sole 24 Ore 18 Maggio 2017 di Laura Ambrosi

Cassazione. Il reato scatta anche per simulazione soggettiva

Commette il reato di emissione di fatture soggettivamente inesistenti l’amministratore che svolge in proprio un prestazione e poi la fa fatturare alla società la cui attività è del tutto estranea alla prestazione eseguita. A nulla rileva l’esistenza di un contratto che coinvolge la società. A fornire questa interpretazione è la Corte di cassazione con la sentenza n. 24307 depositata ieri
Nell’ambito di una cessione di quote societarie da un’impresa italiana ad una estera, veniva pagata – dalla prima – una prestazione di intermediazione svolta da una srl a seguito di regolare contratto. Quest’ultima emetteva fattura e incassava sui propri conti il compenso. L’attività svolta dalla società emittente la fattura tuttavia era la commercializzazione di materiali di cancelleria abbastanza estranea alla tipologia di servizio fatturato relativo all’intermediazione della cessione di quote. Successivamente la somma veniva prelevata dall’amministratore.
L’agenzia delle Entrate, a seguito di un controllo, formulava una serie di contestazioni tra le quali l’emissione di una fattura soggettivamente inesistente, ritenendo nella specie che l’operazione fosse stata svolta dall’amministratore della società a titolo personale ma fatturata dalla società. Dopo la condanna nei due gradi di giudizio, l’imputato ricorreva per cassazione lamentando, tra l’altro, che non era possibile configurare, nella specie, un’ipotesi di emissione di fattura soggettivamente inesistente. Secondo la difesa infatti, l’operazione di mediazione della compravendita in questione era stata affidata alla società (e non alla persona dell’amministratore) in virtù di uno specifico contratto. La srl aveva poi incassato il previsto compenso con la conseguenza che nessuno dei soggetti partecipanti all’operazione era rimasto estraneo, difettando, così, il presupposto indispensabile per la configurazione dell’operazione soggettivamente inesistente come richiesto dalla giurisprudenza di legittimità.
La Cassazione ha rigettato il ricorso e, in merito a questa eccezione, ha rilevato che il reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti è configurabile anche in caso di fatturazione solo soggettivamente falsa. Ciò si verifica anche quando, da un lato, i beni o i servizi siano effettivamente entrati nella sfera giuridico-patrimoniale dell’impresa utilizzatrice della fattura e dall’altro sussista l’elemento della simulazione soggettiva, ossia la rappresentazione documentale della provenienza della prestazione da un soggetto giuridico differente da quello indicato nel documento fiscale. Secondo i giudici, le operazioni soggettivamente inesistenti devono ritenersi configurabili anche quando la fattura rechi l’indicazione di un soggetto erogatore della prestazione diverso da quello effettivo: anche in questa ipotesi infatti il documento esprime una capacità decettiva idonea ad impedire l’identificazione degli attori effettivi delle operazioni ostacolando l’accertamento tributario.

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Informazioni, «scambio automatico» al via

8 Giugno 2017

Il Sole 24 Ore 10 Maggio 2017 di Valerio Vallefuoco

Trasparenza fiscale. L’attività dell’Oecd sta portando i primi frutti nella lotta all’elusione e all’evasione internazionale

