In 16 Paesi europei su 28 scatta la gogna fiscale

12 Gennaio 2020

Il Sole 24 Ore 10 DICEMBRE 2019 di Roberto Galullo e Angelo Mincuzzi

Trasparenza. Le liste di chi non paga le tasse vengono diffuse nel Regno Unito, Spagna e in molti Stati dell’Est. Gli elenchi sono pubblicati anche negli Usa, Uganda e Nigeria

Svergognati. Umiliati. Disonorati. Screditati. Messi alla berlina di fronte ai parenti, ai vicini di casa e ai colleghi di lavoro. Dati in pasto ai media senza che nessuna legge sulla privacy possa porre un argine. Succede ogni anno agli evasori fiscali di 16 dei 28 Paesi dell’Unione europea. Succede anche negli Stati Uniti, in Australia e in Messico. Accade perfino in Nigeria e in Uganda, in Russia e in Corea del Sud. Un modo per combattere l’evasione fiscale, una piaga la cui gravità è stata sottolineata anche ieri dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

«Sbatti il mostro in prima pagina» era il titolo di un film del 1972 diretto da Marco Bellocchio e interpretato da un magistrale Gian Maria Volonté. Oggi i tempi sono cambiati e i “mostri”, in questo caso i nomi degli evasori fiscali, vengono “sbattuti” su una piazza virtuale senza più confini e visibile 24 ore su 24: il world wide web.

Decine, centinaia di migliaia di nomi galleggiano nel mare magnum di internet all’interno di liste pubblicate nei siti delle Agenzie delle Entrate e dei ministeri del Tesoro di almeno 26 Paesi nel mondo, di 23 Stati degli Usa, di decine di contee disseminate dalla costa atlantica a quella del Pacifico degli Stati Uniti. Messi insieme, uno dopo l’altro, questi nomi formano un elenco chilometrico a disposizione di tutti, curiosi e criminali inclusi.

“Fiume di denaro”, il format d’inchiesta multimediale del Sole 24 Ore, ha scandagliato in lungo e in largo (in collaborazione con Led Taxand, uno studio internazionale di fiscalisti) questa marea di dati realizzando un primo censimento delle giurisdizioni che hanno deciso di sbattere l’evasore in prima pagina sulla base di un principio saldamente incardinato nel Dna dei Paesi di cultura anglosassone: il “name and shame”. In italiano si potrebbe tradurre più o meno così: “Pubblico il tuo nome e ti svergogno”, cioé faccio sapere a tutti che sei un evasore fiscale, che non paghi ciò che devi alla collettività mentre, magari, il tuo vicino di casa si svena per versare al Fisco fino all’ultimo centesimo di imposte. L’obiettivo è colpire i furbetti con uno stigma che provochi disapprovazione sociale e funga da disincentivo all’evasione fiscale.

Il Paese più agguerrito nell’Ue è l’Irlanda, dove il libro nero degli evasori viene pubblicato dal 1997 e da tre anni viene continuamente aggiornato online. Per restare nel mondo anglosassone, gli elenchi vengono diffusi online anche nel Regno Unito, a cura dell’agenzia fiscale di Sua Maestà.

Nell’Europa continentale c’è un folto drappello di Paesi dell’Est che ha fatto proprio il principio del “name and shame”: Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Romania, Croazia e Slovenia. Poi ci sono i tre Paesi Baltici: Estonia, Lettonia e Lituania. E scendendo verso sud, la Grecia (almeno fino a cinque anni fa) e Malta.

A Ovest c’è tutta la penisola iberica: Spagna e Portogallo. La Francia ha approvato una legge che impone la pubblicazione dei nomi dei condannati per evasione: è solo questione di tempo, poco per la verità, e si avranno i primi nomi. Il totale fa 16 e il numero salirà a 17 con la Francia. Per scendere nuovamente quando la Brexit diventerà realtà.

Da Dublino a Londra le differenze sono minime. Anche nel Regno Unito – che, come del resto l’Irlanda, è invece generoso nei confronti della privacy sulla tassazione applicata alle multinazionali – vengono pubblicati su Internet nutriti elenchi di evasori fiscali, dove oltre al nome è indicata anche la professione, l’indirizzo, la cifra evasa e l’entità della sanzione ricevuta. Colpisce la quantità di titolari di ristoranti e di take-away inseriti nella lista. Gli elenchi restano online per 12 mesi e prima della pubblicazione del libro nero, il contribuente viene informato dell’inserimento del suo nome.

