Categoria: In primo piano
Tutte le informazioni antiriciclaggio hanno valore anche ai fini fiscali
7 Luglio 2022
Il Sole 24 Ore 22 giugno 2022 di Antonio Iorio
L’UTILIZZABILITÀ DEI DATI
Il Dlgs 231/2007 ha ampliato il perimetro che la precedente normativa restringeva agli elementi registrati dai soggetti obbligati
La stretta connessione esistente tra i fenomeni di evasione fiscale e il riciclaggio di denaro di provenienza illecita ha indotto negli anni il legislatore a prevedere sempre più un travaso automatico degli elementi probatori acquisiti in un settore rispetto all’altro
Ciò sia perché sovente le investigazioni svolte nei due settori (riciclaggio ed evasione fiscale) sono eseguite dal medesimo organo di polizia (Guardia di finanza) sia per una sorta di necessaria economia procedimentale che renderebbe abbastanza singolare l’impossibilità di utilizzare in un comparto, gli elementi acquisiti nell’altro procedimento
In tale contesto, occorre segnalare che la circolare 1/2018 della Gdf evidenzia, nel processo di selezione dei soggetti da sottoporre ad ispezione fiscale e nell’ottica di valorizzare gli elementi informativi ottenuti nelle attività di servizio, una particolare attenzione a quelli derivanti:
dal patrimonio informativo acquisito tramite le segnalazioni di operazioni sospette degli intermediari finanziari, dei professionisti e degli operatori non finanziari;
dalle comunicazioni delle infrazioni che i soggetti obbligati devono inviare anche alla Gdf quando hanno notizia di violazioni alle disposizioni sulla limitazione dell’uso del denaro contante e dei titoli al portatore;
dall’esecuzione delle ispezioni/controlli antiriciclaggio ed antiterrorismo
dall’esecuzione dei controlli in materia di circolazione transfrontaliera di valuta;
dalle segnalazioni di dati, elementi e notizie suscettibili di sviluppi fiscali, che devono essere obbligatoriamente inoltrate al competente reparto Gdf, da parte di tutti gli altri organi ed enti incaricati, in genere, di funzioni ispettive e di vigilanza
In tale contesto, sotto il profilo normativo, l’ultimo comma dell’articolo 9 del Dlgs 231/2007 prevede che i dati e le informazioni acquisite nell’ambito delle attività svolte in base allo stesso articolo sono utilizzabili ai fini fiscali, secondo le disposizioni e le attribuzioni vigenti.
Questa disposizione, rispetto alla precedente (articolo 36 comma 6, Dlgs 231/2007), è caratterizzata da un maggiore perimetro applicativo, In passato infatti la disposizione in questione limitava l’utilizzabilità in campo tributario alle sole informazioni registrate dai soggetti obbligati, contenute, cioè, nell’archivio unico informatico, nel registro della clientela o nei sistemi informatici tenuti ai fini antiriciclaggio.
Con la riforma di qualche anno fa, invece, viene ampliato sensibilmente l’ambito oggettivo degli elementi che si prestano ad un’utilizzazione fiscale diretta, in quanto sono incluse tutte le informazioni acquisite nel contesto delle attività svolte ai fini antiriciclaggio.
Secondo la circolare n. 1/2018 della Gdf la previsione della diretta utilizzabilità ai fini fiscali delle informazioni acquisite nell’ambito delle attività in questione è suscettibile di assicurare una piena e immediata interazione tra il procedimento antiriciclaggio e quello amministrativo tributario, al pari di quanto avviene tra il procedimento penale e l’accertamento fiscale.
Si tratta in concreto della possibilità di utilizzare ai fini fiscali tutti i dati acquisibili dalla Gdf nello sviluppo di segnalazioni di operazioni sospette, nei controlli antiriciclaggio, nell’esame dei fascicoli dei clienti.
