Contanti in dogana, al via la stretta valutaria Sequestri lampo anche per oro, carte e titoli

11 Febbraio 2025

Il Sole 24 Ore 18 Gennaio 2025 di Alessandro Galimberti

Anche i militari della Guardia di finanza possono accertare le violazioni sul passaggio di contanti e oro in dogana. La nuove norme valutarie di allineamento europeo in vigore da ieri (Dlgs 211/2024 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 gennaio scorso) allargano le competenze del personale di presidio ai valichi doganali, non solo raddoppiando di fatto le autorità abilitate ai controlli, ma introducendo anche nuove procedure più dirette.

La circolare dell’Adm

Le nuove prassi sono illustrate nella circolare dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli pubblicata giovedì 16 gennaio, alla vigilia dell’entrata in vigore del decreto di allineamento Ue. Il nuovo limite di 10 mila euro in entrata e uscita, che fa scattare l’obbligo di dichiarazione formale, non impedisce alla Gdf di «trattenere» per un periodo limitato (fino a 90 giorni) cifre anche più basse se vi è un generico sospetto di attività criminose collegate al transito di contante. Il trattenimento non interferisce con eventuali altre iniziative della Procura – il sequestro – che, vista la natura penale, “sovrascrivono” il provvedimento amministrativo. Provvedimento che comunque deve essere sempre adeguatamente motivato ed è in teoria impugnabile nelle more con le normali vie amministrative.

Il contante allargato

Attenzione alla nuova definizione di contante “allargato”: oltre ai romanzeschi rotoli di banconote, da ieri vi rientrano per la legge valutaria anche tutti gli strumenti negoziabili al portatore, i beni utilizzati come riserve altamente liquide di valore e le carte prepagate, e ancora le monete metalliche (comprese quelle che possono ancora essere scambiate tramite banche e intermediari finanziari o banche centrali), tutti gli strumenti negoziabili al portatore (cioè che non prevedono di dover provare la propria identità o il diritto di disporne) e infine le monete con un tenore in oro di almeno il 90 % e i lingotti sotto forma di barre, pepite o aggregati con un tenore in oro di almeno il 99,5 %. Non ultime, ovviamente, le carte prepagate e le carte non nominative.

I pacchi anonimi

L’obbligo di dichiarazione valutaria vige anche per i pacchi postali o comunque non accompagnati: l’attestazione di “paternità” è a cura del mittente o del destinatario, per i pacchi “anonimi” – che hanno segnato una interminabile stagione lungo le ferrovie di confine – il sequestro con destinazione definitiva al Fug (Fondo unico giustizia) appare l’unica via praticabile. Per il denaro trattenuto, in ogni caso, il limite temporale per la rivendicazione è di cinque anni.

Violazioni e sanzioni

Mancata o incompleta/erronea dichiarazione vengono perseguite in dogana con sequestri incrementali (dal 50 % al 100%) della valuta “oltre soglia”, le sanzioni conseguenti vanno dal 30 al 50% dell’eccedenza per piccole “dosi” fino al 100% se si transita con più di 110 mila euro. Un percorso di uscita veloce è la classica oblazione a percentuali ridotte – ma solo fino allo sconfinamento di 40 mila euro, oltre non si è ammessi all’estinzione veloce, così come i recidivi -mentre la sanzione massima non superabile e non emendabile è di un milione di euro.

L’oro

Anche l’oro viene allineato alla disciplina valutaria: il trasferimento da o verso l’estero per importi pari o superiore a 10 mila euro ha l’obbligo di dichiarazione: la deve fare chi trasferisce l’oro a qualsiasi titolo, mentre, nel caso in cui parte dell’operazione sia una banca o un operatore professionale in oro spetta a loro compilare moduli e pratiche.

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Rimborsi deducibili solo per spese sostenute con metodi tracciabili

11 Febbraio 2025

Il Sole 24 Ore 23 Gennaio 2025 di Stefano Sirocchi Cristian Valsiglio

Spese di trasferta

Oltre a carte di credito, debito o prepagate, ammessi app, versamenti bancari o postali e assegni. Regole analoghe per gli autonomi

limiti alla deducibilità di alcune tipologie di spesa di trasferta, ai fini delle imposte sui redditi e di lavoro autonomo. Si possono evitare solo se tali spese siano effettuate con mezzi di pagamento tracciabili. È il principio fondamentale delle disposizioni contenute nell’articolo 1, commi 81-83 della legge di Bilancio 2025.

In particolare, le spese di vitto, alloggio, nonché viaggio e trasporto – comprese quelle per i servixi di taxi e Ncc (noleggio con conducente) ed escluse quelle per gli autoservizi pubblici di linea – sostenute per le trasferte dei dipendenti o corrisposti a lavoratori autonomi, sono deducibili nei limiti dell’articolo 95 del Tuir (commi 1, 2 e 3), soltanto se effettuate con i metodi tracciabili, come specificato nel novellato comma 3-bis all’articolo 95.

I tributi coinvolti

La deducibilità è intesa ai fini Ires/Irpef ed è estesa (dal comma 82 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2025) anche a quelli Irap. La tracciabilità occorre anche per esentare i rimborsi ai dipendenti da imposizione fiscale e contributiva.

I metodi tracciabili

Il requisito della tracciabilità è considerato sussistente se dipendenti, collaboratori o professionisti hanno utilizzato uno dei seguenti metodi:

versamento bancario o postale;

app di pagamento via smartphone che, inserendo codice Iban e numero di cellulare, permettono di effettuare transazioni di denaro (risposta 230/E/2020 delle Entrate);

altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del Dlgs 241/1997 (carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari).

