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DDT, quale causale va usata per beni destinati a cantieri
9 Maggio 2024
Il Sole 24 Ore 22 Aprile 2024 di Simona Ficola
Un’azienda costruttrice stipula contratti per la realizzazione di piscine.
Attualmente, quando si inizia un lavoro, vengono emessi documenti di trasporto (Ddt) intestati al cliente ogniqualvolta è necessario portare materiale nel cantiere del committente. Tali Ddt hanno causale di trasporto “vendita”, e a essi segue regolare fatturazione differita secondo le modalità di legge, elencando tutti i Ddt.Si chiede se è possibile emettere Ddt con causale “materiale in conto cantiere”, anziché “vendita”, e indicando il contratto, senza, quindi, l’obbligo di emettere fattura differita, e anche per evitare di fatturare importi il cui incasso non segue le modalità previste nel contratto. In altre parole, si domanda se sia corretta la procedura di fatturazione differita al momento dell’incasso reale, riportando nel corpo della fattura l’elenco dei Ddt, con numero e data, emessi con la causale sopra indicata.
Il Ddt è idoneo a superare le presunzioni di cui al Dpr 441/1997 in caso di consegna dei beni a titolo non traslativo della proprietà (lavorazione, deposito, comodato, in dipendenza di contratti estimatori o d’opera, di appalto, trasporto, mandato o commissione eccetera), purché sia riportata sul documento la causale non traslativa del trasporto e purché il documento sia conservato a norma dell’articolo 39 del Dpr 633/1972.
Qualora i beni trasportati al cantiere restino di proprietà della società, e gli effetti del contratto si producano solo a seguito dei diversi stato avanzamento lavori (Sal), si ritiene corretta la soluzione prospettata dal lettore. Al contrario, se i beni trasferiti al cantiere sono ceduti al cliente, sarà necessario procedere alla fatturazione, anche differita.
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Sindaci, responsabilità parametrata ai compensi
9 Maggio 2024
Il Sole 24 Ore 10 aprile 2024 di Federica Micardi
Buone notizie per i collegi sindacali. Ieri la Commissione giustizia alla Camera ha approvato la proposta di legge che ne limita la responsabilità. Ora il testo passa all’aula di Montecitorio.
La proposta di legge (C 1276) a prima firma della deputata di FdI Marta Schifone punta a modificare l’articolo 2407 del Codice civile, introducendo un limite alla responsabilità parametrato al compenso.
Il tema della responsabilità civile dei sindaci, solidale senza limiti con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, costituisce un punto critico della governance delle società di capitali. I sindaci hanno un compito di controllo ma non possono intervenire sulla gestione, che è di competenza degli amministratori. A ciò va aggiunto che gli emolumenti degli amministratori sono di gran lunga superiori a quelli dei sindaci, eppure la legge prevede un vincolo di solidarietà senza limiti tra i due ruoli, vincolo che in questi anni ha penalizzato proprio i sindaci; l’obbligo di assicurazione previsto per i professionisti li ha di fatto resi un facile bersaglio per cercare di recuperare quanto possibile. Come ha scritto l’onorevole Schifone nel presentare la propria proposta «l’attività di sindaco è quella che le polizze definiscono a maggiore rischiosità, anche per la sproporzione presente tra l’atto commesso e la responsabilità imputata».
La norma approvata ieri in Commissione giustizia prevede che, al di fuori delle ipotesi in cui i sindaci hanno agito con dolo, anche nei casi in cui la revisione legale è esercitata dal collegio sindacale, i sindaci che violano i propri doveri sono responsabili per i danni cagionati alla società che ha conferito l’incarico, ai suoi soci, ai creditori e ai terzi nei limiti di un multiplo del compenso annuo percepito, secondo i seguenti scaglioni: per i compensi fino a 10mila euro 15 volte il compenso; per i compensi da 10mila a 50mila euro 12 volte il compenso; per i compensi maggiori di 50mila euro dieci volte il compenso. La limitazione al risarcimento, seppur con parametri differenti, non è una novità nel panorama europeo, è infatti prevista da diverse giurisdizioni come la Germania, la Grecia e il Regno Unito.
