L’assenza dall’Aire non prevale sulla sostanza

5 Agosto 2019

Il Sole 24 Ore 03 LUGLIO 2019  di Marco Piazza

ITALIANI ALL’ESTERO

L’Agenzia smonta la presunzione della Suprema corte

Quando un soggetto risulti fiscalmente residente sia in Italia sia in un altro Stato con il quale operi una convenzione contro le doppie imposizioni, il conflitto di residenza – causato dalla normativa interna di ciascuno Stato – è risolto applicando le disposizioni contenute nel trattato.

Così, per stabilire la residenza di una persona fisica che pur essendo realmente emigrata abbia omesso di cancellarsi dall’anagrafe dei residenti, la persona si considera residente, in base alle convenzioni conformi al modello Ocse:

  1. a) nello Stato in cui dispone di un’abitazione permanente;
  2. b) se ha l’abitazione permanente in entrambi gli Stati, in quello in cui le sue relazioni personali ed economiche sono più strette;
  3. c) se non si può individuare tale Stato, in quello in cui “soggiorna abitualmente”;
  4. d) se soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati, in quello della cittadinanza;
  5. e) in caso di doppia cittadinanza: accordo fra le autorità competenti.

Si tratta di un principio pacifico, ma è molto importante che sia stato ribadito nella recente risposta 203 del 2019 perché una certa equivoca giurisprudenza della Cassazione ha indotto alcuni uffici a ritenere erroneamente che la mancata iscrizione all’anagrafe dei cittadini italiani residenti all’estero costituisca presunzione assoluta di residenza in Italia.

A partire dalla sentenza 1215 /1998, viene costantemente replicata la massima che l’iscrizione «nelle anagrafi della popolazione residente» deve ritenersi, in materia fiscale, dato preclusivo di ogni ulteriore accertamento ai fini della individuazione del soggetto passivo d’imposta. In altri termini in materia fiscale la forma è destinata a prevalere sulla sostanza nell’ipotesi in cui la residenza venga collegata al presupposto anagrafico.

A questa pronuncia si sono rifatte diverse successive sentenze dello stesso Collegio, fra le quali la 1783 del 1999; la 9319 del 2006, la 677 del 2015, la 21970 del 2015 e di recente l’ordinanza 16634 del 2018.

Ma quattro di queste sentenze riguardano soggetti emigrati in Stati con i quali era in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni (Stati Uniti nella sentenza 1783; Svizzera nella sentenza 677; Romania nella sentenza 21970 e Regno Unito, nella sentenza 16634) circostanza, questa determinante, ma del tutto trascurata sia nella descrizione dei fatti sia nella motivazione.

Peraltro, più attenta giurisprudenza di merito non ha mancato di evidenziare come l’accertamento della residenza fiscale del contribuente non possa prescindere dall’applicazione delle tie break rules previste dai trattati (si veda ad esempio Commissione tributaria regionale della Toscana, 506 del 20 febbraio 2017 e 840 del 13 marzo 2018; Commissione regionale dell’Aquila, 614 del 5 luglio 2017; di Pescara, 475 del 17 maggio 2017; di Brescia 4207 del 31 luglio 2014; della Commissione provinciale di Firenze 131 del 12 gennaio 2016).

La chiara risposta dell’agenza delle Entrate, 203 del 2019 dovrebbe ora evitare all’origine che siano sollevate, in caso di questo tipo, contestazioni infondate, con risparmio di tempo e costi sia per l’Agenzia sia per i contribuenti.

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Decreto Delegato 2 Luglio 2019 nr 112 – Sgravi contributivi per l’assunzione di lavoratori iscritti alle liste di avviamento al lavoro

5 Agosto 2019

In allegato il testo del Decreto Delegato nr 112 a definizione degli sgravi per l’assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di avviamento al lavoro.

DD112-2019

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Donazione di denaro dall’estero senza obbligo di registrazione

4 Agosto 2019

Quotidiano del Fisco 25 LUGLIO 2019 di Angelo Busani

Se un donante residente all’estero dona a favore di un beneficiario, residente in Italia, una somma di denaro depositata all’estero, il denaro oggetto della donazione tramite bonifico non si presume quale bene esistente nel territorio dello Stato: di conseguenza, non essendo questo atto di donazione soggetto a imposta di donazione per mancanza del presupposto di territorialità, non sussiste l’obbligo di registrazione in termine fisso dell’atto di donazione formato all’estero. È questa la risposta 310 del 24 luglio che l’agenzia delle Entrate ha fornito rispetto a un’istanza di interpello.