Il lavoro autonomo

Analogamente, in tema di determinazione del reddito da lavoro autonomo, viene aggiunto il comma 6-ter all’articolo 54 del Tuir.

Vi si specifica che, ferma restando la disciplina della deducibilità delle spese (nei termini indicati ai commi 5 e 6), sono deducibili se effettuate con metodi di pagamento tracciabili le medesime spese relative a prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande, nonché per viaggio e trasporto (anche in questo caso, con l’esclusione degli autoservizi pubblici di linea), addebitate analiticamente al committente, oltre che i rimborsi analitici relativi alle stesse spese sostenute per le trasferte dei dipendenti o corrisposti a lavoratori autonomi.

Gli incroci tra i vincoli

In ogni caso, le nuove restrizioni sulla tracciabilità dei pagamenti si intersecano con le limitazioni già in essere. A tal proposito giova rammentare quali sono le tipologie di rimborsi delle spese di vitto e alloggio relative alle trasferte effettuate fuori dal territorio comunale, nonché delle indennità, che possono essere utilizzate dalle imprese:

rimborso analitico (“a piè di lista”);

indennità forfetaria;

rimborso misto.

I rimborsi analitici corrisposti ai dipendenti o collaboratori sono deducibili entro il limite di 180,76 euro al giorno per le trasferte effettuate in Italia e di 258,23 euro al giorno per le trasferte effettuate all’estero.

Nel caso dei rimborsi forfetari o misti, invece, non sono fissati particolari limiti e dunque tali rimborsi sono interamente deducibili dal reddito d’impresa.

Non vi sono ulteriori limitazioni per le spese relative a somministrazioni di alimenti e bevande e a prestazioni alberghiere sostenute per trasferte fuori del territorio comunale, salvo non siano spese di rappresentanza. Le novità, peraltro, riguardano anche queste ultime, che diventano altresì deducibili solo se sostenute con metodi di pagamento tracciabili.

Viceversa, le spese per somministrazioni di alimenti e bevande e prestazioni alberghiere sono deducibili al 75% del loro ammontare, ai sensi dell’articolo 109, comma 5 del Tuir (circolare agenzia delle Entrate 3 marzo 2009, n. 6, paragrafo 5) se svolte nel territorio comunale.

Nella pratica

È evidente che il dipendente in trasferta dovrà essere munito di una carta di credito o debito – non importa se personale oppure aziendale – per far fronte alle spese che all’azienda non è possibile pagare in anticipo con bonifico. È il caso di taxi e ristorante.

Va segnalato che non pochi dubbi stanno sorgendo tra le imprese sulla gestione dei rimborsi per le spese di vitto e alloggio sostenute dai lavoratori in trasferta in quei Paesi esteri dove l’utilizzo di apparecchi Pos è ancora poco diffuso.

In busta paga

Indennità e diarie sono sempre esenti

Importi al lordo per chi paga in contanti

La tracciabilità del pagamento delle spese di trasferta riguarda anche il lavoratore: solo se c’è questo requisito i rimborsi di tali spese non concorrono a formare il reddito dell’interessato. Lo stabilisce il comma 5 dell’articolo 51 del Tuir (Dpr 917/1986), ora modificato dalla legge di Bilancio 2025 (la 207/2024). Vale quindi il principio stabilito dalla stessa legge ai fini della deducibilità di tali rimborsi da parte dell’azienda che li eroga: le spese di trasferta per vitto, alloggio, viaggio e trasporto con autoservizi pubblici non di linea (come taxi e noleggio con conducente) hanno effetti favorevoli sul reddito imponibile solo se sostenute con i sistemi di pagamento attualmente riconosciuti dalla normativa come tracciabili (si veda l’articolo a sinistra).

Quali sono gli impatti sulla busta paga del dipendente? L’azienda potrà rimborsare in busta paga le spese sostenute durante la trasferta secondo tre modalità.

1 In caso di spese di trasferta sostenute con un pagamento tracciabile, il datore di lavoro provvederà a corrispondere i rimborsi (senza prelievo fiscale e contributivo) direttamente sul netto del dipendente.

2 In caso di spese sostenute in contanti, il datore di lavoro provvederà a corrispondere i rimborsi lordi, assoggettandoli a imposte e contributi: l’importo netto rimborsato sarà inferiore rispetto all’esborso del dipendente in trasferta.

3 Inoltre, potrebbe esserci una terza modalità, utilizzabile ove sia difficoltoso il pagamento tracciato (si pensi a trasferte in alcuni Paesi esteri). In questi casi, a fronte di spese sostenute in contanti, il datore di lavoro potrà provvedere a corrispondere i rimborsi, assoggettandoli a imposte e contributi, ma previa loro lordizzazione in modo da non gravare sul netto del dipendente.

Rimangono escluse dagli obblighi di tracciabilità le indennità di trasferta e le diarie corrisposte per le trasferte fuori dal territorio del Comune in cui è ubicata la sede di lavoro.

