Controlli e semplificazioni: e-fattura e SMaC 3.0

8 Ottobre 2025

Da San Marino Fixing del 25 Settembre 2025 di Daniele Bartolucci

La fatturazione elettronica sarà la vera novità del 2026 e con essa arriverà anche una nuova funzionalità della SMaC Card per gli operatori economici. La Segreteria delle Finanze e del Bilancio è tornata in questi giorni sul tema, spiegando il duplice obiettivo di semplificare le procedure agli operatori economici, ma anche di poter migliorare la macchina dei controlli “sul corretto svolgimento delle attività fiscali, minimizzando al contempo errori e manomissioni”.

Come? “Tale progetto”, si leggeva già nel Programma Economico per il 2026 che confermava l’attuazione del progetto avviato già nel 2024, “viene ritenuto fondamentale e di grande impatto, poiché: completa la tracciatura elettronica dei ricavi interni, a fianco della certificazione telematica dei ricavi mediante la Smac, che è in fase di aggiornamento e potenziamento, per le vendite e le prestazioni ai consumatori finali; traccia la base fondamentale per il flusso immediato dei dati dei ricavi completi per l’Amministrazione Pubblica”.

Inoltre, spiegano dalla Segreteria competente, “è utile per la predisposizione delle dichiarazione fiscali e loro pre-compilazione, nonché per effettuare controlli ed accertamenti fiscali incrociati sulle operazioni interne B2B”.

E-FATTURA INTERNA PER BENI E SERVIZI NEL B2B

Tecnicamente, le nuove modalità “consentiranno agli operatori economici stabiliti o identificati nel territorio sammarinese, nonché ai soggetti ad essi assimilati, di predisporre e trasmettere fatture elettroniche all’Hub dell’Ufficio Tributario per le operazioni realizzate esclusivamente con soggetti locali, a condizione che siano in possesso di un codice operatore economico”. Di fatto, “una volta ricevuti i documenti, l’Ufficio Tributario verificherà la loro regolarità prima di procedere all’inoltro delle fatture elettroniche ai cessionari committenti. Questa nuova modalità”, spiega una nota della Segreteria di Stato, “semplificherà significativamente il processo di fatturazione e, soprattutto, contribuirà a un maggiore ed efficace controllo. L’adozione del sistema di fattura elettronica rappresenta quindi un passo cruciale verso la semplificazione amministrativa, la trasparenza e la legalità nel nostro sistema fiscale, assicurando un controllo più rigoroso e accurato delle operazioni economiche”.

La tempistica? Nel Programma Economico veniva riportato un passaggio graduale, così come avvenuto nella fattura elettronica tra San Marino e Italia (e viceversa): “Il piano operativo prevede che, in analogia alla fattura elettronica con l’Italia, la fattura elettronica sarà introdotta a metà anno del 2026, inizialmente su base volontaria e dal 2027 in forma obbligatoria, secondo i criteri stabiliti”. La conferma arriva nella nota emessa nei giorni scorsi, con una specifica non di poco conto: “La Segreteria per le Finanze e il Bilancio di San Marino ha fortemente voluto questa misura che sarà operativa nei primi mesi del 2026 ed uniformerà le procedure di fatturazione interne sia di beni che di servizi”.

Al contrario della procedura Italia-San Marino, quindi, che riguarda al momento solo o scambio di beni, nella fatturazione elettronica interna entreranno in gioco anche i servizi.

SMAC: RICEVUTA FISCALE AUTOMATIZZATA TRAMITE POS

“Parallelamente”, riprende la Segreteria di Stato, “siamo lieti di annunciare il lancio della nuova gestione della San Marino Card (SMAC), attraverso l’app di nuova generazione 3.0, i cui test saranno effettuati già a partire dal 2026.

L’innovativa applicazione automatizza l’emissione della ricevuta fiscale tramite POS.

Attraverso un’unica piattaforma, gli utenti possono gestire le certificazioni fiscali di tutte le forme di pagamento, incluso il contante, in modo vincolato ed automatico, velocizzando le operazioni di cassa e altresì di contabilità”.

Tra le funzionalità chiave dell’app SMAC 3.0 ci sarà infatti “un aggiornamento del gestionale che richiederà di associare al pagamento elettronico la registrazione della cessione verso privato o operatore economico (la ricevuta fiscale è già oggi automaticamente associata ad ogni pagamento effettuato con SMaC Card)”.

