Categoria: In primo piano
Decreto Delegato 2 giugno 2025 nr 80 – Modifica al D.D. 25 06 2018 nr 72 e succ. mod. – Disposizioni in materia di credito agevolato a supporto delle imprese
10 Giugno 2025
Il Decreto Delegato nr 80 modifica il precedente intervento normativo del 2018 riguardante il credito agevolato per le imprese.
In particolare:
- art 1 vengono riviste le limitazioni alle società immobiliari previste dal vecchio articolo art. 2 del D.D. 72/2018 aggiungendo una serie di deroghe ai requisiti d’accesso
- art 2 in merito all’acquisizione o alla ristrutturazione di immobili viene stabilita una durata massima decennale del mutuo con Contributo Statale
- art 3 tra le disposizioni transitorie è previsto per gli operatori economici titolari di autorizzazione ad operare per l’esercizio dell’attività di servizio per l’anno 2025 un importo massimo finanziabile pari a € 2.000.000,00 su progetti riguardanti immobili purché dagli investimenti iniziali non siano decorsi più di 8 mesi.
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L’autonomo in Italia che è dipendente in Svizzera
10 Giugno 2025
Il Sole 24 Ore 2 Giugno 2025 di Giuseppe Merlino
Un odontoiatra, residente in Italia e titolare di partita Iva, è stato assunto in Svizzera come “dipendente a chiamata” (lavoro subordinato). All’attività professionale viene, quindi, affiancata quella di lavoratore dipendente. Il salario percepito in Svizzera mantiene in Italia la qualifica di reddito di lavoro dipendente o viene assorbito da quello di lavoro autonomo?In base alla normativa fiscale italiana, e agli accordi internazionali tra Italia e Svizzera, il reddito da lavoro dipendente (considerando come tale anche il “lavoro a chiamata” o “intermittente”), svolto in Svizzera da un residente fiscale italiano, mantiene la sua natura di reddito da lavoro dipendente anche in Italia, senza essere assorbito nel reddito da lavoro autonomo.Quindi, anche se il soggetto in questione è titolare di partita Iva, il reddito percepito come dipendente in Svizzera non viene “assorbito”, né fiscalmente né contabilmente, nel reddito da lavoro autonomo.
Essendo residente in Italia, il contribuente è tenuto a dichiarare in Italia tutti i redditi ovunque prodotti (principio della worldwide taxation, si veda l’articolo 3 del Dpr 917/1986, Tuir), compresi quelli da lavoro dipendente svolto all’estero.
Tuttavia, in caso di redditi prodotti all’estero, occorre verificare quanto disposto in sede convenzionale. La convenzione contro le doppie imposizioni Italia-Svizzera, ratificata con la legge 943/1978, all’articolo 15, in materia di redditi da lavoro subordinato, prevede che i redditi prodotti in uno Stato diverso da quello di residenza sono imponibili in entrambi gli Stati. In deroga a tale principio, la convenzione prevede che le remunerazioni che un soggetto residente in Italia riceve in corrispettivo di un’attività dipendente svolta in Svizzera sono imponibili soltanto in Italia (articoli 50 e 51 del Tuir) se, contemporaneamente:
– il soggetto soggiorna in Svizzera per un periodo o periodi che non oltrepassano in totale 183 giorni nel corso dell’anno fiscale considerato;
– le remunerazioni sono pagate da (o a nome di) un datore di lavoro che non è residente in Svizzera;
– l’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha in Svizzera.
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Dal bilancio prova del nove per il transfer pricing in Redditi
10 Giugno 2025
Il Sole 24 Ore 4 Giugno 2025 di Alessandro Germani
Approvati i bilanci, le imprese nazionali coinvolte nelle dinamiche di transfer pricing in quanto parte di un gruppo che si sviluppa anche all’estero debbono procedere a individuare i flussi da inserire in dichiarazione dei redditi e alla predisposizione della documentazione (master file, country file) necessaria a ottenere la disapplicazione delle sanzioni.
