Fattura elettronica, nuova versione del tracciato operativa da febbraio

10 Gennaio 2024

Il Sole 24 Ore 15 dicembre 2023 di Alessandro Mastromatteo Benedetto Santacroce

Previsto un controllo ad hoc per lo scarto se è invalida la dichiarazione di intento

L’utilizzo del TD28 non sarà più limitato alle operazioni con San Marino

Scarto delle fatture elettroniche in presenza di dichiarazione d’intento invalidata e possibilità di utilizzare il tipo documento TD28 non solo per le operazioni con San Marino ma anche per comunicare i dati delle operazioni passive con l’estero nel caso di errata applicazione del reverse charge, con imposta addebitata dal fornitore non stabilito anche se identificato in Italia.

Dal 1° febbraio 2024 sarà operativa e applicabile la versione 1.8 delle specifiche tecniche sui tracciati xml delle e-fatture tra privati, rilasciata dall’agenzia delle Entrate il 12 dicembre scorso. Sempre relativamente ai fornitori esteri, nei dati anagrafici del cedente/prestatore è stata inoltre integrata la descrizione dell’identificativo del Paese.

Un’altra novità riguarda infine gli imprenditori agricoli in regime speciale che, valorizzando in maniera facoltativa il blocco informativo «altri dati gestionali», potranno ottenere una gestione automatica delle liquidazioni Iva.

Dichiarazioni di intento

È stato introdotto un apposito controllo, con codice errore 477, che determina il rifiuto della fattura elettronica emessa se viene riscontrata l’invalidità della dichiarazione di intento indicata nel campo «altri dati gestionali» dal fornitore.

Per contrastare le frodi Iva realizzate con utilizzo di falso plafond, già dal 1° gennaio 2022 vengono effettuate analisi di rischio, cui seguono attività di controllo sostanziale, per inibire il rilascio di lettere d’intento illegittime emesse da falsi esportatori abituali, invalidando inoltre quelle già utilizzate.

Una volta riscontrata l’irregolarità, le dichiarazioni emesse sono invalidate con comunicazione trasmessa sia al cliente esportatore abituale sia al fornitore destinatario della dichiarazione d’intento: come conseguenza, il fornitore deve emettere da quel momento in poi le proprie fatture con imposta e prevedere meccanismi di correzione di quelle emesse in precedenza con un titolo di non imponibilità.

Con l’introduzione di un controllo preventivo – al momento della ricezione della fattura da parte dello Sdi – relativo alla validità della dichiarazione di intento, saranno esclusi i casi in cui occorrerà procedere alla successiva correzione di fatture non imponibili Iva.

Reverse charge

Altra novità è quella che legittimerà l’utilizzo del tipo documento TD28 per comunicare i dati dell’operazione realizzata con l’estero ma non correttamente assoggettata al regime del reverse charge.

L’ipotesi è quella disciplinata dall’articolo 6, comma 9-bis.1, del Dlgs 471/1997 quando il cessionario/committente residente, anziché assolvere l’imposta con il regime dell’inversione contabile, abbia ricevuto una fattura cartacea con addebito dell’imposta in rivalsa dal fornitore non stabilito, ancorché identificato in Italia. In questo caso, e in mancanza di frode, è prevista l’irrogazione di una sanzione formale da 250 a 2mila euro.

Ai fini dell’esterometro e cioè della comunicazione del dato dell’operazione passiva estera, si potrà procedere a utilizzare il tipo documento TD28 secondo, peraltro, quanto era già stato anticipato dall’agenzia delle Entrate a inizio 2023, rispondendo ai quesiti sottoposti negli incontri con la stampa specializzata a commento della legge di Bilancio.

Imprenditori agricoli

Un produttore agricolo in regime speciale (come previsto dall’articolo 34 del decreto 633/1972), può valorizzare l’elemento TipoDato in maniera facoltativa utile per la gestione automatica della liquidazione Iva, utilizzando «ALI-COMP» se si cedono prodotti agricoli e ittici con aliquote compensate; «NO-COMP» per i prodotti non compresi nella parte prima della Tabella A e «OCC34BIS» nel caso di operazioni occasionali che rientrano nel regime contemplato dall’articolo 34-bis.