Il caso

Il ragionamento per giungere a questa conclusione parte dalla considerazione secondo cui, se il donante non risulta residente in Italia al momento della donazione, rilevano ai fini dell’applicazione dell’imposta di donazione solamente i beni e diritti esistenti sul territorio nazionale (articolo 2 Dlgs 346/1990, testo unico dell’imposta di donazione).

C’è poi da osservare che l’articolo 55 del testo unico stabilisce che le regole di registrazione degli atti di donazione sono le stesse che si applicano per la registrazione degli atti assoggettati all’imposta di registro; e che per l’articolo 2 del Dpr 131/1986 (testo unico dell’imposta di registro) sono soggetti a registrazione in Italia, tra gli altri, «gli atti formati all’estero che comportano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su beni immobili o aziende esistenti nel territorio dello Stato».

L’ultimo riferimento normativo da prendere in considerazione è il comma 1-bis all’articolo 55 del Dlgs 346/1990, secondo il quale «sono soggetti a registrazione in termine fisso anche gli atti aventi ad oggetto donazioni, dirette o indirette, formati all’estero nei confronti di beneficiari residenti nello Stato» (norma introdotta nel 2000 per evitare che atti formati all’estero, aventi a oggetto beni diversi dagli immobili e dalle aziende, eludessero l’imposta di donazione).

La soluzione

Per effetto di questo panorama normativo sono rilevanti, ai fini dell’imposta sulle donazioni, e devono essere assoggettati a registrazione in termine fisso in Italia, gli atti formati all’estero aventi a oggetto beni diversi da immobili e aziende esistenti nel territorio italiano:

se il donante è residente in Italia;

se il donante non è residente in Italia, quando i beni donati sono esistenti nel territorio dello Stato.

Per stabilire, dunque, se l’atto di donazione con bonifico da parte di un donante residente all’estero sia da assoggettare a tassazione in Italia, occorre esaminare se il bene oggetto di donazione possa essere considerato quale bene esistente nel territorio dello Stato.

Nella risposta 310 l’agenzia osserva che il denaro allocato all’estero (da trasferire in Italia con bonifico) non è compreso tra i beni che si presumono esistenti nel territorio dello Stato in quanto, per presumere l’esistenza nel territorio dello Stato del denaro, occorre che l’autore del bonifico (alla stessa stregua dell’emittente di un assegno bancario) sia residente in Italia.

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Non è tassabile la cessione di marchi da parte di un privato

4 Agosto 2019

Quotidiano del Fisco  del 19 LUGLIO 2019  di Giuseppe Rebecca

La cessione di un marchio da parte di un privato non è tassabile. Così si è espressa la Ctr Veneto con la sentenza 524/5/2019in riforma della pronuncia di primo grado. In realtà è dall’entrata in vigore del Tuir che si discute se la cessione di un marchio (o di un brevetto) da parte di un privato sia da assoggettare ad imposte, quale reddito diverso. E questo per effetto della mancata esplicita previsione normativa, al contrario del precedente Dpr 597, ove appunto se ne trattava.

Il caso specifico esaminato dalla Ctr Veneto si riferisce tra l’altro, a un conferimento di marchio, ritenuto tassabile dall’agenzia delle Entrate. La Commissione regionale così si è espressa: «L’assoggettamento ad imposizione fiscale dell’incremento di ricchezza derivante, come nella fattispecie, dalla cessione o utilizzazione economica dei marchi concessi da privati, non appare, dopo le innovazioni introdotte dal Dlgs 480/92, espressamente disciplinato dal legislatore». E anche a voler accettare la tesi dell’ufficio, il collegio ritiene che la cessione dei marchi non possa essere equiparata all’assunzione di un obbligo di fare, non fare e permettere, che è presupposto necessario e sufficiente per ricomprendere il relativo corrispettivo tra i redditi diversi indicati dall’articolo 67 del Tuir, che ne prevede l’assoggettamento a tassazione.

