Decreto Delegato 23 maggio 2019 n.84 – Sgravi contributivi per l’assunzione di lavoratori iscritti alle liste di avviamento al lavoro

11 Giugno 2019

Sgravi contributivi per le assunzioni effettuate dal 01/06/2019 al 31/12/2019 a tempo indeterminato di lavoratori iscritti nelle liste di avviamento al lavoro. Lo sgravio contributivo del 20% è costituito da un bonus pari a € 20.000,00 per ciascun lavoratore utilizzabile entro un massimo di 3 anni a compensazione dei contributi previdenziali, degli oneri sociali e di altri adempimenti a carico del datore di lavoro dovuti all’ISS.

DD084-2019

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Decreto – Legge 20 maggio 2019 n.81 (Ratifica Decreto – Legge 30 aprile 2019 n.71) – Differimento del termine per l’iscrizione al Registro pubblico dei domicili digitali

11 Giugno 2019

E’ stato nuovamente prorogato al 31 luglio 2019 il termine per l’iscrizione al Registro Pubblico dei Domicili Digitali

DL081-2019

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Il Cda fuori dall’Italia esclude l’esterovestizione

11 Giugno 2019

Il Sole 24 Ore 29 MAGGIO 2019 di Laura Ambrosi

HOLDING

Conta la disponibilità di locali per gestione e amministrazione

I consigli di amministrazione e le assemblee dei soci tenute in territorio estero, dove la società dispone materialmente di locali necessari per la gestione di partecipazioni, escludono la residenza in Italia della holding estera, ed impongono un’approfondita valutazione dei giudici di merito prima di ritenere sussistente un’ipotesi di esterovestizione.

A fornire queste indicazioni è la Cassazione con la sentenza 14527 depositata ieri. Ad una holding olandese veniva negato il rimborso delle ritenute operate in Italia in sede di distribuzione di dividendi da parte dalla propria controllata. L’agenzia delle Entrate, infatti, a seguito di un controllo sostanziale riteneva che la società olandese fosse stata fittiziamente costituita in Olanda allo scopo di beneficiare del regime agevolato di tassazione dei dividendi previsto dalla Convenzione tra Italia e Paesi Bassi sulle doppie imposizioni e del regime di esenzione dei dividendi delle imposte vigente in Olanda.

L’impresa, pertanto, non possedeva i requisiti per ottenere il rimborso delle ritenute sui dividendi. L’ufficio emetteva conseguentemente provvedimento di diniego dell’esenzione con richiesta di restituzione del rimborso delle ritenute. La società impugnava l’atto davanti alla Commissione tributaria provinciale, che accoglieva il gravame per intervenuta decadenza del potere di recupero dell’ufficio. L’agenzia appellava la decisione di primo grado. I giudici di appello ritenevano innanzitutto tempestiva la pretesa dell’ufficio e poi affermavano la fondatezza della tesi dell’effettiva residenza in Italia della società olandese.

In particolare, evidenziavano che dalle indagini svolte era emersa la residenza in Italia e nel Regno Unito degli amministratori della società estera. Essa, inoltre, non svolgeva alcuna attività economica e non aveva la sede di direzione effettiva in Olanda. A questo scopo, non risultava sufficiente che la società fosse stata costituita secondo le leggi di uno Stato estero.

La contribuente ricorreva per cassazione lamentando, tra l’altro, l’insufficiente motivazione in ordine all’asserita esterovestizione della società, trascurando gli elementi contrari forniti dalla difesa. La Cassazione ha accolto il ricorso, rilevando che i giudici di appello si siano limitati a sostenere l’effettiva sede in Italia sulla base della residenza nel nostro Paese e nel Regno Unito degli amministratori e sull’attività svolta dalla società, consistente nella mera gestione di pacchetti azionari.

Secondo la Corte, la residenza italiana o inglese degli amministratori della holding non è di per sé sintomatica dell’ubicazione della sede dell’amministrazione effettiva in Italia più di quanto non lo sia l’ubicazione della sede amministrativa effettiva in territorio inglese. Inoltre, lo svolgimento della mera attività di gestione dei pacchetti azionari è connaturata alla natura di holding della società,

La sentenza rileva così che i giudici di secondo grado non hanno esaminato le allegazioni difensive in ordine all’effettiva amministrazione in Olanda della società, dove peraltro avevano luogo sia i consigli di amministrazione, sia le assemblee dei soci. Inoltre nei Paesi Bassi la società aveva la materiale disponibilità dei locali necessari per lo svolgimento dell’attività di amministrazione e gestione. Da qui l’accoglimento del ricorso e il rinvio per un nuovo giudizio alla Ctr.