Doing business in San Marino

Scarica ora il libro in formato PDF

Scarica

San Marino, tre banche per Gacs da 612 milioni

10 Gennaio 2024

Il Sole 24 Ore 12 dicembre 2023 di Luca Davi
CARTOLARIZZAZIONI
Prende forma la prima cartolarizzazione con garanzia Gacs della Repubblica di San Marino. Le tre principali banche del Titano (Banca di San Marino, Cassa di Risparmio San Marino e Banca Agricola Commerciale) oltre ai due veicoli pubblici (Bns e Società di gestione) a quanto risulta hanno chiuso ieri il deal che vede la cartolarizzazione di 612 milioni di euro di crediti in sofferenza. La securitization beneficia dalla Gacs, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, strumento che ricalca le Gacs italiane e che il Governo di San Marino ha autorizzato dopo un lungo iter istituzionale che ha visto intensi dialoghi anche con la Banca Centrale del Titano. L’operazione vede Jp Morgan nel ruolo di arranger e Banca Guber quale advisor sul fronte del servicing. Sul versante legale, a curare l’operazione è lo studio Mularoni e lo Orrick, che ha contribuito alla costruzione della Gacs in Italia, strumento peraltro già copiato in Grecia. Con questa operazione multioriginator e di “sistema”, che vedrà ora il rating della agenzie Dbrs e Arc Rating, San Marino compie un passo fondamentale nella pulizia dei bilanci dei propri istituti, allineandosi così alla media europea in vista dell’ingresso del Paese nell’Unione Europea.

Doing business in San Marino

Scarica ora il libro in formato PDF

Scarica

Scatta la raccolta di dati sui redditi online

15 Dicembre 2023

Il Sole 24 Ore 22 novembre 2023 di Giuseppe Latour

Un provvedimento rende operativa la Dac7: stretta su e-commerce e affitti brevi

Identificativo del venditore, giro d’affari maturato online, eventuali imposte trattenute e, in caso di locazione, dati dell’immobile affittato e numero di giorni di affitto. Sono solo alcune delle informazioni che i gestori di piattaforme digitali devono comunicare all’agenzia delle Entrate, secondo la direttiva europea Dac7 (2021/514 del Consiglio del 22 marzo 2021) e il decreto di recepimento italiano (Dlgs n. 32/2023).

Ieri un provvedimento firmato dal direttore dell’agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini (Prot. n. 406671/2023) ha reso pienamente operative queste regole. Attraverso lo scambio automatico di informazioni sul reddito degli utenti che vendono prodotti o forniscono servizi con le piattaforme digitali, l’obiettivo è contrastare l’evasione fiscale a livello europeo.

Alla base di questo intervento c’è la difficoltà che, in tutti i paesi europei, le amministrazioni finanziarie incontrano nel ricostruire i ricavi realizzati attraverso le piattaforme web. Avendo spesso piattaforme collocate fuori dai confini nei quali operano, è sempre complicato ricostruire i volumi di affari ed effettuare eventuali contestazioni. Da qui nasce l’esigenza di avere a disposizione comunicazioni standardizzate a livello europeo.

Entro il 31 gennaio del 2024, allora, i gestori di piattaforme digitali residenti in Italia (e in alcuni casi anche i gestori stranieri “non-Ue”), dovranno comunicare all’agenzia delle Entrate i dati sulle vendite di beni e sulle prestazioni di servizi realizzate dagli utenti attraverso i loro siti e app. Entro il 29 febbraio, il Fisco italiano condividerà queste informazioni con le autorità degli altri paesi Ue, in base allo Stato di residenza del venditore, ricevendo a sua volta quelle relative ai venditori (persone fisiche o giuridiche) residenti in Italia.

Nello specifico, dovranno comunicare i dati i gestori di piattaforme residenti ai fini fiscali o costituiti o gestiti in Italia o dotati di una stabile organizzazione nel nostro Paese. I gestori esonerati dovranno inviare una «Comunicazione di assenza di dati da comunicare». Il provvedimento detta le regole anche per i Foreign Platform Operator (Fpo), ovvero i gestori stranieri non qualificati non-Ue, tenuti a comunicare i dati alle Entrate: è il caso, ad esempio, degli operatori che intermediano la locazione di immobili situati in Italia.

