Categoria: In primo piano
Decreto Delegato Gennaio 2024 nr 3 – Aggiornamento del costo della ricerca EPO sui brevetti per il triennio 2024-2026
10 Gennaio 2024
Art.1 (Aggiornamento costo della Ricerca EPO sui brevetti)
1. Sulla base dell’Accordo di Lavoro fra l’Organizzazione Europea dei Brevetti e la Repubblica di San Marino sulla cooperazione in materia di Ricerca, per il triennio 2024 – 2026 il costo della ricerca EPO, di cui all’articolo 3 del Decreto Delegato 12 luglio 2021 n.126, è di euro 2.468,00 (duemilaquattrocentosessantotto/00).
Art.2 (Abrogazione)
1. E’ abrogata la voce “Tassa di ricerca sul brevetto effettuata dall’Ufficio Europeo dei Brevetti” di cui alla Tabella 1 allegata al Decreto Delegato 27 novembre 2017 n.132.
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Decreto Delegato 13 Dicembre 2023 nr 178 – Aggiornamento incentivi per l’efficientamento energetico degli edifici
10 Gennaio 2024
Il Decreto in oggetto aggiorna le disposizioni relative all’efficientamento energetico degli edifici (c.d. “ecobonus”) mediante incentivi di carattere economico e incentivi di carattere edilizio.
All’art. 1 viene introdotto il regime speciale di scambio sul posto per l’attivazione di un ulteriore impianto fotovoltaico al fine di adeguare la potenza di quelli già connessi alla rete pubblica, mentre all’art.4 vengono elencati i tipi d’interventi previsti per usufruire del benefici:
(…)a) fornitura e posa in opera dei materiali per l’esecuzione delle opere di efficientamento energetico dell’edificio esistente attraverso interventi di isolamento termico dell’involucro dell’edificio, anche attraverso la completa sostituzione di quest’ultimo, di abbattimento dei ponti termici;
b) sostituzione o adeguamento di serramenti e infissi, cassonetti isolati per avvolgimenti, controtelai ed isolanti;
c) adeguamento, ristrutturazione o sostituzione dell’impianto termico incluso l’impianto per la produzione di acqua calda sanitaria;
d) installazione di impianto solare termico per la produzione di acqua calda sanitaria per usi domestici o ad integrazione dell’impianto per la climatizzazione invernale esistente;
e) impianto fotovoltaico che non beneficia di altre forme di incentivazione; tale impianto rientra esclusivamente se si consegue il raggiungimento della classe A o A+” (…)
All’art. 5 vengono descritti i vari step operativi e le varie autorizzazioni necessarie per l’ottenimento dell’Ecobonus.
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La sede di direzione è rilevante per le società
10 Gennaio 2024
Il Sole 24 Ore 27 dicembre 2023 di Eugenio Della Valle
PERSONE GIURIDICHE LE VARIABILI IN CAMPO
Le coordinate della revisione la residenza fiscale delle società e degli enti non societari – così come previsto dall’articolo 3, comma 1, lettera c) della delega fiscale (legge 111/2023) – sono la best practice internazionale, i trattati contro la doppia imposizione sottoscritti dall’Italia e il coordinamento con la stabile organizzazione.
L’articolo 2 del decreto delegato relativo alla fiscalità internazionale – approvato in via definitiva dal Cdm del 19 dicembre – si muove all’interno di tali coordinate intervenendo sui criteri di determinazione della residenza fiscale di società ed enti non societari sia sul versante Ires che su quello Irpef (società di persone residenti e soggetti assimilati), rendendo coerente l’intervento con la disciplina dell’esterovestizione (articolo 73, comma 5-bis, del Tuir).
La revisione si articola confermando, da un lato, il criterio formale della sede legale e sostituendo, dall’altro, i criteri sostanziali della sede dell’amministrazione e dell’oggetto principale (il primo abbandonato anche ai fini della presunzione del comma 5-bis dell’articolo 73 del Tuir) con quelli della «sede di direzione effettiva» (place of effective management, meglio noto con l’acronimo Poem) e della «gestione ordinaria in via principale». La prima definita come la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso e la seconda come il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti, ancora, la società o l’ente nel suo complesso (il tutto fermo restando il profilo temporale).
