Raddoppio dei termini black list senza retroattività

13 February 2019

Quotidiano del Fisco – Il Sole 24 Ore – 31 01 2019 di Laura Ambrosi

Investimenti e attività finanziarie detenute nei paradisi fiscali e non dichiarate si presumono redditi sottratti a tassazione solo dal 2009 in quanto la norma non può considerarsi retroattiva. A confermare questo principio è la Cassazione con la sentenza 2562/2019 depositata ieri (clicca qui per consultarla ).

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’agenzia delle Entrate con il quale venivano contestati maggiori redditi per il 2005 derivanti da alcune disponibilità finanziarie detenute in un paese a fiscalità privilegiata.

La pretesa era fondata sulla presunzione introdotta dall’articolo 12 del Dl 78/2009 secondo il quale gli investimenti e le attività finanziarie detenute all’estero in paesi black list e non dichiarate nel quadro RW, si presumono costituite con redditi sottratti a tassazione in Italia. Peraltro, tale norma, ha previsto che per l’accertamento di tali redditi l’ordinario termine di decadenza sia raddoppiato.

Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario, eccependo tra i diversi motivi, l’inapplicabilità della norma per il periodo di imposta 2005.
Si trattava, infatti, di una applicazione retroattiva della disposizione introdotta solo nel 2009.

Entrambi i collegi di merito rigettavano le doglianze del contribuente, il quale ricorreva così in Cassazione. La Suprema corte, confermando l’orientamento già espresso, ha ribadito che tale norma in vigore dal 1° luglio 2009 non ha efficacia retroattiva in quanto non può attribuirsi alla stessa natura processuale, poiché ha introdotto delle nuove presunzioni.
Una diversa interpretazione, infatti, pregiudicherebbe il diritto di difesa rispetto alla scelta del contribuente di conservare un certo tipo di documentazione probatoriamente rilevante.
In tale contesto, va segnalato che con la sentenza nr. 33223/2018 dello scorso dicembre i giudici di legittimità avevano altresì chiarito che si tratta di una norma che pone in favore del fisco una presunzione legale relativa con inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.

L’interessato, quindi, per evitare l’imposizione è tenuto a fornire documentazione che potrebbe non aver conservato, attesa l’inesistenza di una norma simile prima della sua introduzione. Per tale ragione, la disposizione ha carattere sostanziale e come tale non può essere applicata retroattivamente.

La decisione è particolarmente importante perché, nonostante qualche precedente in tal senso, l’agenzia delle Entrate è ferma nel ritenere la retroattività della presunzione in argomento.

 

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