Le nuove regole andranno a colpire i marketplace che intermediano l’e-commerce (ad esempio, di vestiti), ma anche i portali per gli affitti brevi, oltre alle piattaforme di noleggio di qualsiasi mezzo di trasporto e, in generale, a tutto il mondo legato all’offerta di servizi alla persona. Restano, comunque, fuori alcuni soggetti. Ad esempio, sono esclusi i dati relativi ai grandi fornitori di alloggi nel settore alberghiero, per i quali l’amministrazione finanziaria dispone di altri flussi di dati. E, allo stesso modo, sono esclusi i piccoli inserzionisti, cioè i venditori per i quali il gestore di piattaforma abbia intermediato meno di 30 attività e l’importo totale del corrispettivo versato o accreditato non sia superiore a 2mila euro nel corso dell’anno. In qualche modo, per la Dac7, i soggetti troppo grandi o troppo piccoli non sono considerati a rischio.

Doing business in San Marino

Scarica ora il libro in formato PDF

Scarica

Residenza fiscale delle società nella sede di direzione effettiva

15 Dicembre 2023

Il Sole 24 Ore 23 novembre 2023 di Alessandro Germani

Cambiano due criteri su tre: entra pure la gestione ordinaria in via principale

Non rilevano la supervisione e il monitoraggio della gestione da parte dei soci

La residenza delle società nel testo del decreto legislativo Internazionalizzazione che è stato depositato in Parlamento (e di cui oggi inizia l’esame in commissione Finanze alla Camera) per la sua discussione appare invariata rispetto alla bozza in precedenza circolata. Ciò che varia è la formulazione rispetto al testo attuale del Tuir, per tenere conto di una serie di implicazioni emerse nel tempo. Ma vediamolo in dettaglio.

Nell’ambito dell’articolo 73 del Tuir la residenza effettiva di una società individua attraverso determinati parametri il luogo in cui la società deve considerarsi residente (comma 3) mentre l’esterovestizione (comma 5-bis) introduce una presunzione, imperniata sul controllo da parte di soggetti residenti o sull’amministrazione da parte di consiglieri residenti, di residenza in Italia di soggetti non residenti.

Per ciò che concerne la residenza fiscale l’attuale versione del Tuir prevede tre criteri alternativi, cioè la sede legale, la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale. Anche la presenza di uno solo di questi implica la residenza nel territorio dello Stato. L’attuale testo del decreto Internazionalizzazione lascia questa struttura alternativa, ma modifica due elementi su tre. Resta infatti ferma la sede legale, e non può essere altrimenti visto che si tratta di un dato essenziale, anche se di natura formale, ma si modificano gli altri due visto che fanno il loro ingresso la sede di direzione effettiva e la gestione ordinaria in via principale.

La modifica normativa mira a chiarine anche il significato. Infatti, per sede di direzione effettiva si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Mentre per gestione ordinaria si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Sembrano dei criteri decisamente più chiari per stabilire se una società si debba considerare residente in Italia, rispetto alla sede dell’amministrazione e all’oggetto principale. In particolare, come chiarito dalla stessa relazione illustrativa, essi hanno natura sostanziale. Inoltre, il fatto che siano posti l’uno dopo l’altro serve a superare il concetto della sede dell’amministrazione. La relazione chiarisce infatti che le attività di supervisione e di monitoraggio della gestione da parte dei soci devono considerarsi diverse dalla direzione effettiva e dalla gestione amministrativa corrente. Quindi sicuramente la sede di direzione effettiva viene mutuata dall’esperienza delle Convenzioni internazionali (place of effective management), ma va visto come qualcosa di differente rispetto all’elemento volitivo dei soci. Mentre la gestione ordinaria in via principale, elemento utilizzato da altri paesi europei, indica quegli atti attinenti al normale funzionamento della società nel suo complesso. L’inciso «in via principale» serve nel caso in cui solo una parte delle attività siano svolte nel territorio dello Stato e quindi vi può essere, nel caso, solo una stabile organizzazione.

Per gli organismi di investimento collettivo del risparmio resta la regola per cui si considerano residenti se istituiti in Italia. Anche per i trust il collegamento con lo Stato italiano resta invariato, nel senso che il trust estero sarà residente in Italia se almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. E lo stesso vale per quei trust per i quali un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi. Ciò che cambia è la modalità di individuazione di questi trust esteri, perché il riferimento alla white list dell’articolo 168-bis del Tuir, articolo abrogato ormai dal 2015, viene sostituito dal riferimento alla lista dei paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni, in base al Dm introdotto dall’articolo 11, comma 4, lettera c), del Dlgs 239/1996.

In base alle modifiche del comma 3 appare poi più netta e chiara anche la norma dell’esterovestizione (comma 5-bis) che per individuare la presunzione di residenza per i non residenti che controllano società italiane e sono controllati o amministrati da soggetti italiani non fa più riferimento alla nozione di sede dell’amministrazione, ormai superato.

