Va resa l’euroritenuta sui capitali rientrati

14 Dicembre 2018

Il Sole 24 Ore lunedì 19 NOVEMBRE 2018 di Marcello Maria De Vito

REDDITI DI CAPITALE

L’omesso quadro RW non blocca il rimborso post voluntary disclosure

Il rifiuto dell’agenzia delle Entrate a rimborsare l’euroritenuta in caso di voluntary disclosure del contribuente è contraria all’accordo internazionale contro le doppie imposizioni tra Unione europea e Svizzera, con conseguente violazione della direttiva 2003/48/Ce in base alla quale lo Stato di residenza fiscale può sostituire il meccanismo del credito con un rimborso della ritenuta alla fonte. Lo afferma la Ctr Lombardia 4031/2/2018 (presidente e relatore Silocchi).
Un contribuente chiedeva il rimborso dell’euroritenuta, applicata su redditi di capitale conseguiti all’estero dal 2010 al 2013, in base all’accordo tra Ue e Svizzera del 2004. Il contribuente non aveva dichiarato queste disponibilità, ma aveva successivamente aderito alla voluntary disclosure.
L’ufficio opponeva il rifiuto che veniva impugnato in Ctp. Il contribuente eccepiva che le violazioni erano solo formali, trattandosi di omessa compilazione del quadro RW. Quindi, se i redditi esteri fossero stati indicati, sarebbe emerso un credito d’imposta grazie all’euroritenuta. Sosteneva poi che l’ufficio aveva violato l’accordo esistente tra Ue e Svizzera, realizzando doppia imposizione su redditi di capitale.
L’ufficio resisteva, affermando che l’istanza di rimborso era inammissibile perché in contrasto con la voluntary disclosure perfezionata e per il fatto che l’accertamento definito in adesione non era impugnabile, né integrabile o modificabile da parte dell’ufficio. La Ctp accoglieva il ricorso. L’Agenzia impugnava la sentenza, eccependo che il contribuente avendo scelto la definizione agevolata non poteva più modificare l’accordo accettato, nel quale non era previsto alcun credito.
Si costituiva il contribuente, osservando che l’Italia, percependo l’euroritenuta, aveva incassato due volte l’imposta, in violazione dell’accordo Ue-Svizzera. Avendo aderito alla voluntary disclosure, aveva evidenziato disponibilità, che, se dichiarate, avrebbero procurato un credito d’imposta. Le Entrate, nel liquidare il dovuto, non avevano tenuto conto dell’euroritenuta, percependo quindi una doppia imposizione.
La Ctr osserva che il rifiuto di rimborsare l’euroritenuta in caso voluntary disclosure è contraria all’accordo contro la doppia imposizione esistente tra Ue e Svizzera, con conseguente violazione della direttiva 2003/48/Ce. Quest’ultima, all’articolo 14, afferma che lo Stato di residenza fiscale può sostituire il meccanismo del credito per le imposte estere con un rimborso della ritenuta alla fonte.
Inoltre non convince, secondo il collegio, l’obiezione che esclude il credito per le imposte estere nel caso di omessa indicazione dei redditi in dichiarazione. La Ctr ricorda che, secondo la stessa circolare dell’Agenzia, può essere riconosciuto il credito d’imposta sia in caso di ravvedimento operoso lungo, sia in presenza di contestazioni da parte del Fisco. Ciò rende illogico ancorare il rifiuto al dato formale dell’adesione alla voluntary disclosure.
Pertanto, la Ctr ha respinto l’appello dell’ufficio e ordinato il rimborso dell’euroritenuta.

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La polizza come paracadute dai rischi informatici

14 Dicembre 2018

Il Sole 24 Ore lunedì 19 NOVEMBRE 2018 di E.N.