Si varca il Canale della Manica e ci si dirige verso Est. I tre Paesi baltici hanno ognuno un proprio elenco. L’Estonia lo ha introdotto nel 2014 e inserisce tutti coloro che hanno un debito fiscale di almeno 1.000 euro. In Lettonia basta avere un debito con lo Stato di 150 euro per rientrare nella lista della vergogna, mentre in Lituania ci finiscono soltanto le persone giuridiche con arretrati fiscali di almeno 10mila euro.

A Est il principio del “name and shame” è stato assimilato senza colpo ferire. Praticamente quasi tutti gli ex Paesi del blocco sovietico o della ex Jugoslavia entrati nella Ue lo hanno adottato.

Ma sono gli Stati Uniti il Paese in cui il “name and shame” trova la sua applicazione più diffusa. Qui con il Fisco non si scherza. L’evasione fiscale è un reato gravissimo e le carceri sono piene di contribuenti che hanno evaso o frodato le tasse.

Ben 23 dei 50 Stati che compongono gli Usa mettono alla gogna chi ha dimenticato di saldare i conti con il Fisco, incluso il Delaware, che è diventato il paradiso fiscale numero uno negli Stati Uniti ma che non ha pietà nei confronti dei suoi contribuenti che non pagano le tasse.

Lasciamo gli Stati Uniti e scopriamo che il “name and shame” ha fatto proseliti anche al di là del muro che Donald Trump vuole costruire: in Messico. Qui l’ultimo elenco pubblicato comprende anche il nome di Vicente Fox, ex presidente messicano, che deve al Fisco del suo Paese 15 milioni di pesos, quasi 700mila euro. All’estremo Nord del continente, c’è anche il Canada.

In Asia ci sono Pakistan, Cina e Corea del Sud. Nel Pacifico c’è l’Australia e in Africa anche Nigeria e Uganda, dove l’elenco viene chiamato “shamelist”, lista della vergogna.

In Nigeria la graduatoria diffusa lo scorso settembre comprende 19.901 nomi di società che devono soldi allo Stato. Nell’elenco c’è anche la Obsanjo Farms Nig Ltd (Feedmill), controllata da Olusegun Obasanjo, presidente del governo militare della Nigeria tra il 1976 e il 1979, e poi rieletto democraticamente tra il 1999 e il 2007.Il giro del mondo finisce nelle Filippine, dove nel sito dell’ufficio del Fisco la pagina dedicata agli evasori è in costruzione.

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Trust, San Marino fa salire il prelievo fiscale per evitare la black list italiana

12 Gennaio 2020

Quotidiano del Fisco 11 DICEMBRE 2019 di Gianluca Dan e Matteo Pettinari

La Repubblica di San Marino pochi mesi fa, con la legge n.123 del 5 agosto 2019, aveva introdotto due importanti novità nella legge 42/2010 che disciplina l’istituto del trust a San Marino:
1) l’eliminazione del «parere di conformità» preventivo che doveva emettere un notaio sammarinese;
2) l’attribuzione al trustee, anche se straniero, della responsabilità dell’istituzione e tenuta del «libro degli eventi», limitando così la figura del cosiddetto «agente residente» a semplice referente per gli adempimenti formali relativi al Registro dei trust tenuto presso la Banca centrale sammarinese.

Con l’articolo 17 della legge 157/2019 del 19 novembre la Repubblica di San Marino interviene nuovamente sul tema dei trust con ulteriori due correzioni. Vediamole nel dettaglio.