Doing business in San Marino

Scarica ora il libro in formato PDF

Scarica

Pensionati all’estero, la residenza oltreconfine guida l’imposizione

15 Dicembre 2023

Il Sole 24 Ore lunedì 20 novembre 2023 di Giorgio Emanuele Degani e Damiano Peruzza

L’assegno va tassato solo in Lussemburgo: le ritenute Inps vanno rimborsate

Il cittadino italiano, pensionato residente in Lussemburgo, ha diritto a ottenere il rimborso delle ritenute alla fonte Irpef operate dall’Inps sul reddito da pensione percepito. Così si è pronunciata la Cgt dell’Abruzzo con la sentenza n. 642/7/2023 (presidente e relatore D’Angelo) ha chiarito che l’articolo 18, della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Lussemburgo, prevede che la pensione percepita dal residente all’estero debba essere tassata solo in tale Stato di residenza e non anche in Italia.

In tema di doppia imposizione internazionale, la nozione di persona fisica residente deve essere intesa nel senso di potenziale assoggettamento della stessa ad imposizione in modo illimitato nello Stato di residenza; ciò, indipendentemente dall’effettivo prelievo fiscale subito, in quanto il fine delle Convenzioni contro le doppie imposizioni è proprio quello di eliminare la sovrapposizione dei sistemi fiscali nazionali ed agevolare l’attività economica internazionale.

La soluzione della fattispecie, pertanto, è stata individuata dai giudici nell’interpretazione dell’articolo 18 della Convenzione, secondo cui, ad eccezione delle pensioni connesse allo svolgimento di funzioni pubbliche per le quali si applica l’articolo 19 della Convenzione medesima e il diverso criterio dello Stato della fonte, le pensioni erogate da privati e pagate ad un residente di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in detto Stato.

L’avverbio “soltanto”, del resto, designa il potere impositivo allo Stato di residenza, escludendo ogni altra forma impositiva.

Pertanto, laddove la Convenzione contro le doppie imposizioni come quella siglata con il Lussemburgo preveda la condizione del subject to tax, questa deve essere intesa nel senso di potenziale assoggettamento ad imposizione in modo illimitato nello Stato di residenza.

La pronuncia è conforme anche alla giurisprudenza unionale: da un lato, gli Stati membri sono liberi di decidere i criteri da utilizzate nelle Convenzioni sovrannazionali per ripartire in modo equilibrato e bilanciato il proprio potere impositivo; dall’altro, gli accordi non hanno l’obiettivo di garantire al contribuente l’imposizione più bassa tra quelle applicate dalle due parti contraenti, ma hanno lo scopo di ripartire il potere impositivo evitando che il medesimo reddito venga tassato due volte.

In assenza di un’armonizzazione a livello eurounitario dell’imposizione diretta è, dunque, fondamentale applicare correttamente le Convenzioni, evitandone un impiego distorto. In conclusione, il pensionato residente all’estero in uno Stato con un regime fiscale vantaggioso e che abbia subito la ritenuta alla fonte da parte dell’Inps può chiederne il rimborso: ciò che rileva è unicamente il potere impositivo, anche solo potenziale, dello Stato estero di residenza.

Doing business in San Marino

Scarica ora il libro in formato PDF

Scarica

Provvigioni non inerenti: prova severa per il Fisco

15 Dicembre 2023

Il Sole 24 Ore lunedì 27 novembre 2023 di Marco Nessi e Roberto Torelli

La Cgt Campania ricorda che l’ufficio deve fornire ulteriori indizi oltre l’entità della spesa

L’impresa ha dimostrato che le somme erano legate all’attività e basate su contratti

In tema di deducibilità dei costi d’impresa, l’antieconomicità di un costo – intesa come sproporzione fra spesa e l’utilità che ne deriva rispetto alla produzione di ricavi – può costituire sintomo di difetto di inerenza. Pertanto, nel caso in cui il contribuente dimostri la riconducibilità dei costi all’attività d’impresa, l’ufficio deve fornire ulteriori elementi indiziari di inattendibilità della condotta del contribuente. Lo ha chiarito la Cgt della Campania nella sentenza n. 5124/16/2023 (presidente Pusateri, relatore Napoli).