Come tutelarsi e quanto costa

Il paracadute della polizza contro i danni causati dai cyber banditi. Questa la via prudente che uno studio di professionisti dovrebbe imboccare per migliorare ulteriormente il proprio livello di sicurezza dopo l’ingresso nell’era del Gdpr.
«I nuovi asset per i professionisti sono quelli immateriali e, se non tutelati adeguatamente, c’è il concreto rischio di chiudere l’attività», premette Vincenzo Aliotta, director di Aon, gruppo leader nella consulenza dei rischi e delle risorse umane, nell’intermediazione assicurativa e riassicurativa. In altre parole i provvedimenti generalmente presi per tutelare i dati dei terzi non sempre sono efficaci rispetto agli attacchi sferrati dagli hacker. «Per altro si pensa che i rischi maggiori siano quelli causati a terzi – continua Aliotta – sottovalutando quello che potrebbe accadere all’attività del professionista che spesso non acquista la copertura a tutela dei danni propri».
I costi di una polizza nel complesso sono accettabili (si veda la tabella accanto) e il premio è proporzionato al giro d’affari dello studio. Nel caso di un singolo professionista il costo annuale minimo è, secondo i calcoli esemplificativi fatti da Aon per il Sole 24 Ore, è di 86 euro. Il premio cresce con l’aumentare del massimale: spendendo 600 euroil massimale arriva a 500mila. Per i grandi studi – come, per esempio, quelli associati con un centinaio di professionisti e un giro d’affari di 1,5 milioni – bisogna preventivare attorno ai 770 euro l’anno. Da ricordare che questo tipo di copertura si va ad aggiungere a quella per la responsabilità professionale che a volte copre il danno a terzi ma non i danni propri.
Inoltre la stipula della polizza di fatto obbliga a rivedere le regole interne allo studio. Aon, per esempio, chiede la compilazione di un questionario dal quale poi emerge il livello di sicurezza della parte Ict. In questo modo si evidenzia il rischio potenziale dell’attività. Nei casi più complessi la società dispone di team di risk assessment che verificano il livello di affidabilità e il rispetto delle policy interne. Questi esperti, per finire, evidenziano le lacune dove intervenire per limitare i rischi.
«Sono molte le professioni che trasmettono dati telematicamente e questo ha posto un ulteriore accento su come proteggerli e sui possibili danni ai terzi – dice Chiara Fiorotto, team leader Professional association di Marsh -. La copertura assicurativa per il rischio cyber si aggiunge a quella sulla responsabilità e spesso i professionisti sono incerti su quali garanzie includere». Il mercato poi offre prodotti specifici e modulari.
Il nodo è soprattutto culturale perché nella maggiore parte dei casi si tende a sottovalutare il rischio confidando nella buona sorte. Tutti possono finire nel mirino dei cyber banditi quindi anche i medici, i farmacisti o i geometri.
Per non avere la coperta assicurativa troppo corta è meglio inserire clausole come la copertura per danni accidentali, assistenza legale e informatica, servizi di ripristino o accessori quali It e comunicazione, tutela per estorsione informatica e la copertura per perdite da interruzione della rete del fornitore esterno di servizi.

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Non c’è obbligo di e–fattura verso non residenti in Italia

14 Dicembre 2018

Il Sole 24 Ore 5 NOVEMBRE 2018 di Alfredo Calvano L’esperto Risponde

Una società a responsabilità limitata che si occupa di gestione immobiliare emette fatture esenti per locazioni di immobili residenziali in favore di clienti non residenti (europei ed extra europei): è comunque tenuta alla fatturazione elettronica?
A.M.ROMA
La circolare 13/E/2018 ha previsto che i soggetti passivi meramente identificati ai fini Iva in Italia, e non stabiliti nel Paese, non sono obbligati all’emissione della fattura elettronica. Ciò in considerazione del fatto che l’articolo 1, comma 909, della legge di Bilancio 2018, nonostante li includa espressamente, va interpretato in senso conforme alla decisione di autorizzazione di cui al regolamento di esecuzione 282/2011 della direttiva 2006/112/CE. L’obbligo di fattura elettronica, quindi, riguarda solo i soggetti passivi Iva residenti ovvero stabiliti in Italia; va da sé che le operazioni tra soggetti diversi, ad esempio cessioni da e verso soggetti comunitari ed extracomunitari (fra i quali vanno annoverati, in base all’articolo 6 della direttiva 2006/112/CE e all’articolo 7 del Dpr 633/1972 che vi ha dato attuazione nel nostro ordinamento, coloro che risiedono nei comuni di Livigno e di Campione d’Italia), non rientrano nell’obbligo di fatturazione elettronica, ma, semmai, in quello previsto dall’articolo 1, comma 3–bis, del Dlgs 127/2015 e, prima, dall’articolo 21 del Dl 78/2010, ossia costituiranno oggetto di trasmissione telematica all’agenzia delle Entrate dei dati delle relative fatture. Sul punto, il documento di prassi citato ha precisato che i soggetti non residenti identificati ai fini Iva in Italia possono essere destinatari di fatture elettroniche sempreché sia assicurata a loro la possibilità di ottenere copia cartacea della fattura qualora ne facciano richiesta. In base a quanto sopra, non c’è l’obbligo di emissione della fattura elettronica nei confronti di tali soggetti a mano che non siano stabiliti ai fini Iva in Italia (si pensi al caso di soggetto Ue con stabile organizzazione in Italia e l’acquisto sia effettuato direttamente dall’organizzazione italiana).