Tale presupposto, infatti, non sussiste nella fattispecie, per due ordini di ragioni.
Innanzitutto non era stata data prova dell’incremento di ricchezza derivante da tale cessione, che solo quella teoricamente avrebbe potuto essere tassata. Dall’altra, la cessione non può essere assimilata alla concessione d’uso, il che porterebbe alla tassazione ex articolo 67, in quanto la concessione presuppone la proprietà, mentre nel caso specifico è proprio la proprietà che viene ceduta. In base all’articolo 23 della Costituzione «nessuna prestazione patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge» (sempre della Ctr).Ed ecco che la Ctr ha accettato il ricorso del contribuente.

Precedentemente, nello stesso senso, anche se forse non adeguatamente motivata, si era espressa la sentenza della Commissione tributaria di Trento n. 193 del 1° dicembre 2017.

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Decreto Delegato 28 Giugno nr 109 – Disposizioni in materia di imposta straordinaria sugli immobili

9 Luglio 2019

Il Decreto Delegato nr 109 istituisce l’imposta straordinaria sugli immobili per il periodo d’imposta 2019 a carico delle società ed enti assimilati ad eccezione di trust enti religiosi, associazioni giuridicamente riconosciute e fondazioni.

L’imposta, che non è deducibile dal reddito imponibile,  è autoliquidata dal soggetto entro il 16 dicembre 2019 sulla base di quanto verrà trasmesso dall’Ufficio Tecnico del Catasto che provvederà a recapitare i  prospetti relativi entro il 30 novembre 2019.

L’imposta non si applica agli immobili che “costituiscono luogo di svolgimento dell’attività d’impresa dei soggetti obbligati”.

DD109-2019

 

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Regolamento 21 Giugno 2019 nr 8 – Regolamento ICEE consumi

9 Luglio 2019

Il Regolamento ICEE (Indicatore della Condizione Economica di Equità) regola il controllo di quanto dichiarato dal nucleo familiare ai fini ICEE con la stima dei consumi elencati all’art. 3.

R008-2019+All.Ae

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Decreto Delegato 18 Giugno 2019 nr 105 – Acquisto di fabbricati da parte di cittadino straniero

9 Luglio 2019

Il Decreto in oggetto  consente, secondo le modalità indicate, alle persone fisiche di cittadinanza straniera e alle persone giuridiche di diritto sammarinese l’acquisto di fabbricati o porzioni di essi, siti in Repubblica, e di stipulare contratti di locazione finanziaria immobiliare, senza la preventiva autorizzazione del Consiglio dei XXII.

DD105-2019

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Per le targhe estere la stretta si allenta

9 Luglio 2019

Il Sole 24 Ore 6 GIUGNO 2019 di Maurizio Caprino

CIRCOLARE DEL VIMINALE

Il divieto di guidare si decide sulla residenza anagrafica, non su quella normale

Si allenta la stretta sull’esterovestizione dei veicoli: ai fini del divieto per i residenti in Italia di guidare mezzi con targa estera, vale solo la residenza anagrafica e non quella formale. Lo afferma il ministero dell’Interno, con la circolare 300/A/4983/19/149/2018/06 del 4 giugno. Un’interpretazione che riguarda verosimilmente poche situazioni tra quelle che emergono quotidianamente e non affronta le questioni più critiche sollevate in questi primi mesi di applicazione della stretta.

La struttura tecnica del ministero (in questo caso, la direzione centrale delle Specialità della Polizia) ne appare ben consapevole. Tanto che nella circolare dice che è «in corso di predisposizione» una modifica normativa alla stretta, introdotta da dicembre con la legge 132/2018 di conversione del decreto sicurezza (Dl 113/2018).

In attesa che la legge venga cambiata, la circolare si limita a stabilire che gli agenti devono fare riferimento alla sola residenza anagrafica e non anche a quella normale, prevista dalle normative europee per chi rimane in uno Stato membro per almeno 185 giorni e citata dalla precedente circolare sull’esterovestizione dei veicoli, datata 10 gennaio 2019.

Questo perché, con le «criticità operative» emerse, «si è posta l’esigenza di limitare opportunamente il rigore del divieto», introdotto dalla legge 132/2018 nell’articolo 93 del Codice della strada. Ma in realtà è raro che gli agenti contestino infrazioni sulla base della residenza normale, che è difficile da accertare su strada.