La trasparenza fiscale a livello globale rimane uno dei punti maggiormente all’attenzione dei forum internazionali (G20 e G7), che continuano a supportare i lavori condotti in questi anni dall’Oecd, soprattutto con riguardo allo scambio di informazioni su richiesta.
Siamo ormai vicini al primo scambio automatico di informazioni, che dovrà avvenire entro settembre 2017 e riguarderà dati riferiti al 2016: si tratta di più di 1.800 accordi bilaterali firmati da più di 60 giurisdizioni; tra queste, i paradisi fiscali sono in prima linea, se si pensa che Paesi come le Isole Vergini britanniche, le Isole Cayman, Gibilterra, Guernsey, Jersey e il Liechtenstein ne hanno firmati ognuno più di 40; dall’altro lato, l’Italia riceverà informazioni in via automatica da 60 Paesi.
Le premesse affinché questo processo sia efficace ed effettivo ci sono tutte: l’Oecd sta monitorando tutte le legislazioni nazionali, in modo da evitare che il mancato adeguamento delle norme domestiche possa impedire gli scambi automatici. Consapevole che la modifica delle legislazioni potrebbe portare a un’adesione nominale agli scambi, ma svuotata di contenuti, l’Oecd ha lanciato un altro strumento, basato sulla collaborazione di tutti gli stakeholder del progetto Common Reporting Standard (Crs): i soggetti interessati hanno la possibilità di comunicare, tramite il sito web dell’Organizzazione di Parigi, anche in forma anonima, gli schemi che, anche potenzialmente, possono essere utilizzati nelle varie giurisdizioni per eludere gli obblighi connessi con lo scambio automatico di informazioni.
Questo strumento rientra in una strategia più ampia di contrasto all’elusione del Crs; si affianca all’attività di analisi delle legislazioni, condotta per identificare “loopholes” e alla richiesta, già inoltrata alle varie giurisdizioni, di introdurre regole anti-abuso per prevenire comportamenti tesi ad aggirare gli obblighi di scambio di informazioni. Un ulteriore deterrente a comportamenti che possono minacciare la trasparenza fiscale è poi data dalla inclusione dei Paesi nella lista, in corso di preparazione sempre presso l’Oecd su mandato del G20, delle giurisdizioni non cooperative: queste ultime, infatti, potranno essere oggetto di misure difensive da parte degli altri Stati.
Su impulso del G20 (sollecitato a sua volta da un’iniziativa del G5 – Italia, Uk, Spagna, Francia e Germania – presa dopo la rivelazione dei Panama Papers), l’Oecd sta lavorando ad un salto di qualità della trasparenza fiscale basato sull’interrelazione tra normativa fiscale e normativa antiriciclaggio: il miglioramento riguarderà la definizione di beneficiario effettivo delle attività finanziarie oggetto di comunicazione.
L’obiettivo è quello di ottenere dati e informazioni su conti e soggetti che attualmente non ricadono nella definizione di beneficiario effettivo ai fini del Crs, ma che lo sono ai fini della normativa antiriciclaggio.
Ovviamente ci vorrà tempo per ottenere i risultati attesi. L’obiettivo finale, nella sostanza, potrebbe essere quello di permettere una maggiore collaborazione, a livello di G20, tra le varie agenzie che si occupano di perseguire da un lato l’evasione fiscale e dall’altro il riciclaggio.

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Brevetti registrati all’estero fuori da RW

8 Giugno 2017

Il Sole 24 Ore 29 Maggio 2017 di Luca Benigni e Gianni Rota

Attività finanziarie. Irrilevante la titolarità della privativa se non viene effettuata la concessione dell’utilizzo a soggetti stranieri

La tutela della proprietà industriale non va monitorata – Tassabile lo sfruttamento commerciale