  • In primo luogo, con la modifica della lettera a) del comma 1 dell’articolo 1 della legge 42/2010, viene allargata la platea dei soggetti che possono assumere la carica di «agente residente», prima limitata a professionisti iscritti negli albi professionali degli avvocati, notai o commercialisti. Ora tale servizio potrà essere svolto anche da una società purché sia sottoposta agli obblighi antiriciclaggio e abbia almeno uno dei citati professionisti tra i suoi esponenti (indifferentemente con la qualifica di amministratore o sindaco). La disposizione è dettata dall’intenzione di creare una risposta professionale strutturata e non semplicemente vincolata al singolo professionista così da rendere più attraente per gli operatori internazionali lo strumento del trust sammarinese. Da notare che la norma non sembra riservare il ruolo di agente residente “societario” solo alle trustee company sammarinesi, autorizzate dalla Banca centrale sammarinese ed aventi le caratteristiche e i presidi contenuti nel decreto delegato n. 49 del 16 marzo 2010, che teoricamente sarebbero i soggetti più adatti e più tutelanti per i clienti.
  • La seconda modifica pone mano alla e legge n. 38 del 17 marzo 2005 che tuttora disciplina la tassazione dei trust fiscalmente residenti a San Marino: finora i trust fiscalmente residenti erano assoggettati all’imposta generale prevista per le società e gli enti (similmente all’Italia), pari al 17%, applicabile a un imponibile determinato moltiplicando i proventi lordi derivanti dal fondo in trust per un coefficiente di redditività del 10 per cento. In sostanza la tassazione era quindi pari all’1,7% dei ricavi. Viene ora incrementato il coefficiente di redditività al 75% dell’ammontare complessivo dei ricavi determinando quindi un’aliquota effettiva sulle entrate lorde del trust del 12,75%, sufficiente per considerare il livello di tassazione non inferiore al 50% di quello applicabile in Italia (sul reddito netto), e quindi tale da escludere San Marino dal novero degli Stati a fiscalità privilegiata come previsto dall’articolo 47-bis, comma 1, lettera b) del Tuir, come modificato dal decreto fiscale collegato alla manovra (Dl 124/2019) ora in corso di conversione parlamentare.

Oltre a tale regime, che potremmo definire ordinario, viene tuttavia prevista una modalità opzionale di tassazione per i trust residenti, con determinazione analitica dell’imponibile e con applicazione dell’aliquota generale del 17% senza alcuna riduzione forfettaria. Ove invece, previa opzione da esercitarsi nella dichiarazione dei redditi, i proventi vengano reinvestiti per almeno 24 mesi con le modalità che saranno individuate da appositi provvedimenti, il coefficiente di redditività verrà nuovamente applicato nella misura del 10% e quindi il livello impositivo ritornerebbe all’1,7% sui ricavi «immobilizzati».

Va valutato positivamente l’allargamento della platea dei soggetti che possono svolgere la funzione di «agente residente» in forma strutturata mentre desta qualche perplessità la modifica legislativa sulla parte fiscale, considerabile quasi una «instant rule» per dare una risposta immediata alla nuova norma italiana sui redditi corrisposti da trust non residenti opachi (articolo 44, primo comma, lettera g-sexies, del Tuir).

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Scadenziario Gennaio 2020

9 Gennaio 2020

entro il 20 Gennaio

  • Scade il termine per il pagamento dei contributi previdenziali /assistenziali I.S.S. e F.S.S. e FONDISS per lavoratori dipendenti relativi al mese di DICEMBRE e TREDICESIMA 2019.

entro il 30 Gennaio

  • Scade il termine per versamento degli importi relativi alla gestione separata e FONDISS per gli amministratori, presidenti  CdA, Amministratori delegati, CO.CO.PRO e soci lavoratori di cui alla Legge 158 del 05/10/2011 art. 4.

Scadenziario entro il 31 Gennaio

  • Scade il termine per il pagamento dell’imposta complementare del 3% sui servizi resi a privati nel periodo 01/07/2019 -31/12/2019;
  • Si ricorda che  è stata abolita la norma che prevedeva di fornire entro il  31/01 di ogni anno all’Ufficio Industria l’elenco delle imprese che prestano servizi di manutenzione e riparazione. E’ infatti possibile provvedere direttamente dal sito OPEC alla pratica di volta in volta quando si verifica la necessità.

Si ricorda nuovamente che già dal 1° gennaio 2019 in base all’art. 17 della L137/2018 è fatto obbligo per ogni contribuente di registrare nel conto fiscale le obbligazioni tributarie ENTRO LA SCADENZA pena sanzione amministrativa da € 100,00 a € 500,00 applicata dall’Ufficio Tributario.

 

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