Se c’è titolo edilizio l’immobile abusivo è commerciabile

9 April 2019

Il Sole 24 Ore 23 MARZO 2019 di Angelo Busani

CASSAZIONE

Compravendita valida anche se la costruzione presenta difformità

Con sentenza 8230/2019, le Sezioni Unite della Cassazione hanno composto il contrasto verificatosi nella precedente giurisprudenza di legittimità sugli edifici abusivi e hanno finalmente dettato i principi generali da applicare in questa materia.
In primo luogo, l’edificio abusivo non è commerciabile (e quindi il relativo contratto di compravendita è nullo) solo se non esiste un titolo edilizio che ne abbia assentito la costruzione oppure se nel rogito venga falsamente dichiarato l’avvenuto rilascio di un titolo edilizio invero inesistente; se invece un titolo edilizio esiste e il manufatto è stato realizzato con variazioni (essenziali o non essenziali) l’edificio è commerciabile: per la validità del contratto di compravendita è sufficiente che in esso siano menzionati gli estremi del titolo edilizio che ne ha assentito la costruzione.
La tutela del sistema in generale non deve essere garantita dalla sanzione di nullità dei contratti aventi a oggetto manufatti abusivi, ma è assicurata dalle sanzioni che la normativa urbanistica commina per il caso della realizzazione di abusi edilizi: la demolizione, il ripristino della situazione anteriore all’abuso, le sanzioni pecuniarie. Tutte sanzioni “reali” (le quali si applicano, cioè, a chi si trovi a essere proprietario dell’edificio nel momento in cui l’abuso sia accertato) e irrogabili senza limiti temporali (nel senso, cioè, che il decorso del tempo non provoca alcuna sanatoria delle situazioni abusive).
La tutela dell’acquirente dell’edificio abusivo è assicurata dai rimedi che il Codice civile appresta (la risoluzione del contratto, la riduzione del prezzo, il risarcimento del danno) per chi compra beni i quali presentino vizi o che non abbiano le qualità promesse o essenziali per il loro uso.
La sentenza 8230 viene emanata a Sezioni Unite. Da quando (e cioè dalla legge 47/1985) il tema della regolarità dei fabbricati ha avuto impatto sulla loro commerciabilità, la questione della rilevanza dell’abusivismo edilizio sulla validità dei contratti ha infatti avuto in Cassazione, nel tempo, una valutazione nettamente divergente:
un iniziale orientamento (espresso dalla decisioni 8685/1999, 8147/2000, 5068/2001, 5898/2004, 7534/2004, 27129/2006, 20714/2012 e 16876/2013, 25357/2014) ha dato credito alla tesi della cosiddetta “nullità formale”, e cioè all’idea che la compravendita sia valida solo che il titolo edilizio esista, anche se l’edificio sia stato realizzato con variazioni essenziali;
secondo un più recente orientamento, espresso nelle decisioni 20258/2009, 23591/2013, 28194/2013, 25811/2014 e 18261/2015 (la tesi della cosiddetta “nullità sostanziale”), la compravendita deve considerarsi affetta da nullità non solo se abbia a oggetto un edificio costruito in assenza o in totale difformità da un titolo edilizio, ma anche se il manufatto che ne sia oggetto sia stato realizzato con variazioni essenziali rispetto al titolo edilizio.
Questa corrente di pensiero viene smentita: in presenza di una dichiarazione del venditore circa gli estremi di un titolo edilizio esistente, il contratto «è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato».

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