Mese: Agosto 2025
Si avvisa la gentile clientela che lo Studio Commerciale Dott. Valentini rimarrà chiuso per la pausa estiva dall’ 11 al 27 agosto compresi.
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Legge 25 Luglio 2025 nr 101- Recepimento e attuazione del Regolamento UE 20023/115 (EUDR) relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’esportazione di determinate materie prime e determinati prodotti associati alla deforestazione e al degrado forestale
7 Agosto 2025
Le imprese che intendono immettere sul mercato sammarinese o esportare prodotti contenenti determinate materie prime dovranno rispettare il nuovo **Regolamento UE 2023/1115 (EUDR – European Union Deforestation Regulation)
Tutti i prodotti che contengono o che sono stati fabbricati utilizzandolo le seguenti materie prime Bovini – Cacao – Caffè – Palma da olio – Legno – Gomma – Soia dovranno rispettare alcuni requisiti:
* Provenienza da aree a deforestazione zero(no deforestazione dopo il 31/12/2020)
* Conformità alle leggi del Paese di origine, inclusi diritti umani e delle popolazioni indigene
* Obbligo di una dichiarazione di dovuta diligenza
Sono previste semplificazioni per le PMI.
L’UGRAA (Ufficio Gestione Risorse Ambientali e Agricole) è stato incaricato come sportello tecnico di assistenza.
Gli obblighi previsti dalla normativa entreranno in vigore il 30 12 2025 per le grandi imprese e il 30 06 2026 per le Piccole Medie Imprese (PMI)
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Decreto Delegato 23 Luglio 2025 nr 99 – Modifica del D.D. 27 09 2023 nr 134 e succ. mod. – Disciplina del commercio dell’oro e degli altri metalli preziosi da investimento
7 Agosto 2025
In tema di commercio dell’oro e altri metalli preziosi da investimento si è modificata con sei articoli la disciplina di riferimento agendo dal marchio di identificazione ai Paesi extra UE sino all’inasprimento delle sanzioni.
Si allega testo completo.
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Denaro contante, difesa della Bce: «Mezzo affidabile»
7 Agosto 2025
Il Sole 24 Ore 5 Agosto 2025 di Isabella Bufacchi
FRANCOFORTE
Cash is king, il contante è il re. Ed è qui per restare. La Bce e la Commissione europea non hanno alcuna intenzione di detronizzarlo. Anzi, è vero il contrario: la Bce protegge la circolazione del cash, in forma fisica e digitale, lavora per garantire l’ampio accesso ai contanti e una vasta accettazione dei pagamenti in contanti. È quanto rilancia un post a firma di Piero Cipollone, membro del comitato esecutivo Bce, pubblicato ieri nei blog sul sito della Bce.
«Le banconote e le monete in euro continueranno a svolgere un ruolo cruciale come mezzo di pagamento affidabile e riserva di valore», è la tesi di Cipollone.
La proposta di Regolamento, adottata dalla Commissione europea in consultazione con la Bce (non ancora approvata da Parlamento e Consiglio), ha proprio l’obiettivo di proteggere il cash, ricorda il blog: il contante deve essere ampiamente accessibile ai cittadini tramite bancomat, sportelli bancari e servizi da operatori non finanziari come il cashback. Il Regolamento inoltre obbliga esercenti e commercianti ad accettare i pagamenti in contanti, salvo rarissime eccezioni.
Cipollone scrive: «È essenziale garantire un livello sufficiente di accesso ai servizi di cassa in tutta l’area dell’euro», come bancomat e servizi bancari allo sportello per prelevare e depositare cash. Altrettanto importante è garantire che i contanti siano accettati da esercenti e commercianti.
Nel blog, Cipollone ricorda che la proposta di Regolamento evidenzia «la necessità di una buona distribuzione geografica delle infrastrutture per garantire la disponibilità di banconote e monete in tutta l’area dell’euro». Il calo delle filiali bancarie, dovuto al consolidamento del settore bancario e alla riduzione del numero degli sportelli, «pone sfide significative», in quanto la Bce non può distribuire i contanti direttamente ai cittadini. Le banche sono essenziali. I servizi al dettaglio di operatori non finanziari, del tipo “cashback” o anticipi di contante, sono limitati nel numero e nell’entità delle transazioni. Per Cipollone, «la fornitura di servizi di cassa a livello locale da parte delle banche e la presenza di sportelli automatici restano indispensabili» anche se serve il giusto equilibrio tra la soddisfazione delle esigenze dei consumatori e la possibilità per le banche di migliorare la propria efficienza».
