Categoria: In primo piano
Per i cripto-operatori esteri scatta l’ora del monitoraggio
11 Maggio 2022
Il Sole 24 Ore lunedì 25 aprile 2022 di Fabrizio Cancelliere Massimo Simbula Giulio Tombesi
Operativa entro il 18 maggio la nuova sezione speciale del registro pubblico Oam
Obbligo di iscriversi per tutti i wallet provider operanti Italia, anche online
Entro il prossimo 18 maggio inizierà una nuova era per gli operatori in criptovalute (e per gli investitori). I prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale (“Vasp”) e di servizi di portafoglio digitale (“Wsp”) che operano – o intendono operare – in Italia avranno l’obbligo di iscriversi alla sezione speciale del registro pubblico informatizzato, tenuto dall’Oam (Organismo gestione agenti in attività finanziaria e mediatori creditizi), come prevede il decreto Mef del 13 gennaio 2022.
Alla data di apertura del registro (non ancora annunciata dall’Oam), i cambia-valute virtuali già attivi avranno 60 giorni per comunicare la propria operatività in Italia e continuare a esercitare l’attività senza attendere la pronuncia dell’Oam, purché abbiano i requisiti previsti per i cambiavalute “fisici” ex articolo 17-bis, comma 2, Dlgs 141/10. In caso di mancato rispetto del termine, o di diniego da parte dell’Oam, l’esercizio dell’attività sarà considerato abusivo.
Il registro risponde principalmente a finalità di antiriciclaggio (il decreto Mef è attuativo delle modifiche al citato articolo 17-bis, richieste dalla direttiva Ue 2018/843), ma i dati trasmessi potranno essere messi a disposizione anche dell’amministrazione finanziaria (come le comunicazioni degli intermediari per i rapporti finanziari).
L’impatto sugli investitori
Il primo profilo di interesse riguarda gli investitori, soprattutto se si pensa agli adempimenti fiscali per i detentori di criptovalute. Secondo le Entrate, infatti, le criptovalute sono assimilate a valute estere, con le relative conseguenze:
sul versante reddituale: sempre imponibili le plusvalenze a termine, mentre quelle a pronti solo in caso di movimentazioni da depositi/wallet oltre soglia dei 51.645,96 euro per almeno sette giorni lavorativi (risoluzione 72/E/16 e risposta Dre Lombardia 956-39/18);
sul versante degli obblighi di monitoraggio nel quadro RW: dovuto in caso di investimento tramite exchanger esteri ma anche di detenzione diretta di un electronic wallet con chiave privata (risposta 788/21).
L’assimilazione alle valute estere appare però sempre più inadeguata al mutato concetto di cripto-asset, che dalle criptovalute si è esteso a nuove forme di rappresentazione digitale di valore: security token, utility token e, da ultimo, non fungible token (Nft).
Gli obblighi generalizzati
Il secondo profilo di interesse riguarda l’ambito soggettivo dei nuovi obblighi Oam: le definizioni di cripto-operatori fornite dal Dm sono le stesse della normativa comunitaria antiriciclaggio introdotte con il Dlgs 90/2017, cosi come l’equiparazione alle figure dei cambiavalute. L’obbligo di registrazione riflette quindi la necessità di adeguarsi alla direttiva 2018/843, ma le modalità attuative potrebbero avere effetti sulla competitività del mercato italiano.
Tra i citati requisiti ex Dlgs 141/2010 per l’esercizio dell’attività in Italia rientra infatti la sede legale e amministrativa, ovvero, per i soggetti comunitari, la stabile organizzazione nel territorio dello Stato: requisiti comprensibili per i “classici” cambiavalute, ma meno per i cripto-exchanger, che sono transfrontalieri e attivi anche online. Pertanto, i cripto-operatori esteri che vorranno offrire servizi online al mercato italiano avranno l’obbligo di identificarsi ai fini territoriali in Italia, comunicando la propria sede o la propria stabile organizzazione nel territorio, con ulteriori impatti anche su altri piani giuridici. La presenza di una stabile organizzazione impone infatti obblighi di natura civilistica, contabile e fiscale, sia ai fini delle imposte dirette (i profitti delle stabili organizzazioni sono tassati in Italia) che indirette (apertura di una posizione Iva); fermo restando che le prestazioni strettamente relative all’operatività degli exchanger sono inquadrate come esenti, in linea con la sentenza della Corte Ue 22 ottobre 2015, causa C-264/14 (richiamata nella risoluzione 72/E/16).