Sotto il profilo più operativo, il trasferimento ai fini fiscali dei dati e delle notizie acquisiti a seguito di ispezioni antiriciclaggio avviene di norma a conclusione di tutte le attività volte alla verifica del corretto assolvimento, da parte dei soggetti obbligati, degli adempimenti anti riciclaggio
Inoltre le informazioni in questione non devono essere confluite in un procedimento penale, poiché, in questo caso, il loro utilizzo ai fini fiscali è soggetto alla diversa disciplina prevista dagli articoli 63 del Dpr 633/1972 e 33 del Dpr 600/1973 (autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente).
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Amministratore di fatto anche chi dà direttive via Skype senza mai presentarsi in azienda
7 Luglio 2022
Il Sole 24 Ore 27 giugno 2022 di Giovanbattista Tona
I criteri della Cassazione su come individuare i soggetti titolari reali della carica
Non è necessaria la prova del suggerimento diretto delle scelte gestionali
Il marito dell’amministratrice di diritto di una società, che in collegamento Skype, pur senza mai recarsi in azienda, suggerisce alla moglie quali determinazioni assumere nella gestione della società deve essere considerato un amministratore di fatto. Non è inoltre necessaria la prova del diretto suggerimento delle scelte gestionali: bastano indizi univoci dello svolgimento delle attività proprie dell’amministratore.
Sono alcuni dei chiarimenti forniti dalla Cassazione in due recenti sentenze (la n. 18442 del 10 maggio e la n. 20553 del 26 maggio), che si inseriscono in una lunga scia di decisioni sull’individuazione delle responsabilità nei reati societari, tributari e fallimentari di chi assume la qualità di amministratore o ne esercita di fatto i poteri.
Le regole
È già l’articolo 2639 comma 1 del Codice civile che al soggetto formalmente investito della qualifica equipara «sia chi è tenuto a svolgere la stessa funzione sia chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualità o alla funzione». Tale norma, che riguarda in particolare i reati societari, cristallizza il principio penalistico della rilevanza delle funzioni effettivamente esercitate, al quale si dà frequente applicazione nei procedimenti per reati fallimentari, considerando secondario il dato delle formali attribuzione di poteri per nomina dell’assemblea o per disposizione statutaria (Cassazione 7437/2020).
La giurisprudenza
La giurisprudenza attribuisce la qualifica di amministratore di fatto in presenza di elementi sintomatici dell’inserimento organico di un soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale.
Non è necessaria la prova del diretto suggerimento delle scelte gestionali al formale titolare della carica sociale. Possono essere sufficienti univoci indizi dello svolgimento diretto o indiretto delle attività proprie dell’amministratore.
La Cassazione (sentenza 20553/2022) ha considerato amministratore di fatto un soggetto, che, dopo essere stato per diversi anni amministratore di diritto, era stato formalmente sostituito dal padre ultra ottantenne invalido, ma continuava a detenere in casa sua la documentazione contabile e aveva curato la presentazione delle dichiarazioni fiscali.
Conta la concreta attività svolta: l’amministratore che prende le decisioni sulla base di direttive impartite anche da remoto, va considerato quindi una “testa di legno”, mentre chi gli suggerisce le scelte aziendali va qualificato amministratore di fatto (sentenza 18442(20229). E non può bastare nemmeno l’essere destinatario di una procura generale ad negotia con i più ampi poteri, conferita dall’amministratore formale, se poi tali poteri non vengono esercitati (Cassazione 4865/2021).
Tale indagine può consentire di qualificare anche il mero socio come amministratore di fatto: nella vicenda esaminata dalla sentenza n. 19874 del 20 maggio, il titolare di una quota sociale si era adoperato perché i propri familiari acquistassero le restanti quote, aveva influenzato l’amministratore di diritto nel determinare la messa in liquidazione dell’azienda e aveva esercitato il potere di firma sui conti correnti della società, mantenendolo persino dopo la nomina dei liquidatori.
D’altro canto l’assunzione meramente formale del ruolo di amministratore non esonera dalla responsabilità penale per i reati di fatto commessi da chi effettivamente gestisce la società. Lo ricorda la coeva sentenza n. 19875 a carico di una persona che, pur non animata da scopo di lucro, aveva fatto da prestanome alla sorella e al cognato, protestati e, quindi, interdetti dalle cariche societarie. L’avere agito per consentire loro di eludere il divieto legale, unito al sostanziale e prolungato disinteresse per la società, è stato ritenuto un contributo concorsuale alla realizzazione dei reati commessi dagli amministratori di fatto.