Nella busta paga, queste indennità saranno esenti da imposte e contributi entro determinati limiti: 46,48 euro al giorno (77,47 euro per le trasferte all’estero), al netto delle spese di viaggio e di trasporto; 30,99 euro al giorno (51,65 per le trasferte all’estero) in caso di rimborso delle spese di alloggio ovvero di quelle di vitto oppure di alloggio o vitto fornito gratuitamente; 15,49 euro al giorno (25,82 per le trasferte all’estero) in caso di rimborso sia delle spese di alloggio sia di quelle di vitto ovvero per rimborsi di altre spese anche non documentabili purché analiticamente attestate dal dipendente (come, per esempio, lavanderia, telefono, parcheggio, mance eccetera).

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Stretta sulle frodi Iva con lo scambio dati Ue e le fatture elettroniche

11 Febbraio 2025

Il Sole 24 Ore lunedì 27 Gennaio 2025 di Ivan Cimmarusti

Il piano. Verifiche della Gdf con le Entrate e collaborazione con l’Eurofisc per tracciare le operazioni intracomunitarie. Anche con l’intelligenza artificiale

Nuovo impulso al contrasto delle frodi Iva, un “sistema” illecito in grado di muovere in Europa flussi di denaro sporco fino a 100 miliardi annui. Ma negli obiettivi 2025 della Guardia di finanza c’è un potenziamento generalizzato per frenare l’evasione fiscale, a partire dalle indebite compensazioni e dalle cessioni dei crediti d’imposta fittizi, in particolare quelli finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, fino alle più complicate elusioni internazionali.

L’intenzione è di sostenere le entrate tributarie, garantendo una capacità di controllo sulle risorse messe a disposizione per il rilancio dell’economia.

Intelligenza artificiale, banche dati, attività d’intelligence e cooperazione internazionale tra i Paesi dell’Unione europea assumono una funzione sempre più strategica per arginare le forme di crimine finanziario, che ormai operano senza confini grazie a una rete del riciclaggio che movimenta denaro sporco che confluisce anche nei fondi d’investimento di Dubai, come emerge dalle più recenti indagini dell’Antimafia.

Frodi fiscali e Pnrr

Nell’ultimo triennio l’Ufficio centrale della Procura europea (Eppo) ha registrato un aumento del 360% del valore del danno accertato da frode Iva: si è passati da 2,5 miliardi a 11,5 miliardi di euro. L’Italia fin dal principio – cioè da quando nel 2021 è stata istituita la Eppo – si è piazzata al vertice per il valore delle frodi. Ciò è dovuto all’azione coordinata della Guardia di finanza, che ha una storica tradizione di verifiche economico-finanziarie.

Su questo fronte, dunque, le Fiamme gialle prevedono di sfruttare il contributo di dati offerto dall’obbligo di fatturazione elettronica, unitamente alla collaborazione con organismi esteri dell’Eurofisc. Si tratta di un network di cooperazione europea creato per contrastare le frodi fiscali, in particolare quelle dell’Iva intracomunitaria.

L’elemento fondamentale è rappresentato dallo scambio di informazioni in tempo reale. Sul sistema Tna (Transaction network analysis) sono condivisi tutti gli elementi per garantire la celere identificazione degli operatori economici fraudolenti, coinvolti nelle cosiddette frodi carosello.

L’azione delle Fiamme gialle si concentrerà anche sul fenomeno delle indebite compensazioni dei crediti fiscali e sulla cessione di crediti d’imposta fittizi, in particolare quelli finanziari con fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Un capitolo riguarda anche il sommerso d’azienda e di lavoro, sia “nero” sia “irregolare”, cui sono connesse le illecite somministrazioni di manodopera e i distacchi di personale falsi.

Analisi di rischio, monitoraggio dei fenomeni evasivi e piani di intervento continueranno a essere elaborati in modo congiunto con l’agenzia delle Entrate.

Sul fronte della spesa pubblica, invece, è stata rafforzata la cooperazione con enti pubblici locali per prevenire irregolarità nella gestione dei fondi del Pnrr e delle risorse pubbliche, evitando casi di doppio finanziamento. Implementato lo scambio di informazioni con l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) e con gli altri organismi di vigilanza.

Riciclaggio

Tra gli obiettivi prioritari, il Corpo punta a prevenire infiltrazioni criminali nell’economia legale, approfondendo i flussi finanziari sospetti e sequestrando patrimoni illeciti, anche grazie alla collaborazione internazionale e con le Financial intelligence units, organismi antiriciclaggio equivalenti all’italiana Uif (Unità di informazione finanziaria). Viene inoltre incrementato il monitoraggio antimafia attraverso il supporto alle Prefetture e il controllo su aziende potenzialmente colluse.

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Uk, meno sportelli: Lloyds taglia 136 filiali

11 Febbraio 2025

Il Sole 24 Ore 30 Gennaio 2025 di R. Fi.

Banche

Prosegue senza sosta nel Regno Unito – e a ritmo ancor più accelerato rispetto ad altri Paesi – la contrazione della rete di filiali bancarie in grado di garantire l’accesso fisico ai clienti. Il Lloyds Banking Group, uno dei colossi finanziari britannici, ha annunciato la chiusura nei prossimi mesi di altre 136 sedi sparse per l’isola, da completare nei piani entro marzo del 2026 nell’ambito di una strategia di ristrutturazione, modernizzazione e riduzione dei costi. Le chiusure riguarderanno 61 succursali con l’insegna Lloyds, nonché 61 di Halifax e 14 di Bank of Scotland (acquisite a suo tempo dal gruppo) a partire da maggio. La scelta, analoga a quella dei competitor, risponde alla necessità dichiarata di adeguarsi a un mercato in cui l’online banking ha ormai preso il sopravvento, riducendo di molto la richiesta di servizi bancari da fornire di persona dallo staff. Non mancano tuttavia allarmi per i posti di lavoro. Mentre è recente la sollecitazione del governo laburista alle banche a garantire almeno un servizio minimo di accesso fisico agli impiegati e al cash per la clientela «più vulnerabile» e meno informatizzata: anziani in primis

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Noleggi auto, tasse legate al territorio contro l’elusione

11 Febbraio 2025

Il Sole 24 Ore 1 Febbraio 2025 di Gianni Trovati

Nella riforma del fisco locale entra anche un ricco pacchetto di norme per riscrivere, precisare e semplificare le regole delle tasse sulle auto.