L’auspicio è che anche il legislatore fiscale sia spinto a intervenire, precisando se rilevano anche le operazioni “cripto su cripto” oltre a quelle “da valuta legale a cripto e viceversa”; e adeguando l’attuale impianto normativo e dei diversi regimi impositivi (risparmio amministrato e gestito), anche ai fini del monitoraggio RW (esonero per gestioni tramite provider residenti o esteri con sede nel territorio dello Stato).
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Decreto Delegato 13 Aprile 2022 nr 63 – Gestione delle prestazioni periodiche erogate da FONDISS
11 Maggio 2022
Il Decreto Delegato n.63 del 2022 ha lo scopo di disciplinare, in maniera più efficace ed efficiente la gestione delle prestazioni erogate da FONDISS apportando le necessarie modifiche alle disposizioni precedenti. In particolare:
art. 2 viene definito quando viene acquisito il diritto alla prestazione pensionistica
art. 3 in specifiche circostanze è prevista la possibilità di richiederne un’anticipazione fino ad un massimo del 30%
Si allega il testo completo di cui se ne raccomanda un’attenta lettura
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Decreto Legge 6 Aprile 2022 nr 58 – Mod. al D.L. 29 Marzo nr 56 e succ. mod e diposizioni per l’uso della teleconferenza/videoconferenza nelle adunanze
11 Maggio 2022
Anche nell’attuale periodo di cessata emergenza sanitaria è data la possibilità per i consigli di amministrazione e i consigli direttivi di tutte le persone giuridiche ed enti, di effettuare le adunanze anche da remoto.
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Decreto Delegato 20 Aprile 2022 nr 66 – Disposizioni per la gestione dell’imposta di soggiorno
11 Maggio 2022
Dal 1° Luglio 2022 verrà applicata anche a San Marino l’imposta di soggiorno determinata per persona fino ad un massimo di 7 pernottamenti e in base alla struttura ricettiva definita dalla tabella del Decreto nr 66 che si allega. I gestori delle strutture ricettive alberghiere ed extra -alberghiere assumono la qualifica di sostituti d’imposta e sono tenuti a riscuotere l’imposta e versarla all’Ufficio Tributario entro il mese successivo dalla fine di ciascun semestre solare. I gestori devono inoltre presentare entro il 31 marzo dell’anno successivo apposita dichiarazione annuale.
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Sponsor, inerenza anche senza incrementi
11 Maggio 2022
Il Sole 24 Ore 8 aprile 2022 di Dario Deotto Luigi Lovecchio
Le spese di sponsorizzazione sono inerenti in quanto si risolvono in una forma di pubblicità indiretta dell’impresa, anche quando esse consistono nella promozione del marchio e non dei prodotti. A nulla rileva inoltre l’impatto della spesa sul volume delle vendite. La Cassazione (sentenza n. 11324) sposa una interpretazione più attenta alle ragioni dei contribuenti.
Il caso riguardava le spese sostenute in occasione di gare internazionali di kart. L’Ufficio aveva eccepito che, trattandosi di azienda di commercializzazione di prodotti di largo consumo, i destinatari del messaggio promozionale in una competizione internazionale non coincidevano con i potenziali consumatori. Veniva inoltre rilevato che la sponsorizzazione si risolveva nella esposizione del marchio, senza richiami ai prodotti commercializzati. Da ultimo, si contestava che l’impresa non aveva dato prova dell’impatto che aveva avuto la spesa, in termini di incremento del volume di vendite.
La Cassazione ha rigettato tutte le obiezioni dell’Ufficio, facendo leva sulla nozione di inerenza come delineata negli ultimi arresti dei giudici di vertice. La Corte ha precisato che il contratto di sponsorizzazione consiste in un negozio a prestazioni corrispettive che genera una pubblicità indiretta del soggetto sponsorizzato. Si è poi dedotto che l’inerenza postula un giudizio di natura solo qualitativa, e non quantitativa, di tal che non rileva l’eventuale incremento di fatturato conseguito. Ciò che conta è che il costo manifesti, per sua natura, una correlazione diretta o indiretta, anche in proiezione futura, con l’attività d’impresa. Nelle spese di sponsorizzazione, il collegamento sussiste, in difetto di fondate argomentazioni contrarie.