In base al principio già posto dalla Cassazione con la sentenza 32413/2020, ad integrare il dolo del concorrente nel reato, è sufficiente la generica consapevolezza dell’amministratore formale, pur non riferita alle singole operazioni, delle attività compiute dalla società per il tramite degli amministratori di fatto.
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Nuda proprietà in Spagna, la quota va nel quadro RW
7 Luglio 2022
Il Sole 24 Ore 27 Giugno 2022 di Alfredo e Attilio Calvano (L’esperto Risponde)
Una persona fisica, residente in Italia, riceve nel 2021 – per donazione dalla madre – la quota di un quinto di nuda proprietà di un’abitazione ubicata in Spagna della quale la madre stessa (precedente proprietaria) conserva l’usufrutto.
Questa persona, avendo la sola nuda proprietà della quota di un’abitazione, deve compilare il quadro RW ed è soggetta al pagamento dell’Ivie (imposta sul valore degli immobili all’estero)?
V.A.COMO
Qualora sull’immobile posseduto all’estero siano vantati contestualmente più diritti reali, a titolo di usufrutto e nuda proprietà, la compilazione del quadro RW ai fini del monitoraggio spetta a entrambi i soggetti (in particolare, il nudo proprietario, per quanto qui di interesse, si identificherà con il codice 3 alla colonna 1 del rigo RW1 del quadro pertinente), mentre il pagamento dell’Ivie, calcolata sul valore dell’usufrutto, è dovuto soltanto dall’usufruttuario.
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E-fattura per le cessioni di beni a San Marino: obbligo dal 1° luglio
7 Luglio 2022
Il Sole 24 Ore 27 Giugno 2022 di Giampaolo Giuliani
Dopo nove mesi di regime transitorio, dal 1° luglio sarà operativo il trattato tra l’Italia e San Marino che introduce la fattura elettronica nell’interscambio di beni tra i due Paesi. Perciò, da venerdì prossimo le fatture cartacee potranno essere emesse solo da chi è escluso per legge dall’emissione delle e-fatture: è questo il caso di contribuenti forfettari, che però – sempre dal 1° luglio – potranno continuare a fare fatture cartacee (anche per cessioni di beni verso San Marino) solo a patto di aver percepito nel 2021 ricavi o compensi non superiori a 25mila euro. Per le prestazioni di servizi verso San Marino, invece, resta opzionale la e-fattura con l’utilizzo del numero di identificazione dell’operatore sammarinese e il codice destinatario dell’Ufficio tributario di San Marino – 2R4GTO8. Il Dm 21 giugno 2021, all’articolo 20, prevede infatti che gli operatori stabiliti in Italia, per le prestazioni rese nei confronti degli operatori economici che abbiano comunicato il numero di identificazione agli stessi attribuito dalla Repubblica di San Marino, possono emettere la fattura di cui all’articolo 21, comma 6-bis, lettera b), del Dpr 633/1972, in formato elettronico tramite lo Sdi, il quale la trasmette all’Ufficio tributario per il successivo inoltro al committente. Questa opportunità, però, è limitata alle operazioni fuori campo Iva per carenza del presupposto territoriale. Inoltre – sempre dal 1° luglio – è previsto che la comunicazione delle operazioni transfrontaliere sia effettuata, in via obbligatoria, avvalendosi dello Sdi (il cosiddetto nuovo esterometro). Perciò, anche per tutte le altre operazioni che sono realizzate in favore di operatori e privati sammarinesi sarà necessario emettere la fattura elettronica indicando nel codice destinatario la sequenza di sette caratteri “XXXXXXX” e specificando nel campo partita Iva del «Cessionario/Committente» il codice «OO99999999999» (due volte la lettera O e 11 volte il numero 9); qualora, invece, il cliente sia un privato consumatore, può essere compilato con il codice numerico «0000000» (contenente sette zeri). Tuttavia, in queste due ultime ipotesi la fattura si ferma allo Sdi, dato che quest’ultimo non è in grado di fare l’invio all’Ufficio tributario. In sostanza, le operazioni nei confronti di soggetti passivi residenti a San Marino possono essere divise in due macrocategorie: 1 la prima