Connesso a questo, avverrà la “raccolta di informazioni utili, anche a fini commerciali, per gli operatori economici” e la “gestione evoluta delle funzionalità del Pos per l’operatore economico, in particolare la stampa scontrino e la gestione dei sospesi, anche in assenza di connettività”.

“Queste iniziative sono parte integrante della nostra strategia per semplificare le attività amministrative e rafforzare il sistema fiscale, nonché garantire un futuro più sostenibile e trasparente per la Repubblica di San Marino”.

L’auspicio è che “con la collaborazione degli operatori economici raggiungeremo una maggior compliance fiscale ed una maggior semplificazione delle procedure amministrative”.

LA “SMAC TURISTICA” E IL TAX FREE DIGITALE

Nel 2026, inoltre, “Poste SM sarà protagonista di una nuova fase di espansione e innovazione, con progetti pensati per rafforzare ulteriormente il ruolo dell’azienda nel sistema pubblico e generare valore per l’intero Paese”, si legge sempre nel Programma Economico. Il primo passaggio riguarda ovviamente l’attesissima “SMaC turistica – VisitSanMarino Card”. Ovvero: “Sarà attivata la versione turistica della SMaC, completamente dematerializzata, pensata per offrire agevolazioni, sconti e servizi intelligenti ai visitatori stranieri. A questa si affiancherà un nuovo sistema di tax free digitale, che farà leva sul circuito SMaC per incentivare i consumi e valorizzare l’offerta commerciale e culturale del territorio”. Si metterà dunque mano anche all’annosa questione del Tax Free? Un’altra operazione su cui sicuramente ci sarà bisogno della collaborazione degli operatori economici coinvolti, ma prima ancora la loro condivisione del progetto, che finora non è stata così scontata. Lo stesso dicasi delle altre novità (fatturazione elettronica interna per beni e servizi e scontrino automatico per i pagamenti digitali).

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Criptovalute, rischi dal Far West di 50mila nuovi token al giorno

8 Ottobre 2025

Il Sole 24 Ore 17 Settembre 2025 di Vito Lops

Nascono come funghi. Il numero di criptovalute in circolazione ha superato quota 21 milioni. Ogni giorno vengono lanciati e resi scambiabili all’interno di un mercato composto da 850 exchange su scala globale non sempre regolamentati, circa 50mila token digitali (fonte Coinmarketcap). La capitalizzazione del settore ha superato per la prima volta nella storia 4mila miliardi di dollari (quattro volte il valore delle azioni quotate a Piazza Affari). Se si escludono però i due progetti più istituzionali, ovvero Bitcoin (capitalizza 2.300 miliardi) ed Ethereum (500 miliardi) e se escludiamo anche la quota di mercato delle principali stablecoin agganciate al dollaro (170 miliardi per Usdt e 73 miliardi per Usdc), possiamo dedurre che i restanti circa 1.000 miliardi sono oggi posizionati su token di vario genere. Dalle superspeculative memecoin a progetti tecnologici sulla carta più seri (come le blockchain Solana, Sui, ecc.) passando per schemi Ponzi conclamati. Un far west di token che, al di là delle intenzioni in buona o mala fede di partenza dei creatori, nascondono in ogni caso un peccato originale che mal si concilia con una logica di investimento di lungo periodo. Perché spesso fanno leva sulla confusione tra il concetto di token e quello di azione. Tra questi due strumenti finanziari c’è un enorme differenza. Un token è emesso da una piattaforma, una start up o una blockchain, dunque sembra naturale immaginare che possederlo equivalga, almeno in parte, a detenere una quota di quella realtà. Ma non è così, e l’equivoco può costare caro.

Le azioni rappresentano un diritto codificato: proprietà, voto, dividendi, partecipazione agli utili e, in ultima istanza, alla liquidazione. Il valore dell’azione è legato alla capacità dell’azienda di generare utili e distribuirne una parte agli azionisti.

Un token, invece, non rappresenta proprietà della blockchain o della società che lo emette, salvo rari casi di security token regolamentati.

Il punto cruciale è che la crescita tecnologica o commerciale di un progetto non implica necessariamente l’aumento di valore del token associato. Anche perché c’è un altro aspetto da considerare: il macigno della diluizione. Spesso i token sono pre-minati e distribuiti in grandi quantità ai fondatori e ai primi investitori. Col passare del tempo, quando questi soggetti decidono di monetizzare, immettono grandi volumi sul mercato, facendo pressione sui prezzi. A differenza del mercato azionario, dove i lock-up e le regole di disclosure sono stringenti, nell’universo cripto la trasparenza è minima e la gestione dell’offerta è a totale discrezione del team di sviluppo. Inoltre, la tokenomics di molti progetti consente emissioni teoricamente illimitate di nuovi token, utilizzati per finanziare le spese operative, pagare gli sviluppatori o incentivare gli utenti tramite programmi di reward. Questa creazione costante di offerta funziona di fatto come una “stampante monetaria interna” e genera una diluizione continua per chi già detiene il token, minando le prospettive di rivalutazione nel lungo termine.

