Categoria: In primo piano
Domicilio fiscale, il nuovo criterio cambia l’esito delle Convenzioni
16 Aprile 2024
Il Sole 24 Ore lunedì 18 marzo 2024 di Maria Lucia Di Tanna Davide Greco
I redditi percepiti per attività di lavoro svolte in Kazakistan da un contribuente che risulti residente in Italia ex articolo 2, comma 2, del Tuir, sono imponibili – in base all’articolo 15, paragrafo 1, ultimo periodo del relativo Trattato – oltre che nello Stato della fonte, anche in quello di residenza.
Il reddito estero dovrà quindi essere dichiarato in quest’ultimo Stato (l’Italia), ferma restando la possibilità per il contribuente di portare in detrazione le imposte corrisposte all’estero, mediante il meccanismo del credito d’imposta (articolo 165 del Tuir).
Sono le conclusioni cui è giunta la Corte di cassazione nella sentenza 5563 pubblicata il 1° marzo 2024, che coinvolge un contribuente italiano che lavorava come dipendente (per più di 183 giorni all’anno) per un’azienda kazaka e a cui era stata contestata la residenza fiscale in Italia in ragione del domicilio civilistico.
La tassazione concorrente
La sentenza è interessante per due motivi. Viene innanzitutto chiarita – si auspica definitivamente – la corretta interpretazione di quanto disposto dall’articolo 15, paragrafo 1, secondo periodo, delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni in materia di redditi da lavoro dipendente: le conclusioni offerte possono essere estese a tutte le Convenzioni stipulate dall’Italia, a esclusione, probabilmente, solo di quella stipulata con l’Arabia Saudita, che presenta una formulazione ( wording ) particolare.
I giudici di legittimità, “enfatizzando” il testo inglese della Convenzione Italia-Kazakistan, hanno sottolineato come l’espressione inglese «may be taxed», presente nel secondo periodo del paragrafo 1 della norma, debba far propendere l’interprete verso il riconoscimento di una tassazione concorrente tra Stato della fonte e Stato della residenza. Ai fini di una tassazione esclusiva, invece, si sarebbe dovuta trovare l’espressione inglese «shall be taxable» (così come avviene, infatti, nel primo periodo del paragrafo 1 dell’articolo 15).
Dunque, ogni volta in cui si deve decidere dove tassare un reddito di lavoro dipendente percepito da un soggetto fiscalmente residente in Italia, per attività di lavoro dipendente svolte per oltre 183 giorni all’estero, l’articolo 15, paragrafo 1, secondo periodo di tutti i Trattati internazionali (compreso quello stipulato tra Italia e Kazakistan) attribuisce potestà concorrente a Stato della residenza e Stato della fonte. In tal caso, il contribuente deve presentare la dichiarazione dei redditi anche in Italia eliminando la doppia imposizione con il metodo del credito d’imposta.
Unico caso internazionale peculiare in materia di redditi di lavoro dipendente è l’Arabia Saudita, la cui Convenzione internazionale all’articolo 15 presenta un wording differente da tutte le altre redatte sulla base del Modello Ocse (a cui si rinvia per maggiori approfondimenti).
Il concetto della residenza
La sentenza della Cassazione in esame permette anche di svolgere una veloce riflessione sul nuovo concetto di residenza fiscale, così come modificata dall’articolo 1 del Dlgs 209/2023. Nella sua nuova formulazione, l’articolo 2, comma 2, del Tuir, oltre al criterio di collegamento della residenza civilistica e della presenza fisica, attribuisce rilevanza anche al criterio del “domicilio fiscale” inteso come il luogo in cui si concentrano gli interessi, principalmente personali e familiari.
Nella previgente formulazione, invece, il domicilio veniva inteso come il luogo ove si concentrano gli interessi familiari ed economico-patrimoniali del contribuente.
Di recente si stava assistendo a un cambio di trend nella giurisprudenza di legittimità (si veda Cassazione 32992/2018 e 29312/2018), la quale sembrava avesse iniziato ad attribuire preponderanza al luogo in cui si concentrano gli interessi economico patrimoniali. Cambio di trend oggi “ininfluente”, stante la nuova definizione di domicilio adottata dal legislatore.