Il dibattito più intenso pare destinato ad accendersi intorno al «principio di territorialità» pensato per ancorare il pagamento di bollo auto e imposte provinciali al luogo di attività effettiva delle società di auto a noleggio senza conducente. Il problema è quello noto, e definito «dumping fiscale» dal viceministro all’Economia Maurizio Leo, della concentrazione di sedi da parte dei noleggiatori nelle Province autonome, dove le aliquote sono minori grazie ai margini generosi garantiti dagli Statuti speciali.

Contro questa geografia, che nelle ultime rilevazioni concentra il 53% delle auto a noleggio fra Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta (dove vivono in tutto due italiani ogni 100), si sono scagliati i sindaci delle principali Città metropolitane, che insieme ai presidenti di Provincia vedono sfumare i gettiti dell’imposta di trascrizione e le quote di RcAuto, e le Regioni, interessate dal bollo. La bozza di decreto attuativo della delega fiscale si occupa di entrambi i livelli di Governo, con l’obiettivo di stabilire il «principio di territorialità» in base al quale le imposte locali vanno pagate dove si sviluppa l’attività ordinaria della società, anche se la sede legale è altrove. La nuova norma comprende espressamente anche i casi in cui la sede è fuori dai confini nazionali, per colpire le operazioni di esterovestizione della società. «Per i soggetti passivi che operano professionalmente nel settore del noleggio dei veicoli – si legge nella bozza -, nel caso in cui la sede legale è distinta dalla sede in cui avviene la gestione ordinaria in via principale dell’attività della persona giuridica, quest’ultima costituisce la sede da considerare ai fini della destinazione del gettito dell’imposta».

Nel nuovo sistema potrebbe entrare anche l’accesso gratuito da parte di Province e Città ai dati di Motorizzazione civile e Pubblico registro automobilistico. In fatto di Pra, inoltre, la riforma allinea le regole del noleggio senza conducente a quelle previste oggi per la sola locazione finanziaria. Lo scopo, spiega la relazione illustrativa, è di superare l’irrazionalità che oggi assoggetta «fattispecie impositive sostanzialmente analoghe a adempimenti fiscali differenti», e di «assicurare l’acquisizione al Pra anche delle informazioni relative ai veicoli concessi in locazione a lungo termine senza conducente».

Sul bollo auto, poi, accanto a una serie di semplificazioni procedurali che prendono spunto dai migliori modelli regionali (Lombardia e Piemonte in primis) per superare i tanti problemi legati ai passaggi di proprietà, la riforma amplia gli spazi di manovrabilità da parte delle Regioni, nel nome di una maggiore autonomia impositiva.

Il gettito standard dell’Rc Auto dovrebbe infine passare allo Stato, che in cambio garantirebbe a Province e Città una compartecipazione equivalente all’Irpef; sul punto, i confronti tecnici dovranno definire come gestire le variazioni di gettito dell’imposta sui redditi nel tempo.

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Polizze catastrofali e rating assicurativi scelte strategiche per le aziende

11 Febbraio 2025

Il Sole 24 Ore 1 Febbraio 2025 di Daniela Russo

FRAGILITÀ AZIENDALI

Negli ultimi anni, l’aumento degli eventi climatici estremi ha generato un impatto economico e sociale significativo, mettendo in evidenza un grave gap di protezione per le imprese italiane.

Secondo l’Ivass, meno del 5% delle aziende italiane dispone di una copertura contro rischi terremoti e alluvioni, una percentuale che scende a meno del 4% per le microimprese. Questa vulnerabilità del tessuto imprenditoriale ha spinto il Governo a introdurre, con la legge di Bilancio 2024, l’obbligo per le imprese tricolore di stipulare polizze contro calamità naturali slittato con il decreto Milleproroghe a fine marzo 2025 e tra gli oltre 1.200 emendamenti presentati in sede di conversione in legge ci sono diversi che propongono di posporre questo termine a giugno o a fine dicembre 2025.

Occorre considerare che il patrimonio assicurabile è stimato in 4mila miliardi di euro, con perdite attese di quasi 2 miliardi annui per il settore assicurativo. Tuttavia, molte aziende continuano a sottovalutare l’importanza di queste coperture.