I bilanci
Un primo aspetto tutt’altro che scontato nasce dall’esame dei package di bilancio che sono stati ormai in larga parte approvati nei quali si ritrovano le prestazioni intercompany a livello di costi e di ricavi. In questo modo si ha una prima importante identificazione delle fattispecie interessate dall’analisi di transfer pricing. È opportuno, tuttavia, che vi sia anche un file di raccolta vera e propria di tali flussi, che servirà poi a compilare il rigo RS 106 della dichiarazione relativo ai componenti positivi e negativi, secondo varie finalità. In primo luogo, infatti, ciò serve a controllare la correttezza di quanto indicato in bilancio, perché non si può escludere che, anche per il semplice fatto che le transazioni possono essere molto numerose, qualcuna di queste non sia stata correttamente mappata come infragruppo in bilancio.
A ciò si deve aggiungere la circostanza per cui per le stabili organizzazioni in Italia di soggetti esteri, non avendo l’obbligo di depositare il bilancio locale presso la camera di commercio, vi sia una minore attenzione alla dinamica dell’intercompany e a maggior ragione è opportuno che si predispongano i flussi infragruppo destinati a confluire in dichiarazione.
L’analisi dei flussi
Questo lavoro di raccolta è anche necessario per verificare la corrispondenza in contabilità di tutti i costi e i ricavi interessati dal transfer pricing, per i quali al tempo stesso occorre comprendere la natura, verificare le relative fatture, individuare i contratti che sorreggono le transazioni in esame. Non ci si può basare infatti su quanto viene fornito dalla società, ma l’analisi deve essere approfondita per testare la completezza di tutte le informazioni richieste. Non si tratta di un’attività semplice soprattutto nei casi in cui l’entità italiana sia parte di un gruppo multinazionale con head quarter all’estero, perché non è escluso che tutte queste informazioni non siano prontamente a portata di mano e quindi sarà necessario avere delle interlocuzioni con le funzioni internazionali, oltre che con quelle locali. Discorso più agevole dovrebbe presentarsi laddove invece la testa del gruppo sia collocata in Italia.
I metodi utilizzati
Accanto alla mappatura dei flussi, l’occasione è valida anche per inquadrare quale possa essere il metodo che giustifica meglio la transazione. Da questo punto di vista ci può essere il ricorso al Cup (confronto di prezzo) che talvolta potrà essere esterno (ma occorrerà vedere se si hanno a disposizione i dati) piuttosto che interno, laddove dal confronto con transazioni con soggetti terzi si potrà trovare la giustificazione di quelle operate infragruppo e della bontà del relativo prezzo fissato. In altri casi potrà essere utile ricorrere ai metodi reddituali, primo fra tutti il Tnmm (transactional net margin method).
Questo metodo presuppone la scelta di un profit level indicator (Pli) che dipende dalla natura della tested party. Se questa, ad esempio, è una controllata commerciale estera, il Ros (return on sales) potrà essere un indicatore del tutto valido. È evidente poi che occorrerà fare ricorso ad una banca dati adeguata che consenta di ottenere, mediante la scelta del codice attività nonché del range di fatturato, tutti i potenziali competitor che, essendo spesso parecchie centinaia, necessitano poi di una ulteriore raffinazione anche guardando ai siti aziendali e alle altre informazioni disponibili.
L’approccio
L’approccio al transfer pricing non può risolversi in una mera raccolta di dati. Ma deve piuttosto essere il risultato di una logica di tipo tailor made che parte dalle caratteristiche della società, in primis del suo business e dalla comprensione dei fenomeni aziendali, per poi costruire la miglior documentazione possibile per l’ottenimento della penalty protection. Tenendo conto che non si tratta mai di un lavoro esclusivamente di tipo fiscale.