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Con due proposte la Ue apre alla condivisione dei dati, importante quanto la privacy
11 Maggio 2022
Il Sole 24 Ore 29 aprile 2022 di Giusella Finocchiaro e Oreste Pollicino
SOCIALE & DIGITALE
Due recenti proposte di regolamento europeo, il Data Act e il Data Governance Act, segnano una svolta nel trattamento dei dati. Se, fino ad oggi, il focus è stato soprattutto sulla protezione dei dati personali, ora sembra delinearsi un nuovo approccio volto a favorire la valorizzazione e la condivisione dei dati.
Come è stato dichiarato dalla Presidente von der Leyen, l’obiettivo europeo della costruzione di un mercato unico digitale non può prescindere dalla formulazione di una strategia sui dati e l’Europa deve «equilibrare il flusso e l’ampio uso dei dati tutelando al contempo alti livelli di privacy, sicurezza, protezione e norme etiche». Infatti, il programma di lavoro della Commissione per il 2020 ha stabilito diversi obiettivi strategici, tra cui la strategia europea in materia di dati adottata nel febbraio 2020, che mira a creare un mercato unico dei dati e a fare dell’Ue un leader mondiale dell’economia agile basata sui dati.
Tuttavia, se i dati sono il nuovo petrolio, ancora non sono stati elaborati modelli giuridici adeguati per valorizzarlo, sfruttarlo, e generare valore, nel contesto europeo, come hanno rilevato di recente anche Ramge e Mayer-Schönberger.
Ora siamo a una svolta: sono proposti nuovi modelli di circolazione e gestione dei dati. La proposta di regolamento Data Act è stata presentata dalla Commissione europea il 23 febbraio 2022 e affronta il delicato tema della circolazione e poi dello sfruttamento dei dati generati dai prodotti e dai servizi.
L’altra proposta di regolamento che segue il nuovo approccio è quella «relativa alla governance europea dei dati (atto sulla governance dei dati)» o Data Governance Act presentata il 25 novembre 2020 dalla Commissione europea, ma approvata dal Parlamento europeo recentemente, il 6 aprile 2022, con significative modifiche, che affronta il tema della valorizzazione dei dati per finalità di interesse generale.
Entrambe le proposte disciplinano i dati personali e non personali, andando oltre il dibattito sulla protezione dei dati personali e puntando alla valorizzazione di dati e informazioni. La definizione di dato così comprende «qualsiasi rappresentazione digitale di atti, fatti o informazioni e qualsiasi raccolta di tali atti, fatti o informazioni, anche sotto forma di registrazione sonora, visiva o audiovisiva». È lo stesso approccio seguito dal legislatore cinese.
Il Data Act disciplina l’accesso ai dati generati mediante l’uso di prodotti e servizi, ad esempio i dati generati dai sensori. Dispone che l’utente, cioè il soggetto (persona fisica o giuridica) che possiede, affitta o noleggia un prodotto o riceve un servizio debba poter accedere ai dati generati dal prodotto o dal servizio. Il Data Act evita di entrare nel dibattito concernente il modello giuridico da applicare ma disciplina l’accesso ai dati e chiarisce chi e a quali condizioni possa avere accesso ai dati generati mediante l’uso di prodotti e servizi. Anche il titolare ha il diritto di fruirne, previo accordo con l’utente. Dunque i dati saranno della disponibilità di chi usa il prodotto; e previo accordo, nella disponibilità di chi ha raccolto i dati. Ad esempio, chi utilizza un sensore avrà la disponibilità dei dati generati dal sensore e chi ha di fatto la disponibilità materiale di quei dati, perché lo ha installato o ha prodotto il sensore, potrà sfruttarli previo accordo con l’utente. I dati possono anche, a certe condizioni, essere resi disponibili a terzi. Né l’utente né i terzi possono utilizzare i dati per sviluppare un prodotto in concorrenza con il prodotto da cui provengono i dati. A questi dati, dovranno poter accedere: gli utenti che hanno contributo a generarli; soggetti terzi, su richiesta dell’utente; gli organismi pubblici, quando ricorrano exceptional need connessi ad interessi pubblici. Con due limitazioni: sono esclusi i dati generati da prodotti o servizi offerti da piccole o micro imprese; non possono costituire “soggetti terzi” gli operatori qualificabili come gatekeeper in base al Digital Markets Act. Inoltre si introducono: prescrizioni normative minime per i fornitori di servizi cloud, edge e di altri servizi di trattamento dei dati per consentire il passaggio da un servizio all’altro; norme in materia di accesso illecito ai dati non personali detenuti nell’Unione; prescrizioni in materia di interoperabilità e smart contract; la precisazione che il diritto sui generis sancito dalla direttiva 96/9/CE non si applica nel caso di banche dati contenenti dati ottenuti o generati dall’uso di un prodotto o di un servizio.