La Bce è anche fermamente contraria a pratiche «come il rifiuto del contante da parte degli esercenti o l’esposizione di cartelli “no cash”, che sono indesiderabili», sostiene Cipollone. La Bce promuove in tal senso l’accettazione del contante nel settore pubblico, nei trasporti.
Per garantire il più ampio uso del contante, la Bce promuove inoltre la creazione dell’euro digitale che è il contante in forma elettronica: «l’euro digitale è un’espressione del cash in forma digitale, è contante digitale» per la presidente della Bce Christine Lagarde. L’euro digitale inoltre consentirà, in forma complementare ai contanti fisici, l’uso del “cash digitale”, contanti in forma elettronica, mette in chiaro Cipollone, aggiungendo che per salvaguardare l’integrità delle banconote, «la Bce ne cambierà il design con caratteristiche di sicurezza molto avanzate per combattere la contraffazione».
Per Cipollone, «essendo un mezzo di pagamento resiliente e affidabile, il contante è indispensabile, soprattutto durante le crisi». E’ avvenuto in passato. «La domanda di contante durante la crisi finanziaria del 2008, la crisi del debito sovrano europeo e la pandemia COVID-19, sottolinea l’importanza dei contanti in tempi di grandi turbolenze», ammonisce Cipollone, sottolineando che la Bce e le banche centrali nazionali «mantengono ampie scorte di banconote e canali di distribuzione efficaci per soddisfare improvvisi picchi di domanda di cash».
A conferma dell’importanza del contante, Cipollone ricorda che attualmente sono in circolazione 30,4 miliardi di banconote, per un valore totale di 1.600 miliardi di euro. E che la circolazione del cash ha ripreso a crescere dopo il rialzo dei tassi.
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Agenti di commercio, riconosciuto l’impatto delle vendite online
6 Agosto 2025
Il Sole 24 Ore 23 Luglio 2025 di Paola Grattieri e Alessandro Limatola
L’intesa collettiva. Per il settore del commercio è stato stabilito il diritto alla provvigione sulle vendite di beni e servizi tramite commercio elettronico
Riconoscimento dell’impatto delle vendite online, limitazioni all’utilizzo dei contratti a termine, rafforzamento delle tutele in caso di gravidanza. Sono queste alcune delle principali novità contenute nell’Accordo economico collettivo (Aec) sottoscritto lo scorso 4 giugno per regolare i rapporti tra agenti e aziende preponenti del settore commercio.
L’accordo riconosce e tutela la posizione giuridica degli agenti di commercio, la cui figura non è più quella rigidamente definita dai modelli tradizionali, recependo in tal modo le esigenze di un settore in evoluzione e prevedendo misure di protezione più adeguate e strumenti normativi efficaci per garantire la corretta gestione e regolamentazione dei rapporti di agenzia nel contesto economico attuale.
Per la prima volta l’Aec riconosce formalmente l’impatto delle vendite online sull’attività degli agenti, affrontando le problematiche legate alla concorrenza interna tra canali e alla corretta attribuzione delle provvigioni. È stabilito, in particolare, che l’agente ha diritto alle provvigioni anche sulle vendite di beni e/o servizi eseguite direttamente a favore di privati consumatori nella zona a lui data in esclusiva attraverso il canale aziendale del commercio elettronico. La norma collettiva ha approfittato di questa importante novità per rafforzare anche gli obblighi di comunicazione a carico della preponente e il diritto di informazione dell’agente, prevedendo il dovere di indicare negli estratti conto anche le vendite online ai consumatori privati effettuate nella zona in esclusiva tramite l’e-commerce aziendale.
Viene limitato l’utilizzo del contratto a tempo determinato. L’intesa punta a disincentivare il ricorso a rapporti temporanei, rafforzando le tutele per gli agenti e stabilendo limiti precisi su rinnovi e proroghe, che potranno essere concessi solo con il consenso scritto dell’agente e per un massimo di due volte consecutivi.
L’Aec introduce anche misure di rafforzamento delle tutele in caso di gravidanza, puerperio, adozione e affido, definendo con maggiore precisione i periodi di sospensione e riconoscendo garanzie esplicite, tra cui il diritto alla protezione contro recessi ingiustificati. Prevista una tutela specifica per gli agenti padri, a cui viene riconosciuta la possibilità di astenersi dall’attività per un massimo di 20 giorni nei cinque mesi successivi alla nascita o all’adozione del figlio: durante questo periodo il contratto si intende sospeso e alla mandante è vietato recedere dal rapporto.