Un ulteriore aspetto da chiarire è la dinamica della quotazione dei token sugli exchange. A differenza delle Ipo tradizionali, che rappresentano l’ingresso regolamentato di una società sul mercato e impongono vincoli di trasparenza e lock-up agli investitori iniziali, nel mondo cripto il listing funziona spesso come una exit strategy per i venture capital. I fondi che hanno acquistato grandi quantità di token a prezzi irrisori nelle fasi di seed o private sale, quando il progetto era ancora embrionale, sfruttano il momento della quotazione per iniziare a liquidare le loro posizioni. Il retail si trova così a comprare a valutazioni già gonfiate, senza conoscere con precisione la distribuzione dei token né i piani di vesting degli insider. Il risultato è che, nei mesi successivi al listing, la pressione in vendita dei primi investitori schiaccia il prezzo, mentre la domanda di nuovi utenti non è sufficiente a compensare. Ecco perché per molti token il debutto sugli exchange non segna l’inizio di una fase di crescita, ma piuttosto il momento in cui il rischio viene trasferito dai professionisti agli investitori al dettaglio.Per questo, chi investe in token deve avere consapevolezza della propria scelta: non sta comprando un pezzo di un’azienda,ma spesso sta remunerando – e a caro prezzo – i finanziatori privati della prima ora.

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Compensi da noleggio senza ritenuta

8 Ottobre 2025

Il Sole 24 Ore 19 Settembre 2025 di Alessandra Caputo

I compensi percepiti in relazione all’attività di noleggio di beni non devono essere assoggettati alla ritenuta a titolo d’acconto prevista dall’articolo 25-bis Dpr 600/1973. Lo precisa la risposta 250 pubblicata ieri dall’agenzia delle Entrate.

L’istanza è stata presentata da una società che aveva sviluppato un software in grado di consentire il noleggio e la vendita online di articoli di abbigliamento e accessori da parte di propri partner e nei confronti di clienti finali.

Con la stipula del contratto con il partner, la società di software si impegnava a realizzare un sito web finalizzato al noleggio online ed alla vendita dei prodotti; a concludere con i clienti, in nome proprio ma per conto del partner, contratti di noleggio dei prodotti attraverso la piattaforma; a concludere con i clienti, tramite la piattaforma, contratti di vendita dei prodotti, alle condizioni dell’Istante ed al prezzo convenuto tra le parti, previo acquisto degli stessi da parte dell’Istante; e a effettuare i servizi, a proprio rischio e con l’organizzazione dei propri mezzi, di deposito e movimentazione dei prodotti. Ciascun partner avrebbe inoltre consegnato i prodotti all’interno del magazzino e gli stessi, in quel momento, sarebbero entrati nella disponibilità dell’Istante che si impegnava a custodirli con diligenza e a utilizzarli esclusivamente per il noleggio o la vendita nei termini e nei modi indicati nel contratto. A fronte dell’attività ogni partner entro il 15 di ogni mese, avrebbe emesso fattura nei confronti dell’Istante per il totale dei corrispettivi dei noleggi effettuati nel mese solare precedente al netto del corrispettivo dell’Istante.

Il dubbio oggetto dell’interpello è se su questi compensi, pagati a fronte del noleggio, si dovesse applicare o meno la ritenuta di cui all’articolo 25-bis del Dpr 600/1973 prevista per i soggetti che corrispondono provvigioni.

La risposta dell’Agenzia è negativa: nell’elenco contenuto nell’articolo 25-bis non sono inclusi i compensi percepiti per l’attività di noleggio. Con riferimento all’oggetto della ritenuta, la circolare ministeriale 24 del 1983 ha specificato che la provvigione da assoggettare a ritenuta è costituita dai compensi percepiti per l’attività svolta dal commissionario, dall’agente, dal mediatore, dal rappresentante di commercio e dal procacciatore d’affari. Tale elencazione, sempre secondo la circolare richiamata, è da considerarsi tassativa. Pertanto, considerato che l’attività di noleggio non rientra in nessuna dei rapporti elencato, nessuna ritenuta è applicabile.

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