Nello stesso senso, della valorizzazione dei dati e della condivisione, va il Data Governance Act approvato e modificato dal Parlamento europeo il 6 aprile 2022, che ha costituito la prima misura della nuova strategia europea in materia di dati. Il Data Governance Act agevola il riutilizzo dei dati detenuti da enti pubblici, oggetto di diritti di terzi; prevede un regime di notifica per i fornitori di servizi di condivisione dei dati, che dovranno soddisfare una serie di requisiti, per favorire la fiducia nella condivisione dei dati; introduce il cosiddetto data altruism, che è stato tradotto in italiano come “altruismo dei dati”, e che consiste nel consenso per l’uso dei dati personali per finalità di interesse collettivo. Ciò è particolarmente rilevante per la ricerca scientifica, che dovrebbe poter utilizzare, con le opportune misure di sicurezza (infatti si sottolinea l’importanza dei dati anonimi, cioè non re-identificabili, e dei dati pseudonimizzati) grandi quantità di dati anche per la ricerca data driven. Per favorire la ricerca scientifica si prevedono la creazione di procedure amministrative semplificate, la formattazione standardizzata dei dati, l’utilizzo di metadati informativi sulle scelte metodologiche e di raccolta dei dati e campi di dati standardizzati che consentano la facile integrazione di serie di dati provenienti da diverse fonti di dati del settore pubblico, se necessario ai fini dell’analisi.
Come si legge nella risoluzione del 6 aprile, l’obiettivo di tali pratiche dovrebbe essere la promozione dei dati finanziati e prodotti con fondi pubblici a fini di ricerca scientifica, conformemente al principio «il piu? aperto possibile, chiuso il tanto necessario».
Dunque, un’apertura, dalla Commissione europea, verso modelli che favoriscano la circolazione e la condivisione di dati. D’altronde, già dal titolo, il GDPR dichiara che l’obiettivo non è soltanto la protezione dei dati personali, ma anche la libera circolazione dei dati. E questo, purtroppo, spesso fino ad oggi si è dimenticato.
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La Brexit ha bloccato il trasferimento in Italia delle società inglesi
11 Maggio 2022
Il Sole 24 Ore lunedì 25 aprile 2022 di Angelo Busani
DIRITTO DELL’ECONOMIA
Per effetto della Brexit, non è più possibile per una società di diritto inglese trasferire la sede legale in Italia, trasformandosi in una società di diritto italiano. Dagli articoli 1 e 1046 del Companies Act 2006 si desume infatti che la legislazione inglese non contempla il trasferimento della sede legale all’estero, né la possibilità di adottare una trasformazione in un tipo sociale proprio di un altro ordinamento, assoggettandosi ad esso (cosiddetta operazione di cross-border conversion o di trasformazione internazionale).
Lo afferma l’ufficio studi del Consiglio Nazionale del Notariato rispondendo al quesito (n. 56-2022/A; 31-2022/I) se una Limited di diritto inglese, con sede legale nel Regno Unito e iscritta nel registro delle imprese britannico, titolare di un immobile sito in Spagna, potesse trasferire l’attuale sede legale in Italia con contestuale sua trasformazione in società a responsabilità limitata di diritto italiano.