La registrazione di un brevetto nazionale presso uno o più Stati esteri non va indicata nel quadro RW di Unico perché non è un’attività finanziaria estera, ma rappresenta l’ampliamento della protezione brevettuale oltre i confini nazionali. L’ obbligo, invece, potrebbe sussistere per il soggetto che sfrutta commercialmente il brevetto, anche concedendolo in uso a terzi, colui cioè che poi consegue i relativi redditi. Sono queste le conclusioni della sentenza 1779/17/2017 della Ctr Lombardia (presidente Lamanna, relatore De Rentiis).
In base a un procedimento penale avviato per presunti illeciti fiscali internazionali, l’amministrazione finanziaria sanziona un contribuente per gli anni dal 2007 al 2009 perché ha omesso di indicare in Unico le attività finanziarie detenute all’estero, rappresentate da un contratto per lo sfruttamento di alcuni brevetti, stipulato per un importo di 400mila euro con una società britannica, poi risolto consensualmente il 6 dicembre 2007.
Il contribuente contesta l’irrogazione delle sanzioni sotto due profili:
la detenzione in Italia di brevetti per i quali è stata poi richiesta e ottenuta l’estensione della registrazione presso uno o più Stati esteri non è automaticamente qualificabile come detenzione di «attività finanziarie estere», in quanto ha solo l’effetto di ampliarne la protezione brevettuale oltre i confini nazionali e non obbliga di conseguenza il titolare a indicarli nel quadro RW;
lo sfruttamento di brevetti registrati all’estero, tramite una società italiana che si occupa della concessione in uso a società estere, obbligherebbe solo quest’ultima a compilare il quadro RW.
L’amministrazione resiste con due motivi:
il contribuente è obbligato alla compilazione perché queste «attività finanziarie estere» sono potenzialmente in grado di produrre redditi e l’omissione va punita con una sanzione amministrativa pecuniaria dal 5 al 25% degli importi non dichiarati;
lo sfruttamento, potenziale o effettivo, dei brevetti attraverso una società italiana o inglese, non rileva, perché il contribuente risulta essere in ogni caso il titolare.
I giudici di merito di entrambi i gradi danno torto all’ufficio. In particolare la Ctr afferma due principi.
La registrazione. L’omessa compilazione del quadro RW, avente ad oggetto brevetti nazionali per i quali è stata richiesta e poi ottenuta la registrazione anche in altri Stati esteri, va provata dall’amministrazione con la loro diversa qualificazione in termini di attività finanziare estere: l’estensione della registrazione all’estero di un brevetto nazionale, infatti, non consente di per sè di qualificarlo come «attività finanziaria estera» bensì unicamente di ampliarne la protezione brevettuale oltre i confini nazionali.
Lo sfruttamento. La ratio legis è quella di monitorare le operazioni finanziarie da e verso l’estero. Pertanto l’obbligo di indicare nel quadro RW le «attività finanziare estere» spetta sia al titolare dell’attività finanziaria sia a quanti ne hanno la materiale disponibilità. Ne consegue che il presupposto sanzionatorio può dirsi effettivamente integrato attraverso il concreto potere dispositivo sulle risorse economiche all’estero, indipendentemente da colui che ne risulti titolare.

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Scambio dati con filtro del giudice

8 Giugno 2017

Il Sole 24 Ore 17 Maggio 2017 di Stefano Oliva, Riccardo Padovan e Benedetto Santacroce

Corte Ue. Il vaglio giurisdizionale si può indirizzare sulla «prevedibile pertinenza» delle domande con l’indagine tributaria in corso

Ammissibile il controllo sulle richieste di informazioni fiscali provenienti da altri Stati