La proposta di legge interviene anche sui tempi di prescrizione e prevede che l’azione di responsabilità verso i sindaci si prescriva in cinque anni – invece degli attuali dieci – dal deposito della relazione relativa all’esercizio in cui si è verificato il danno; in questo modo viene allineata ai termini previsti per i revisori (ruolo spesso ricoperto proprio dai sindaci).
Secondo la capogruppo in Commissione giustizia di Fratelli d’Italia e relatrice del testo di legge Carolina Varchi con questa approvazione «si compie un primo, importante passo per rendere più equilibrata e più chiara la normativa, evitando penalizzazioni spropositate ed evidenti storture».
Soddisfatto il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti Elbano de Nuccio: «Con il via libera della Commissione giustizia della Camera sulla proposta di legge che punta a modificare l’articolo 2407 del Codice civile, in materia di responsabilità dei componenti del collegio sindacale, ci avviciniamo sempre più a un traguardo storico per la nostra professione e, direi, per l’intero sistema dei controlli societari del nostro Paese. Siamo fiduciosi che l’iter parlamentare della norma possa ora essere rapido». de Nuccio ricorda che la perimetrazione della responsabilità civile dei componenti dell’organo di controllo è un obiettivo per il quale il Consiglio nazionale si è sempre battuto sin dal suo insediamento «e ora – conclude de Nuccio – grazie all’intensa attività di interlocuzione portata avanti con le istituzioni in questi ultimi anni, sembra essere finalmente a portata di mano».
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La stabile svizzera non fa società esterovestita
9 Maggio 2024
Il Sole 24 Ore 9 aprile 2024 di Enrico Holzmiller
La stabile organizzazione è una sede secondaria estera di società residente; mentre la società esterovestita è una società “autonoma”, formalmente residente all’estero ma da considerarsi italiana ai fini fiscali. Se la distinzione concettuale è chiara, nella pratica è più fluida. La presunzione di residenza in Italia di entrambe le fattispecie pone infatti le basi su analoghi concetti, espressi dall’articolo 73 del Tuir (innovato con il Dlgs internazionalizzazione) con un occhio di riguardo anche alle disposizioni Ocse.
Sul fronte giurisprudenziale, una linea consolidata definisce la demarcazione tra le due fattispecie nell’esistenza o meno di un’effettiva attività, alla mancanza della quale viene attribuita natura abusiva e conseguentemente natura di esterovestizione. Vi sono delle (rare) eccezioni: le ordinanze di Cassazione 11709 e 11710 del 2022 hanno identificato un caso di esterovestizione in assenza di fenomeni abusivi. Sul punto è tornata la Cgt di secondo grado della Lombardia con la sentenza 2819/23 avente ad oggetto il caso di una società maltese, specializzata nella commercializzazione di prodotti energetici, con stabile organizzazione in Svizzera e rappresentanza fiscale ai fini Iva in Italia, alla quale l’Agenzia ha attribuito presuntivamente la natura di società esterovestita.
La posizione delle Entrate si è basata sull’inesistenza di un’attività reale in Svizzera (luogo in cui avrebbe dovuto avere sede la stabile della società maltese). Tale assunto, supportato dal fatto che il socio-amministratore della società maltese è risultato essere residente in Italia, ha portato l’Ufficio ad attribuire residenza fiscale della società maltese in Italia.
La società maltese, costituitasi in giudizio unitamente all’amministratore italiano, ha portato all’attenzione dei giudici varie prove atte a dimostrate l’effettivo insediamento della società in Svizzera, «come luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività sociale» (Cassazione 15424/21).