Modificata anche la disciplina delle variazioni contrattuali per garantire maggiore trasparenza e tutela economica in caso di modifiche unilaterali della mandante. Il nuovo impianto introduce, infatti, il principio del bilanciamento complessivo tra gli elementi economici soppressi e quelli eventualmente introdotti o modificati: la nozione di variazione in peius può ritenersi integrata solo qualora, all’esito di una valutazione complessiva, il risultato finale comporti un effettivo peggioramento dell’assetto economico del rapporto per l’agente.
Da segnalare, infine, anche la riscrittura della disposizione sulle modifiche unilaterali apportate dalla mandante, con riferimento a zona, prodotti, clientela e provvigioni. La nuova normativa, ora allineata all’Aec del settore industria, stabilisce che ogni variazio ne vada comunicata per iscritto.
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Pmi, incentivi all’impiego di temporary manager
6 Agosto 2025
Il Sole 24 Ore 24 Luglio 2025 di Cam. C.
Un credito d’imposta per le imprese che sostengono costi professionali legati all’attività di un dottore commercialista. Questo l’obiettivo della proposta di legge, presentata ieri nella sala stampa della Camera dei deputati, che mira a introdurre incentivi fiscali per l’impiego nelle Pmi del temporary manager, una figura professionale esterna, qualificata e temporanea, che aiuta l’azienda a superare fasi critiche, di riorganizzazione o sviluppo strategico.
L’iniziativa recepisce una proposta dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili (Ungdcec) per la diffusione di una pratica – già consolidata in altri Paesi europei – che consente alle Pmi di rafforzare la struttura organizzativa nei momenti di trasformazione, specialmente i passaggi generazionali, promuovendo la diffusione della figura del temporary manager, che con competenza e flessibilità può supportare l’azienda nel raggiungere gli obiettivi.
«Questa proposta nasce da due esigenze strategiche: sostenere le imprese nei momenti delicati come i passaggi generazionali; valorizzare le competenze dei commercialisti, alleati naturali del tessuto produttivo», spiega Letizia Giorgianni, deputata di Fratelli d’Italia e prima firmataria della proposta, intervenuta alla presentazione ieri insieme a Galeazzo Bignami, capogruppo di FdI alla Camera, i deputati di FdI Ylenja Lucaselli, Marta Schifone e Gianluca Caramanna, e Francesco Cataldi, presidente dell’Ungdcec.
L’agevolazione consiste in un credito d’imposta – riconosciuto per massimo tre periodi d’imposta consecutivi – pari al 30% della retribuzione totale annua per micro e piccole imprese e al 20% per le medie imprese, a condizione che l’incarico abbia durata non inferiore alla metà dell’esercizio sociale più un giorno. La fruizione del beneficio è subordinata al raggiungimento di incrementi minimi di Ebitda, misurati annualmente: +5% al primo esercizio, +10% al secondo, +15% al terzo e asseverati da un dottore commercialista, il cui compenso è incluso ulteriormente in quelli agevolabili.
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Decreto Delegato 10 Luglio 2025 nr 93 – Modifiche alle disposizioni in materia di attività economiche
6 Agosto 2025
Si allega ultimo Decreto in materia di disciplina delle attività economiche.
Si segnala la sostituzione dell’art. 8 della Legge 31 10 1990 (Disciplina dell’attività degli agenti di commercio, rappresentanti di commercio, procacciatori
d’affari, mediatori, commissionari) in tema di attività di intermediazione.
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Imponibili in Italia i redditi sottoposti a ritenuta tedesca
6 Agosto 2025
Il Sole 24 Ore 7 Luglio 2025 di Fabrizio Cancelliere
Fiscalità internazionale
Una società a responsabilità limitata semplificata (Srls) italiana, esercente l’attività di organizzazione feste ed eventi, emette spesso fatture a un committente tedesco, per eventi tenuti in Germania.
Per la fiscalità tedesca, al superamento di un certo limite di ricavi, viene applicata una ritenuta sugli importi fatturati: di conseguenza, in questi casi, alla società italiana viene bonificato l’importo al netto della ritenuta.
Si chiede se la ritenuta può essere scomputata dall’Ires a debito in sede di dichiarazione dei redditi della Srls.