L’attivazione di una richiesta di cooperazione fiscale deve contenere gli elementi che consentano allo Stato richiesto di comprendere se la stessa rispetta tutti i vincoli di legittimità imposti dalle regole convenzionali; se ciò non risulta chiaro il diritto europeo deve garantire una reale tutela del contribuente. Questo principio è stato fissato dalla Corte di giustizia con la sentenza C-682/15 di ieri.
Il giudizio trae origine da una richiesta di informazioni inoltrata, in forza della direttiva 2011/16, dall’amministrazione finanziaria francese verso quella lussemburghese, conseguente ad una verifica circa la sussistenza dei requisiti previsti per l’esenzione della ritenuta alla fonte su un dividendo pagato da una società transalpina alla sua controllante lussemburghese.
A seguito di tale richiesta il fisco lussemburghese ingiungeva alla società controllante di fornire talune informazioni richieste dall’amministrazione francese; la società rispondeva omettendo i dati relativi ai propri soci ritenendo che tali informazioni non fossero «prevedibilmente pertinenti» – nell’accezione della direttiva 2011/16 – alla verifica fiscale posta in essere dalle autorità francesi.
A fronte del diniego, l’autorità fiscale lussemburghese irrogava una sanzione amministrativa, avverso la quale la società ricorreva al tribunale amministrativo; all’esito del quale i giudici di prime cure riducevano parzialmente la sanzione, respingendolo nel merito non ritenendo di doversi pronunciare sulla domanda di annullamento.
La società proponeva allora appello alla corte amministrativa di secondo grado adducendo il motivo che il diniego opposto dal tribunale amministrativo (in base alla norma interna lussemburghese) di verificare la fondatezza della decisione di ingiunzione, fosse lesivo del diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo, così come garantito dall’articolo 6 della Cedu. I giudici amministrativi hanno ritenuto di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte di giustizia la questione, sulla base del presupposto della rilevanza anche in tale ambito dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, che riflette i medesimi principi espressi dall’articolo 6 della Cedu.
La Corte, con la sentenza, ha in primo luogo ricondotto, ai sensi dell’articolo 51 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, le misure coercitive irrogate tra quelle che gli Stati membri adottano per assicurare il buon funzionamento della cooperazione amministrativa all’attuazione degli obblighi della Direttiva 2011/16.
La Corte ha altresì statuito che l’articolo 47 della Carta va interpretato nel senso che un soggetto, cui è stata inflitta una sanzione – per non aver ottemperato ad un’ingiunzione di fornire informazioni nel contesto dell’assistenza amministrativa in forza della Direttiva 2011/16 – ha diritto a contestare la legittimità della stessa con un ricorso giurisdizionale effettivo.
La Corte prosegue ricordando che tale decisione di ingiunzione può essere legittima (articolo 1, paragrafo 1, e articolo 5 della Direttiva 2011/16) qualora le informazioni richieste dall’autorità fiscale estera sono «prevedibilmente pertinenti», riflettendo, in tal modo, la medesima nozione utilizzata dall’articolo 26 del modello di convenzione Ocse.
Da ultimo la sentenza evidenzia che, per assicurare l’effettività di tale rimedio, il giudice nazionale deve essere competente sia a modificare quantitativamente la sanzione inflitta, sia a verificare la legittimità di tale decisione; per questo dovrà aver accesso completo alla richiesta di informazioni, indipendentemente dal suo carattere di segretezza. Viceversa il soggetto destinatario della richiesta non disporrà di un diritto di accesso completo, ma solamente alle informazioni minime previste dall’articolo 20, paragrafo 2, della Direttiva 2011/16, ovvero all’identità del contribuente coinvolto e al fine fiscale delle informazioni richieste.

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Aumento di capitale con compensazione del credito del socio