Le prove a supporto dell’esistenza della stabile in Svizzera sono state le seguenti: un contratto di locazione in una città Svizzera; presenza di personale; buste paga dalle quali si evince la corresponsione di salari per quattro dipendenti della succursale elvetica; estratti conto su istituti di credito Svizzeri, con accrediti degli importi pagati dai clienti; corrispondenza tra una società svizzera incaricata della tenuta della contabilità e i dipendenti della branch svizzera; corrispondenza commerciale intercorsa tra i clienti della società ed i dipendenti che vi operavano; prove dell’esistenza, in loco, di un direttore con poteri di firma (sarebbero, dalla lettura della sentenza, limitati all’ordinaria amministrazione). Sulla base di tali prove, la Cgt Lombardia arriva alla conclusione secondo cui sussiste una effettiva e concreta struttura in Svizzera, senza potersi giustificare quindi alcuna attrazione di residenza fiscale in Italia in qualità di società esterovestita, e ciò ancorché l’amministratore-socio sia risultato residente nel nostro Paese.
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Dividendi italiani sempre imponibili al 5% (non conta la Pex)
9 Maggio 2024
Il Sole 24 Ore lunedì 8 aprile 2024 di Marco Piazza e Stefano Vignoli
Per le società di capitali che applicano i principi contabili nazionali e che investono in azioni (e titoli simili) la fiscalità varia notevolmente a seconda dell’iscrizione della partecipazione nell’attivo circolante o tra le immobilizzazioni e in funzione dei requisiti Pex.
I dividendi
Procediamo con ordine, partendo da un punto fermo: la tassazione dei dividendi italiani non varia in base ai requisiti Pex e al bilancio, poiché questi importi sono in ogni caso parzialmente imponibili (la dividend exemption è del 95%, secondo l’articolo 89, comma 1, del Tuir), in base al principio di cassa, ai soli fini Ires e senza assoggettamento a ritenuta.
Più penalizzati i dividendi esteri, perché se provengono da Paesi a fiscalità privilegiata sono tassati integralmente; altrimenti – se sono assoggettati a ritenuta all’estero – il corrispondente credito di imposta (spettante nei limiti previsti da eventuali convenzioni internazionali) viene riconosciuto solo nella misura del 5%, pari alla percentuale di imponibilità del dividendo (articolo 165, comma 10, del Tuir).
Le plusvalenze
Per le partecipazioni in società di capitali italiane e in società ed enti non residenti che hanno i requisiti Pex (articolo 87), iscritte nelle immobilizzazioni finanziarie, è prevista l’imponibilità limitata al 5% della plusvalenza, mentre l’eventuale minusvalenza non è deducibile, neppure nella misura limitata del 5% (articolo 101, comma 1, del Tuir).
La parziale esenzione spetta se la società svolge un’attività commerciale effettiva e non è localizzata in un Paese a fiscalità privilegiata, ed è verificato l’ininterrotto possesso della partecipazione dal primo giorno del dodicesimo mese antecedente la vendita: la cessione prima di tale termine determina pertanto la piena rilevanza della plusvalenza come della minusvalenza.
Le partecipazioni iscritte nell’attivo circolante generano plusvalenze (ricavi per il Tuir) interamente imponibili e minusvalenze pienamente deducibili.
Limiti alla deducibilità delle minusvalenze sono previsti per le società che cedono – entro 36 mesi dall’acquisto – partecipazioni che hanno distribuito dividendi (Tuir, articolo 109, comma 3-bis e seguenti).
In merito alla valutazione a fine esercizio, le svalutazioni sono indeducibili, così come non imponibili sono le rivalutazioni o i ripristini di valore a prescindere dalla classificazione dei titoli nell’attivo o nelle immobilizzazioni e dei requisiti Pex.
Simile anche il trattamento contabile per il 2023: la deroga alla necessità di svalutare i titoli nell’attivo circolante in base all’andamento dei mercati finanziari, riproposta dal Dm 14 settembre 2023, limita sostanzialmente le svalutazioni in bilancio ai casi di perdite durature di valore, come per le immobilizzazioni finanziarie.