Questa variazione impatterà notevolmente su tutte le situazioni come quella trattata dalla Corte di cassazione nella sentenza 5563/2024 (distacco per più di 183 giorni all’estero per lavoro, ma con famiglia in Italia). Infatti, per i soggetti come il contribuente (che abbiamo visto lavorare per oltre 183 giorni all’anno in Kazakistan), se prima della riforma si sarebbe potuta tentare la strada della residenza nel luogo di produzione del reddito, con la nuova formulazione della residenza fiscale delle persone fisiche l’unico modo per evitare la tassazione concorrente è quello di trasferire anche la famiglia nello Stato della fonte.
Iscriviti alla newsletter di HLB San Marino
Residenza fiscale, il frazionamento del periodo d’imposta resta al palo
16 Aprile 2024
Il Sole 24 Ore 26 marzo 2024 di Antonio Fiorentino Martino Paolo Scarioni
Negli scorsi mesi, tra gli operatori era molto alta l’aspettativa che, nell’ambito della riforma fiscale, il legislatore delegato introducesse – in relazione alla residenza fiscale delle persone fisiche – una norma domestica sul cosiddetto split year; aspettativa poi disattesa, poiché il decreto Fiscalità internazionale di fine anno (Dlgs 209/2023) nulla ha previsto in proposito. Eppure sarebbe una disposizione necessaria.
Per comprenderne le ragioni, deve ricordarsi che in base all’articolo 2, comma 2 del Tuir si ha la residenza fiscale in Italia se uno dei criteri di collegamento col nostro territorio è soddisfatto anche solo «per la maggior parte del periodo d’imposta»; in quel caso, si è considerati fiscalmente residenti per l’intera annualità. Questa “unitarietà” del periodo d’imposta genera qualche insidia nell’anno in cui avviene il trasferimento del contribuente all’estero, o il suo ingresso in Italia: l’impossibilità di frazionare l’anno in due parti può provocare, infatti, non solo fenomeni di doppia imposizione, ma anche fenomeni di doppia non imposizione.
Quanto ai primi, si pensi al caso di un contribuente fiscalmente residente in Italia, che nella seconda parte del 2024 migri in uno Stato estero per intraprendervi un’attività lavorativa, e che, in virtù della normativa interna di tale ultimo Stato, acquisisca lì la residenza fiscale a decorrere dalla data del trasferimento: i redditi di lavoro prodotti all’estero verranno tassati sia in Italia (perché qui il soggetto è stato residente per la maggior parte del 2024), sia nello Stato estero, avendo acquisito la residenza fiscale dal giorno del suo arrivo.
Vero è che tale doppia imposizione può essere superata attraverso i meccanismi approntati dalle Convenzioni. Tuttavia, il rimedio solitamente adottato, ossia il credito d’imposta, non è sempre “perfetto”: in virtù di esso, la doppia imposizione talvolta viene rimossa solo parzialmente, laddove all’estero il reddito sia tassato con un’aliquota d’imposta inferiore rispetto a quella Irpef, o sia calcolato in modo differente rispetto a come avviene in Italia, e talaltra non è eliminata affatto, come nei casi in cui il medesimo reddito sia assoggettato a tassazione in Italia tramite imposta sostitutiva o ritenuta a titolo d’imposta (sebbene la Cassazione abbia di recente espresso un’apertura: si veda la sentenza 25698/2022).
C’è da dire che il Commentario al modello Ocse (al punto 10 del commento all’articolo 4) consente agli Stati contraenti di adottare una disposizione di split year, in base alla quale il contribuente di uno Stato, espatriato nell’altro Stato in corso d’anno, mantiene la residenza fiscale nel primo fino alla data del trasferimento, e diviene fiscalmente residente nel Paese di destinazione solo a decorrere dal giorno successivo.
A oggi, però, sono solo due le convenzioni sottoscritte dall’Italia che si avvalgono di tale facoltà, ossia quella in vigore con la Svizzera e quella in vigore con la Germania; e ciò comporta che la regola del frazionamento non possa ritenersi operante in tutti i restanti trattati, come confermato già da tempo dall’agenzia delle Entrate (risoluzione 471/2008) e, più di recente, dalla Corte di cassazione (ordinanza 25690/2023). Cosicché l’introduzione di una disposizione domestica avrebbe consentito senz’altro di evitare le accennate problematiche.