La vicenda

Nel caso esaminato l’agenzia delle Entrate contestava ad una Sas la deducibilità fiscale (per presunto difetto di inerenza – ex articolo 109, comma 5, del Tuir) dei costi relativi alle provvigioni pagate ad un terzo in relazione ad un’attività di procacciamento d’affari. In particolare, il rilievo veniva giustificato in considerazione della mancata indicazione nelle fatture emesse di riferimenti specifici a rapporti contrattuali sussistenti tra le parti coinvolte, al numero dei clienti procurati nonché alla sussistenza di obblighi di pagamenti da effettuare “a vista”. Oltre a ciò, secondo l’Agenzia, l’accordo di mediazione commerciale sottoscritto prevedeva esclusivamente un accordo nel procurare nuovi clienti, senza alcun riferimento a corrispettivi dovuti a titolo di provvigione.

Il giudizio

Dopo un primo grado già favorevole al contribuente, anche in sede d’appello la Corte di giustizia di secondo grado ha confermato l’illegittimità dell’accertamento sulla base di una pluralità di motivazioni. Nel dettaglio:

1 l’avvenuta dimostrazione del pagamento delle fatture contestate così come risultante nei relativi estratti conti correnti bancari (a nulla rilevando la previsione di pagamento delle stesse “a vista”);

2 il deposito in giudizio del contratto (avente data certa) sottoscritto, consistente in un accordo di mediazione commerciale per procurare nuova clientela;

3 l’indicazione nel contratto di mediazione commerciale di un compenso stabilito, di volta in volta, in funzione della tipologia del cliente, del prodotto venduto o del servizio prestato (come confermato anche dalla corrispondenza intercorsa tra le parti contrattuali);

4 la giustificazione delle provvigioni pagate con la volontà di entrare in nuovi mercati con conseguente notevole incremento del fatturato;

5 l’assenza di indizi gravi, precisi e concordanti in merito alla presunta sproporzione (peraltro non rilevata in sede di accertamento) delle provvigioni pagate rispetto al mercato di riferimento e/o agli usi commerciali.

La sentenza in esame conferma l’orientamento, ormai consolidato, in base al quale l’agenzia delle Entrate è legittimata a sindacare la congruità dei costi appostati dal contribuente per la determinazione del reddito d’impresa solo in presenza di un comportamento che appaia manifestamente ed inspiegabilmente antieconomico. I tempi dovrebbero essere ormai maturi per un’applicazione diretta di questo principio da parte dell’agenzia delle Entrate.

Doing business in San Marino

Scarica ora il libro in formato PDF

Scarica

Criptovalute: ecco le sanzioni sul quadro RW non compilato

15 Dicembre 2023

l Sole 24 Ore 4 Dicembre 2023 di Rosanna Acierno

Accertamento e Riscossione

Nel 2020, ho acquistato criptovalute per un modico valore, che attualmente è pari a seimila euro. In caso di non adesione alla sanatoria – senza regolarizzazione, dichiarazione integrativa e ravvedimento operoso – quali sono le sanzioni/conseguenze per le criptovalute non dichiarate?

In caso di mancata regolarizzazione successiva all’omessa compilazione del quadro RW, qualora il cosiddetto wallet non sia detenuto presso un intermediario residente, l’amministrazione finanziaria potrebbe – con un apposito atto di contestazione – comminare, innanzitutto, le sanzioni dal 3% al 15% dell’ammontare degli importi non dichiarati per ciascun anno, a decorrere dall’anno di imposta 2020 (articolo 5, comma 2, del Dl 167/1990, convertito in legge 227/1990). Inoltre, a decorrere dall’anno d’imposta 2023, l’amministrazione finanziaria potrebbe, con un ulteriore atto impositivo, accertare la maggiore imposta sul valore delle criptovalute secondo l’aliquota proporzionale del 2 per mille annuo (in forza dell’articolo 19, comma 18, del Dl 201/2011, modificato dall’articolo 1, comma 146, della legge 197/2022, di Bilancio per il 2023), unitamente alla irrogazione di sanzioni dal 120% al 240% dell’imposta, oltre alla maggiore imposta di bollo, anch’essa con l’aliquota proporzionale del 2 per mille annuo, secondo quanto stabilito dall’articolo 13, comma 2-ter, della tariffa allegata al Dpr 642/1972. Si fa rilevare, infatti, che fino al 2022, le cripto-attività non erano soggette all’Ivafe (imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero), come chiarito anche dalle risposte a interpello all’agenzia delle Entrate 24 novembre 2021, n. 788, 24 agosto 2022, n. 433 e 26 agosto 2022, n. 437. A partire dal 1° gennaio 2023, invece, anche le cripto-attività sono soggette all’imposta di bollo e a un’imposta sul valore delle cripto-attività che riprende per buona parte la normativa dell’Ivafe.