La relazione illustrativa spiega le ragioni dell’intervento obliterativo dei criteri sostanziali della sede dell’amministrazione e dell’oggetto principale in funzione delle criticità interpretative che entrambi presentano (anche nei rapporti con la disciplina convenzionale per lungo tempo affidati a un’osservazione dell’Italia contenuta nel commentario all’articolo 4 del modello di trattato tipo Ocse). In particolare, nella relazione si legge che l’inserimento del criterio della «gestione ordinaria in via principale» tiene conto dell’orientamento di altri Paesi europei che lo impiegano se c’è «un effettivo radicamento della persona giuridica sul territorio, ma sorgono incertezze interpretative in merito al luogo di direzione effettiva», laddove, invece, l’impiego dell’espressione «in via principale» si giustifica come spartiacque rispetto alla figura della stabile organizzazione (e, invero, la gestione corrente di un ramo d’impresa configura una stabile organizzazione sub specie di sede di direzione o «place of management»). Ciò dovrebbe consentire di superare un orientamento della Cassazione penale che tende a sovrapporre i concetti di stabile organizzazione e residenza fiscale nell’esterovestizione.
In realtà, ove si abbia riguardo alla più recente giurisprudenza domestica di legittimità i “vecchi” criteri sostanziali della sede dell’amministrazione e dell’oggetto principale già erano letti conformemente ai nuovi (si veda la sentenza 1753/2023 della Cassazione).
Il concetto del Poem adottato dal decreto delegato non trova, però, corrispondenza a livello di orientamenti Ocse posto che la soluzione dei conflitti di residenza fiscale secondo il trend internazionale più recente, cui l’Italia si è uniformata in alcuni trattati (si veda, ad esempio, l’articolo 4 del trattato con il Canada del 2002 e con il Cile del 2015) è affidata a una Map, sebbene considerando a tal fine, insieme ad altri fattori, anche il Poem (il nostro Paese non ha optato per l’introduzione automatica di tale soluzione nei trattati esistenti, giusta la riserva apposta all’articolo 4 della Convenzione multilaterale).
Opportuno, infine, benché forse in sé insufficiente, il chiarimento della relazione illustrativa per cui, ai fini della direzione effettiva «non rilevano le decisioni diverse da quelle aventi contenuto di gestione assunte dai soci né le attività di supervisione e l’eventuale attività di monitoraggio della gestione da parte degli stessi». L’intenzione è di escludere la rilevanza ai fini dell’attività di direzione e coordinamento degli articoli 2497 e successivi del Codice civile, approdo al quale è pervenuta la giurisprudenza della Cassazione (sentenza 43809/2015): intenzione che, tuttavia, non è perfettamente coerente con l’ampiezza della formula definitoria della sede di direzione effettiva (la «continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso»). E ciò perché nei gruppi multinazionali la società di vertice, o altra a ciò deputata, svolge compiti di regia verso le controllate. La nuova nozione di sede di direzione effettiva per alcuni (Contrino) non elimina così il rischio di un corto circuito tra normativa civilistica e fiscale e il collocamento presso la capogruppo italiana della residenza fiscale delle società estere che vi fanno capo.
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Branch di società estera obbligata a comunicare il titolare effettivo
10 Gennaio 2024
Il Sole 24 Ore 6 dicembre 2023 di Alessandro Germani
Ultimi chiarimenti in vista della scadenza dell’11 dicembre
In previsione della scadenza di lunedì 11 dicembre per comunicare al registro imprese il titolare effettivo di società ed enti, Assonime con il documento Note e studi n. 8/2023 ripercorre in forma di Q&A una serie di casistiche anche alla luce delle recenti Faq di Mef, Bankitalia e Uif. Il documento segue il caso 1/2023 già emanato dall’Associazione. I criteri per individuare il titolare effettivo nelle società di capitali restano, come chiarito anche dalle Faq, nell’ordine gerarchico:
• la proprietà diretta o indiretta;
• il controllo;
• la titolarità di poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione .
Nel caso di tre soci al 33, 33 e 34% saranno tutti e tre da indicare come titolari effettivi. Invece nel caso di partecipazioni pari o inferiori al 25% non si rientra nella casistica della titolarità attraverso la proprietà (quattro soci persone fisiche ciascuno al 25%). In caso di azioni con diritto di voto non proporzionale, si dovrebbero considerare titolari effettivi i soci con più del 25% di capitale sociale nonché quelli con diritti di voto superiori al 25% dei diritti di voto totali.
Nel caso di proprietà indiretta l’individuazione del titolare effettivo deve avvenire partendo dall’identificazione delle società titolari di una partecipazione superiore al 25% nel capitale della società cliente e qualificando come titolari effettivi tutte le persone fisiche che le controllano. Se Alfa è partecipagta al 30% da Beta e al 70% da Gamma, si dovranno individuare le persone fisiche che hanno il controllo di Beta e di Gamma.