Una tale disposizione – e veniamo così al secondo inconveniente procurato dalla sua assenza nell’ordinamento – avrebbe anche l’effetto di prevenire fattispecie di doppia non imposizione.
Si pensi, ad esempio, a un contribuente italiano che si trasferisca nella prima parte del 2024 in uno Stato estero ove è prevista, per norma interna, la regola dello split year, o che adotta un periodo d’imposta difforme dall’anno solare (è quanto accade nel Regno Unito, ove il periodo d’imposta inizia il 6 aprile e termina 5 aprile dell’anno successivo). Qualora egli, nel corso dei primi mesi dell’anno, prima dell’espatrio, avesse realizzato un capital gain dalla cessione di partecipazioni non qualificate in società italiane (o anche estere), tale plusvalenza non sarebbe imponibile in Italia, in quanto verrebbe realizzata da un soggetto che per il 2024 è fiscalmente “non residente” nel nostro Paese, essendoci rimasto per meno di 183 giorni; la legge italiana esclude, infatti, che tale tipologia di plusvalenze sia territorialmente rilevante in Italia per i non residenti (lo stabiliscono l’articolo 5 del Dlgs 461/1997, quanto ai soggetti residenti in Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni, e l’articolo 23 del Tuir, quanto a tutti i non residenti, in relazione alle partecipazioni in società residenti quotate). Al contempo, la medesima plusvalenza non verrebbe assoggettata a tassazione neppure nel Paese estero di destinazione, poiché – proprio in virtù dello split year sancito dalla disciplina interna di tale Paese – il medesimo soggetto diverrebbe ivi residente solo a partire dalla data del suo trasferimento.
Simili vicende di doppia non imposizione possono essere evitate solo intervenendo sul piano della normativa domestica: esse, infatti, non sono in alcun caso risolvibili neppure nell’ipotesi in cui lo split year sia contemplato dalla Convenzione in essere tra i due Paesi, dal momento che le disposizioni pattizie non possono mai fondare un presupposto impositivo, o individuare una residenza fiscale, altrimenti inesistenti sulla base delle norme interne. Pertanto, per riprendere l’esempio illustrato, la plusvalenza non potrà essere tassata in Italia neppure ove realizzata da un soggetto poi spostatosi in Germania o in Svizzera.
Iscriviti alla newsletter di HLB San Marino
Compensi agli amministratori deducibili solo con delibera
16 Aprile 2024
Il Sole 24 Ore 26 marzo 2024 di Laura Ambrosi e Antonio Iorio
LA CONFERMA DELLA SUPREMA CORTE
La delibera assembleare di approvazione del bilancio in cui sono puntualmente rilevati i compensi degli amministratori della Srl non è sufficiente a legittimare la deduzione fiscale del relativo costo, salvo non venga espressamente approvata la specifica voce.
A confermare l’orientamento restrittivo della Suprema Corte in tema di deducibilità dei compensi degli amministratori anche di srl è la sentenza 8005 depositata ieri.
Secondo la Cassazione, in particolare, va condivisa la soluzione più articolata (già espressa in altre precedenti sentenze) secondo la quale l’approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall’articolo 2389 del Codice civile, salvo che l’assemblea convocata solo per l’approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori.
Ne consegue che il difetto di specifica delibera dell’assemblea in ordine alla determinazione del compenso degli amministratori può essere effettivamente sanato in sede di delibera di approvazione del bilancio, ma solo se tale delibera abbia espressamente approvato la relativa voce, non essendo sufficiente la semplice approvazione del bilancio contenente tale voce.
Obiettivamente mal si comprende questo rigoroso orientamento della Suprema corte, ormai espresso da anni, soprattutto sotto un profilo sostanziale ed in assenza di circostanze particolari (compensi esosi, detassazione dell’amministratore ecc.).