riguarda le cessioni di beni realmente trasferiti a San Marino (per le quali dal 1° luglio la e-fattura è obbligatoria) e le prestazioni di servizi fuori campo Iva (e-fattura opzionale). Da notare che in entrambi questi casi la fattura elettronica arriva all’operatore sammarinese, in quanto sul documento è indicato il numero identificativo dell’operatore e il codice dell’Ufficio tributario; 2 la seconda categoria raccoglie tutte le altre operazioni quali, ad esempio, le cessioni senza trasferimento dei beni a San Marino, oppure le prestazioni di servizi rilevanti ai fini Iva in Italia. In questi casi la e-fattura può essere emessa e inviata allo Sdi – anzi: deve esserlo ai fini del nuovo esterometro – ma occorre anche trasmettere al cliente sammarinese una fattura di cortesia, dato che questo tipo di fattura elettronica non gli arriva (nulla vieta che questa copia sia inviata, oltre che per posta, mediante una mail o altro sistema elettronico ed in qualsiasi formato, ad esempio pdf o jpg). Acquisti presso operatori sammarinesi Quanto agli acquisti presso operatori sammarinesi, l’operatore italiano potrà ricevere fattura elettronica nel proprio cassetto fiscale solo per i beni trasferiti da San Marino in Italia. Questa e-fattura evita di dover predisporre un documento elettronico per segnalare l’operazione transfrontaliera avvenuta. Tuttavia, potrebbe verificarsi anche l’ipotesi in cui l’acquirente italiano riceva ancora una fattura cartacea, dato che a San Marino gli operatori con ricavi inferiori a 100mila euro non sono obbligati ad emettere fattura elettronica: in questo caso va predisposto il documento elettronico da inviare allo Sdi per segnalare l’operazione transfrontaliera. Servizi resi da operatori sammarinesi Infine, in caso di servizi resi da operatori sammarinesi è sempre obbligatoria da parte dei committenti italiani l’emissione dell’autofattura e la sua doppia registrazione in quanto il Dm 21 giugno 2021 non prevede che gli operatori sammarinesi possano emettere e-fatture per prestazioni di servizi; perciò in questa ipotesi deve essere predisposto il documento elettronico da inviare allo Sdi per comunicare l’operazione transfrontaliera.
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Nuovo esterometro al via ma l’integrazione è un rebus
7 Luglio 2022
Il Sole 24 Ore 20 giugno 2022 di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri
Va chiarito se valgono anche le bollette doganali rilasciate da altri Stati Ue
Il Dl Semplificazioni eleva a 5mila euro l’esonero per gli acquisti fuori campo
Metter mano a software e gestionali non è mai cosa semplice. Farlo quando mancano chiare “istruzioni” può duplicare gli interventi (con conseguenti costi) e lascia nell’incertezza gli operatori. Il 1° luglio scatta l’obbligo dell’e-fattura per molti soggetti in regime forfettario (si veda l’articolo a pagina 18), ma – soprattutto – va a regime il nuovo esterometro, con relativo carico di questioni sospese. Molto resta da chiarire e di ciò dovrà tenersi conto quando partiranno i controlli. Vediamo qualche punto (quasi) fermo.
Restano fuori dall’esterometro le operazioni documentate da bolletta doganale (export/import), comprese le cessioni a privati extraUe. C’è però il dubbio se valgano anche le bollette rilasciate da altri Stati membri (questi documenti rilevano per i servizi internazionali; circolare 37/E/2011), come nel caso del soggetto nazionale che immette in libera pratica beni di provenienza extraunionale in altro Stato membro (senza pagare l’Iva – regime 42), facendoli proseguire a destino del cliente in altro paese comunitario cui sono fatturati dalla posizione Iva aperta nel paese d’introduzione dei beni.
Altra questione su cui va fatta definitivamente chiarezza è quella dell’integrazione/autofatturazione elettronica per le operazioni passive. Un acquisto (beni/servizi) in reverse charge interno non obbliga all’integrazione elettronica via Sdi con tipo documento TD16. Si può stampare la fattura e integrarla manualmente.