Infine, l’amministrazione finanziaria, sulla base dell’articolo 6 del Dl 167/1990, che prevede una presunzione di fruttuosità degli investimenti all’estero posseduti da un contribuente residente tenuto agli obblighi in materia di monitoraggio fiscale, potrebbe accertare un maggiore reddito in misura pari al tasso ufficiale di riferimento vigente in Italia nel relativo periodo d’imposta e comminare le sanzioni dal 90 al 180 per cento. Come detto, le imposte e le sanzioni citate potrebbero essere dovute ove le cripto-attività fossero detenute presso un intermediario non residente, o se fossero archiviate su chiavette, Pc o smartphone. Non dovrebbe, invece, essere comminata alcuna sanzione, né verrebbe accertata alcuna maggiore imposta, ove il wallet sia detenuto presso un intermediario residente in Italia. Infatti, secondo quanto chiarito dalle risposte a interpello all’agenzia delle Entrate 24 agosto 2022, n. 433, e 26 agosto 2022, n. 437, le cripto-attività si considerano di fonte estera nella misura in cui il wallet non è detenuto presso un intermediario residente, con la conseguenza che non vi è alcun obbligo di monitoraggio qualora l’intermediario sia una società italiana.

Doing business in San Marino

Scarica ora il libro in formato PDF

Scarica

Informazioni non finanziarie, l’obbligo può attrarre i fornitori

15 Dicembre 2023

Il Sole 24 Ore 5 dicembre 2023 di Enzo Rocca
Richiesti dati sui rapporti commerciali a monte e/o a valle nella catena del valore

Le Pmi potranno essere chiamate a fornire informazioni non finanziarie sulle proprie attività aziendali già a partire dal prossimo anno, per soddisfare le necessità informative delle imprese clienti più grandi nell’ambito del rapporto di fornitura.

Dal 1° gennaio 2024, pubblicazione nel 2025, infatti, a partire dalle imprese già obbligate alla dichiarazione non finanziaria, inizierà progressivamente ad applicarsi la nuova direttiva sul reporting di sostenibilità (Corporate sustainability reporting directive o Csrd) che prevede, tra le principali novità, la richiesta di informazioni ambientali, sociali e di governance sui rapporti commerciali diretti e indiretti a monte e/o a valle nella catena del valore.

I dati delle imprese sono necessari al settore finanziario per consentire agli investitori di assumere consapevolmente le proprie decisioni in questa delicata fase di transizione verso un’economia più sostenibile, in coerenza con quanto richiesto dalle normative introdotte nell’ambito della strategia di finanza sostenibile dell’UE.

Il processo di adattamento, infatti, richiederà un aumento considerevole degli investimenti da parte di imprese, famiglie e settore pubblico. In questo contesto le banche saranno chiamate a svolgere un ruolo fondamentale per favorire la canalizzazione degli investimenti finanziari verso le attività economiche sostenibili.

Senza informazioni sufficienti, affidabili e comparabili relative alle società partecipate e finanziate, non sarà possibile per il settore finanziario orientare efficacemente i capitali verso tali investimenti, ne? individuare e gestire efficacemente i rischi che da essi derivano. La fase di transizione, infatti, potrebbe avere un carattere trasformativo nei processi di produzione e nei modelli di consumo, comportando inoltre una redistribuzione del capitale tra settori o tecnologie con effetti sulla rischiosità dei prenditori.

Inoltre, la disponibilità e l’accuratezza delle informazioni consente di prevenire il rischio di greenwashing ossia quello di fare affermazioni, dichiarazioni, azioni o comunicazioni che non riflettono in modo chiaro ed equo il profilo di sostenibilità dell’impresa sui cui si sta investendo. Pratica che può essere fuorviante per i consumatori, gli investitori o altri partecipanti al mercato.

Per questa ragione l’UE ha emanato rilevanti provvedimenti normativi come la tassonomia europea e la direttiva sul reporting di sostenibilità con i relativi standard Efrag che sono finalizzati a soddisfare questa esigenza informativa.

La Commissione europea stima che queste nuove regole di rendicontazione si applicheranno a circa 50mila grandi aziende e gruppi in tutta l’UE contro le attuali circa 12mila. Sono numeri importanti che diventano ancor più significativi se si considera che la direttiva amplia il perimetro di rendicontazione.