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Perdite da realizzo subito deducibili se il credito viene cancellato dal bilancio

11 Giugno 2019

Il Sole 24 Ore 25 MAGGIO 2019 di Riccardo Giorgetti
FORUM DICHIARAZIONI24

Gli elementi certi e precisi imposti dal Tuir non sono necessari in questi casi

L’intervento sul rendiconto vale come presunzione di sussistenza dei requisiti

Una società in nome collettivo ha pattuito una fornitura di divise sportive con un proprio cliente. La merce è stata regolarmente consegnata e accettata nel mese di settembre 2017 per 45mila euro di importo con pagamento rateale concordato in quote di 5mila al mese per nove mesi.

Le prime cinque rate sono state pagate. Poi è subentrato il mancato pagamento e c’è stato un contenzioso risolto in via transattiva stragiudiziale il 30 settembre 2018, con ultimo pagamento di 7.500 euro. I restanti 12.500 euro sono deducibili in quanto perdita su crediti?

Le perdite da realizzo sono immediatamente deducibili se il credito irrecuperabile viene cancellato dal bilancio in base ai corretti principi contabili. In questi casi i requisiti richiesti dalla normativa fiscale sussistono ex lege senza necessità di ulteriori prove.

Gli elementi certi e precisi

L’articolo 101, comma 5, del Tuir dispone, come regola generale, che le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi. Di conseguenza, l’impresa che intende dedurre l’onere deve, in generale, fornire la prova della definitività della perdita tramite documentazione che comprova la irrimediabilità del pagamento. Prova che sussiste, ad esempio, nel caso in cui il cliente è assoggettato a procedure concorsuali, ovvero il credito è di modesta entità (fino a 2.500/5mila euro a seconda della dimensione dell’impresa) e siano trascorsi almeno sei mesi dalla scadenza del pagamento previsto. Tuttavia, con riferimento alle perdite da realizzo, la normativa è venuta incontro alle esigenze del contribuente riconoscendo una presunzione di sussistenza dei requisiti richiesti senza la necessità di fornire specifiche dimostrazioni al realizzarsi di determinate condizioni. Ci si riferisce all’ultimo paragrafo dell’articolo 101, comma 5 del Tuir che stabilisce, per tutti i soggetti (Ias e Oic adopter), che «gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili». Sul punto l’Oic 15 evidenzia come le imprese possano cancellare il credito dal bilancio quando:

a) i diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito si estinguono (parzialmente o totalmente);

b) o quando la titolarità dei diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito è trasferita e con essa sono trasferiti sostanzialmente tutti i rischi inerenti il credito.

Quanto al primo punto, i diritti contrattuali possono estinguersi per pagamento, prescrizione, transazione, rinuncia al credito, rettifiche di fatturazione e ogni altro evento che fa venire meno il diritto a esigere determinati ammontari di disponibilità liquide, o beni/servizi di valore equivalente, da clienti o da altri soggetti (circolare 14/E/14).

In via transattiva

Di conseguenza, l’impresa del quesito ha risolto, in via transattiva, il contenzioso relativo al credito pari a 20mila euro stabilendo un pagamento parziale per euro 7.500. Ne discende che se la parte non corrisposta (euro 12.500) è stata cancellata dal bilancio a seguito della transazione pattuita, lo stralcio fatto a livello di bilancio in base ai principi contabili assumerà valore anche ai fini fiscali. Quanto al trasferimento dei diritti contrattuali e dei relativi rischi ciò si realizza nel caso di forfaiting dal datio in solutum dal conferimento del credito, dalla vendita del credito compreso il factoring con cessione pro-soluto.

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San Marino, l’e-fattura dribbla l’esterometro

11 Giugno 2019

Il Sole 24 Ore lunedì 13 MAGGIO 2019 di Giampaolo Giuliani

IVA E DECRETO CRESCITA

Uno per uno i casi in cui si può evitare l’onere a legislazione attuale

L’obbligo di fatturazione elettronica prevede eccezioni per i «piccoli»

Debutta l’obbligo di fattura elettronica per l’import-export di beni tra l’Italia e la Repubblica di San Marino. Con l’articolo 12 del Dl 34 del 30 aprile 2019 – il decreto crescita – l’esecutivo infatti modifica la relativa disciplina Iva, rinviando a un futuro decreto che il Mef dovrà predisporre in base ad accordi con l’amministrazione sammarinese, e a regole tecniche che dovrà emanare il direttore dell’Agenzia.