Si deve partire dai dati intercompany presenti nei bilanci appena approvati e verificare che le transazioni siano state tutte individuate e riportate correttamente. Può essere utile costruire un file ad hoc che andrà ad alimentare le informazioni su costi e ricavi richieste dal rigo RS 106 della dichiarazione dei redditi e servirà per la redazione del master file e della documentazione nazionale
Andrà effettuata la quadratura con le evidenze contabili, raccolte le relative fatture, verificati gli addebiti e gli accrediti sulla base degli appositi contratti in essere
Accanto a tale attività andrà mappato il metodo per la determinazione del prezzo che è stato prescelto, fra quelli tradizionali (Cup, resale e cost plus) e quelli reddituali (Tnmm e profit split). La scelta del metodo dipende anche dalla natura delle informazioni a disposizione. Il ricorso a un Cup esterno non sempre è possibile, più agevole potrà essere il ricorso al Cup interno L’utilizzo del Tnmm presuppone l’accesso a banche dati in modo tale da poter reperire i dati reddituali dei comparables
L’attività dovrà essere perfezionata entro la scadenza dell’invio della dichiarazione dei redditi, prevista per il 31 ottobre
Management fees
Va condotta un’attenta analisi per i flussi riguardanti le cosiddette spese di regia addebitate dalla controllante alla controllata italiana o dalla casa madre alla stabile organizzazione locale
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Niente Iva sui distacchi gratuiti di personale
10 Giugno 2025
Il Sole 24 Ore 20 Maggio 2025 di Alessandro Germani
La circolare 5/E/2025 (si veda «Il Sole 24 Ore del 17 maggio 2025) interviene con opportuni chiarimenti sulle modifiche normative (articolo 16-ter del Dl 131/24) che hanno riguardato i distacchi di personale ai fini Iva e che prendono spunto dalla sentenza della Corte di giustizia Ue dell’11 marzo 2020 nella causa C-94/19. Così si supera la previgente disciplina per cui a fronte del riaddebito del puro costo le operazioni di distacco non rilevavano ai fini Iva, sancendo di fatto dal 1° gennaio 2025 l’assoggettamento a Iva di tali operazioni.
Le Entrate forniscono un’opportuna chiave di lettura per cui la gratuità del distacco consentirebbe di bypassare l’assoggettamento a Iva, ma è importante che ciò possa valere anche per le dirette, senza creare spiacevoli sorprese.
La diffusione nei gruppi
La pratica dei distacchi di personale è molto diffusa nella prassi aziendale, soprattutto nei gruppi societari perché risponde a esigenze di business mediante un’opportuna flessibilità. Laddove i soggetti interessati beneficino di un pieno diri+tto alla detrazione la circostanza per cui i nuovi distacchi dovranno essere assoggettati a Iva non dovrebbe comportare inconvenienti. Differente appare la situazione laddove il diritto alla detrazione è limitato, se non addirittura precluso quando si svolge in maniera preponderante attività esente (ad esempio bancaria, assicurativa, servizi medici e postali) trovandosi spesso in dispensa da adempimenti ex articolo 36-bis del Dpr 633/72. In questo contesto la risposta più efficace è stata dal 2019 l’adesione al gruppo Iva che, non considerando all’interno del gruppo stesso come tali le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, di fatto rende irrilevanti ai fini Iva queste operazioni infragruppo. E tende a salvaguardare un principio che sin dalla legge 133/99 ha consentito di collocare determinate strutture nel gruppo evitando che le scelte aziendali comportassero un inasprimento ai fini Iva per i soggetti con diritto alla detrazione limitato. Laddove la circolare menziona tali operazioni a latere del requisito soggettivo conferma un principio (l’irrilevanza Iva delle transazioni all’interno del gruppo Iva) che di per sé è scontato, ma che attiene a un elemento oggettivo più che soggettivo. Tuttavia non sono quelle le situazioni che destano perplessità. Perché in presenza di un gruppo Iva questo consente di operare come si vuole: se la direzione HR propende lavoristicamente per il distacco si potrà andare per quella strada, sennò si formalizzerà una prestazione di servizi che comunque non sarà soggetta a Iva.
L’apertura della circolare
Le problematiche sorgono piuttosto nei casi in cui non vi sia un gruppo Iva. Fino a ieri la risposta di un distacco con rimborso del mero costo senza mark up (con relativa irrilevanza ai fini Iva) poteva essere una soluzione valida. Ora a seguito delle modifiche normative che seguono la sentenza della Corte di giustizia Ue la strada non parrebbe più percorribile. Qui sta invece l’apprezzabile apertura delle Entrate con la circolare 5/E/2025, perché si afferma che «qualora il personale, per esigenze produttive della distaccante, fosse, invece, distaccato (o prestato) presso altra impresa, utilizzatrice dello stesso, senza che per l’operazione sia previsto uno specifico corrispettivo – neanche il rimborso, seppur parziale, del costo sostenuto dal datore di lavoro per il personale distaccato – l’operazione effettuata a titolo gratuito nell’interesse d’impresa della distaccante è da ritenersi fuori dal campo di applicazione dell’Iva per mancanza del presupposto oggettivo, in quanto non qualificabile come prestazione di servizi a titolo oneroso».