8 Giugno 2017

Il Sole 24 Ore 25 Maggio 2017 di Antonino Porracciolo

Tribunale di Roma. Per una Srl

Sì alla compensazione della somma dovuta per l’aumento di capitale con un controcredito vantato verso la società. Lo afferma il Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia di imprese (presidente Scerrato, relatore Romano), in un’ordinanza dello scorso 6 febbraio.
Questi i fatti. Nell’aprile 2016 l’assemblea di una Srl aveva deliberato l’aumento da 10mila a 85 mila euro. Un socio aveva esercitato il diritto di opzione, chiedendo che il relativo debito fosse compensato con un suo credito verso la società per un precedente finanziamento. L’amministratore aveva però escluso che i due debiti si potessero compensare; così aveva iscritto nel Registro imprese la delibera di variazione del capitale senza tener conto della sottoscrizione del socio creditore, la cui quota di partecipazione al capitale sociale era quindi scesa dal 33,33% al 5,56%.
Il socio si era allora rivolto al giudice monocratico del Tribunale per ottenere, in base all’articolo 700 del Codice di procedura civile, un provvedimento che disponesse l’esecuzione della delibera di aumento del capitale con compensazione col suo credito; il socio ricorrente aveva inoltre chiesto di ordinare al legale rappresentante della società di depositare nel registro delle imprese una dichiarazione che attestasse il suo acquisto di quote. Con ordinanza del settembre 2016 il tribunale aveva accolto la richiesta del ricorrente.
La Srl ha quindi presentato il reclamo previsto dall’articolo 669-terdecies del Codice di procedura civile, sostenendo che l’aumento di capitale era stato deliberato per reperire, con assoluta urgenza, la liquidità necessaria a effettuare il pagamento della rata di un mutuo prossima alla scadenza. Sicché – concludeva la società – lo scopo della delibera sarebbe stato vanificato se si fosse consentita la compensazione richiesta dal socio.
Nel respingere il reclamo, il collegio afferma, innanzitutto, che «l’obbligo del socio di conferire in danaro il valore delle azioni sottoscritte in occasione di un aumento del capitale sociale è un debito pecuniario, che può essere estinto per compensazione con un credito pecuniario vantato» nei confronti della società. Peraltro, l’aumento di capitale sottoscritto con estinzione per compensazione non è contrario all’interesse della società, giacché determina il venir meno del debito della stessa compagine verso il socio e, in definitiva, «un aumento della garanzia patrimoniale generica» offerta ai creditori. Né, comunque, la possibilità che il debito sia estinto per compensazione richiede un’espressa previsione nella decisione di aumento del capitale.
Nel caso in esame, la delibera era stata approvata per trovare la liquidità necessaria a pagare la rata di un prestito e a ristrutturare alcuni impianti. Ma tale esigenza, «sebbene in qualche modo esplicitata», era rimasta «confinata nell’ambito dei motivi», giacché l’assemblea dei soci non aveva predisposto «i meccanismi giuridici per impedire» la compensazione dei due crediti. Infatti, «se i soci avessero voluto che l’operazione sul capitale facesse confluire nelle casse societarie esclusivamente liquidità da utilizzare per i pagamenti», l’assemblea avrebbe «potuto (e dovuto) escludere la compensabilità dell’apporto di capitale con i crediti vantati dai soci». Poiché la delibera non conteneva alcuna previsione sul punto, si applica la regola generale che consente la compensazione.
Così il Tribunale ha confermato l’ordinanza impugnata.

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Dal 1° agosto la caccia al «non pentito»

8 Giugno 2017

Il Sole 24 Ore del 29 Maggio 2017 di Alessandro Galimberti e Valerio Vallefuoco

I trattati. Alla chiusura della Vd 2.0 l’Agenzia partirà con le liste selettive e da settembre lo scambio automatico

Per la seconda e definitiva chiamata all’emersione volontaria del nero estero restano ancora due mesi e due giorni. Poi, chiusa definitivamente la finestra delle voluntary disclosure, dal 1° agosto l’Agenzia passerà alla fase della caccia all’evasore non pentito, utilizzando in prima battuta i trattati bilaterali (group request) e subito dopo lo scambio automatico di informazioni (afflusso dati dal 1° settembre 2017 per gli early adopter, un anno dopo per gli altri).
La stagione delle group request – cioè le liste selettive di gruppo inviate alle altre amministrazioni collaborative (bilaterali), per esempio: “chi ha chiuso o azzerato i conti in Svizzera nel 2015” – durerà in sostanza il tempo necessario per l’avvio dello scambio automatico di informazioni, che sarà la vera arma globale contro la fuga del nero (alla rete di trasparenza internazionale aderiscono ormai più di 100 paesi). Lo scambio automatico, a differenza delle richieste di gruppo, funzionerà senza alcun intervento di impulso “esterno”: tutti gli intermediari dei paesi aderenti al cosidetto Crs (Common reporting standard) invieranno in automatico all’Agenzia i dati dei contribuenti con asset nelle loro giurisdizioni. Quanto al cambio di cittadinanza utilizzato per ragioni di opportunità/fuga fiscale (e cioè sottrarsi allo scambio automatico), può diventare un indizio che l’Agenzia sfrutterà per chiedere l’assistenza amministrativa del paese “rifugio”.
La tabella pubblicata a lato dimostra che la fuga del nero è diventata molto più complicata che in passato: i 17 paesi indicati, selezionati tra i 111 delle liste Ocse, rappresentavano fino a un paio d’anni fa le mete preferite degli amanti del segreto bancario (o meglio, del segreto fiscale), ma al più tardi tra 15 mesi dovranno svelare automaticamente al fisco italiano nomi e capitali dei “rifugiati”.
Gli strumenti della trasparenza internazionale sono gli accordi bilaterali tra cui le Convenzioni sulla doppia tassazione (Cdta) – che prevedono il recepimento dell’articolo 26 del modello Ocse sullo scambio di informazioni a richiesta con l’abolizione del segreto bancario e fiduciario – e gli accordi bilaterali sullo scambio di informazioni (Tiea) con la lista degli Stati convenzionati che consentono un adeguato scambio di informazioni (cosiddetta white list) prevista dal Dm 4 settembre 1996 e aggiornata dal Dm del 9 agosto 2016. Strategica, infine, è la lista Ocse dei Paesi (oltre 100) che a livello internazionale hanno adottato il modello comune per lo scambio automatico di informazioni (Common Reporting Standard). A fare da strumento applicativo sarà invece la Convenzione multilaterale sulla cooperazione amministrativa (Maat), adottata da quasi tutti gli Stati già parte degli accordi bilaterali e multilaterali sullo scambio di informazioni a richiesta e automatico. Il Maat consente la comunicazione spontanea, a richiesta singola o di gruppo e lo scambio automatico, con la possibilità di verifiche fiscali all’estero e la riscossione in loco dei tributi “fuggiti”. Il tutto, finalmente, con modalità standard per tutti gli Stati aderenti.