Questi temi sono stati approfonditi in settimana nel corso dell’evento “Il Credito di domani per le Pmi” organizzato dal Gruppo Nsa, con la partecipazione del Senatore Antonio De Poli. «Nel 2024 lo Stato italiano ha intrapreso due iniziative significative in ambito assicurativo, entrambe mirate a rafforzare le tutele per le imprese, spesso carenti, in caso di calamità naturali e non solo – ha affermato Federico Papa, presidente di Nsa Soluzioni Assicurative -. Oltre all’obbligo normativo, sul quale siamo impegnati con campagne informative per sensibilizzare le aziende sull’importanza di stipulare una copertura contro i rischi catastrofali, già a febbraio dello scorso anno Banca d’Italia ha invitato gli istituti di credito a considerare, nel processo di concessione dei finanziamenti, i rischi operativi e le coperture assicurative delle Pmi. Un approccio che aiuta a mitigare il rischio di credito per le banche e consente anche alle imprese ben assicurate di accedere a finanziamenti a condizioni più vantaggiose».

Un’azione di moral suasion che da un lato va nella direzione di responsabilizzare le banche, che dovranno verificare se un’azienda è assicurata correttamente, dall’altro lato vuole creare meccanismi di premialità per le aziende lungimiranti tramite una riduzione dei costi di finanziamento. «In questa direzione da ormai 10 anni lavoriamo insieme all’Università Cattolica al rating assicurativo Nsa – spiega Papa -. Uno strumento che si basa su un sistema avanzato che analizza la politica assicurativa di quasi 10mila piccole e medio imprese, coprendo oltre 20mila polizze assicurative. Questo strumento che è già stato utilizzato con successo da più di 500 aziende clienti va ad aiutare le banche a valutare l’adeguatezza delle tutele assicurative delle imprese, migliorandone la continuità aziendale e il merito creditizio». Il rating offre anche alle imprese uno strumento per verificare l’efficacia del proprio assicuratore e valorizzare le proprie scelte assicurative.

«L’obbligo introdotto della Legge Bilancio 2024 è un passo legislativo cruciale e molto atteso – ha spiegato Matteo Campaner, direttore generale di Vittoria Assicurazioni -. Nel 2023 l’intero comparto assicurativo ha registrato un aumento degli eventi atmosferici completamente fuori scala. Una tendenza in crescita che si è confermata anche lo scorso anno, pur senza l’eccezionalità del 2023, evidenziando una certa discontinuità che sembra rivelare una nuova normalità. Da qui la necessità sempre maggiore di proteggersi: oggi le Pmi del nostro Paese non possono più ritenerla un’opzione perché la rilevanza dei rischi oggetto di obbligo è costantemente in ascesa. È importante però sottolineare che l’obbligo normativo copre solo alcune componenti degli asset di impresa (terreni, fabbricati, attrezzature e impianti), ma banalmente non copre le merci. Inoltre la polizza catastrofale copre i danni da frane, sisma, inondazioni ed esondazioni. La polizza prevista nel decreto copre quindi i danni dell’acqua che arriva dal basso, mentre non copre dai fenomeni di vento, grandine e pioggia. Occorre distinguere il rischio catastrofale dal rischio cambiamento climatico, non sono sempre allineati. Per ottenere una protezione più completa e di conseguenza più efficace, le Pmi dovrebbero pensare di costruirsi coperture su misura per non avere in futuro amare sorprese».

In attesa dei dettagli normativi, permangono sfide significative, tra cui il costo delle coperture, che varia sensibilmente in base al livello di rischio del territorio, e la necessità di sensibilizzare maggiormente le imprese sull’importanza di adottare misure di prevenzione. È quindi essenziale un dialogo costante tra istituzioni, compagnie e imprese, per garantire che le nuove norme possano essere efficacemente implementate e generare benefici concreti per l’intero sistema economico.

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Stretta doganale per oro e contanti: soglia a 10 mila euro

18 Gennaio 2025

Il Sole 24 Ore 10 Dicembre 2024 di Alessandro Galimberti

Definizione aggiornata di «denaro contante», nuove definizioni legali di oro, sequestri allargati e sanzioni più pesanti per chi non dichiara o dichiara poco e male in dogana.

Il decreto legislativo di adeguamento alle norme europee sul denaro liquido (regolamento 2018/1672), approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri di ieri sera, porta modifiche importanti per tutti i trasferimenti di valuta in entrata e in uscita dall’Unione,

Il contante «allargato»

Nella sfera del «contante» – con obbligo di dichiarazione doganale – entrano tutti gli strumenti negoziabili al portatore che non prevedono di dover provare l’identità o il diritto di disporne: dai traveller’s cheque, agli assegni, i vaglia cambiari, ordini di pagamento senza nome del beneficiario, girati senza restrizioni, a favore di un beneficiario fittizio, o emess in forma tale che il diritto passi all’atto della consegna. Ancora, sono equiparate al contante le monete con un tenore in oro di almeno il 90%; e i lingotti sotto forma di barre, pepite o aggregati con un tenore in oro di almeno il 99,5 %, oltre alle carte prepagate che contengono valore in moneta o liquidità o vi danno accesso o che possono essere usate per pagare, per l’acquisto o per la restituzione di valuta, se non è collegata a un conto corrente.

Il «trattenimento» in dogana

Il passaggio di questi titoli al portatore, contanti compresi, deve essere dichiarato in dogana a partire dal valore di 10mila euro, anche se viaggia in plichi postali, in bagagli o in altra forma «non accompagnato». In queste ipotesi la Gdf e le autorità doganali – e in tutti i casi ci sia anche il solo «sospetto» di attività criminosa, possono disporre il trattenimento integrale della somma, anche sotto soglia, per 30 giorni, estensibili nel caso di indagini.