Viene richiesta una delibera ad hoc anche nelle srl dove in molti casi il socio è anche l’amministratore, non essendo sufficiente l’approvazione del bilancio in cui i compensi vengono puntualmente riportati. Senza considerare che, da un profilo fiscale, l’amministratore assoggetta regolarmente a tassazione il compenso, la cui deduzione, in assenza di tale specifica delibera, viene invece negata alla srl.
Iscriviti alla newsletter di HLB San Marino
Decreto Delegato 14 marzo 2024 nr 51 – Modifica al D.D. 25 06 218 nr 72 – Disposizioni in materia di credito agevolato a supporto delle imprese e succ. mod.
16 Aprile 2024
Con il D.D. nr 51 del 14 marzo 2024 viene adeguata la composizione del Comitato di Valutazione delle domande che risulta ad oggi così composto:
“Art. 15
(Modalità di autorizzazione del credito agevolato)
1. Le domande per usufruire dei finanziamenti previsti sono esaminate dal Comitato di
Valutazione in ordine di presentazione entro sessanta giorni lavorativi da quest’ultima, se non
previsto diversamente dal presente decreto delegato.
Il Comitato di Valutazione è composto come segue:
a) il direttore dell’Ufficio Attività Economiche o suo delegato, che lo presiede;
b) il direttore dell’Ufficio Tributario o suo delegato;
c) il direttore dell’Ufficio per il Lavoro e le Politiche Attive (ULPA) o suo delegato.
Sono invitati a presenziare, senza farne parte, a scopo conoscitivo e consultivo, un rappresentante
per ciascuna delle associazioni sindacali e dei sindacati dei datori di lavoro giuridicamente
riconosciute ai sensi del Titolo I della Legge n.7/1961 e successive modifiche”
Iscriviti alla newsletter di HLB San Marino
Decreto Delegato 14 marzo 2024 nr 50 – Ratifica Decreto Delegato 18 12 2023 nr 185 – Disciplina delle attività economiche
16 Aprile 2024
Con il Decreto Delegato 14 marzo nr 50 è stata riordinata e aggiornata la normativa sulle attività economiche a San Marino.
Il testo ratificato è costituito da 37 articoli dove vengono indicati i requisiti necessari per il ritiro delle varie licenze d’esercizio, l’iter da seguire per l’avvio delle attività e la casistica operativa più frequente.
Iscriviti alla newsletter di HLB San Marino
Decreto Delegato 11 marzo 2024 nr 48 – Modifica alla Tabella 3 allegata al D.D. 27 11 132 – Tasse applicabili dall’Ufficio di Stato Brevetti e Marchi
16 Aprile 2024
Il Decreto Delegato nr 48 che si allega, aggiorna le tariffe relative alla tassa di deposito e di rinnovo sia per i marchi relativi a beni e servizi che per i marchi collettivi nel modo seguente:
Marchio per beni e servizi
Tassa di deposito per una classe 150,00 Tassa per ogni classe aggiuntiva dalla seconda in poi 50,00 Tassa di rinnovo per una classe 150,00 Tassa per ogni classe aggiuntiva 50,00
Marchio collettivo
Tassa di deposito per una classe 250,00 Tassa per ogni classe aggiuntiva dalla seconda in poi 50,00 Tassa di rinnovo per una classe 250,00 Tassa per ogni classe aggiuntiva 50,00
************************************
Tassa di ricerca Non applicabile Tassa di esame Non applicabile Tassa di pubblicazione Compresa nella tassa di deposito.”.