Secondo il Notariato, l’unico modo attraverso il quale è consentita la cancellazione dal registro delle imprese britannico (in base agli articoli 1003 e 1004 del Companies Act) è lo scioglimento volontario della società e, quindi, la cessazione di ogni attività da parte della società inglese.
La ragione di questa conclusione è che, dal 1° gennaio 2021, il Regno Unito è definitivamente uscito dall’Unione europea ed è scaduto con il 31 dicembre 2020 il periodo di transizione (previsto dall’articolo 126 dell’accordo di recesso) durante il quale, in base all’articolo 127, il diritto dell’Unione continuava ad applicarsi al Regno Unito. Pertanto, ora che la Brexit ha prodotto pieni effetti, il Regno Unito si deve sotto ogni profilo considerare Stato terzo rispetto all’Unione Europea.
Questo comporta che, in caso di trasferimento della sede di società britannica, non si possono più applicare i principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia Ue che, ampliando gradualmente la regola della libertà di stabilimento, consentono il trasferimento della sede all’interno dell’Unione europea in regime di continuità anche laddove la legge nazionale dello Stato di partenza o quella dello Stato di arrivo impongano lo scioglimento nel Paese di partenza e la costituzione di una nuova società nel Paese di arrivo.
Pertanto, la questione va trattata sulla base dell’articolo 25 della legge italiana 218/1995, che dispone che le società sono disciplinate «dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione», a meno che la sede dell’amministrazione sia situata in Italia oppure che in Italia si trovi l’oggetto principale della società, casi in cui si applica la legge italiana. Inoltre, il medesimo articolo 25 dispone che i trasferimenti della sede in un altro Stato hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi degli Stati interessati.
In sostanza, occorre effettuare un duplice riscontro, tanto della legge dello Stato di provenienza, quanto di quella dello Stato di destinazione e, quindi, è necessario che l’operazione di trasferimento della sede sociale all’estero sia considerata valida da entrambi gli ordinamenti. Ciò che accade per parte italiana, ma che non accade per parte inglese.
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Regolamento 29 Aprile 2022 nr 5 – Disposizioni applicative di cui al comma3 dell’art. 7 bis “DURCS di congruità” del D.D. 25 06 2021 nr 117 come modificato dall’art. 32 Legge nr 207 22 12 2021
11 Maggio 2022
Si allega il testo completo del Regolamento nr 5 del 29 Aprile 2022 che disciplina i contenuti e la forma del DURCS di congruità necessario alle imprese tenute ad applicare i contratti del settore dell’edilizia ai fini della partecipazione agli appalti pubblici.
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Decreto Legge 29 marzo 2020 nr 54 – Proroga degli interventi straordinari in ambito economico a supporto dell’emergenza economica causata da COVID-19
8 Aprile 2022
Si allega il testo completo del Decreto Legge nr 54 del 29 marzo 2022 le cui disposizioni si applicheranno fino al 31 dicembre 2022
Art. 1 (Proroga disposizioni straordinarie in merito alla Cassa Integrazione Guadagni)
- Gli operatori economici che, nel corso del primo trimestre 2022, hanno usufruito della proroga della CIG causa 2) o della causa 4), oppure non hanno richiesto alcuna proroga, pur rientrando nelle caratteristiche previste, a partire dal 1 aprile 2022 possono richiedere la CIG causa 2) “ordinaria” ai sensi della Legge 31 marzo 2010 n.73 e successive modifiche.
- Gli operatori economici che, nel corso del primo trimestre 2022, hanno avuto accesso alla proroga della CIG causa 5) possono usufruire di tale tipologia di integrazione salariale, per un numero massimo di ore pari al divisore contrattuale moltiplicato per sei o, per gli orari di lavoro a tempo parziale, alle ore di lavoro mensili moltiplicate per sei a condizione che dimostrino, entro il 15 aprile 2022, il perdurare di una crisi di fatturato del primo trimestre 2022 pari o superiore al 70% rispetto allo stesso trimestre 2019.