Nella fattispecie descritta, sembra che l’attività svolta dalla società italiana, remunerata dal cliente residente in Germania, sia svolta in quest’ultimo Stato estero senza la presenza di una stabile organizzazione. In tal caso, occorre evidenziare che, in base alla convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Germania, ratificata in Italia con la legge 459/1992 (e, in particolare, in base all’articolo 7 di tale convenzione, che disciplina il trattamento fiscale degli utili delle imprese), il reddito dovrebbe essere imponibile esclusivamente in Italia, e non anche in Germania.
Partendo da questi presupposti, e in linea, peraltro, con quanto chiarito dall’agenzia delle Entrate nella circolare 9/E/2015, si ritiene che la ritenuta d’imposta subita all’estero non possa essere scomputata dall’imposta dovuta sul medesimo reddito imponibile in Italia, ma debba essere, piuttosto, chiesta a rimborso in Germania, in virtù della disposizione convenzionale citata.
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Doppio rischio se non si rispetta la riservatezza dei dipendenti
6 Agosto 2025
Il Sole 24 Ore 3 Luglio 2025 di Giampiero Falasca
La gestione dei controlli a distanza sui dipendenti è un tema molto sensibile e complesso, che può determinare ricadute negative per i datori di lavoro su due fronti, quello della privacy e quello del rapporto di lavoro.
La centralità del primo aspetto è stata ribadita da una recente decisione del Garante per la protezione dei dati personali (provvedimento 10143261/2025) che ha riportato sotto i riflettori un tema delicato e strategico per ogni datore di lavoro: la corretta gestione dei controlli “digitali” sui lavoratori. Il caso riguarda un’azienda che, nel predisporre contestazioni disciplinari, ha utilizzato conversazioni tratte da Messenger e Whatsapp, nonché contenuti del profilo Facebook privato di una dipendente. Sebbene tali contenuti fossero stati «inoltrati» spontaneamente all’azienda da colleghi o soggetti terzi, il Garante ha comunque ritenuto illecito il trattamento dei dati, rilevando la violazione dei principi di liceità, finalità e minimizzazione (articolo 5 del Gdpr), oltre all’articolo 113 del Codice privacy.
Il provvedimento conferma che anche il solo utilizzo di dati personali ricevuti da terzi costituisce trattamento e impone al datore una verifica rigorosa della liceità e della pertinenza. La raccolta e l’impiego di screenshot di post o messaggi privati, se non sorretti da un’idonea base giuridica (ad esempio, un legittimo interesse effettivamente bilanciato), possono determinare gravi conseguenze sanzionatorie.
La gestione dei controlli a distanza (intesi, in senso ampio, come tutti quei controlli effettuati usando, direttamente o indirettamente, strumenti digitali) espone, quindi, a un rischio molto alto, che tuttavia non si esaurisce con il fronte del Garante privacy. L’altro rischio, parallelo e concorrente, riguarda l’utilizzabilità disciplinare delle informazioni. Come ribadito dalla giurisprudenza (tra le tante, Cassazione 25732/2021 e 5354/2025), i dati acquisiti in violazione della normativa privacy o dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori non possono essere validamente utilizzati in un procedimento disciplinare. Anche se l’informazione è vera, anche se il comportamento è grave, se il dato è stato raccolto in modo irregolare il licenziamento può essere annullato.
Questo perché l’articolo 4 della legge 300/1970 vieta controlli a distanza se non con accordo sindacale o autorizzazione dell’Ispettorato; a ciò si aggiunga il fatto che il Gdpr impone che i dati siano trattati per finalità determinate e in modo proporzionato (il già ricordato articolo 5), vietando il trattamento basato su generici “interessi aziendali” se non fondato su un reale test di bilanciamento. Inoltre chat e simili sono equiparate alla corrispondenza privata, tutelata dall’articolo 15 della Costituzione, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Alla luce di tutto questo, diventa chiaro che il rispetto delle regole sui controlli a distanza non è solo una precauzione formale. È un vero e proprio presidio strategico: tutela l’impresa da pesanti sanzioni economiche e reputazionali e, allo stesso tempo, previene errori difficilmente riparabili nella gestione dei rapporti con i dipendenti. Ogni datore di lavoro dovrebbe, quindi, interrogarsi non solo su “cosa” viene scoperto attraverso i controlli, ma su “come” queste informazioni sono state ottenute.
Il diritto alla riservatezza, anche e soprattutto nella dimensione digitale, resta un caposaldo del rapporto di lavoro; ignorarlo significa indebolire, anziché rafforzare, le politiche di gestione del personale.