Inoltre, le proteste più frequenti sono venute dalle comunità rumene, da San Marino e Vaticano e dai gelatieri della zona dolomitica che in estate lavorano in Germania. E in tutti questi casi risulta che i problemi riguardassero soprattutto persone che in Italia hanno la residenza anagrafica, non quella normale.

Nel caso di San Marino e Vaticano, invece, il problema deriva dal fatto che rientrano fra gli Stati extracomunitari e quindi per i dipendenti italiani delle loro aziende non vale la deroga prevista dall’articolo 93 per quelli di aziende comunitarie. Un’eventuale modifica normativa dovrebbe riguardare esplicitamente questi due Stati. E, preferibilmente, dovrebbe chiudere la porta a noleggi e leasing con operatori comunitari, che attualmente sono del tutto liberi, consentendo molti abusi.

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La nomina del sindaco o del revisore diventa obbligatoria per 80mila Srl

9 Luglio 2019

Il Sole 24 Ore 08 GIUGNO 2019 di Nicola Cavalluzzo

CRISI DI IMPRESA

Nello sblocca cantieri passa il compromesso che raddoppia i parametri

Taglio di quasi il 50% dei soggetti vincolati: 140mila con le vecchie soglie

Il Ddl di conversione del decreto sblocca cantieri, nella versione uscita dal Senato, mette la parola fine alla querelle sui parametri che obbligano le Srl alla nomina dell’organo di controllo interno. Come anticipato su «IL Sole 24 Ore» di ieri, alla fine ha prevalso la soluzione che prevede il raddoppio dei parametri attualmente indicati nel nuovo codice della crisi di impresa: pertanto, l’obbligo di nomina del revisore ed, eventualmente, anche dell’organo di controllo monocratico o collegiale, scatterà allorché, per due esercizi consecutivi, verrà superato almeno uno di questi limiti:

totale dell’attivo dello stato patrimoniale, 4 milioni di euro;

ricavi delle vendite e delle prestazioni, 4 milioni di euro;

dipendenti occupati in media nell’esercizio 20 unità. Immutati gli altri parametri e quindi occorrerà provvedere alla nomina del revisore e/o dell’organo di controllo nel caso in cui la società sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato o controlli una società obbligata alla revisione legale dei conti.

Immutata anche la regola che sancisce il venir meno dell’organo di controllo interno, che cesserà quando per tre esercizi consecutivi non sia superato alcuno dei predetti limiti. Quest’ultima disposizione finalmente allinea la durata in carica dell’organo di controllo con il periodo nel quale i parametri numerici non sono superati.

Il raddoppio dei limiti viene incontro all’esigenza di evitare di imporre controlli a società di modeste dimensioni, la cui struttura amministrativa non è in grado di predisporre in tempi così brevi un sistema amministrativo e contabile tale da soddisfare gli obblighi di legge. Di contro, un eccessivo innalzamento dei limiti avrebbe di fatto svuotato di interesse il nuovo codice che, innovando rispetto al passato, punta a creare un sistema di allerta interna che possa intercettare tempestivamente i segnali della crisi. Anche il Cndcec si è espresso in senso favorevole al raddoppio dei limiti, ritenendo che tale adeguamento possa nel contempo tranquillizzare le imprese di piccole dimensioni senza stravolgere gli obiettivi del codice.

Come emerge da uno studio del Cerved, l’accoglimento di questa proposta comporta una riduzione di circa il 50% delle società soggette all’obbligo di nomina dell’organo di controllo. Le società coinvolte saranno poco meno di 80mila, a differenza delle circa 140mila ricomprese nelle soglie originali identificate dalla riforma (due milioni di attivo e di ricavi; dieci dipendenti).

Con il recepimento di queste novità, tutte le Srl che hanno nominato l’organo di controllo sulla base dei limiti dimezzati potranno effettuarne la revoca per giusta causa. L’emendamento lascia irrisolto il dubbio sul quando procedere alla nomina dell’organo di controllo o del revisore. Infatti, già con l’assemblea di approvazione del bilancio 2018, le Srl dovrebbero valutare l’opportunità di provvedere senza attendere il maggior termine di nove mesi indicato nel nuovo codice. Infatti, il termine lungo sembrerebbe applicabile solo in presenza della necessità di adeguare lo statuto. In questo modo si consentirebbe all’organo di controllo di analizzare da subito i processi aziendali ovvero di richiederne l’implementazione.