- Gli operatori economici che, nel corso del primo trimestre 2022, hanno avuto accesso alla proroga della CIG causa 5) e dimostrino, entro il 15 aprile 2022, il perdurare di una crisi di fatturato del primo trimestre 2022 pari o superiore al 30% rispetto allo stesso trimestre 2019, possono usufruire della CIG causa 4) per un numero massimo di ore pari al divisore contrattuale moltiplicato per sei, o, per gli orari di lavoro a tempo parziale, alle ore di lavoro mensili moltiplicate per sei.
- Il perdurare delle riduzioni di fatturato dovrà essere dimostrato entro il 15 luglio 2022 e il 15 ottobre 2022, rapportato ai medesimi periodi dell’anno 2019, al fine di poter accedere alle cause di CIG per il trimestre successivo. Non appena l’operatore economico non raggiunga la riduzione minima di fatturato previsto per la CIG causa 4), questi ha diritto alla CIG causa 2) senza la possibilità di rientrare nelle altre cause di CIG.
- Agli operatori economici che usufruiscono della CIG causa 5) si applica, al primo accesso, il blocco dei licenziamenti collettivi. Qualora l’accesso alla CIG causa 5) sia successivo al primo trimestre, l’operatore economico per accedervi non dovrà in ogni caso aver proceduto con licenziamenti collettivi nel periodo precedente
Art. 2 (Deroga temporanea all’articolo 16 della Legge 29 settembre 2005 n. 131)
- Sino al 31 dicembre 2022, è consentito il contratto di lavoro a tempo determinato anche qualora l’operatore economico, nel mese precedente l’assunzione, abbia fatto ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni.
Art. 3 (Proroga interventi speciali rivolti ad operatori in stato di crisi)
- Gli operatori economici che hanno avuto accesso alla certificazione di stato di crisi, hanno facoltà di richiedere di aver accesso alle disposizioni di cui all’articolo 10 del D.L. n. 6/2021, anche oltre il 31 marzo 2022, qualora abbiano utilizzato CIG causa 4) o 5) nel trimestre gennaio – marzo 2022.
- Agli operatori economici che richiedono le dilazioni previste, si applica il blocco dei licenziamenti collettivi. Qualora emerga che l’operatore economico richiedente abbia disposto licenziamenti collettivi, le misure previste vengono immediatamente sospese.
Art. 4 (Proroga interventi straordinari in materia di lavoro e ammortizzatori sociali)
Art. 5 (Integrazione Speciale del reddito per inattività)
Art. 6 (Controlli e sanzioni)
- Successivamente alla presentazione della dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta 2022, l’Istituto Sicurezza Sociale effettua con l’Ufficio Tributario i controlli e le verifiche sul fatturato e sui corrispettivi di cui all’articolo 1 dichiarati dall’operatore economico.
- Nel caso si riscontri una difformità nella dichiarazione di riduzione del fatturato che comporti un improprio accesso alla causa di CIG, il soggetto è punito, se il fatto non costituisce reato più grave, con le pene di cui all’articolo 297 del Codice Penale, ed è tenuto alla restituzione delle somme indebitamente percepite; si applica altresì una sanzione pecuniaria amministrativa pari al 10% delle somme indebitamente percepite, senza facoltà di oblazione volontaria.
Art. 7 (Proroga termini erogazione e presentazione domanda assegno famigliare integrativo)
Art. 8 (Disposizioni finali)
- Le disposizioni del presente decreto – legge, si applicano fino al 31 dicembre 2022
- Su richiesta delle Organizzazioni Sindacali e delle Associazioni Datoriali giuridicamente riconosciute, verrà svolta una verifica in riferimento agli effetti che l’attuale contesto internazionale potrebbe avere sullo stato di salute delle attività economiche e sull’occupazione
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Operazioni Ue-San Marino, il documento «T2» è d’obbligo
8 Aprile 2022
Il Sole 24 Ore lunedì 14 marzo 2022 di Giampaolo Giuliani
L’interpello 14/2022 va inquadrato nella prassi precedente dell’Agenzia
L’interpello 14 dello scorso 11 gennaio evidenzia ancora una volta come sia importante rivolgersi all’Agenzia con quesiti ben circostanziati, perché altrimenti si rischia di mettere in discussione fattispecie consolidate e supportate normativamente.