Per sbloccare il contante trattenuto o sequestrato, chi ha commesso la violazione può sempre beneficiare della definizione con oblazione, ma con percentuali più alte rispetto alla norma, abroganda, del 2008: l’infrazione viene estinta pagando il 15% del denaro eccedente la soglia (fino a 10mila euro) 10mila euro, o del 30% fino a 40mila euro di sconfinamento. Per violazioni più gravi non è ammessa l’estinzione “pagata”.

Oro da investimento

Con il Dlgs approvato ieri cambia anche la definizione di oro da investimento e di materiale d’oro, la dichiarazione in oro da trasmettere per operazioni pari o superiori a 10mila euro e matura il passaggio dell’elenco degli Operatori professionali in oro dalla Banca d’Italia all’Organismo Agenti e Mediatori (Oam).

La nuova disciplina sul commercio di oro (legge 7/2000) ha una definizione aggiornata di «oro da investimento» che ricomprende anche l’oro destinato a successiva lavorazione, nonché di «materiale d’oro» nel cui novero rientrano anche i semilavorati così come definiti dall’articolo 1, comma 1, lettera c, numero 3, del Dpr 30 maggio 2002, n. 150, vale a dire «prodotti di processi tecnologici di qualsiasi natura meccanici e non, che pur presentando una struttura finita o semifinita non risultano diretti a uno specifico uso o funzione, ma sono destinati a essere intimamente inseriti in oggetti compositi, garantiti nel loro complesso dal produttore che opera il montaggio».

Oltre a questo il nuovo impianto normativo prevede, da un lato, la riduzione della soglia per le dichiarazioni in oro a 10mila euro (equiparandola a quella delle dichiarazioni sul denaro contante) e, dall’altro, sancisce l’esonero della stessa quando è dovuta la dichiarazione in materia valutaria; il tutto, precisando che l’obbligo di dichiarazione sussiste anche in relazione a operazioni dello stesso tipo eseguite nel corso del mese solare con la medesima controparte che siano singolarmente pari o superiori a 2.500 euro e comunque complessivamente pari o superiori a 10mila euro.

Questione di privacy

Le nuove norme aprono un focus sul sempre attuale tema della privacy. I dati personali estratti dalle dichiarazioni valutarie in dogana sono accessibili «solo al personale debitamente autorizzato delle autorità competenti, che ne garantiscono la sicurezza, e sono adeguatamente protetti contro l’accesso o la comunicazione non autorizzati». La conservazione di questi data base è consentita «per un periodo di cinque anni dalla data in cui sono stati ottenuti. Allo scadere di tale termine tali dati personali sono cancellati», a meno di impellenti attività di indagine che possono portare a una proroga di ulteriori tre anni.

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In dogana scatta il trattenimento sul contante anche solo sospetto

18 Gennaio 2025

Il Sole 24 Ore 8 Dicembre 2024 di Giovanni Negri

FLUSSI CON I PAESI UE DOMANI IN CDM

Sanzioni più pesanti, ma anche misure cautelari più estese nel decreto legislativo su ingresso e uscita di contante con riferimento ai Paesi dell’Unione europea. Il testo, che adegua la disciplina italiana a quanto previsto Regolamento Ue del 2018. approda domani al Consiglio dei ministri per l’approvazione definitiva. Centrali sono quindi le modifiche al decreto n. 195 del 2008 punto di riferimento in materia valutaria che tuttavia conteneva le misure di adeguamento al precedente Regolamento comunitario datato 2005.

Nel dettaglio, inedita è la disposizione che introduce la misura del trattenimento di contanti, , sia in entrata sia in uscita, quando esistono anche solo indizi che facciano sospettare che il denaro, indipendentemente dall’importo, possa essere collegato ad attività criminale. La misura è effettuata dall’Agenzia delle dogane e dalla Guardia di Finanza e comunicata agli interessati anche per somme inferiori ai 10.000 euro. Il provvedimento ha natura amministrativa e la durata base è di 30 giorni innalzabili sino a 90 quando gli accertamenti da effettuare hanno particolare complessità.

Sempre sul piano cautelare sparisce il riferimento al limite di 10.000 euro che metteva al sicuro le somme di importo inferiore dal sequestro in caso di mancato rispetto degli obblighi di dichiarazione. In caso di omissione di dichiarazione, il sequestro è eseguito nel limite del 50% dell’importo eccedente la soglia di 10.000 euro , se l’eccedenza non è superiore a 10.000 euro; del 70% dell’importo eccedente la soglia di 10.000 euro, quando l’eccedenza è compresa tra 10.000 e 100.000 euro. Sopra i 100.000 euro di eccedenza il sequestro colpirà l’importo integrale.

Nel caso in cui la violazione degli obblighi informativi consiste nell’aver fornito informazioni inesatte o incomplete, il sequestro è eseguito nel limite:

  1. a) del 25% della differenza tra l’importo trasferito o che si tenta di trasferire e l’importo dichiarato, se la differenza non è superiore a 10.000 euro;
  2. b) del 35% della differenza se questa differenza sta tra 10.000 e 30.000 euro;
  3. c) del 70% della differenza, se questa è compresa fra 30.000 e 100.000 euro;
  4. d) del 100% della differenza se questa è superiore a 100.000 euro.

Per quanto invece riguarda le sanzioni per la trasgressione degli obblighi informativi subiscono tutte un innalzamento. A fare da bussola è sempre l’eccedenza rispetto al limite di 10.000 euro: dal 30 al 50% dell’eccedenza, se questa è fino a 10.000 euro; dal 50 al 70% su eccedenze superiori a 10.000; un inedito dal 70 al 100% per valori superiori, ma con sanzione massima di un milione di euro.