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Ok alla conservazione virtuale per la fattura al cliente estero

14 Dicembre 2018

Il Sole 24 Ore 5 NOVEMBRE 2018 di Alfredo Calvano L’esperto Risponde

Un’azienda che decide di inviare in formato elettronico una fattura a un cliente estero ha l’obbligo di conservarla in digitale o può procedere alla conservazione cartacea del documento? La possibilità del cliente estero di appoggiarsi a un hub accreditato può incidere oppure la possibilità di inviare le fatture a clienti esteri in formato elettronico ha il solo scopo di snellire la prossima comunicazione delle operazioni transfrontaliere?
A.I.SESTO FIORENTINO
Come noto per i dati delle fatture emesse nei confronti di soggetti passivi esteri questa trasmissione può essere sostituita con utilizzo della fattura elettronica avendo cura di valorizzare all’interno della fattura l’elemento «Codice destinatario» con «XXXXXXX». Con tale modalità verrà meno l’obbligo di presentazione dello spesometro (cosiddetto esterometro) con riferimento alle fatture estere. Sebbene ad oggi non ci sia stato un chiarimento ufficiale, le fatture elettroniche emesse, seppure in via facoltativa, nei confronti di soggetti esteri dovrebbero comportare la conservazione sostitutiva (ovvero digitale).

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CHIUSURA FESTIVITA’ NATALIZIE

13 Dicembre 2018

Si avvisa la gentile clientela che lo Studio Commerciale Dott. A. Valentini rimarrà chiuso per le festività natalizie dal 24 dicembre al 4 gennaio 2019

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Regolamento 22 novembre 2018 n.7 – Regolamento per l’utilizzo del Registro pubblico dei domicili digitali

13 Dicembre 2018

Regolamento 22 novembre 2018 n.7 – Regolamento per l’utilizzo del Registro pubblico dei domicili digitali

Si allega il testo completo del Regolamento che istituisce il pubblico registro dei domicili digitali

Regolamento-22-novembre-2018-n.7

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Sanzioni da 3mila a 5mila euro per l’uso vietato del contante

13 Dicembre 2018

Il Sole 24 Ore 5 DICEMBRE 2018 (l’Esperto Risponde) di Luigi Ferrajoli e Flavia Silla

Una società in contabilità ordinaria ha effettuato quattro pagamenti di acconti di 2mila euro in contanti, su una fattura totale di 8mila euro. Quali conseguenze e sanzioni verranno applicate in fase di accertamento, per il mancato rispetto dei limiti al pagamento delle fatture in contanti? Si precisa che sono stati effettuati dei prelievi dal conto corrente e poi effettuati i pagamenti in contanti su esplicita richiesta del fornitore.
L.B.CATANZARO
Il limite per l’utilizzo del denaro contante nei pagamenti è stato fissato, dal 1° gennaio 2016, nell’importo di 3mila euro (ex articolo 49, comma 1, del Dlgs 231/2007). Tale limite si considera superato anche quando il pagamento è effettuato con più versamenti, inferiori alla soglia, che appaiono artificiosamente frazionati.
Tuttavia, è possibile eseguire operazioni frazionate di importo inferiore alla soglia, se è previsto dalla prassi commerciale o da espressi accordi contrattuali (ad esempio, in caso di vendita a rate o in relazione a contratti di somministrazione).
Al di fuori di tali ipotesi, è configurabile una violazione nel divieto di cui all’articolo 49: punita, ex articolo 63 del Dlgs 231/2007, con la sanzione amministrativa da 3mila a 5mila euro.
È possibile fruire dell’istituto dell’oblazione amministrativa versando una somma pari a 1/3 del massimo della sanzione, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di 60 giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notifica degli estremi della violazione (articolo 65, comma 9, Dlgs 231/2007, come sostituito dall’articolo 5, comma 2, Dlgs 90/2017). Quest’opzione non è esercitabile da chi si sia già avvalso, da meno di un anno, della medesima facoltà per altra analoga violazione.