In questo caso l’interpellante si è rivolto al Fisco per porre un quesito relativo all’interscambio tra l’Italia e San Marino. La domanda puntava a sapere se il rappresentante fiscale di un operatore sammarinese può cedere a quest’ultimo in regime di non imponibilità dei beni che il rappresentante stesso ha precedentemente acquistato in un Paese Ue.
L’aspetto particolare, indicato nell’interpello, è legato al trasporto dei beni, dato che dal punto di partenza in un Paese Ue i beni arrivano direttamente in San Marino, ma nonostante ciò, a parere dell’interpellante, non sarebbe necessaria la predisposizione del documento di transito T2.
Al riguardo è bene ricordare come gli operatori quando importano dei beni direttamente in San Marino da Paesi Ue diversi dall’Italia devono utilizzare il documento doganale di transito comunitario T2.
La risposta dell’Agenzia a un simile quesito, dunque, non poteva che ribadire la necessità del T2; evidentemente, nel caso di specie non è possibile considerare l’acquisto in un Paese Ue come un acquisto intracomunitario, secondo quanto stabilito dall’articolo 38 del Dl 331/1993, in quanto sono tali soltanto gli acquisti di beni il cui punto di partenza e di arrivo è in due Paesi membri Ue.
Conseguentemente, in assenza di un precedente acquisto intracomunitario da un Paese Ue all’Italia, il successivo trasferimento dei beni a San Marino non può essere considerato una cessione all’esportazione, ai sensi dell’articolo 71 del Dpr 633/1972.
A queste condizioni, in cui l’Italia costituisce solo un Paese di transito, la presa di posizione dell’Agenzia è certamente corretta, tuttavia questo non significa che i rappresentanti fiscali di operatori sammarinesi non possano effettuare acquisti intracomunitari e successivamente una cessione all’esportazione in San Marino nei confronti dei propri rappresentati. Perché ciò si possa realizzare è necessario, o meglio, è indispensabile, che il trasporto sia scisso in due tratte, così come del resto ben chiarito dalla stessa Agenzia nella risoluzione 123/E/2009, per la realizzazione di operazioni in senso inverso, vale a dire le importazioni in Italia da parte di un rappresentante fiscale di beni provenienti da San Marino e successiva cessione intracomunitaria in favore del cliente dell’operatore sammarinese rappresentato.
Nella risoluzione veniva specificato che i beni erano messi a disposizione dell’acquirente (nel caso di specie il rappresentante fiscale), previsto dalla clausola contrattuale “reso frontiera” o Dap (Delivered at Place) sulla linea di confine che divide lo Stato sammarinese da quello italiano, ovvero nelle sue “immediate vicinanze”. Così, dopo avere effettuato un’importazione da San Marino, il rappresentante fiscale avrebbe effettuato la successiva cessione intracomunitaria partendo dall’Italia, sulla base di quanto disposto dall’articolo 41 del Dl 331/1993.
In sostanza, trasferendo questi principi al caso contrario, oggetto dell’interpello 14/2022, il rappresentante fiscale è nelle condizioni di effettuare un acquisto intracomunitario in Italia e successivamente una cessione all’esportazione verso San Marino ogni qual volta sia possibile scindere il trasferimento dei beni da Paesi Ue diversi dall’Italia a San Marino in due ben determinate tratte:
la prima, un trasporto intracomunitario (da un Paese Ue all’Italia);
la seconda, un trasporto internazionale (dall’Italia a San Marino).
Del resto, l’articolo 38 del Dl 331/1993, che definisce gli acquisti intracomunitari, consente ai rappresentanti fiscali di operatori non residenti di effettuare acquisti quando sono introdotti in Italia beni provenienti da Paesi membri.
Parimenti, il nuovo regolamento del 21 giugno 2021, che disciplina i rapporti di interscambio tra l’Italia e San Marino, innovando rispetto alla precedente stesura del decreto del 24 dicembre 1993, prevede esplicitamente all’articolo 1, comma 1, che le cessioni all’esportazione possano essere effettuate anche da soggetti identificati in Italia, sicché non c’è alcuna preclusione a potere realizzare queste operazioni, a condizione, si ribadisce, che il trasporto sia diviso in due tratte.