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Decreto Delegato 21 marzo 20247 nr 65 – Regime fiscale semplificato per attività commerciale di impresa estera
16 Aprile 2024
Al fine di promuover l’attività imprenditoriale commerciale di operatori economici esteri nella Repubblica di San Marino e facilitarne l’insediamento il Decreto Delegato 65 prevede un regime fiscale semplificato della durata di 24 mesi dedicato alle imprese estere attive nel settore del commercio al dettaglio. All’art.2 vengono fissati i requisiti d’accesso mentre all’art.3 viene definito l’ammontare dell’imposta sostitutiva (pari al 12%) da calcolarsi sulle vendite effettuate e da liquidarsi trimestralmente. Si invitano tutti gli interessati ad una lettura completa del testo completo qui di seguito allegato.
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Decreto Delegato 21 marzo 2024 nr 64 – Disposizioni in materia di sandbox normative
16 Aprile 2024
Il Decreto Delegato in oggetto si riferisce alla possibilità di emanare da parte del Congresso di Stato Decreti Delegati e Regolamenti straordinari per attuare progetti pilota finalizzati allo sviluppo innovativo del comparto economico. L’autorizzazione concessa dal Congresso di Stato ha una durata massima di 24 mesi e deve riguardare progetti pilota (art. 6) su tecnologia, prodotti servizi o processi innovativi di interesse o sperimentazioni nel rispetto della normativa applicabile. I soggetti promotori (art. 5) potranno contare dunque su una regolamentazione ad hoc e un quadro normativo dedicato al pari di quanto già accade in altre legislazioni internazionali.
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Decreto Delegato 28 marzo 2024 nr 76 – Riorganizzazione della gestione separata, interventi di coordinamento in materia previdenziale, revisione delle norme in materia di attività lavorativa per percettori di pensione e solidarietà familiare
16 Aprile 2024
Si allega il testo completo dell’ultimo Decreto in tema di Gestione Separata, Pensioni, lavoro dei pensionati e solidarietà familiare.
Data la complessità della normativa e i diversi interventi a sua modifica, s’invita la gentile clientela a contattare lo Studio in caso si necessitino chiarimenti.
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Donazioni indirette non tassate a meno di un accertamento
16 Aprile 2024
Il Sole 24 Ore 22 marzo 2024 di Angelo Busani
Le donazioni non formalizzate in un atto notarile sono sempre state ammantate da un senso di notevole incertezza sul loro trattamento fiscale: per tutti gli anni ’90 del secolo scorso se ne è intensamente parlato senza che la legge le menzionasse (al fine di capire se effettivamente fossero fattispecie imponibili), poi, appena il legislatore le prese in considerazione all’inizio del nuovo secolo, l’imposta di donazione venne radicalmente abolita.
Reintrodotta, dopo alcuni anni, la tassazione delle donazioni mediante la stranissima tecnica di risuscitare la normativa abrogata nel testo stesso che essa aveva alla data di abrogazione, le discussioni di addetti ai lavori e studiosi si sono appuntate sull’analisi della compatibilità delle norme risuscitate con il nuovo disegno dell’imposta di donazione nel frattempo elaborato dal legislatore: vale a dire, non più, come nel diritto previgente, mediante consistenti aliquote d’imposta su scaglioni progressivi di valore imponibile, ma mediante moderate aliquote proporzionali applicabili al valore eccedente le franchigie di esenzione. Nell’ambito di queste discussioni, non poca consistenza ebbero le opinioni secondo le quali dovevano addirittura considerarsi abrogate implicitamente, appunto per ritenuta incompatibilità sistematica.
Si giunge così alla voluntary disclosure e all’emersione di un assai consistente fenomeno di donazioni informali confessate al fisco italiano per purgare il denaro che ne era stato oggetto: non è un caso che la sentenza di Cassazione 7442/2024 – commentata sul Sole 24 Ore di ieri – si riferisca proprio a un episodio di donazione indiretta effettuata mediante un bonifico bancario “Svizzera su Svizzera”, confessata da un contribuente al fisco italiano nell’ambito di una procedura di collaborazione volontaria in base alla legge 186/2014.