Ma altrettanto legittimo è adottare lo stesso comportamento – integrazione/autofatturazione analogica – per un acquisto da fornitori non residenti. L’obbligo di utilizzare il formato Xml a fini esterometro, con relative tempistiche d’invio, per un acquisto da non residente (TD17, TD18, TD19) è tutt’altra questione, almeno fintanto che non cambieranno le norme. Su questo punto, le Entrate dovrebbero pronunciarsi presto, anche perché, a seconda che il documento sia elettronico o analogico, cambiano le regole di conservazione.
Al momento, l’unico obbligo d’integrazione elettronica per assolvere l’imposta riguarda l’acquisto di beni da San Marino documentati da e-fattura sammarinese (articolo 8, Dm 21 giugno 2021) per il quale va inviato un TD19. Peraltro, continueranno ad arrivare fatture di carta da quello Stato. Per i servizi ad esempio (salvo diversa scelta del fornitore) o quando il fornitore è un forfettario sammarinese (ricavi inferiori a 100 mila euro). Allo stesso modo, i forfettari nazionali “sotto soglia” continueranno a essere esonerati dall’e-fattura (e conseguentemente dall’esterometro) per tutte le operazioni, comprese le cessioni a San Marino, fino a tutto il 2023.
Permane l’obbligo comunicativo per gli acquisti di beni/servizi all’estero fuori campo Iva (risposta 85/2019), per i quali va trasmesso il documento TD17 (servizi) e TD19 (beni) con natura dell’operazione N2.2 (il Dl Semplificazioni approvato dal Governo esonera gli acquisti fino a 5mila euro, con possibile impatto sul regime 42).
Chi ha aderito al regime Oss non dovrebbe invece fare l’esterometro, a meno che non decida volontariamente di emettere fattura non imponibile Iva per beneficiare del plafond degli esportatori abituali o per accedere al rimborso trimestrale (risposta 802/2021). In tal caso, va fatto l’esterometro e la fattura sarà inviata con codice natura N3.2 (confluendo nella lipe e in dichiarazione annuale), mentre l’imposta estera potrà confluire in campi “non sensibili” del formato Xml. Non dovrebbe tuttavia essere impedito l’utilizzo del codice N7 (che parrebbe il più adeguato), ma verosimilmente solo se la fattura emessa facoltativamente non serve ai menzionati scopi (plafond/rimborso infrannuale).
Il codice N3.2 dovrebbe servire anche per le cessioni intraUe “assimilate” per invio di beni in altri Stati membri per esigenze dell’impresa. Qui, l’obbligo dell’e-fattura dovrebbe derivare dal fatto che il cessionario “assimilato” è pur sempre nazionale, benché dotato di partita Iva nel Paese Ue dove i beni sono trasferiti. Per la successiva “vera” vendita in loco (B2B) si potrebbe invece utilizzare fattura analogica con dicitura “inversione contabile” se in quello Stato è previsto il reverse charge (va però fatto l’esterometro).
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Manager frontaliero con fiscalità svizzera
7 Luglio 2022
Il Sole 24 Ore 7 giugno 2022 di Alessandro Galimberti
L’ad di un gruppo brianzolo con casa e famiglia in Ticino non paga le tasse in Italia
Il fisco italiano non può avere pretese sul manager frontaliero con casa e famiglia in Canton Ticino e con carica di amministratore delegato in un’azienda brianzola a pochi chilometri dal confine. Nonostante il centro di affari e le fonti di reddito del (presunto) contribuente siano completamente riferibili alla giurisdizione italiana, i criteri di appartenenza dettati dalla Convenzione dell’Ocse e da quella sulle doppie imposizioni sottoscritta tra Roma e Berna, corredati dalla giurisprudenza nazionale, portano dritto all’erario svizzero.
La Corte di cassazione (V Civile, ordinanza 18009/22, depositata ieri) torna ancora una volta sulla delicata questione di vicinato geografico, linguistico e fiscale tra il nord della Lombardia e il Sottoceneri del cantone italofono, per ribadire la prevalenza dei criteri oggettivi di individuazione tributaria rispetto a facili suggestioni argomentative.