Rimodulate secondo quattro scaglioni, parametrati sempre sul valore delle eccedenze, anche le sanzioni pecuniarie quando la violazione degli obblighi informativi si è concretizzata attraverso informazioni false o incomplete.

 

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E-commerce, contro le frodi Iva c’è la garanzia da 50mila euro

18 Gennaio 2025

Il Sole 24 Ore 10 Dicembre 2024 di Marco Mobili e Giovanni Parente

Lotta all’evasione. Scatta l’obbligo della cauzione anche in titoli di Stato per i rivenditori extra Ue con rappresentante in Italia. L’obiettivo della stretta è sottrarre al sommerso 143 milioni all’anno

Una garanzia triennale al Fisco di almeno 50mila euro contro le frodi Iva sull’e-commerce. Garanzia che potrà essere fornita anche in titoli di Stato o garantiti dallo Stato. E debutta anche la possibilità di specifiche analisi di rischio condotte congiuntamente da Entrate e Guardia di Finanza. Nel contrasto all’evasione arriva il meccanismo attuativo di uno degli strumenti messi in campo dal decreto delegato sull’accertamento (il Dlgs 13/2024, lo stesso del concordato preventivo). L’obiettivo è quello di fissare maggiori vincoli per gli operatori extra Ue che si avvalgono di rappresentanti fiscali per effettuare acquisti e vendite intracomunitari e operano attraverso l’e-commerce. Nel tentativo di contrastare i meccanismi di aggiramento del versamento dell’Iva che ruotano intorno all’esenzione dall’imposta al momento dell’importazione della merce all’interno dell’Unione europea. Un tentativo che dovrebbe garantire a regime all’Erario un gettito di 143 milioni all’anno.

Per questo ora il decreto firmato dal viceministro all’Economia Maurizio Leo rende operativa la garanzia che gli operatori extra Ue dovranno prestare per operare in Italia. L’asticella viene fissata in un «massimale minimo» di 50mila euro e la garanzia è «condizione necessaria per l’iscrizione della partita Iva del soggetto rappresentato nella banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie (Vies). In pratica, chi non presta la garanzia non può operare. Si tratta in pratica di una cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato o di fideiussione bancaria o di polizza fideiussoria. Servirà a coprire 36 mesi, al termine dei quali non dovrà però essere rinnovata. La consegna dovrà essere effettuata alla direzione provinciale delle Entrate competente in base al domicilio fiscale del rappresentante fiscale. Un modello già adottato per le riaperture di posizioni dopo i provvedimenti di chiusura disposti dalle Entrate sulle partite Iva «apri e chiudi».

Proprio nel tentativo di evitare il più possibile condotte di vero e proprio dumping fiscale perpetuate attraverso l’esenzione Iva, il decreto attuativo prevede che la garanzia debba essere presentata anche dagli operatori che già attualmente sono inclusi nella banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie. In questo caso, il conto alla rovescia per mettersi in regola scatterà dalla data di pubblicazione di un provvedimento su misura dell’agenzia delle Entrate: ci saranno 60 giorni di tempo, trascorsi i quali scatterà l’esclusione dall’Iva per chi non avrà depositato la cauzione al Fisco.

Più in generale il Dm fissa anche la procedura che porta ai riscontri e alle mosse successive. Nel caso in cui venga constatata la mancata prestazione della garanzia, l’Agenzia comunicherà al rappresentante fiscale del soggetto non residente, tramite posta elettronica certificata (Pec) o raccomandata con ricevuta di ritorno, l’avvio della procedura di esclusione del soggetto rappresentato dalla banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie (Vies). Passati 60 giorni dalla data di ricezione della comunicazione da parte del rappresentante fiscale, le Entrate passeranno all’esclusione d’ufficio della partita Iva dalla banca dati.

Per rafforzare il presidio, viene stabilita un’apposita attività di vigilanza. Il motore sarà rappresentato dalla task force tra agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza per l’analisi di rischio (la cosiddetta Uipar). Attraverso l’interoperabilità delle banche dati, verranno effettuate congiuntamente analisi «mirate a individuare i rappresentanti fiscali di soggetti non residenti in uno Stato membro dell’Unione europea o in uno degli Stati aderenti allo Spazio economico europeo operanti in ambito unionale che presentano degli indicatori di pericolosità» in relazione al «corretto adempimento degli obblighi di verifica della completezza e della veridicità dei documenti prodotti dal soggetto estero». Una verifica a cui i rappresentanti fiscali sono tenuti per non incappare in una sanzione amministrativa da 3mila a 50mila euro.

Gli ultimi dati disponibili (contenuti nella relazione tecnica al decreto delegato sull’accertamento) mostrano perché la garanzia rappresenti una strategia per bloccare sul nascere forme di evasione che sul fronte Iva continuano a fare perno su prestanome o a strutture societarie di fatto vuote, che una volta sparite lasciano solo una scia di debiti tributari quasi impossibili da recuperare per il Fisco. Nel 2022, infatti, risultano circa 22mila soggetti non residenti, con rappresentante fiscale in Italia, che hanno acquistato servizi (secondo le informazioni dei modelli Intrastat), verosimilmente a titolo di commissioni, dalle principali piattaforme elettroniche, per un totale di 420 milioni di euro. Queste commissioni corrispondono circa 2,1 miliardi di merce venduta. Dal confronto con i dati dichiarativi, è emerso che 7.300 tra i soggetti individuati hanno un volume d’affari inferiore a quello stimato partendo dalle commissioni, per un’Iva evasa totale pari a circa 143 milioni. Proprio quella che adesso il Fisco vuole recuperare ogni anno con le nuove misure.