Quando si utilizza il criterio residuale va considerato se indicare tutte le persone fisiche componenti gli organi di rappresentanza e direttivi oppure no. Anche in base alle Faq, occorrerà riferirsi a chi in concreto abbia il potere di gestione e di vincolare la società. Per cui si potrà trattare dell’amministratore delegato con deleghe generali operative o, in assenza di deleghe, chi abbia la rappresentanza legale (di solito il presidente del Cda) o le figure dirigenziali apicali con potere decisionale.
In presenza di gruppi societari bisognerà riferirsi ai titolari del potere di gestione della società cliente. Qualche criticità si potrà avere nelle multinazionali in cui la succursale italiana sia priva del potere decisorio in quanto lo stesso è affidato ad una figura dirigenziale ma esterna alla succursale.
La società italiana controllata da una società estera è tenuta comunque a comunicare il proprio titolare effettivo. Questo di fatto dovrebbe valere anche nel caso di società estera con sede secondaria in Italia. Ciò in linea con la Camera di commercio di Milano e il Consiglio nazionale del Notariato. Sarebbero escluse solo le società estere con mere unità locali iscritte al Rea. Al momento, in assenza del sistema di interconnessione dei registri europei dei titolari effettivi (Boris), l’obbligo permane anche per la società appartenente all’Ue con sede secondaria in Italia che nel suo paese è tenuta a comunicare il titolare effettivo.
Gli amministratori di società di capitali con una partecipazione superiore al 25% del capitale detenuta da fiduciaria dovranno acquisire le informazioni dalla stessa. Per le fondazioni, in caso non vi siano fondatori in vita o non si individuino i beneficiari e si vada quindi sui titolari di poteri di rappresentanza legale, direzione e amministrazione dell’ente, resta il dubbio se valga il criterio residuale oppure se debbano essere presi cumulativamente sia il presidente della fondazione sia tutti i singoli componenti del Cda.
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Prestazioni di servizi, l’obbligo di fatturazione scatta con il pagamento
10 Gennaio 2024
Il Sole 24 Ore 7 dicembre 2023 di Giorgio Confente Nicola Galleani d’Agliano e Filippo Jacobacci
Prestazioni di servizi, l’obbligo di fatturazione scatta con il pagamento
Dall’Aidc di Milano i chiarimenti sull’articolo 6 del decreto Iva
L’obbligo di fatturazione non sussiste sino a che il servizio non è stato pagato. È questo il principale chiarimento contenuto nella norma di comportamento n. 223 dell’Associazione italiana dottodi Commercialisti di Milano.
Si tratta di un approdo non scontato, alla luce di recenti sentenze della Cassazione che, pur richiamando i principi delle sezioni unite (Cassazione, sezioni unite, decisione 8059/2016), giungono a conseguenze non sempre coerenti o, comunque, univoche e chiare (Cassazione 26650/2020, 9064/2021 e 37274/2022).
Il dubbio interpretativo sorge dall’infelice formulazione del comma 3 dell’articolo 6 del decreto Iva, il quale dispone che le prestazioni di servizi «si considerano effettuate» all’atto del pagamento del corrispettivo.
Ciò premesso, occorre osservare che, nell’ambito dei servizi, sono distinguibili due momenti.
Il primo è quello in cui si realizza il presupposto per l’applicazione dell’Iva, ovvero il fatto generatore. Si tratta del momento in cui il servizio viene materialmente eseguito.
Il secondo è quello in cui l’operazione si considera effettuata ex articolo 6 del decreto Iva, coincidente con l’incasso.
È questo secondo momento che genera il diritto dell’Erario a esigere l’imposta, che viene poi riscossa con un processo che si avvia con l’emissione della fattura.
La sola esecuzione materiale del servizio determina l’esigibilità dell’imposta solo nei casi specificamente previsti (prestazioni di cui all’articolo 7-ter del decreto Iva svolte a favore, ovvero da un soggetto non residente).
Anziché l’incasso, è poi rilevante il momento di maturazione dei corrispettivi, ma solo in taluni altri casi (prestazioni gratuite in autoconsumo, periodiche e non).
Al di fuori di tali deroghe legali, nella generalità dei casi, rimane rilevante, invece, il solo incasso.
