Non c’è esterovestizione per l’impresa che ha oltreconfine una sede effettiva

8 April 2022

Il Sole 24 Ore 3 Marzo 2022 di Alessandro Germani

Le ultime letture di Entrate e Cassazione sulle fittizie localizzazioni all’estero

Un check sulla catena partecipativa per stabilire la residenza della holding

La localizzazione all’estero delle strutture societarie deve essere sempre effettiva e genuina per evitare contestazioni, che tuttavia vanno sempre adeguatamente supportate in relazione al presunto vantaggio fiscale che il contribuente vorrebbe perseguire. In tema di pianificazione estera occorre distinguere le casistiche di residenza fiscale effettiva e di esterovestizione. Può essere il caso di una holding estera che controlli una società italiana. Per stabilire l’effettiva residenza della holding occorrerà fare un check sull’intera catena partecipativa e sulla residenza dei componenti dell’organo amministrativo. Due recenti pronunce di prassi e di giurisprudenza consentono di trarre alcuni elementi utili. Vediamole in dettaglio.

Le Entrate

La risposta n. 27 del 17 gennaio 2022 ha riguardato una società Alfa estera controllata al 51% da una società italiana e amministrata da due persone fisiche delle quali una residente in Italia e l’altra all’estero. Nel caso di specie non si trattava neppure di una holding, non avendo partecipazioni in Italia. La norma dell’esterovestizione (articolo 73, comma 5-bis, del Tuir) introduce una presunzione relativa di residenza in Italia di una società estera che controlla, ex articolo 2359, comma 1, del Codice civile, società ed enti residenti in Italia, se, in alternativa:

è controllata, anche indirettamente, ex articolo 2359, comma 1, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;

è amministrata da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

Quindi perché scatti la presunzione di esterovestizione occorre che l’estera, che controlla l’italiana, sia a sua volta controllata da un’altra italiana o amministrata prevalentemente da soggetti italiani. Questo è il quadro di riferimento che bisogna focalizzare.

Se dunque a valle Alfa non controlla alcuna società italiana, la precondizione della norma sull’esterovestizione non è integrata e la disciplina non si applica. Correttamente le Entrate fanno presente che l’esterovestizione è fattispecie ben differente dalla residenza fiscale di una società, stabilita dal comma 3 dell’articolo 73, determinata dal fatto di avere la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato per la maggior parte del periodo d’imposta. Come dire che una struttura può definirsi esterovestita se controlla una società italiana e a sua volta è controllata sempre da una società italiana o amministrata prevalentemente da italiani. Ma nulla toglie che quand’anche non sia esterovestita possa comunque considerarsi da parte del fisco italiana se si prova che in realtà è solo fittiziamente localizzata all’estero. Qui va fatta una valutazione caso per caso.

La Cassazione

Veniamo ora alla sentenza della Cassazione n. 4463 dell’11 febbraio 2022 dove i giudici di legittimità in un caso di presunta esterovestizione hanno dato ragione al contribuente in quanto, trattandosi di una norma con finalità antielusive, sta all’Agenzia di provare che l’obiettivo preponderante da parte del contribuente sia quello di conseguire un vantaggio fiscale.

La Cassazione ha di fatto avallato il giudizio della Ctr Lombardia. Infatti la società estera è una holding lussemburghese che ha sempre svolto la propria attività di gestione delle partecipazioni. In questo caso l’Amministrazione, colpevolmente, non si è neppure preoccupata di identificare il vantaggio fiscale conseguito o conseguibile con la collocazione artificiosa della sede sociale in Lussemburgo e non in Italia. Non basta, infatti, reperire nella controllata italiana una documentazione «sporadica e discontinua» che appare insufficiente a dimostrare l’esterovestizione. Militano poi a favore del contribuente anche la residenza estera della maggioranza dei consiglieri d’amministrazione e l’imposizione fiscale cui la società Alfa è sottoposta in Lussemburgo. Un’artificiosa localizzazione estera deve infatti rispondere a un trattamento fiscale di favore (Cassazione 16697/19 e 2869/13) e lo scopo essenziale dell’operazione deve limitarsi all’ottenimento di tale vantaggio fiscale (causa C-419/14, W. Kft). Perché di contro il contribuente sarà sempre libero di scegliere la soluzione che gli consenta di ottimizzare il carico fiscale. Quindi una localizzazione estera può essere contrastata dalla norma nazionale solo se l’obiettivo è quello di contrastare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica (causa C-196/04 e Cassazione 33234/18). I paletti posti dalla Cassazione a favore del contribuente appaiono molto netti.

Doing business in San Marino

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