In sostanza se il distacco, che risponde a esigenze produttive della distaccante, è gratuito non si è in presenza di una prestazione di servizi e quindi non c’è rilevanza Iva. Non c’è alcun dubbio, infatti, che nell’economia dei gruppi di imprese sia abbastanza comune ravvisare l’interesse della distaccante legato a proprie esigenze produttive. In tali casi, pertanto, l’aggravio Iva per i soggetti con detrazione limitata non ci sarebbe.
Le imposte dirette
È importante, tuttavia, che il principio illustrato dalle Entrate valga anche ai fini delle dirette. Se un distacco è stato operato a titolo gratuito, e ciò vale ai fini Iva, non vi dovrebbero essere contestazioni nemmeno ai fini delle dirette, legate al fatto che la distaccante non ha evidenziato i necessari ricavi. Andrebbe evitato, in altre parole, che si azioni quel sindacato di merito legato al filone dell’antieconomicità, che secondo ondivaghe pronunce giurisprudenziali è stato altresì ricollegato all’inerenza, per avere la certezza che il distacco gratuito non determini sorprese in campi differenti dall’Iva. Su questo una conferma dell’Agenzia non guasterebbe.
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Il socio unico può controllare l’operato dell’amministratore
10 Giugno 2025
Il Sole 24 Ore 26 Maggio 2025 di Cristina Odorizzi
È giuridicamente ammissibile, e legittimamente esperibile, da parte di un socio, detentore del 100% del capitale sociale di una società a responsabilità limitata, l’azione prevista dall’articolo 2476, secondo comma, del Codice civile, essendoci un amministratore unico nominato da tale unico socio?
L’articolo 2476 del Codice civile, rubricato «Responsabilità degli amministratori e controllo dei soci», dispone, al secondo comma, che «i soci che non partecipano all’amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione».
Si ritiene che tale disposizione sia applicabile in tutti i casi di soci non amministratori, compresa l’ipotesi di socio unico. Infatti, la ratio della norma è quella di consentire l’accesso ai documenti sociali da parte dei soci, che, diversamente, non avrebbero modo di ottenere notizie e informazioni, non facendo parte dell’organo amministrativo. Non si vede la ragione per cui tale diritto debba essere sottratto al socio unico che non è partecipe dell’organo amministrativo.
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Superminimo mantenuto se il lavoratore è promosso
10 Giugno 2025
Il Sole 24 Ore 29 Maggio 2025 di Marcello Bonomo e Enrico D’Onofrio
L’ordinanza 11771/2025 della Corte di cassazione si innesta nell’annosa questione dell’assorbimento del superminimo, ossia l’eccedenza della retribuzione rispetto ai minimi tabellari, individualmente pattuito.
Secondo la giurisprudenza consolidata, infatti, il superminimo è soggetto al principio generale dell’assorbimento, ad esempio a fronte dei miglioramenti retributivi previsti dalla contrattazione collettiva o in caso di passaggio del lavoratore a livelli d’inquadramento superiori.
Le eccezioni al principio dell’assorbimento si possono verificare:
per effetto della contrattazione collettiva, ove quest’ultima escluda l’assorbimento relativamente a determinati istituti;
se l’emolumento è stato attribuito per particolari meriti del dipendente o per specifiche caratteristiche della sua prestazione lavorativa, con onere probatorio a suo carico;
ove le parti abbiano diversamente stabilito nella pattuizione individuale.
È proprio con riferimento a quest’ultima ipotesi che, nel caso deciso dalla Corte di legittimità, è stato escluso l’assorbimento del superminimo in relazione al riconoscimento al lavoratore di un superiore livello di inquadramento.
Infatti la pattuizione individuale aveva circoscritto l’assorbimento ai casi di futuri aumenti retributivi previsti dal Ccnl, senza alcun riferimento all’ipotesi del riconoscimento di un livello d’inquadramento superiore. Per la Corte, dunque, il contenuto del patto individuale – interpretato restrittivamente e per il suo significato letterale – ha assunto rilievo decisivo nel limitare il principio di assorbimento alle sole ipotesi espressamente indicate dalle parti.
Nella prassi sono molto frequenti clausole, contenute nelle lettere di assunzione o di riconoscimento del superminimo, che correlano l’assorbimento ai futuri aumenti dei minimi tabellari, così derogando al principio generale di assorbimento ed escludendolo (ad esempio) in caso di progressione del trattamento economico derivante da un superiore inquadramento contrattuale.