L’obbligo di e-fattura non riguarderà però tutte le transazioni. Oltre all’esclusione prevista dall’articolo 12 per gli operatori italiani cosiddetti minori o che operano in franchigia d’imposta, resteranno fuori tutte le transazioni che non trovano puntuale riferimento nel Dm del 24 dicembre 1993. E, inoltre, le prestazioni di servizi, che non sono disciplinate dal decreto e per le quali valgono i principi di carattere generale che consentono ma non obbligano all’emissione della e-fattura. L’uso delle e-fatture dovrebbe dunque sovrapporsi alle attuali procedure che rimarrebbero operative per i soggetti esclusi, seppure con le necessarie modifiche.

Le norme attuali

In attesa di conoscere le soluzioni tecniche future serve fare il punto sull’attuale normativa, poiché in questa prima fase di applicazione della fatturazione elettronica e dell’invio dei dati transfrontalieri, previsto dall’articolo 1, comma 3-bis, del Dlgs 127 del 2015 e comunemente denominato “esterometro”, sono molti i dubbi su cui è importante mettere dei punti fermi.

La Repubblica di San Marino non aderisce alla Ue, per cui va considerato un Paese extracomunitario anche se ha siglato un accordo di cooperazione e unione doganale con la Ue. Il fatto di essere un piccolo Paese interamente confinante con lo Stato italiano e privo di barriere doganali, tuttavia, è sfociato a suo tempo nella predisposizione del Dm 24 dicembre 1993 che adotta gli stessi principi che regolano i rapporti di interscambio tra i Paesi Ue relativo però soltanto alle cessioni e agli acquisti di beni e non alle prestazioni di servizi regolate, invece, dalle previsioni relative agli Stati e territori extracomunitari, quali ad esempio Svizzera o Norvegia.

Vediamo come devono procedere gli operatori e quali vie si presentano loro per evitare l’incombenza dell’esterometro.

Le cessioni

Nelle cessioni a operatori sammarinesi va emessa in ogni caso la fattura cartacea a nulla influendo che il cedente italiano intenda emettere quella elettronica. Infatti, il regime della non imponibilità Iva è a tutt’oggi vincolato alla successiva ricezione da parte del cedente della propria fattura munita di un visto dell’Ufficio tributario sammarinese che in questo modo attesta l’avvenuta introduzione della merce in San Marino. Se il cedente italiano vuole emettere anche la fattura elettronica – che è una possibilità e non un obbligo – nel codice destinatario dovranno essere emesse sette «X». Così l’operazione potrà non essere indicata nell’esterometro.

Per gli acconti, invece, le fatture cartacee emesse non devono essere vistate dall’Ufficio tributario. Infatti il visto deve essere apposto solo sulla fattura di saldo in cui sono richiamati anche quelle relative agli acconti. L’uso della fattura cartacea per l’acconto può essere sostituita dalla fattura elettronica che evita anche l’esterometro.

Va emessa la fattura in formato cartaceo anche nelle vendite nei confronti di privati residenti a San Marino. In questa ipotesi l’operazione è sempre imponibile Iva, salvo specifiche deroghe previste per i mezzi di trasporto nuovi e per le cosiddette vendite a distanza. Il cedente può comunque emettere una fattura elettronica con sette «X» escludendo così l’operazione dall’esterometro.

Le importazioni

Per le importazioni di beni per acquisti effettuati da soggetti passivi italiani da operatori sammarinesi non si può evitare l’esterometro anche nel caso in cui l’acquirente italiano intenda assolvere l’imposta inviando allo Sdi un documento elettronico realizzato sulla base della fattura ricevuta dal fornitore sammarinese munita del visto dell’Ufficio tributario di San Marino. Peraltro questo iter non è consentito per gli acquisti effettuati mediante le cosiddette fatture con Iva prepagata le quali, se munite dei timbri dell’Ufficio tributario e dell’agenzia delle Entrate della provincia di Pesaro, sono in tutto parificate a fatture emesse da operatori italiani.