Nella sua sentenza 7442, la Cassazione ora ci dice dunque che:
le norme in tema di donazione indiretta contenute nel Testo unico 346/1990 non sono implicitamente abrogate, ma sono pienamente vigenti;
le donazioni indirette non possono che essere tassate nelle ipotesi specificamente previste dalla legge, vale a dire: il caso della loro volontaria registrazione da parte del contribuente oppure il caso la loro “confessione” (se di valore imponibile superiore a un milione) nell’ambito di un procedimento di accertamento tributario (si pensi al contribuente che sia chiamato a giustificare un tenore di vita non confacente con il suo reddito);
non sussiste l’obbligo di registrazione di una donazione indiretta se essa non risulta da un atto soggetto alla registrazione.
Tradotto in parole semplici, questo insieme di principi sta innanzitutto a dire che non è di per sé tassabile il “semplice” bonifico genitore/figlio, a meno che non lo si “confessi” in un procedimento di accertamento tributario.
In secondo luogo, dalla sentenza 7442 emerge che non dovrebbero aversi timori di tassazione in tutti quei casi in cui, da atti sottoposti a regisazione, risultino pattuizioni che potrebbero anche essere convenute a titolo di donazione, ma che non siano espressamente qualificate come tali.
Si pensi alla dichiarazione di nomina per la stipula di un contratto definitivo derivante da un contratto per persona da nominare, a un contratto a favore di terzo (Tizio vende a Caio che acquista a favore di Sempronio), a una delegazione di pagamento (Caio paga Sempronio un prezzo dovuto da Tizio su incarico di quest’ultimo), a un accollo di debito (Tizio si obbliga a pagare il debito che Caio ha verso la banca Alfa), e così via: sono tutte ipotesi che potrebbero bensì essere effettuate a causa di donazione, ma che potrebbero altrettanto essere supportate da ragioni diverse da quelle di effettuare un’attribuzione per spirito di liberalità.
Per questo, se la causa di donazione non sia palesata, manca il presupposto per l’assoggettamento di questi atti a imposta di donazione.
Senza dimenticare la rilevanza di questo ragionamento in campo societario: ad esempio la fusione di Alfa (valore 100), avente Caio come socio unico, con Beta (valore 500), avente Sempronio come socio unico, formando Delta, di valore 600 con Caio e Sempronio soci al 50 per cento.
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Dividendi all’estero: la casa madre è beneficiario
16 Aprile 2024
Il Sole 24 Ore 25 marzo 2024 di Massimo Bellini e Enrico Ceriana
Se il percettore dei dividendi è la casa madre, non è necessario accertarne la posizione di beneficiario. Il principio è stato affermato dalla Cassazione nella sentenza del 1° dicembre 2023 n. 33606.
Il caso esaminato dalla Cassazione riguardava il pagamento di dividendi da parte di una controllata italiana alla controllante giapponese su cui era stata applicata la ritenuta prevista dalla convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Giappone. Nel giudizio l’agenzia delle Entrate aveva lamentato, tra gli altri aspetti, che i giudici di secondo grado non avessero esaminato se il percipiente giapponese fosse il beneficiario effettivo.La qualifica di beneficiario effettivo in capo al percipiente estero è un elemento sul quale l’amministrazione finanziaria solleva le maggiori criticità soprattutto quando l’azionista estero è una società holding
o subholding .
Sulla questione sono intervenuti più volte i giudici di legittimità, sottolineando che l’unico elemento rilevante per il concetto di beneficiario effettivo è «costituito dalla padronanza ed autonomia della società-madre percipiente sia nell’adozione delle decisioni di governo ed indirizzo delle partecipazioni detenute, sia nel trattenimento ed impiego dei dividendi percepiti (in alternativa alla loro traslazione alla capogruppo sita in un Paese terzo)» (Cassazione n. 27112, 27113, 27115 e 27116 del 2016) senza che il contribuente sia tenuto ad alcun trasferimento dello stesso a terzi (Cassazione 14756/2020). Peraltro, sempre secondo la Cassazione, la circostanza che il percettore dei dividendi sia una società subholding non determina di per sé il venir meno della qualifica di beneficiario effettivo se non esistono in capo al percettore obbligazioni di fatto o di diritto di ritrasferire i dividendi (che è poi il concetto di padronanza già evidenziato).