Il caso, che si riferisce ad accertamenti ormai più che ventennali (1999-2004) tenuti in vita da ripetuti gradi di giudizio, riguardava un dirigente poi ad di un noto marchio manifatturiero della Brianza d’arredo. Secondo l’Ufficio, che pure era già stato disatteso da tutte le Commissioni tributarie adite, il centro d’affari del manager e le sue entrate italianissime dovrebbero guidare l’interprete, senza dimenticare che l’inserimento della Svizzera (tuttora sopravvivente) nella black list del Dm 4 maggio ’90 comporta un’inversione dell’onere della prova, appunto, presuntiva. Il (mancato) contribuente proprio per questo aveva allegato l’iscrizione all’Aire, il contratto di mutuo d’acquisto della casa di abitazione in Ticino, la scuola frequentata dal figlio (Zurigo) e il posto di lavoro della moglie (Lugano), infine le bollette per utenze. Sufficiente per le Ct, ma non per l’agenzia fiscale italiana.
Il domicilio secondo la Cassazione si determina non solo – come sostenuto dall’Ufficio nel ricorso -in base alla sede principale degli affari e degli interessi economici, ma anche (e con peso quantomeno equivalente) laddove il cittadino/contribuente coltiva le sue relazioni personali «dovendo il concetto di interessi, in contrapposizione a quello di affari, intendersi comprensivo anche di quelli personali» (Cassazione 6081/19 e 29576/11, tra le altre).
Le censure dell’ordinanza colpiscono poi direttamente anche la apodittica esclusione, operata dalle Entrate nei suoi ricorsi, dei dettami della Convenzione Ocse (paragrafo 4) per la determinazione e per la risoluzione dei casi controversi – criteri peraltro trasfusi nella Convenzione italo svizzera contro le doppie imposizioni, ratificata con la legge 943/78. In caso di residenza «di fatto» in entrambi gli Stati, secondo le Convenzioni, prevale la giurisdizione di quello in cui c’è l’abitazione permanente, e se anche questo criterio non basta (perché non risolutivo) si passa a quello dove sono gli «interessi vitali» e infine, in caso di persistente parità e come ultima ratio, laddove la persona «soggiorna abitualmente».
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Legge 30 maggio 2022 n. 82 – Disciplina del negozio a tempo
13 Giugno 2022
Il negozio a tempo mira ad aumentare l’attrattività del Centro Storico e dei Centri Commerciali allo scopo d’incentivare il commercio e il turismo in Repubblica. Gli operatori economici sammarinese ed esteri che ne fanno richiesta, a mezzo di apposita istanza presso l’Agenzia per lo Sviluppo Economico- Camera di Commercio e ottengo l’autorizzazione, possono operare temporaneamente in territorio (max 60gg Centro Storico – max 120gg Centri Commerciali) nelle modalità indicate.
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Legge 24 maggio n.80 – Norme per facilitare e semplificare l’avvio di attività economiche
13 Giugno 2022
La Legge nr 80, che ha lo scopo di semplificare le norme di avvio per le attività economiche modifica:
- la Legge sulle Società andando a variare e/o ad aggiornare diversi articoli circa il Registro delle Società c/o l’ UAE, i conferimenti, i trasferimenti delle quote e delle azioni, la tenuta delle assemblee…
- e, all’art.26, riepiloga i requisiti attualmente obbligatori per l’ottenimento della licenza individuale
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Decreto Delegato 18 maggio 2022 n.79 – Interventi per l’occupazione, la formazione e le politiche attive del mondo del lavoro
13 Giugno 2022
Si evidenziano i punti principali del Decreto Delegato nr 79 di cui se ne raccomanda un’attenta lettura in quanto riordina il sistema d’incentivi all’occupazione e degli interventi per la riqualificazione professionale.
– Art. 2: Misure per l’inserimento lavorativo – il presente articolo va a sostituire l’attuale addestramento professionale
Sono previsti abbattimenti retributivi e contributivi per l’assunzione di soggetti iscritti e/o iscrivibili alle liste di avviamento al lavoro, e non occupati, che nella loro vita professionale abbiano lavorato meno di 12 mesi continuativi, o comunque meno di 24 mesi se non continuativi.