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Reati fiscali, allargato il «ne bis in idem»

7 Giugno 2017

Il Sole 24 Ore 19 Maggio 2017 di Marina Castellaneta

Corte diritti dell’uomo. Il principio vale anche se la sovrapposizione dei processi è breve

La Corte europea dei diritti dell’uomo torna sull’applicazione del principio del ne bis in idem nei casi di sanzioni tributarie e penali per reati fiscali. Con la sentenza depositata ieri nella causa Johannesson e altri contro Islanda (ricorso n. 22007/11), Strasburgo sembra allargare nuovamente gli spazi applicativi del principio del ne bis in idem. Per la Corte, infatti, se manca una connessione sostanziale e se la sovrapposizione tra il procedimento tributario e quello penale è limitata dal punto di vista temporale, è certa la violazione del principio.
A rivolgersi alla Corte sono stati due cittadini islandesi che erano stati al centro di un procedimento per evasione fiscale. L’amministrazione tributaria aveva disposto l’applicazione di una sovrattassa, ma dopo nove mesi i due ricorrenti erano stati indagati per reati fiscali e condannati a una pena detentiva (pena sospesa) e a una multa. Di qui il ricorso alla Corte europea che ha dato ragione ai ricorrenti.
Per la Corte, infatti, l’Islanda ha violato l’articolo 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea – che afferma il diritto a non essere processato o punito due volte per lo stesso reato – proprio perché il procedimento tributario culminato con una sanzione pecuniaria aveva, in realtà, una natura sostanzialmente penale. I fatti contestati nei due procedimenti erano identici e così la stessa entità dell’evasione fiscale contestata.
È vero – osserva la Corte europea – che l’articolo 4 del Protocollo n. 7 non esclude del tutto la possibilità che due procedimenti siano condotti contemporaneamente, ma questo solo a condizione, accertata l’identità del fatto, che le due azioni siano strettamente legate dal punto di vista sostanziale e temporale. In presenza di questo legame “sufficientemente stretto”, infatti, si verifica un’integrazione tra le due azioni. Con la conseguenza che i due procedimenti ne formano uno unico.
La Corte, nell’accertare se sussistessero le due condizioni, ha tenuto conto, dal punto di vista della connessione temporale, della durata della sovrapposizione legata, però, all’intero svolgimento del procedimento.
Di conseguenza, poiché i procedimenti si erano svolti in parallelo solo per un anno su una durata complessiva di 9, Strasburgo ha escluso la connessione, anche perché l’imputazione ai due ricorrenti era arrivata 16 mesi dopo la decisione delle autorità fiscali.
Netta separazione anche sotto il profilo delle prove, con indagini e svolgimento dei procedimenti realizzati in modo indipendente.
Di qui la conclusione dell’assenza di una connessione sostanziale e temporale “sufficientemente stretta” e l’evidente duplicazione del processo, con una chiara violazione del principio del ne bis in idem.