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Vietato guidare l’automobile con targa estera di un parente

13 Dicembre 2018

Il Sole 24 Ore 29 NOVEMBRE 2018 di Maurizio Caprino

DECRETO SICUREZZA

La stretta contro i «furbetti» colpisce anche situazioni in cui non c’è un vero abuso

Si salvano invece gli evasori ma un ordine del giorno sollecita correzioni

Con la conversione in legge del decreto sicurezza (Dl 113/2018), votata ieri dalla Camera, in Italia diventa vietato anche guidare l’auto di un parente, di un amico o di un collega che abitano all’estero. È un effetto collaterale, probabilmente indesiderato, della stretta inserita nel Codice della strada contro i “furbetti della targa estera”. Una stretta che però non riguarda i casi più rilevanti: quelli di chi prende auto in leasing o noleggio da operatori esteri auto: generalmente sono persone ricche che scelgono modelli di valore sottraendosi soprattutto al Fisco. Così ieri è passato un ordine del giorno che impegna il Governo a rivedere questo aspetto.
Il problema sulle auto di parenti, amici e colleghi deriva da come è strutturato il comma 1-bis introdotto nell’articolo 93 del Codice: divieto di circolare con un veicolo immatricolato all’estero, per chi risiede in Italia da oltre 60 giorni. Un divieto indiscriminato, da cui sono esclusi solo quelli in leasing o noleggio senza conducente acquisiti in base a un contratto stipulato con un operatore di un altro Stato della Ue o del See (Spazio economico europeo) che non abbia sedi secondarie o effettive in Italia e quelli concessi in comodato da imprese Ue o See a residenti in Italia legati a loro da un rapporto di lavoro o di collaborazione.
Né si potrà sostenere di trovarsi in una di queste situazioni escluse e riservarsi di dimostrarlo in un secondo momento: la norma impone che a bordo del veicolo si trovi un documento di data certa (per esempio, autenticato da un notaio) che attesti il rapporto fra il conducente italiano e l’intestatario estero. In caso contrario, «la disponibilità del veicolo si considera in capo al conducente». Una formulazione che parrebbe anche escludere la consueta possibilità per gli agenti di assegnare un termine entro cui esibire la documentazione mancante (articolo 180, comma 8, del Codice).
La stretta va invece a dare una legittimazione definitiva agli evasori fiscali. Perciò il Governo ha accolto l’ordine del giorno presentato dal deputato Alberto Pagani (Pd), che lo impegna a prevedere l’obbligo di ritargare in Italia in caso di leasing o noleggio esteri o a vietare la circolazione dei veicoli in questione. Il Governo non lo aveva previsto perché temeva una procedura d’infrazione Ue, ma l’ordine del giorno segnala tre sentenze della Corte Ue (cause C-242/05, C-552/15 e, soprattutto, C-451/99) in cui i giudici ritengono legittimo l’obbligo di reimmatricolazione nazionale.
Il Governo non si è impegnato sui tempi di questa eventuale modifica. Un invito a provvedere sta per arrivargli da tutte le associazioni della filiera automobilistica: in particolare, le società di leasing e noleggio rischiano di dover smantellare le sedi italiane. Infatti, per com’è ora la norma, ai clienti conviene rivolgersi all’estero.

 

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Il transito dallo Sdi evita l’esterometro