Relativamente agli acconti pagati dall’acquirente italiano nei confronti del proprio fornitore sammarinese, si rileva come questa operazione sia ai fini Iva del tutto ininfluente posto che il presupposto impositivo si verifica solo nel momento in cui il bene viene introdotto nel territorio dello Stato italiano. Non solo, l’obbligo di assolvimento dell’imposta da parte dell’acquirente sorge soltanto quando quest’ultimo riceve la fattura in originale da parte del cedente sammarinese che sia munita del visto apposto dall’Ufficio tributario.

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Decreto Delegato 23 maggio 2019 n.86 – Norme sulla tecnologia Blockchain per le imprese

11 Giugno 2019

Si allega testo completo del Decreto che regolamenta la tecnologia Blockchain.

DD086-2019+All

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Nel leasing l’utilizzatore deve pagare il bollo auto

11 Giugno 2019

Il Sole 24 Ore 17 MAGGIO 2019 di Giacomo Albano

CASSAZIONE

Responsabilità solidale esclusa anche prima del 15 giugno 2016

Per i veicoli concessi in locazione finanziaria l’unico soggetto tenuto al pagamento della tassa automobilistica regionale è il soggetto utilizzatore, anche per i rapporti anteriori al 15 giugno 2016. Non è quindi configurabile alcuna responsabilità solidale della società di leasing in caso di mancato pagamento. È quanto stabilito dalla Cassazione che, con quattro sentenza identiche (13131, 13132, 13133 e 13135, tutte depositate ieri), scrive la parola fine a un contenzioso tra regioni e società di leasing che va avanti ormai da dieci anni a colpi di sentenze e modifiche normative.

Oggetto della questione è l’individuazione del soggetto passivo della tassa automobilistica per gli autoveicoli concessi in leasing. La controversia trae origine dalla legge 99/2009, che aveva rivisto gli obbligati al tributo regionale: prima del 15 agosto 2009 (data di entrata in vigore della norma), infatti, la normativa sulla tassa automobilistica prevedeva quale unico soggetto passivo il “proprietario” del bene (articolo 5 del Dl 953/82) e, quindi, per i veicoli concessi in leasing il soggetto tenuto al pagamento era la società di leasing, proprietaria del bene. La legge 99 del 2009 ha invece previsto che al pagamento della tassa automobilistica sono tenuti coloro che «risultano essere proprietari, usufruttuari, acquirenti con patto di riservato dominio, ovvero utilizzatori a titolo di locazione finanziaria».

Nonostante la modifica normativa avesse la finalità di imporre il pagamento della tassa esclusivamente ai soggetti utilizzatori, alcune Regioni (in testa la Lombardia) hanno continuato a chiedere alle società di leasing il pagamento dell’imposta sui veicoli in leasing, argomentando che il prelievo potesse avvenire indifferentemente sia in capo al concedente che all’utilizzatore in quanto solidalmente obbligati.

Per dirimere il contenzioso scaturito da tale lettura, era intervenuta una norma di interpretazione autentica (Dl 78/2015) che chiariva in modo inequivocabile che per i veicoli concessi in leasing, dal 15 agosto 2009, l’unico soggetto tenuto al pagamento della tassa è l’utilizzatore.

Poi è intervenuto il Dl 113/2016 (Dl Enti locali), che ha abrogato la norma interpretativa, stabilendo, contestualmente, una regola identica a quella abrogata – ovvero la responsabilità esclusiva dell’utilizzatore – dal 1° gennaio 2016.

L’abrogazione della norma interpretativa era stata letta dalle Regioni come volontà del legislatore di sostituire – con effetti retroattivi – la regola abrogata con una regola opposta, ovvero la responsabilità solidale del concedente nel pagamento della tassa. La Suprema corte, con le sentenze in commento, evidenzia tuttavia l’irrazionalità di una simile lettura, che peraltro si porrebbe in contrasto con lo Statuto del contribuente. Pertanto, l’evoluzione della normativa va letta come volontà del legislatore di ribadire il senso della disciplina fissata originariamente dalla legge 99/2009, ovvero che per i veicoli concessi in leasing l’unico soggetto passivo della tassa automobilistica è il soggetto utilizzatore.

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Decreto Delegato 3 maggio 2019 n.73 – Norme per le imprese ad alto contenuto tecnologico

11 Giugno 2019

Il Decreto introduce una serie di misure attuative per creare le condizioni favorevoli allo sviluppo  e alla nascita di imprese ad alto contenuto tecnologico.