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Il no del garante privacy alle impronte digitali per rilevare le presenze
6 Agosto 2025
Il Sole 24 Ore 1 Luglio 2025 di Federica Paolucci e Oreste Pollicino
Con il provvedimento 167 del 2025, il Garante per la protezione dei dati personali ha dichiarato illecito il trattamento dei dati biometrici effettuato da un Istituto di istruzione superiore, sanzionando l’ente scolastico con una multa di 4mila euro per violazione di alcune norme chiave del regolamento per la protezione dei dati personali.
Il caso riguarda, difatti, l’utilizzo, da parte dell’Istituto, di un sistema di rilevazione delle presenze basato sulla combinazione di badge e impronta digitale per il personale Ata.
Il sistema era stato introdotto a seguito di episodi di manomissioni e uso improprio dei badge da parte dei lavoratori. L’intento dichiarato della dirigenza scolastica era quello di prevenire condotte elusive, rafforzando i controlli interni. Il personale aveva prestato il consenso scritto al trattamento e, secondo l’Istituto, chi non aveva aderito poteva continuare a utilizzare esclusivamente il badge. Tuttavia, il Garante ha ritenuto che tale trattamento risultasse privo di una base giuridica idonea ed è stato, dunque, dichiarato illecito.
Il nodo principale ha riguardato l’assenza di un’adeguata base giuridica. Il trattamento, difatti, concerne l’uso di dati biometrici, che sono caratteristiche uniche di ogni essere umano, come l’iride, il volto, e appunto l’impronta digitale. Tali dati appartengono alle categorie speciali ex articolo 9, paragrafo 1 del Gdpr, ossia quelle tipologie di dato per cui la norma impone un divieto generale di trattamento, salvo ricorrano specifiche eccezioni indicate al paragrafo 2, tra cui quella prevista alla lettera b), relativa al trattamento necessario per esercitare diritti e obblighi in materia di diritto del lavoro, purché autorizzato dal diritto dell’Unione o degli Stati membri. Nel contesto esaminato, l’Autorità ha rilevato che nessuna norma nazionale vigente consente, né tantomeno impone, l’utilizzo di dati biometrici per la rilevazione delle presenze. Il riferimento all’articolo 2 della legge 56/2019, che prevedeva l’adozione generalizzata di sistemi biometrici e di videosorveglianza nel pubblico impiego, non è più invocabile, poiché tale disposizione è stata abrogata dalla legge di bilancio 2021 (legge n. 178/2020, articolo 1, comma 958). Pertanto, secondo il Garante, il trattamento posto in essere dalla scuola è avvenuto in totale assenza della necessaria previsione legislativa e delle misure di garanzia richieste dall’articolo 2-septies del Codice privacy.
Mancando una base giuridica idonea, un secondo aspetto viene in evidenza, ossia l’inidoneità del consenso a supplire e permettere il trattamento di dati biometrici in ambito lavorativo.
Il Garante ribadisce l’orientamento consolidato secondo cui il consenso del dipendente, anche se formalmente raccolto e accompagnato da modalità alternative, difficilmente può dirsi libero in presenza di un rapporto asimmetrico come quello lavorativo.
Né può ritenersi “necessario” un trattamento così intrusivo quando già esistevano modalità ordinarie di attestazione della presenza.
Il Garante qualifica la condotta dell’Istituto come “grave” in base alle Linee guida Edpb 4/2022 sul calcolo delle sanzioni. Sebbene i dati trattati non contenessero l’immagine dell’impronta, ma solo un template matematico, essi erano comunque sufficienti a identificare univocamente i lavoratori e dunque rientravano pienamente nella definizione di dato biometrico ai sensi dell’articolo 4,
punto 14 del Gdpr.
Il caso in esame si inserisce in una linea ben tracciata dal Garante, che ribadisce l’estrema cautela richiesta nell’adozione di tecnologie biometriche, specie nel settore lavorativo, dove, per l’appunto, il dipendente non può mai dirsi veramente libero di esprimere il proprio consenso. L’automazione del controllo presenze non può giustificare trattamenti sproporzionati, né la delega in bianco a fornitori tecnologici. Anche quando i dipendenti sembrano “chiedere” maggiore controllo, è il titolare del trattamento a dover garantire il rispetto della legalità e dei principi di necessità, proporzionalità e minimizzazione.
La sanzione in commento ha, dunque, il pregio di rammentare i limiti invalicabili tra efficientamento e controllo, specie in un momento storico in cui l’automazione si sta facendo sempre più strada nelle pratiche amministrative quotidiane, rischiando di normalizzare forme di sorveglianza sproporzionate e giuridicamente ingiustificate.