A fondare la massima, una motivazione che esamina in profondità la lettera della norma, descrive il rapporto tra la normativa italiana e quella euro-unionale, ricostruisce i principali passaggi storici e giunge a proporre esempi tratti dal Dpr 633/1972, che, anche in via indiretta, rendono palese il pensiero del legislatore.
Punto nodale è l’articolo 6 del decreto Iva, che, sin dal titolo, al fine di individuare il momento di esigibilità, utilizza la locuzione «effettuazione delle operazioni», che, presa in sé, richiama il concetto di fatto generatore, ovvero quello di esecuzione «materiale» delle operazioni.
Tale travisamento, peraltro, avviene solo in quanto si tratta di una locuzione avente natura polisemica, il cui significato autentico deve essere tratto solo in stretta dipendenza dello stesso articolo 6, il quale fissa i criteri per l’esigibilità dell’imposta. L’auspicio è che il legislatore adotti scelte lessicali più nette.
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Fattura elettronica, nuova versione del tracciato operativa da febbraio
10 Gennaio 2024
Il Sole 24 Ore 15 dicembre 2023 di Alessandro Mastromatteo Benedetto Santacroce
Previsto un controllo ad hoc per lo scarto se è invalida la dichiarazione di intento
L’utilizzo del TD28 non sarà più limitato alle operazioni con San Marino
Scarto delle fatture elettroniche in presenza di dichiarazione d’intento invalidata e possibilità di utilizzare il tipo documento TD28 non solo per le operazioni con San Marino ma anche per comunicare i dati delle operazioni passive con l’estero nel caso di errata applicazione del reverse charge, con imposta addebitata dal fornitore non stabilito anche se identificato in Italia.
Dal 1° febbraio 2024 sarà operativa e applicabile la versione 1.8 delle specifiche tecniche sui tracciati xml delle e-fatture tra privati, rilasciata dall’agenzia delle Entrate il 12 dicembre scorso. Sempre relativamente ai fornitori esteri, nei dati anagrafici del cedente/prestatore è stata inoltre integrata la descrizione dell’identificativo del Paese.
Un’altra novità riguarda infine gli imprenditori agricoli in regime speciale che, valorizzando in maniera facoltativa il blocco informativo «altri dati gestionali», potranno ottenere una gestione automatica delle liquidazioni Iva.
Dichiarazioni di intento
È stato introdotto un apposito controllo, con codice errore 477, che determina il rifiuto della fattura elettronica emessa se viene riscontrata l’invalidità della dichiarazione di intento indicata nel campo «altri dati gestionali» dal fornitore.
Per contrastare le frodi Iva realizzate con utilizzo di falso plafond, già dal 1° gennaio 2022 vengono effettuate analisi di rischio, cui seguono attività di controllo sostanziale, per inibire il rilascio di lettere d’intento illegittime emesse da falsi esportatori abituali, invalidando inoltre quelle già utilizzate.
Una volta riscontrata l’irregolarità, le dichiarazioni emesse sono invalidate con comunicazione trasmessa sia al cliente esportatore abituale sia al fornitore destinatario della dichiarazione d’intento: come conseguenza, il fornitore deve emettere da quel momento in poi le proprie fatture con imposta e prevedere meccanismi di correzione di quelle emesse in precedenza con un titolo di non imponibilità.
Con l’introduzione di un controllo preventivo – al momento della ricezione della fattura da parte dello Sdi – relativo alla validità della dichiarazione di intento, saranno esclusi i casi in cui occorrerà procedere alla successiva correzione di fatture non imponibili Iva.
Reverse charge
Altra novità è quella che legittimerà l’utilizzo del tipo documento TD28 per comunicare i dati dell’operazione realizzata con l’estero ma non correttamente assoggettata al regime del reverse charge.
L’ipotesi è quella disciplinata dall’articolo 6, comma 9-bis.1, del Dlgs 471/1997 quando il cessionario/committente residente, anziché assolvere l’imposta con il regime dell’inversione contabile, abbia ricevuto una fattura cartacea con addebito dell’imposta in rivalsa dal fornitore non stabilito, ancorché identificato in Italia. In questo caso, e in mancanza di frode, è prevista l’irrogazione di una sanzione formale da 250 a 2mila euro.
Ai fini dell’esterometro e cioè della comunicazione del dato dell’operazione passiva estera, si potrà procedere a utilizzare il tipo documento TD28 secondo, peraltro, quanto era già stato anticipato dall’agenzia delle Entrate a inizio 2023, rispondendo ai quesiti sottoposti negli incontri con la stampa specializzata a commento della legge di Bilancio.