Iscriviti alla newsletter di HLB San Marino
Decreto Delegato 19 marzo 2024 nr 58 – Settori di attività soggetti al nulla osta del Congresso di Stato ai fini del rilascio dell’autorizzazione ad operare di cui al D.D. 14 marzo 2024 nr 50
16 Aprile 2024
Si allega il testo completo del D.D. 19 marzo nr 58 che entrerà in vigore il 1° luglio 2024 ed elenca i settori sensibili soggetti all’autorizzazione del Congresso di Stato per il rilascio della licenza
(…) a) le attività economiche che rientrano nel campo di applicazione dell’Accordo tra la Repubblica di San Marino e la Repubblica Italiana sulla Regolamentazione Reciproca dell’Autotrasporto Internazionale di viaggiatori e merci, fatto a San Marino il 7 maggio 1997 e ratificato e reso esecutivo con Decreto 21 luglio 1997 n.73;
b) le attività economiche di stampa e produzione nel settore merceologico di prodotti e valori numismatici e filatelici;
c) le attività economiche nel settore merceologico di costruzione delle strade, qualora abbiano ad oggetto la formazione delle reti sottostanti inerenti alle opere di urbanizzazione primaria;
d) tutte le attività economiche nel settore merceologico della produzione e distribuzione dell’energia, dell’acqua, del gas, delle telecomunicazioni, del traffico telefonico e delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica;
e) le attività economiche di smaltimento e trattamento nel settore merceologico dei rifiuti nonché le attività economiche nel settore dei rottami ferrosi;
f) tutte le attività economiche nel settore della vigilanza privata, effettuata anche attraverso l’uso di tecnologie e dell’investigazione privata;
g) le attività di commercio all’ingrosso di preziosi, ad esclusione dell’attività di commercio all’ingrosso di orologi;
h) le attività in settori per i quali il nulla osta sia previsto da leggi speciali.
2. Il nulla osta di cui al comma 1 può essere comunque richiesto e deliberato anche preventivamente alla costituzione della società.(…)
Iscriviti alla newsletter di HLB San Marino
Decreto Delegato 15 febbraio 2024 nr 24 – Disposizioni in materia di arbitrato commerciale internazionale
11 Marzo 2024
Il Decreto Delegato nr 24 propone la Repubblica di San Marino quale sede di possibili futuri arbitrati commerciali.
Secondo quanto stabilito dall’art. 10 sarà infatti possibile ricorrere all’arbitrato internazionale nella Repubblica di San Marino per qualsiasi controversia, a condizione che essa coinvolga un valore economico (fatta eccezione per la materia fiduciaria e del trust) e non riguardi diritti indisponibili delle parti.
Una volta costituito, il tribunale arbitrale potrà, su istanza di parte, concedere provvedimenti cautelari che siano motivati in fatto e in diritto e l’autorità giudiziaria della Repubblica di San Marino è tenuta, nei limiti della propria competenza, a riconoscere le misure arbitrali emesse da tribunali con sede nella Repubblica, così come da tribunali con sede all’estero (se la misura dovrà avere esecuzione nella Repubblica) e da corti straniere in supporto di arbitrati internazionali.
Iscriviti alla newsletter di HLB San Marino
Decreto Delegato 21 febbraio 2024 n.35 – Adeguamento del tetto limite pensionistico di cui all’art. 14 della Legge 29 Novembre 2022 nr 157
11 Marzo 2024
Ai fini del calcolo della pensione, il tetto pensionistico per l’anno 2024 è stato fissato ad € 49.206,23.
il Decreto Delegato fissa infatti con un Articolo Unico che
“Al fine di coordinare l’articolo 14 della Legge 29 novembre 2022 n.157 con l’articolo 32 della Legge 11 febbraio 1983 n.15 e successive modifiche, il tetto limite pensionistico per l’anno 2024 è pari ad euro €49.206,23 (quarantanovemiladuecentosei/23)”
Iscriviti alla newsletter di HLB San Marino
Residenza fiscale, interessi economici esclusi dal nuovo criterio di domicilio
11 Marzo 2024
Il Sole 24 Ore lunedì 12 febbraio 2024 di Stefano Vignoli
Ai tre principi alternativi si aggiunge la presenza nel territorio dello Stato
Le modifiche del decreto legislativo 209 all’articolo 2 del Tuir in vigore dal 2024
Il decreto legislativo 209/2023 ridisegna – con decorrenza 1° gennaio 2024 – la nozione di residenza fiscale in Italia, modificando l’articolo 2, comma 2, del Tuir e raccogliendo, ma solo in parte, l’invito della legge delega 111/2023 ad applicare le best practice della prassi internazionale.
L’individuazione della residenza fiscale è importante perché determina l’assoggettamento a imposte nel nostro Paese, oltre che dei redditi prodotti (e del patrimonio detenuto) in Italia in base al principio di territorialità, anche di quelli prodotti all’estero, in ossequio al worldwide principle taxation (articolo 3, Tuir).