Sul punto sia il Commentario Ocse che la giurisprudenza di legittimità concordano nel sottolineare che l’obbligo di “ritrasferimento” riguarda direttamente i dividendi ricevuti, con la conseguente irrilevanza di obbligazioni legali o contrattuali ad essi non correlate (Cassazione 21140/2023).
Nel caso in esame il percettore del dividendo era l’azionista ultimo, ovvero la casa madre del gruppo, e quindi la Cassazione chiarisce che la qualifica di beneficiario effettivo «non rileva nella presente controversia riguardando diverse fattispecie …. allorquando la società percipiente i dividendi sia una subholding, una conduit (società veicolo) o comunque una partecipata e/o una compagine intermedia».
In sostanza i giudici di legittimità sottolineano che se il percettore è la casa madre del gruppo si può dare per integrata automaticamente la sua posizione di beneficiario effettivo non essendo possibile un ulteriore ritrasferimento dei dividendi all’interno del gruppo; ciò che invece rileva è che il percettore sia fiscalmente residente in Giappone e che i dividendi siano potenzialmente soggetti a tassazione indipendentemente dall’effettivo pagamento dell’imposta (principio ormai consolidato, si vedano le sentenze n. 26377/2018 o 10706/2019).
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Austria, meno imposte e misure per le start up: investimenti triplicati
16 Aprile 2024
Il Sole 24 Ore 7 marzo 2024 di R.Es.
Quasi 1,4 miliardi dalle aziende straniere assistite dall’agenzia governativa
Record di investimenti esteri in Austria, grazie a un business climate favorevole che fa del fisco uno dei punti di attrattività. Secondo i dati di Austrian Business Agency (ABA), l’ente governativo che ha il compito di promuovere su scala internazionale gli investimenti esteri e il lavoro qualificato, le aziende che si avvalgono della sua assistenza nel 2023 hanno triplicato gli investimenti nel Paese, saliti a quasi 1,4 miliardi di euro dai circa 490 del 2022.
A pesare favorevolmente, oltre agli investimenti in ricerca e sviluppo e all’attenzione alla formazione e al reclutamento di manodopera qualificata, è naturalmente il fisco, a cominciare dalla riduzione della corporate tax, già approvata nel 2022, che da allora ha ridotto l’imposta societaria di un punto percentuale ogni anno, arrivando al 23% nel 2024.
A incidere potrà essere anche il pacchetto di leggi recentemente approvato dal Consiglio Nazionale, che mira soprattutto a soddisfare le esigenze specifiche delle startup. Fra tutte, la più innovativa è l’introduzione di una nuova company form, chiamata FlexCo. È una forma giuridica per la costituzione di un’azienda, che permette un modello ibrido: si rifà in parte alle norme delle società a responsabilità limitata, in parte a quelle delle spa. La FlexCo offre tra l’altro alle aziende la possibilità di incentivare i dipendenti attraverso quote di partecipazione fino a un terzo del capitale sociale.
«I risultati di ABA dimostrano quanto sia importante perseguire una politica di localizzazione attiva, promuovere la business location a livello internazionale, ma anche offrire alle aziende i servizi di cui hanno bisogno – sottolinea il ministro dell’Economia e del Lavoro Martin Kocher -. L’Austria è una scelta attraente per le aziende internazionali, soprattutto per la Ricerca & Sviluppo, nonché per le startup e le scaleup innovative».
Nel 2023 il dipartimento Invest in Austria di ABA ha supportato 325 aziende internazionali; 23 sono italiane e confermano l’Italia quale tradizionale secondo investitore in Austria, dopo la Germania. Fra gli insediamenti italiani, oltre al settore del commercio all’ingrosso, spiccano quello dei servizi consulenziali alle aziende, quello dell’IT e quello energetico-ambientale.