Imprenditori agricoli
Un produttore agricolo in regime speciale (come previsto dall’articolo 34 del decreto 633/1972), può valorizzare l’elemento TipoDato in maniera facoltativa utile per la gestione automatica della liquidazione Iva, utilizzando «ALI-COMP» se si cedono prodotti agricoli e ittici con aliquote compensate; «NO-COMP» per i prodotti non compresi nella parte prima della Tabella A e «OCC34BIS» nel caso di operazioni occasionali che rientrano nel regime contemplato dall’articolo 34-bis.
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San Marino, tre banche per Gacs da 612 milioni
10 Gennaio 2024
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Decreto Delegato 3 gennaio 2024 nr 1 – Disciplina dei marchi “Made in San Marino” e “100% Made in San Marino”
10 Gennaio 2024
E’ stato riemesso il Decreto del Made in San Marino già anticipato nella News di Novembre in quanto le lungaggini in Consiglio hanno impedito la ratifica del precedente DL 139/2023 nei tempi previsti per legge.
Ricordiamo che il “100% Made in San Marino” è per i beni prodotti esclusivamente in Repubblica e il semplice “Made in San Marino” per quelli che, pur realizzati in parte altrove, abbiano subito in territorio sammarinese l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale. Per ottenere il marchio occorre presentare domanda all’Ufficio Attività economiche e versare una tassa di 100 euro annuali. Oltre al “made in san marino” il decreto istituisce il registro delle botteghe e dei mercati storici.
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Scatta la raccolta di dati sui redditi online
15 Dicembre 2023
Il Sole 24 Ore 22 novembre 2023 di Giuseppe Latour
Un provvedimento rende operativa la Dac7: stretta su e-commerce e affitti brevi
Identificativo del venditore, giro d’affari maturato online, eventuali imposte trattenute e, in caso di locazione, dati dell’immobile affittato e numero di giorni di affitto. Sono solo alcune delle informazioni che i gestori di piattaforme digitali devono comunicare all’agenzia delle Entrate, secondo la direttiva europea Dac7 (2021/514 del Consiglio del 22 marzo 2021) e il decreto di recepimento italiano (Dlgs n. 32/2023).
Ieri un provvedimento firmato dal direttore dell’agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini (Prot. n. 406671/2023) ha reso pienamente operative queste regole. Attraverso lo scambio automatico di informazioni sul reddito degli utenti che vendono prodotti o forniscono servizi con le piattaforme digitali, l’obiettivo è contrastare l’evasione fiscale a livello europeo.
Alla base di questo intervento c’è la difficoltà che, in tutti i paesi europei, le amministrazioni finanziarie incontrano nel ricostruire i ricavi realizzati attraverso le piattaforme web. Avendo spesso piattaforme collocate fuori dai confini nei quali operano, è sempre complicato ricostruire i volumi di affari ed effettuare eventuali contestazioni. Da qui nasce l’esigenza di avere a disposizione comunicazioni standardizzate a livello europeo.
Entro il 31 gennaio del 2024, allora, i gestori di piattaforme digitali residenti in Italia (e in alcuni casi anche i gestori stranieri “non-Ue”), dovranno comunicare all’agenzia delle Entrate i dati sulle vendite di beni e sulle prestazioni di servizi realizzate dagli utenti attraverso i loro siti e app. Entro il 29 febbraio, il Fisco italiano condividerà queste informazioni con le autorità degli altri paesi Ue, in base allo Stato di residenza del venditore, ricevendo a sua volta quelle relative ai venditori (persone fisiche o giuridiche) residenti in Italia.
Nello specifico, dovranno comunicare i dati i gestori di piattaforme residenti ai fini fiscali o costituiti o gestiti in Italia o dotati di una stabile organizzazione nel nostro Paese. I gestori esonerati dovranno inviare una «Comunicazione di assenza di dati da comunicare». Il provvedimento detta le regole anche per i Foreign Platform Operator (Fpo), ovvero i gestori stranieri non qualificati non-Ue, tenuti a comunicare i dati alle Entrate: è il caso, ad esempio, degli operatori che intermediano la locazione di immobili situati in Italia.