 

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Monte Carlo cambia pelle, non più paradiso fiscale

16 Gennaio 2025

Il Sole 24 Ore 1 Dicembre 2024 di Alessandro Galimberti

Antiriciclaggio. Tra pochi giorni l’Europa giudicherà le azioni del Principato per regolarizzare il sistema finanziario: «Non siamo più off shore». Restano zero tasse e zero debito pubblico

MONTE CARLO

La grande sfida di Mareterra- la penisola che sorge dalle acque, 6 ettari di real estate strappati al Mediterraneo, immobili venduti fino a 100 mila euro al metro quadro, già sold out – è in fondo la metafora del presente del Principato di Monaco: un’enclave on-shore, di terra agganciata saldamente alla rocca con 18 enormi cassoni di cemento armato e sabbia. Dal mare alla terra, come dire, fine dell’epoca off-shore, ricomincia quella on-shore.

A pochi giorni dal termine del quinto ciclo di verifica di Moneyval, che qui tutti si augurano metta presto in soffitta il purgatorio della lista grigia – quella grey-list finanziariache rende tutte le transazioni “sospette”, e tutti i titolari di conto a «rischio medio» di riciclaggio – la vita nel Principato scorre tranquilla e apparentemente sempre uguale. Il via vai di car valet fuori dall’Hermitage, lussuoso palazzo Belle Epoque che resiste nella verticalità di Monte Carlo, alterna uomini d’affari a turisti a sette stelle, ma quasi tutto dietro l’aplomb monegasco è cambiato rispetto ai ruggenti anni d’oro, quando qui si parlava quasi solo in italiano. Oggi dei 39 mila residenti nel Principato “solo” 7.700 sono italiani («residenti veri» sottolinea uno dei consiglieri più stretti di Principe Alberto II, «quelli fittizi non esistono più»), quasi 8.500 francesi, 9 mila i monegaschi di cittadinanza. Il resto una babele di lingue e bandiere, dai mille olandesi ai pochi tedeschi, dai tanti spagnoli ai pochissimi orientali, fino alla popolosa enclave di russi con doppio passaporto (soprattutto cipriota). Oggi il Principato è una città-stato reale, viva anche in un lunedì di fine autunno, con 60mila frontalieri (10 mila dall’Italia, ma altrettanti “paisà” dalla Provenza) che ogni giorno lavorano per una comunità privilegiata, tra cantieri in modalità time-lapse, hotel, ristoranti, boutique e Casinò.

Nessuno dei 39 mila iscritti all’anagrafe paga le imposte dirette – quelle sul reddito, per intenderci – non i cittadini autoctoni e nemmeno i 30 mila a cui è stata principescamente concessa la Carte de séjour. Il prodotto interno lordo della Rocca sfiora i 9 miliardi di euro – moneta che il Principato può battere in forza di accordi con Francia, Ue e Bce, a patto di accettare, come ha accettato, regole di condotta finanziaria trasparenti – e la legge di bilancio che in queste ore l’Assemblea legislativa (24 “parlamentari”) sta discutendo sfiora i 2,4 miliardi. Il bilancio dello Stato genera storicamente eccedenze, versate al Fondo di Riserva Costituzionale (oggi vale 7 miliardi, 2,4 investiti in asset finanziari; il debito pubblico è a zero).

Senza imposte dirette, gli attivi di bilancio vengono dall’Iva (52% delle revenues statali, l’aliquota standard è del 20%), dall’imposta dei registri immobiliari e transazioni (26%), dalle tasse sui redditi commerciali (11%) e solo per il 3% dal leggendario Casinò.«Come vede la quasi totalità delle risorse dello Stato è di natura fiscale – dice a Il Sole 24Ore un alto consigliere ministeriale – ; il Principato ha un’economia basata sull’ onshore: solo le imprese che fatturano almeno il 75% a Monaco godono di un trattamento fiscale agevolato (risultato possibile di fatto solo per ristoranti, bar, hotel e negozi locali, ndr), altrimenti si applica l’aliquota francese del 25%».

Nel corso degli esami di Moneyval (l’organo del Consiglio d’Europa per antiriciclaggio e finanziamento al terrorismo), la Rocca ha ricordato che dal 1851 Monaco è nello spazio doganale francese – cioè Ue – con aliquote e controllo francesi; il sistema bancario è sotto il duplice controllo delle autorità monegasche e della Banca di Francia; la rinnovata autorità antiriciclaggio è passata da 16 a 80 dipendenti in pochi mesi, con rafforzamento dei servizi Aml anche nella Polizia, l’aumento dei magistrati dedicati all’antiriciclaggio e la nuova «sezione finanziaria» della magistratura di prossima istituzione per perseguire questo tipo di reati.

Basterà tutto questo per lasciarsi alle spalle «grigio» e pregiudizi? «Il sistema bancario oggi è impermeabile al riciclaggio – dice un alto dirigente bancario qui da 25 anni – siamo totalmente compliant, e responsabili penalmente delle miscondotte. Confidiamo che anche altri storici anelli “deboli” della catena del contante siano stati messi così bene in sicurezza».

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