– Art. 3: Incentivi per il reinserimento lavorativo e la riconversione professionale
Sono previsti incentivi (rimborso di parte della retribuzione) per l’assunzione di:
o non occupati continuativamente da almeno 2 mesi e non abbiano adeguata esperienza nell’area o profilo professionale di iscrizione richiesto dal datore di lavoro;
o soggetti che abbiano un’età pari o superiore ai 50 anni e risultino non occupati continuativamente da almeno 2 mesi;
o disoccupati che abbiano una riduzione della capacità lavorativa pari o maggiore del 40%;
o soggetti che abbiano sottoscritto il Patto di Servizio, che percepiscano l’Indennità economica speciale o l’Indennità di disoccupazione e non abbiano adeguata esperienza nell’area o profilo professionale di iscrizione richiesto dal datore di lavoro;
o disoccupati da almeno 12 mesi;
– Art. 4: Incentivi per il turnover pensionistico
Sono previsti incentivi (rimborso di parte della retribuzione) per l’assunzione di lavoratori in sostituzione di personale prossimo al pensionamento.
Il nuovo lavoratore deve essere iscritto alle liste di avviamento al lavoro e non occupato da almeno 2 mesi, oppure che abbiano sottoscritto il Patto di Servizio, ovvero che percepiscano l’Indennità economica speciale o l’Indennità di disoccupazione.
Sono esclusi coloro che abbiano adeguata esperienza nell’area o profilo professionale da ricoprire.
L’assunzione deve avvenire a pari livello o al massimo ad un livello inferiore della persona da sostituire e, in ogni caso, non inferiore al terzo.
– Art. 6: Incentivi per l’affiancamento della lavoratrice gestante
Sono previsti incentivi contributivi per l’assunzione di personale in affiancamento alla lavoratrice gestante. L’assunzione deve avvenire a pari livello (o al livello inferiore) e deve essere di donne iscritti alle liste di avviamento.
– Art. 7: Misure per favorire il part time post partum
Sono previsti sgravi contributivi per la trasformazione a part-time del contratto di lavoro dopo il parto. Sono inoltre previsti sgravi per l’assunzione di personale a completamento dell’orario di lavoro.
– Art. 8: Incentivi per l’equilibrio dei tempi di vita e di lavoro
È previsto uno sgravio contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato part time, sino ad un massimo di 25 ore settimanali, di lavoratori iscritti alle liste di avviamento al lavoro part time e non occupati da almeno 2 mesi, che non abbiano un’altra occupazione part time e che abbiano nello stato di famiglia un figlio frequentante l’asilo nido, la scuola dell’infanzia o la scuola elementare, o persone non autosufficienti da assistere.
– Art. 9: Stage Aziendali
Vengono definite le modalità di attivazione di stage aziendali per diplomandi, laureandi, neodiplomati e neolaureati
– Art. 10: Formazione di secondo livello
– Art. 11: Accordi formativi in azienda
– Art. 12: Prestito d’onore per l’alta formazione all’estero
– Art. 15: Disposizioni generali
Nel caso il rapporto di lavoro si interrompa per causa non imputabile al lavoratore (es mobilità) durante la durata del percepimento degli incentivi e fino ai dodici mesi successivi dalla fine del percepimento degli stessi da parte dell’impresa quest’ultima è tenuta a restituire gli sgravi contributivi di cui abbia beneficiato.
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Sul monitoraggio nel quadro RW pesa il precedente spagnolo
13 Giugno 2022
Il Sole 24 Ore 9 maggio 2022 di Dario Deotto Luigi Lovecchio
La Corte Ue ha bocciato una normativa iberica simile a quella italiana
Il principio di proporzionalità non si “coniuga”, evidentemente, soltanto in termini sanzionatori: esso impone la congruità del mezzo al fine, cioè la realizzazione ai fini unionali e interni con il minor sacrificio degli interessi contrapposti. L’interesse finanziario dello Stato deve arrecare il minimo danno possibile agli interessi dei contribuenti. In quest’ottica occorre verificare se tutto ciò che ruota attorno all’adempimento del quadro RW italiano risulta conforme al principio di proporzionalità.