Gli operatori, dunque, prima di correlare l’assorbimento del superminimo a fattispecie specifiche, dovranno valutare attentamente se ciò corrisponda all’effettiva volontà delle parti e, ove queste ultime intendano invece applicare la regola dell’assorbimento generale, sarebbe preferibile astenersi dal circoscrivere i casi di assorbimento o, quantomeno, avere l’accortezza di indicarli a titolo meramente esemplificativo.
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Il non iscritto Aire e la prova di residenza fiscale all’estero
10 Giugno 2025
l Sole 24 Ore di Emanuele Mugnaini
In caso di contestazione, da parte dell’agenzia delle Entrate, riguardante l’effettiva residenza fiscale estera di una persona fisica, non iscritta all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero), l’Agenzia stessa è legittimata a chiedere l’esibizione del permesso di soggiorno nel Paese estero, dopo essere venuta già in possesso del certificato di residenza fiscale rilasciato dalle autorità fiscali di quel Paese?
Il certificato di residenza fiscale estera è un documento fondamentale per attestare la residenza fiscale di un contribuente in un Paese estero, consentendo l’applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia.
Tuttavia, la sola presentazione di tale certificato potrebbe non essere sufficiente per determinare in modo definitivo la residenza fiscale alla luce delle convenzioni.
L’amministrazione finanziaria può chiedere ulteriori documenti o informazioni (ad esempio, il permesso di soggiorno nel Paese estero), per verificare l’effettività della residenza fiscale dichiarata. Questo avviene soprattutto in assenza di iscrizione all’Aire, poiché tale iscrizione è un elemento che contribuisce a comprovare il trasferimento della residenza fuori dall’Italia.
In conclusione, sebbene il certificato di residenza fiscale estera sia un elemento probatorio rilevante, l’agenzia delle Entrate – in sede istruttoria, secondo l’articolo 32 del Dpr 600/1973 – può chiedere l’esibizione del permesso di soggiorno nel Paese estero, e questo per accertare l’effettività della residenza fiscale dichiarata, in conformità con le disposizioni delle convenzioni contro le doppie imposizioni e con la normativa fiscale italiana.
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Quadro RW sempre da compilare anche senza tassazione in Italia
10 Giugno 2025
Il Sole 24 Ore 15 Maggio 2025 di Enrico Holzmiller
Le persone fisiche residenti in Italia devono indicare nel quadro RW della dichiarazione dei redditi gli investimenti all’estero, le attività estere di natura finanziaria e le criptoattività (Dl 167/90, articolo 4, comma 1). Se il concetto in teoria è chiaro, l’applicazione è spesso oggetto di criticità nell’interpretazione di cosa e come debba essere, in concreto, dichiarato fiscalmente. Al riguardo, due recenti sentenze di merito hanno affrontato aspetti del quadro RW meritevoli di attenzione, fornendo un’interpretazione da tenere in considerazione.
I giudici della Cgt di primo grado di Rimini, con la sentenza 63/2025 (presidente De Cono, relatore Gasperi) sono stati chiamati a decidere su un asserita non tassabilità di redditi in Italia e correlato obbligo dichiarativo. Il caso in questione vede un contribuente Italiano, persona fisica, che non ha compilato il quadro RW, a fronte di finanziamenti considerati iuris tantum fruttiferi (senza che il contribuente avesse fornito prova contraria) a favore di società da egli partecipate aventi sede in Francia e Usa. La giustificazione del ricorrente, circa la mancata compilazione del quadro RW, si basa sulla mancata tassabilità dei redditi derivanti dagli investimenti in questione in virtù delle convenzioni bilaterali Italia/Francia e Italia/Usa, secondo le quali gli interessi maturati su crediti da finanziamento soci risulterebbero tassati solo nei Paesi sedi delle due società.
I giudici arrivano ad una conclusione contraria: il contribuente era comunque tenuto alla compilazione del quadro RW. In linea di principio, infatti, tutti i proventi esteri attribuibili sarebbero attratti fiscalmente in Italia, secondo il principio del world wide taxation ex articolo 3, comma 1, del Tuir. Ove anche, in ipotesi, le convenzioni bilaterali consentano la tassazione nei Paesi esteri, il quadro RW va compilato ai fini del monitoraggio fiscale. Inoltre – conclude la Corte – il ricorrente avrebbe dovuto comunque inserire nella propria dichiarazione tali proventi, evidenziando il vantato credito fiscale ex articolo 165 del Tuir, ove maturato.