La Csrd, infatti, richiede informazioni sugli «impatti materiali, sui rischi e sulle opportunità connessi all’impresa attraverso i suoi rapporti commerciali diretti e indiretti nella catena del valore a monte e/o a valle». Questa richiesta determina il superamento del confine informativo, normalmente delimitato dall’area di consolidamento, introducendo un elemento di criticità connesso alla raccolta e alla verificabilità dei dati, in particolare delle Pmi che fanno parte della catena di fornitura.

La comunicazione di informazioni sulla sostenibilità di qualità da parte dell’impresa può arrecare benefici. Essa può ad esempio migliorare il livello di consapevolezza e comprensione dei rischi e delle opportunità legati al clima nel processo di transizione, una migliore gestione dei relativi rischi e, conseguentemente, un processo decisionale e una pianificazione strategica più informati.

Inoltre, essa può aumentare le opportunità di finanziamento e ridurre il costo del capitale, ad esempio in virtù dell’inserimento dell’impresa in portafogli di investimento a gestione attiva e in indici incentrati sulla sostenibilità, nonchè in virtù di rating del credito più alti per l’emissione di obbligazioni e di una migliore valutazione dell’affidabilità creditizia per i prestiti bancari.

Non va dimenticato, infine, che un dialogo più costruttivo con gli stakeholder, in particolare investitori e azionisti, migliora la reputazione dell’impresa.

Doing business in San Marino

Scarica ora il libro in formato PDF

Scarica

Presunzione di esterovestizione: test sulle partecipazioni in soggetti residenti

14 Novembre 2023

Il Sole 24 Ore 26 ottobre 2023 di Giacomo Albano

LE QUOTE DI CONTROLLO

Salvo prova contraria, si presumono residenti in Italia le società non residenti che detengono partecipazioni di controllo in società ed enti italiani se, alternativamente, è soddisfatta una delle due seguenti condizioni:

1 sono controllati, anche indirettamente da soggetti residenti nel territorio dello Stato;

2 sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

Lo schema di decreto conferma quindi la presunzione di residenza per le società non residenti che detengono partecipazioni di controllo in società italiane, introducendo delle modifiche di coordinamento per tener conto dei nuovi criteri di residenza; nella precedente formulazione, infatti, in presenza delle condizioni in questione, si presumeva esistente in Italia la sede dell’amministrazione, criterio non più applicabile con i nuovi parametri.

La disciplina è chiaramente finalizzata a contrastare l’esterovestizione, ossia la localizzazione all’estero da parte di soggetti residenti in Italia, di partecipazioni in società residenti in Italia, al fine di sottrarre alla potestà impositiva dello Stato i redditi relativi a tali partecipazioni (essenzialmente dividendi e plusvalenze).

La presunzione continua ad essere relativa, nel senso che determina un’inversione dell’onere della prova in ordine alla residenza del soggetto estero. Tale onere, contrariamente alla regola generale secondo cui spetta al fisco provare il fondamento della propria pretesa impositiva, viene trasferito sul soggetto “estero”, il quale dovrà dimostrare che, nonostante la sussistenza dei criteri di collegamento con il territorio nazionale indicati dalla disciplina presuntiva, la propria residenza fiscale non è localizzata in Italia in base ai (nuovi) criteri generali della direzione effettiva e della gestione ordinaria.

Va ricordato che la presunzione opera, ove ne sussistano i requisiti, nei confronti del soggetto estero a prescindere dalla sua configurazione quale holding, quindi anche nei confronti di società operative estere che possiedono partecipazioni di controllo in società italiane, ed a prescindere dal “peso” delle partecipazioni di controllo nelle società italiane rispetto ai restanti elementi dell’attivo; la presunzione, inoltre, prescinde dal livello di tassazione dello Stato estero in cui è ubicata la sede legale.

Da ultimo, lo schema di decreto riformula la norma che disciplina la residenza per gli organismi di investimento collettivo del risparmio. Il nuovo testo conferma che per tali soggetti rileva il criterio del luogo di istituzione. Viene altresì confermata la presunzione di residenza per i trust istituiti in Stati a fiscalità privilegiata in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari siano fiscalmente residenti in Italia, con la possibilità di fornire la prova della effettiva residenza nello Stato estero.