DD073-2019

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Decreto Delegato 17 maggio 2019 n.77 (Ratifica Decreto Delegato 18 febbraio 2019 n.31) – Norme per la semplificazione delle procedure amministrative in materia di distacchi di lavoratori dipendenti

11 Giugno 2019

Si allega il testo ratificato del Decreto che semplifica le norme in materia di distacchi di lavoratori e di lavoro straordinario.

DD077-2019

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Exit tax non solo sui cambi di residenza delle imprese

11 Giugno 2019

Il Sole 24 Ore 22 MAGGIO 2019 di Marco Piazza

STABILI ORGANIZZAZIONI

Tassa dovuta anche per spostamenti in caso di fusioni e scissioni

Fanno eccezione i trasferimenti di aziende in neutralità fiscale

L’imposizione in uscita (exit tax) delle plusvalenze latenti nel momento in cui un’impresa residente o una stabile organizzazione di impresa non residente trasferisce all’estero, senza corrispettivo, aziende o rami d’azienda o singoli beni d’impresa, trova una sua organica disciplina nel nuovo articolo 166 del Testo unico, di attuazione dell’articolo 5 della direttiva 2016/1164.

La norma, ora, non riguarda più solo il trasferimento all’estero della residenza della società, ma anche:

gli eventuali trasferimenti di attività in occasione di fusione o scissione di una società residente in Italia in una società non residente o di conferimento di una stabile organizzazione all’estero a società non residente;

i trasferimenti di attivi a una stabile organizzazione all’estero in regime di «branch exemption» (ex articolo 168-ter del Testo unico);

i trasferimenti all’estero di attivi di una stabile organizzazione in Italia oppure dell’intera stabile organizzazione.

Sono però effettuati in regime di neutralità fiscale (ex articolo 179 del Tuir):

i trasferimenti di attivi, aziende e rami d’azienda che, in occasione di operazioni di fusioni e scissione fra società Ue non appartenenti a uno stesso Stato, confluiscono in una stabile organizzazione in Italia (già esistente o neo costituita) di una beneficiaria residente nella Ue o in una società residente in Italia;

i trasferimenti di aziende e rami d’azienda che, in occasione di operazioni di conferimento fra società Ue non appartenenti a uno stesso Stato, confluiscono in una stabile organizzazione in Italia (già esistente o neo costituita) di una beneficiaria residente nella Ue o in una società residente in Italia.

Peraltro, la neutralità dei trasferimenti di attivi riguarda anche:

le fusioni e scissioni non disciplinate dall’articolo 179 (fra società residenti in uno stesso Stato Ue o con beneficiaria extraUe) sempreché, secondo la legge regolatrice dell’operazione, il beneficiario «succeda a titolo universale» nella titolarità dei diritti e degli obblighi già facenti capo alla società fusa o scissa e, gli attivi confluiscano in una stabile organizzazione in Italia della società beneficiaria (articoli 172 e 173 del Tuir e Dre Emilia Romagna, 21 febbraio 2000, n. 8996; Assonime, circolare 51 del 2008, paragrafo 32; risoluzioni 42 e 470 del 2008)

trasferimenti di aziende o rami d’azienda in occasione di conferimenti non disciplinati dall’articolo 179 (fra società residenti in uno stesso Stato Ue oppure alcuna delle quali sia extraUe) sempreché il conferimento abbia ad oggetto aziende situate in Italia (articolo 176 del Tuir).

Il caso di trasferimento di una stabile organizzazione all’estero da una società residente a una società non residente che avvenga nell’ambito di un trasferimento di residenza all’estero o di una fusione, scissione o conferimento presenta una particolarità: se la beneficiaria risiede nella Ue e anche la stabile organizzazione si trova nella Ue, il dante causa, pur essendo soggetto all’imposizione in uscita, beneficia del cosiddetto notional tax credit di cui all’articolo 179, commi 3 e 5, del Testo unico (interpello 73 del 2018 conforme alla sentenza della Corte di giustizia Ue C-292/16). Il notional tax credit non spetta, invece, quando la stabile organizzazione non si trovi nella Ue o sia trasferita a un soggetto extraUe (Assonime, circolare 51 del 2008, paragrafi 1.3.3 e 2.4).

Nel caso in cui – nell’ambito di una fusione, scissione o conferimento – una stabile organizzazione all’estero venga trasferita da una società residente a altra società residente, la neutralità del trasferimento è assicurata dagli articoli 172, 173 e 176 del Testo unico che si applicano a prescindere dalla localizzazione dell’azienda (Assonime, circolare 51 del 2008, paragrafo 1.3.3).

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