Il quadro RW è spesso foriero di complessità compilative: su tale aspetto è intervenuta la Cgt di Cremona con la sentenza n. 36/2025 (presidente Vacchiano, relatore Grimaldi). Nel caso esaminato, la ricorrente (persona fisica italiana) avente un conto corrente cointestato all’estero, aveva indicato nel rigo RW1 (modello redditi Pf 2018), la giacenza media «pro-quota». L’agenzia delle Entrate, richiamando le circolari n. 45/E/2010 e 38/E/2013 contestava la modalità e l’ammontare dichiarato, precisando che, in caso di attività finanziarie in comunione o cointestate, l’obbligo di compilazione del quadro RW deve ritenersi gravante su ciascun soggetto intestatario con riferimento all’intero valore delle attività e con l’indicazione della percentuale di possesso. Per l’effetto, l’Ufficio aveva eccepito l’infedele dichiarazione del quadro RW.
I giudici rilevano innanzi tutto una contraddizione tra le due circolari richiamate dalle Entrate, sottolineando come la 45/E/2010 sembri fare riferimento a un’indicazione «pro-quota», differentemente dal tenore della 38/E/2013, che esplicita l’indicazione dell’intero valore. Ci sono quindi i presupposti, secondo la Corte, per richiamare le obiettive condizioni di incertezza rilevanti in base all’articolo 6, comma 2, del Dlgs 472/1997 avuto riguardo alle indicazioni, contraddittorie, nella prassi sopra richiamata.
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Decreto Delegato 20 Maggio 2025 nr 75 – Aggiornamento dei coefficienti di trasformazione e rivalutazione per i trattamenti pensionistici a regime contributivo
10 Giugno 2025
Il Decreto Delegato nr 75, che abroga il precedente D.D. nr 140/2024, ha aggiornato i coefficienti di trasformazione e rivalutazione per i trattamenti pensionistici a regime contributivo della Repubblica di San Marino.
Viene allegata una tabella che sarà aggiornata con cadenza biennale, in ottemperanza all’articolo 6, comma 1 della Legge del 5 ottobre 2011 numero 158, su proposta del Comitato Esecutivo dell’Istituto Sicurezza Sociale.
Coefficienti I Pilastro
Età Divisore Coefficiente
57 24,2822 4,1182%
58 23,6993 4,2195%
59 23,1094 4,3272%
60 22,5167 4,4412%
61 21,9091 4,5643%
62 21,2965 4,6956%
63 20,6826 4,8350%
64 20,0596 4,9851%
65 19,4377 5,1446%
66 18,8096 5,3164%
67 18,1802 5,5005%
68 17,5487 5,6984%
69 16,9105 5,9135%
70 16,2675 6,1472%
71 15,6289 6,3984%
72 14,9676 6,6811%
73 14,3043 6,9909%
74 13,6378 7,3326%
75 12,9724 7,7087%
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Regolamento 30 maggio 2025 nr 6 – Regolamento per l’esternalizzazione delle funzioni legate alla tenuta e all’aggiornamento del Registro delle Imprese
10 Giugno 2025
E’ entrato a regime il Regolamento nr 6 del 30 Maggio 2025 che dal 1 giugno 2025, affida:
- all’ Agenzia per lo Sviluppo Economico- Camera di Commercio (ASE-CC) la gestione del Registro delle Imprese con relativo aggiornamento, tenuta dei dati e rilascio delle relative certificazioni
- all’ Ufficio Attività Economiche (UAE) il Registro delle Società con relativo rilascio delle certificazioni di vigenza, la gestione delle pratiche relative agli incentivi, le istanze al Congresso di Stato e quelle per la concessione delle Residenze Economiche. L’Ufficio Attività Economiche continua la sua attività in materia di vigilanza, controllo e ispezione nei confronti delle attività economiche nel territorio sammarinese.
Dal punto di vista operativo, non vi sono modifiche procedurali e le pratiche continueranno ad essere gestite con il sistema operativo OPEC ma se si necessitano maggiori informazioni e per ricevere assistenza tecnica è possibile utilizzare i recapiti indicati dalla Circolare dell’UAE del 28 Maggio 2025 qui di seguito allegata.