Doing business in San Marino

Scarica ora il libro in formato PDF

Scarica

Il nuovo OIC 34 – Servizi – Ricavi rilevati a conto economico in base allo stato di avanzamento

14 Novembre 2023

Il Sole 24 Ore 5 ottobre 2023 di Alessandro Germani

Due le condizioni: misurazione attendibile del ricavo e maturazione del corrispettivo in proporzione alla prestazione eseguita

Una rilevante novità del principio contabile Oic 34, nell’ambito di una trattazione unitaria dei ricavi, la cui disciplina era in passato trattata in maniera asistematica all’interno degli altri principi contabili, è la distinzione delle caratteristiche delle due categorie rappresentate da cessioni dei beni e prestazioni di servizi.

In primo luogo, il paragrafo 22 si occupa della rilevazione, affermando che, dopo aver determinato il valore delle singole unità elementari di contabilizzazione, la società dovrà procedere con lo stabilire il momento in cui rilevare il ricavo in bilancio sulla base del principio di competenza economica. Questo principio resta alla base di tutto come cardine della rilevazione.

Poi il principio distingue le cessioni di beni dalle prestazioni di servizi. Il paragrafo 31 stabilisce che i ricavi per prestazione di servizi sono rilevati a conto economico in base allo stato di avanzamento, se sono rispettate entrambe le condizioni:

l’accordo tra le parti prevede che il diritto al corrispettivo per il venditore maturi via via che la prestazione è eseguita;

l’ammontare del ricavo di competenza può essere misurato attendibilmente.

Quindi la rilevazione richiede nella sostanza che si determinino contemporaneamente le due condizioni della maturazione del corrispettivo a mano a mano che la prestazione è eseguita e la misurazione del ricavo per competenza sia effettuata in maniera attendibile.

Il principio prosegue con lo stato di avanzamento che si può determinare con vari metodi e il redattore di bilancio che procederà con quello che conduce a una determinazione attendibile dei servizi prestati. Dopodiché i metodi possono essere rappresentati dalla proporzione:

tra le ore di lavoro svolto alla data di bilancio e le ore complessive di lavoro stimate per effettuare il lavoro;

tra i costi sostenuti alla data di bilancio e i costi totali dell’operazione stimati;

tra i servizi effettuati alla data di bilancio e i servizi totali previsti nel contratto.

Quindi lo stato di avanzamento è stimabile in base a criteri oggettivi che fanno leva sulle ore di lavoro, sui costi sostenuti o sui servizi effettuati. Esso richiama, nella sostanza, la determinazione dello stato di avanzamento prevista per i lavori in corso su ordinazione (Oic 23) al paragrafo 62. In questo principio sono richiamati sia il metodo del costo sostenuto sia quello delle ore lavorate, che sono proprio due fra quelli previsti anche in chiave Oic 34.

Esiste, infine, una previsione di chiusura in base al paragrafo 33 del principio contabile Oic 34. Infatti, nel caso in cui la società non possa rilevare il ricavo secondo il criterio dello stato di avanzamento, il ricavo per il servizio prestato è iscritto a conto economico quando la prestazione è stata completata.

Nelle Motivazioni alla base delle decisioni assunte si dà conto del fatto che, alla luce dei commenti ricevuti sul Discussion Paper del 2019, si è deciso che il principio sui ricavi dovesse confermare l’attuale distinzione tra vendita di beni e prestazione di servizi. Appare in ogni caso evidente la criticità legata alle modalità di rilevazione dei ricavi derivanti da prestazioni di servizi. Le motivazioni, in particolare, confermano che non era chiaro se questi ricavi dovessero essere rilevati solo dopo aver terminato la prestazione o se in alcuni casi potessero essere contabilizzati in proporzione al lavoro svolto.

Viene anche chiarito che il principio, coerentemente con quanto previsto dall’Oic 23 per i lavori in corso su ordinazione, prevede che i ricavi per prestazione di servizi siano rilevati in base allo stato di avanzamento se il diritto al corrispettivo per il venditore matura in proporzione alla prestazione eseguita e se l’ammontare del ricavo di competenza può essere misurato attendibilmente.

Appare quindi chiaro che la contabilizzazione del ricavo per prestazioni di servizi si rilevi a stato di avanzamento se le citate condizioni (maturazione proporzionale alla prestazione eseguita e attendibilità della misurazione) sono rispettate.

Doing business in San Marino

Scarica ora il libro in formato PDF

Scarica
Get in touch
x
x

Share to:

Copy link:

Copied to clipboard Copy