Tra conferme e novità
Procediamo con ordine, partendo da cosa non è cambiato: in primis la verifica dei criteri alternativi di residenza, che deve essere effettuata per la maggior parte del periodo di imposta (almeno 183 giorni, 184 negli anni bisestili) escludendo quindi l’applicazione dello split year , ovvero la possibilità di essere residenti soltanto per una frazione d’anno come avviene in altri Paesi.
Per quel che riguarda le novità, ai tre criteri alternativi della residenza, dell’iscrizione in anagrafe nazionale e del domicilio, se ne aggiunge un quarto: quello della presenza nel territorio dello Stato sufficiente a determinare la residenza in Italia quando ricorre per la maggior parte dell’anno, computando anche le frazioni di giorno. Dal 2024 rischiano pertanto di essere attratti a tassazione anche studenti e turisti di lunga durata.
I criteri e le modifiche
Non si rilevano modifiche al criterio della residenza, per il quale occorre riferirsi al Codice civile e quindi alla dimora abituale.
Perde rilevanza l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente (e, in parallelo, all’Aire), che non costituisce più presunzione assoluta di residenza ma ammette prova contraria. Il nostro Paese si avvicina così alla migliore prassi internazionale, considerata la diffusa irrilevanza dei requisiti formali in altri ordinamenti, e consolida un orientamento del legislatore già manifestatosi in sede di accesso ai regimi di favore per impatriati, ricercatori e professori.
Varia anche la definizione di domicilio, da intendersi quale «luogo in cui si sviluppano in via principale le relazioni personali e familiari della persona». Una nozione che si distanzia da quella civilistica (e convenzionale) individuata dall’articolo 43 («sede principale dei suoi affari e interessi»), che faceva riferimento anche agli interessi economici.
Nel “nuovo” domicilio gli interessi economici perdono invece di rilevanza, con il duplice rischio di aumentare le difficoltà a determinare la residenza (è più semplice individuare il luogo dove sono collocati gli interessi economici rispetto a quelli personali) e di agevolare il trasferimento all’estero dei contribuenti più facoltosi.
Premesso che non sono state introdotte modifiche ai trasferimenti in Paesi black list (elenco dal quale è appena uscita la Svizzera), per i quali è prevista l’inversione dell’onere della prova a carico del cittadino italiano, sarà più semplice, ad esempio, lasciare la residenza italiana per quella del Principato di Monaco (Paese black list) da parte dell’imprenditore che si trasferisce con la famiglia conservando rilevanti interessi economici e patrimoniali in Italia: il nuovo concetto di domicilio richiede infatti di verificare “soltanto” il luogo degli interessi personali e familiari.
Le doppie residenze
In base al nuovo criterio della presenza dovrebbero aumentare le persone potenzialmente residenti in Italia. Ma trattandosi spesso di persone che risultano residenti anche in un altro Paese legato da convenzione con l’Italia, il conflitto di doppia residenza andrà risolto in base alle tie breaker rules individuate dalla norma pattizia che prevale rispetto al Tuir (lex specialis derogat generali).
Le convenzioni stipulate dall’Italia – conformi all’articolo 4 del modello Ocse – attribuiscono la residenza a uno solo dei due Paesi firmatari, seguendo l’ordine gerarchico del Paese dove la persona ha 1 l’abitazione permanente, 2 il centro degli interessi vitali, 3 il soggiorno abituale e 4 la nazionalità, salvo la remota possibilità di 5 dover attivare una procedura amichevole quando nessuno dei quattro criteri permette di individuare il Paese di residenza.
La nuova residenza entra in vigore dal 2024; fino al 2023 sarà pertanto necessario riferirsi al previgente testo dell’articolo 2 del Tuir.
Da segnalare, infine, che il decreto delegato sulla fiscalità internazionale dimentica di individuare le regole di determinazione della residenza in materia di imposta di successione e donazione, la cui disciplina resta orfana di una propria definizione, dovendo pertanto riferirsi all’articolo 43 del Codice civile (dimora abituale)