A tale riguardo, va ricordata la denuncia 14 del 2019 dell’Aidc che ha messo in luce come gli obblighi nazionali di monitoraggio delle attività detenute all’estero confliggono sia con il principio di libertà dei movimenti di capitale sia con quello di proporzionalità. Con riferimento a quest’ultimo, è stato rilevato come la normativa italiana imponga adempimenti e sanzioni che eccedono quanto indispensabile per garantire la tutela degli interessi erariali. In particolare, è stato osservato come l’esigenza di garantire l’efficacia dei controlli fiscali non risulta giustificata quando esistono con l’altro Stato – specie quando si tratta di un Paese Ue – efficaci sistemi di scambio d’informazioni.
Sui termini della questione va segnalata anche la recente sentenza del 27 gennaio 2022, C-788/2019, con la quale la Corte di giustizia ha stabilito che la normativa nazionale spagnola che obbliga i soggetti fiscalmente residenti in Spagna a dichiarare i loro beni o i loro diritti situati all’estero è contraria al diritto dell’Unione in quanto non conforme al principio di proporzionalità e a quello della libera circolazione dei capitali.
Relativamente al principio di proporzionalità, la Corte di giustizia ha stabilito che la normativa spagnola non risulta conforme, considerato che eccede quanto necessario sia in relazione ai termini di prescrizione che alla misura della penalità proporzionale nonché con riguardo alle previste sanzioni forfettarie, il cui importo non è commisurato alle penalità previste per infrazioni simili. In particolare, la Corte ha evidenziato come non rispetti il principio di proporzionalità la presunzione spagnola che stabilisce che si considerano plusvalenze patrimoniali non dichiarate le somme corrispondenti al valore dei beni non indicate nel “modello 720” (dichiarazione spagnola che prevede la comunicazione dei conti ubicati all’estero nonché di immobili, titoli, beni, titoli o diritti rappresentativi del capitale sociale, fondi propri o beni di qualsiasi tipo di entità, assicurazioni, depositati o ubicati all’estero).
Parimenti non rispettosa del principio di proporzionalità è stata ritenuta la sanzione spagnola del 150% (determinata sull’imposta calcolata sulle somme detenute all’estero), considerata molto elevata, che sommandosi ad altra di carattere forfettario, viene ritenuta che arrechi un pregiudizio sproporzionato alla libera circolazione dei capitali. Lo stesso viene stabilito per le sanzioni formali di carattere forfettario, il cui importo non risulta commisurato alle penalità previste per infrazioni simili nel contesto nazionale spagnolo.
Va notato che la normativa spagnola risulta molto prossima a quella italiana del Dl 167/1990 e a quella prevista dall’articolo 12 del Dl 78/2009.
Sicché è da condividere la tesi che le disposizioni italiane sul monitoraggio fiscale, oltre che le conseguenze previste nel caso di violazione degli obblighi di monitoraggio in relazione alle attività detenute nei Paesi “black list”, risultino in contrasto con il principio di proporzionalità. Quanto alle attività detenute nei Paesi “black list”, occorre rilevare che, oltre alla sanzione dal 6 al 30% delle attività non dichiarate, la normativa dispone la presunzione (difficilmente contrastabile) in base alla quale tali attività si ritengono costituite con redditi sottratti a tassazione in Italia (articolo 12 del Dl 78/2009). Presunzione per la quale i termini decadenziali di accertamento vengono raddoppiati (per l’infedeltà dichiarativa si arriva dunque al 31 dicembre del decimo anno successivo); così come raddoppiate risultano le sanzioni ordinariamente applicabili dell’articolo 1 del Dlgs 471/1997 (sempre per l’infedeltà, la sanzione risulta quindi dal 180 al 360% della maggiore imposta).
Si tratta di misure che non appaiono giustificate, che sembrano eccedere quanto necessario per garantire l’efficacia dei controlli fiscali e per contrastare l’evasione e l’elusione fiscale.