Le nuove regole andranno a colpire i marketplace che intermediano l’e-commerce (ad esempio, di vestiti), ma anche i portali per gli affitti brevi, oltre alle piattaforme di noleggio di qualsiasi mezzo di trasporto e, in generale, a tutto il mondo legato all’offerta di servizi alla persona. Restano, comunque, fuori alcuni soggetti. Ad esempio, sono esclusi i dati relativi ai grandi fornitori di alloggi nel settore alberghiero, per i quali l’amministrazione finanziaria dispone di altri flussi di dati. E, allo stesso modo, sono esclusi i piccoli inserzionisti, cioè i venditori per i quali il gestore di piattaforma abbia intermediato meno di 30 attività e l’importo totale del corrispettivo versato o accreditato non sia superiore a 2mila euro nel corso dell’anno. In qualche modo, per la Dac7, i soggetti troppo grandi o troppo piccoli non sono considerati a rischio.
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Residenza fiscale delle società nella sede di direzione effettiva
15 Dicembre 2023
Il Sole 24 Ore 23 novembre 2023 di Alessandro Germani
Cambiano due criteri su tre: entra pure la gestione ordinaria in via principale
Non rilevano la supervisione e il monitoraggio della gestione da parte dei soci
La residenza delle società nel testo del decreto legislativo Internazionalizzazione che è stato depositato in Parlamento (e di cui oggi inizia l’esame in commissione Finanze alla Camera) per la sua discussione appare invariata rispetto alla bozza in precedenza circolata. Ciò che varia è la formulazione rispetto al testo attuale del Tuir, per tenere conto di una serie di implicazioni emerse nel tempo. Ma vediamolo in dettaglio.
Nell’ambito dell’articolo 73 del Tuir la residenza effettiva di una società individua attraverso determinati parametri il luogo in cui la società deve considerarsi residente (comma 3) mentre l’esterovestizione (comma 5-bis) introduce una presunzione, imperniata sul controllo da parte di soggetti residenti o sull’amministrazione da parte di consiglieri residenti, di residenza in Italia di soggetti non residenti.
Per ciò che concerne la residenza fiscale l’attuale versione del Tuir prevede tre criteri alternativi, cioè la sede legale, la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale. Anche la presenza di uno solo di questi implica la residenza nel territorio dello Stato. L’attuale testo del decreto Internazionalizzazione lascia questa struttura alternativa, ma modifica due elementi su tre. Resta infatti ferma la sede legale, e non può essere altrimenti visto che si tratta di un dato essenziale, anche se di natura formale, ma si modificano gli altri due visto che fanno il loro ingresso la sede di direzione effettiva e la gestione ordinaria in via principale.
La modifica normativa mira a chiarine anche il significato. Infatti, per sede di direzione effettiva si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Mentre per gestione ordinaria si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Sembrano dei criteri decisamente più chiari per stabilire se una società si debba considerare residente in Italia, rispetto alla sede dell’amministrazione e all’oggetto principale. In particolare, come chiarito dalla stessa relazione illustrativa, essi hanno natura sostanziale. Inoltre, il fatto che siano posti l’uno dopo l’altro serve a superare il concetto della sede dell’amministrazione. La relazione chiarisce infatti che le attività di supervisione e di monitoraggio della gestione da parte dei soci devono considerarsi diverse dalla direzione effettiva e dalla gestione amministrativa corrente. Quindi sicuramente la sede di direzione effettiva viene mutuata dall’esperienza delle Convenzioni internazionali (place of effective management), ma va visto come qualcosa di differente rispetto all’elemento volitivo dei soci. Mentre la gestione ordinaria in via principale, elemento utilizzato da altri paesi europei, indica quegli atti attinenti al normale funzionamento della società nel suo complesso. L’inciso «in via principale» serve nel caso in cui solo una parte delle attività siano svolte nel territorio dello Stato e quindi vi può essere, nel caso, solo una stabile organizzazione.
Per gli organismi di investimento collettivo del risparmio resta la regola per cui si considerano residenti se istituiti in Italia. Anche per i trust il collegamento con lo Stato italiano resta invariato, nel senso che il trust estero sarà residente in Italia se almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. E lo stesso vale per quei trust per i quali un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi. Ciò che cambia è la modalità di individuazione di questi trust esteri, perché il riferimento alla white list dell’articolo 168-bis del Tuir, articolo abrogato ormai dal 2015, viene sostituito dal riferimento alla lista dei paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni, in base al Dm introdotto dall’articolo 11, comma 4, lettera c), del Dlgs 239/1996.
In base alle modifiche del comma 3 appare poi più netta e chiara anche la norma dell’esterovestizione (comma 5-bis) che per individuare la presunzione di residenza per i non residenti che controllano società italiane e sono controllati o amministrati da soggetti italiani non fa più riferimento alla nozione di sede dell’amministrazione, ormai superato.