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Società estinte, confini incerti sulla responsabilità degli ex soci

7 Giugno 2017

Il Sole 24 Ore 15 Maggio 2017 di Fabrizio Cancelliere e Gabriele Ferlito
Cassazione. Il caso della mancata distribuzione dell’attivo
L’estinzione di una società di capitali nel corso del giudizio continua a far discutere. Con la sentenza 9094/2017 la Cassazione ha riconosciuto l’interesse del fisco ad agire contro gli ex soci quando la chiusura della società durante il processo avviene a seguito di una liquidazione che si conclude senza ripartizione di attivo tra i soci (si veda il Sole 24 Ore dell’8 aprile). La pronuncia crea una situazione di incertezza, alla luce della oscillante giurisprudenza della stessa Corte.
Ma andiamo con ordine. Rispetto ai debiti sociali rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione della società di capitali dal Registro imprese, il Codice civile (articolo 2495, comma 2) stabilisce che i creditori possono agire nei confronti degli ex soci fino a concorrenza di quanto dagli stessi riscosso in base al bilancio di liquidazione. Tale chiamata in responsabilità dei soci operata determina un fenomeno di tipo successorio, come riconosciuto dalle Sezioni unite con due sentenze analoghe emesse il 12 marzo 2013, la 6070 e la 6072.
In alcune recenti pronunce (sentenza 2444/2017; ordinanza 13259/2015), la Corte ha sostenuto la tesi che limita il meccanismo successorio all’ipotesi in cui gli ex soci soci abbiano goduto di un qualche riparto ad esito della liquidazione. Secondo questa interpretazione, gli ex soci subentrano dal lato passivo del rapporto di imposta solo se e nei limiti di quanto riscosso al termine della liquidazione, pertanto l’accertamento di tali circostanze è il presupposto della assunzione, in capo a loro, della qualità di successori e, quindi, della legittimazione passiva ai fini della prosecuzione del processo. Secondo questa posizione:
sono inammissibili l’appello o il ricorso per Cassazione proposti dal fisco nei confronti degli ex soci di una società medio tempore estinta senza alcuna ripartizione di attivo;
il creditore che voglia agire nei confronti dell’ex socio che abbia ricevuto un qualche riparto è tenuto a dimostrare che vi sia stata la distribuzione dell’attivo e che tale attivo è stato riscosso, fermo restando il principio dell’onere della prova su chi intende fare valere un diritto.
Con la sentenza 9094 la Suprema corte ha censurato tale orientamento. I giudici, richiamando le Sezioni unite 6070 e 6072, hanno affermato che la mancata ripartizione di attivo tra i soci non configura una condizione da cui dipende la possibilità di proseguire nei loro confronti l’azione intrapresa verso la società. Invero, gli ex soci sono sempre destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società estinta ma non definiti al termine della liquidazione, fermo restando il loro diritto di opporre il limite di responsabilità ex articolo 2495. Qualora tale limite dovesse rendere evidente l’inutilità per il creditore di fare valere le proprie ragioni nei confronti del socio, ciò inciderebbe sull’interesse ad agire, ma il creditore potrebbe comunque avere interesse a proseguire il giudizio se vi fosse la possibilità per i soci di succedere in eventuali rapporti attivi della società non definiti al termine della liquidazione, ad esempio:
sopravvenienze attive derivanti da crediti della società incerti e illiquidi al momento della liquidazione (la cui mancata inclusione nel bilancio di liquidazione può essere giustificata da una più rapida conclusione della stessa);
beni o diritti non compresi nel bilancio di liquidazione, i quali pur sempre si trasferiscono ai soci in regime di contitolarità o comunione indivisa.
Resta da capire se tale possibilità può essere considerata automatica o se andrà documentata dal creditore, profilo che potrebbe aprire altre discussioni.

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