13 Dicembre 2018

Il Sole 24 Ore 23 NOVEMBRE 2018 di Giorgio Confente

Delega all’intermediario
D Una società di capitali si avvale di un intermediario per trasmissione, ricezione e conservazione delle fatture elettroniche. Abbiamo effettuato la registrazione del codice univoco dell’intermediario nel sito dell’Agenzia delle Entrate. È obbligatorio conferire anche una delega al mio intermediario?
r No. La società ha sicuramente dato una delega all’intermediario per la gestione delle fatture elettroniche, ma la delega è di tipo privatistico e non comporta nessuna delega da notificare all’agenzia delle Entrate.
BENEDETTO SANTACROCE
Invio immediato
D Un’attività di casa vacanza e agriturismo gestita da una cooperativa agricola che attualmente emette ricevuta fiscale e, solo
su richiesta del cliente, fattura,
dal 1° gennaio come dovrà
comportarsi??
r Dal 1° gennaio 2019, nulla cambia per le ricevute fiscali. Dovranno essere emesse elettronicamente, invece, le eventuali fatture, sia quelle fiscali pre-numerate, emesse per certificare i corrispettivi, sia quelle immediate.Se la fattura ordinaria immediata (cioè quella non fiscale o pre-numerata) ha la “funzione sostitutiva” di documenti fiscali che certificano i corrispettivi (scontrino, ricevuta fiscale o fattura fiscale), ad esempio, per la somministrazione di pasti o il pernottamento, il suo rilascio dovrà avvenite «contestualmente alla consegna del bene o all’ultimazione della prestazione» (circolare 97/E/1997, paragrafo 4.3). Il suo invio tramite Sdi dovrà, quindi, essere immediato e non entro il termine della liquidazione periodica Iva, per le operazioni effettuate nei primi sei mesi del 2019, o entro 10 giorni dall’effettuazione, per quelle effettuate dal 1° luglio 2019.
luca de stefani
Servizi resi a soggetto Ue
D In caso di servizi resi a un soggetto comunitario le fatture devono transitare dallo Sdi?
r Le fatture emesse per servizi resi a soggetti Ue, escluse dal campo di applicazione Iva ex articolo 7 ter del Dpr 633 del 1972 sono esonerate dall’obbligo di trasmissione tramite il sistema di interscambio.
È comunque possibile trasmetterle facoltativamente al fine di evitare la comunicazione delle operazioni transfrontaliere (cosiddetto “esterometro”). In questo caso, il fornitore indicherà come indirizzo di recapito il codice destinatario “XXXXXXX” e dovrà trasmettere la fattura al cliente estero con le modalità tradizionali (ad esempio via e-mail o posta).

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Dematerializzazione a metà del guado

13 Dicembre 2018

Il Sole 24 Ore 17 OTTOBRE 2018 di Alessandro Mastromatteo e Benedetto Santacroce
I nodi aperti della fattura elettronica
La fatturazione elettronica obbligatoria, che dal 2019 riguarderà tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti in Italia, è certo la fonte di innesco di un processo virtuoso di digitalizzazione. Non sarà neanche più necessario conservare le fattura in formato cartaceo. Il processo in atto coinvolge non solo i meccanismi gestionali e contabili all’interno di un’azienda, ma anche la documentazione prodotta e ricevuta. Insomma, l’impatto della e-fattura non si limita solamente ai documenti a rilevanza fiscale.
L’evoluzione tecnologica e il formato strutturato della fattura elettronica, infatti, hanno portato e porteranno, con una diffusione sempre più capillare, a un utilizzo probabilmente quanto più possibile di strutture e linguaggi condivisi anche per altri documenti quali, ad esempio, i contratti commerciali. In questo senso, la possibilità di scambiarsi e sottoscrivere a distanza e in modalità telematica i documenti, ad esempio apponendovi una firma digitale ovvero utilizzando soluzioni di firma elettronica avanzata quali la stessa autenticazione a mezzo Spid (Sistema pubblico identità digitale), rappresentano inevitabilmente strumenti che non potranno che portare a una completa dematerializzazione.
Tuttavia, inevitabilmente, qualche documento continuerà ad essere prodotto o ricevuto in formato cartaceo, anche se la direzione intrapresa è quella di dematerializzare tutto sia pure solo acquisendone l’immagine.
Ad ogni modo utilizzare un formato strutturato xml da veicolare tramite Sistema di interscambio (interfaccia pubblica per lo scambio di e-fatture) per le fatture attive e passive tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio nazionale, non implica di per sé che tutto ciò che si produce, diverso dai documenti fattura, in formati diversi ma senza produrre carta, non possa essere gestito sin dall’origine in maniera dematerializzata. Si pensi, ad esempio, alle fatture attive e passive da e verso l’estero: questi documenti continueranno ad essere gestiti, anche su carta oppure informaticamente, ad esempio inviandoli o ricevendoli in allegato email o tramite piattaforme di comunicazione telematiche ma non dovranno necessariamente transitare dal sistema di interscambio in formato strutturato. In ogni caso, l’utilità e i vantaggi di disporre di tracciati strutturati guideranno le aziende ad una transizione verso l’informatizzazione di tutti i dati e documenti.

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