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Responsabilità da decreto 231 anche per i reati tributari

8 Luglio 2019

Il Sole 24 Ore 26 GIUGNO 2019 di Giovanni Negri 

DIRITTO DELL’ECONOMIA

Nella legge di delegazione europea la previsione dell’estensione alle frodi Iva

Decisiva la necessità di recepimento della direttiva Pif

Società responsabili per frodi Iva commesse dai dipendenti. Aprendo così la strada per l’applicazione del decreto 231/01 nel penale tributario. A prevederlo è la legge di delegazione europea, ormai pronta per essere esaminata dall’Aula del Senato per il via libera definitivo. Più nel dettaglio, la legge affida al Governo il recepimento della direttiva Pif (protezione di interessi finanziari, la 2017/1371) che ha per oggetto la definizione di reati e di sanzioni contro le frodi che compromettono gli interessi finanziari dell’Unione con particolare riferimento all’Iva.

La necessità del recepimento mette in agenda il tema cruciale della responsabilità degli enti, uno di quelli più centrali, insieme alla forza esimente dei modelli (tuttora inevasa) e l’inclusione dei reati colposi (questo invece già in atto con i reati in violazione della sicurezza del lavoro). Da molto tempo, infatti, si discute dell’allargamento all’intero settore fiscale. Almeno dal 2007, a dire la verità, quando la commissione ministeriale guidata dall’attuale Procuratore di Mialano Francesco Greco (ma all’interno della quale l’anima, allora meno sbiadita, di Mani Pulite, era rappresentata anche da Paolo Ielo, oggi alla Procura di Roma, e Piercamillo Davigo, attuale consigliere del Csm) ne aveva già messa nero su bianco l’inserimento nella lista dei reati presupposto.

Non se ne fece nulla per la fine anticipata del Governo Prodi ma la questione è corsa sottotraccia in tutti questi anni, tra qualche interpretazione creativa da parte dei tribunali, utilizzando come leva reati affini come la truffa ai danni dello Stato e chiusure assolute da parte della Cassazione. Va poi detto, sul piano giurisprudenziale, che i reati tributari, mai inclusi in via principale, possono invece essere tra quelli che danno luogo alla responsabilità da decreto 231 quando rientrano nel piano criminale di un’associazione internazionale: l’associazione per delinquere, infatti, articolo 416 del Codice penale rientra infatti tra i reati presupposto a pieno titolo.

In ogni caso, il disegno di legge che si avvia all’approvazione definitiva scioglie i nodi, almeno sul fronte cruciale delle frodi Iva, lasciando tuttavia impregiudicato, lo sottolineava la stessa relazione, la valutazione del ministero della Giustizia sull’opportunità di comprendere tutto il penale tributario nel perimetro della responsabilità amministrativa degli enti. Insomma, aperta un breccia, potrebbe poi seguire la caduta di tutto il muro.

Di certo la riflessione non potrà avere tempi lunghi, anche perché sul piano formale il tempo per il recepimento della direttiva sta per scadere, visto che è fissato alla settimana prossima, al 6 luglio, per la precisione, e aprire un altro fronte con l’Europa anche sulla cooperazione in materia penale non pare consigliabile, almeno nel breve periodo.

A monte, l’articolo 6 della Direttiva contiene disposizioni sulla responsabilità delle persone giuridiche per le condotte illecite commesse anche a proprio vantaggio da parte dei dipendenti in generale e dei vertici aziendali in particolare. L’articolo 9 della Direttiva prevede poi l’adozione da parte degli Stati membri delle misure necessarie perché la persona giuridica riconosciuta responsabile ai sensi dell’articolo 6 sia sottoposta a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che comprendono sanzioni pecuniarie penali o non penali e che possono comprendere anche altre misure come : a) l’esclusione dal godimento di un beneficio o di un aiuto pubblico; b) l’esclusione temporanea o permanente dalle procedure di gara pubblica; c) l’interdizione temporanea o permanente di esercitare un’attività commerciale; d) l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria; e) provvedimenti giudiziari di scioglimento; f) la chiusura temporanea o permanente degli stabilimenti che sono stati usati per commettere il reato.

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