Transfer pricing e controlli: le aree nel mirino del Fisco
8 Luglio 2025
Il Sole 24 Ore lunedì 30 Giugno 2025 di Walter Di Rosa e Roberto Monasterolo
Nell’ambito delle verifiche fiscali sui rapporti infragruppo, è possibile osservare un crescente interesse da parte dell’amministrazione finanziaria verso le operazioni di ristrutturazione aziendale (business restructuring), le transazioni finanziarie e la remunerazione dei beni immateriali (intellectual property, IP), nonché un rilevante aumento degli accertamenti in materia di beneficiario effettivo, oltre al sempre attuale tema della deducibilità dei costi per servizi infragruppo. Queste nuove aree di interesse si sono di recente aggiunte alle “classiche” valutazioni operate dall’amministrazione finanziaria in riferimento alle società in perdita, all’analisi della congruità del profitto e all’idoneità delle società comparabili.
Business restructuring
Nel campo delle business restructuring, una delle aree di maggiore attenzione nei controlli fiscali è la misura (o l’eventuale assenza) di compensazione per la società “ristrutturata” italiana (si vedano le Linee guida Ocse in materia di transfer pricing, capitolo IX). Le casistiche critiche si riferiscono al trasferimento di funzioni e/o rischi presso altre società del gruppo; alla perdita di profitto potenziale o alla rinuncia a opportunità di business a favore di altre parti correlate; al sostenimento di costi di ristrutturazione in capo alla società italiana non riaddebitati alle controparti estere; al trasferimento di beni immateriali, quali la lista clienti o i contratti infragruppo, tra gli altri. È proprio in tali fattispecie che il Fisco tende a contestare il mancato pagamento dell’indennizzo e/o la congruità di quanto eventualmente riconosciuto.
Accordi di finanziamento
Le operazioni finanziarie infragruppo costituiscono un altro nodo critico. Sempre più spesso, sotto esame dell’amministrazione vi sono le condizioni degli accordi di finanziamento e cash pooling, dove una frequente attività di controllo si concentra sulla verifica della natura arm’s length dei tassi di interesse.
Si insinua, al contempo, una particolare attenzione per la prevalenza della sostanza economica sulla struttura formale. Critici gli schemi in cui la società italiana è l’entità beneficiaria del finanziamento e presenta un rapporto debt/equity non conforme al principio di libera concorrenza, risultando sottocapitalizzata. In presenza di tali strutture, si assiste, sempre più di frequente, alla riclassificazione del prestito in conferimento di capitale, con le conseguenti implicazioni fiscali in termini di indeducibilità degli interessi passivi.
Attenzione crescente è inoltre rivolta agli accordi di cash pooling, ampiamente diffusi per gestire in modo centralizzato la liquidità nei gruppi multinazionali. Se i saldi dei conti di cash pooling rimangono invariati nel tempo (con costanti posizione creditorie, ad esempio) o vengono utilizzati per esigenze diverse dalla gestione della liquidità a breve termine, il Fisco tende a riclassificare tali rapporti in prestiti infragruppo a lungo termine, con conseguente applicazione di tassi di interesse più elevati, come usuale per tali tipologie di finanziamenti.
Royalty sui marchi
Sulle licenze infragruppo di IP sono in progressivo aumento i rilievi per la mancata applicazione di royalty sui marchi licenziati da società italiane, anche in contesti di business in cui il valore percepito dell’intellectual property è ridotto, se non nullo. È il caso, ad esempio, di società operanti nel B2B o in particolari settori (come quelle degli intermedi chimici), che cedono i prodotti su cui è applicato il marchio e di cui sono titolari, a consociate estere. In tali fattispecie, a dispetto della scarsa rilevanza economica del valore del marchio, avviene non di rado che il Fisco ritenga dovuta una remunerazione.
Nel mirino anche l’analisi delle funzioni Dempe (acronimo di “Development, enhancement, maintenance, protection and exploitation”), per individuare le entità del gruppo che effettivamente contribuiscono a determinare il valore economico dell’IP, in casi ad esempio come il pagamento di royalty verso consociate estere, titolari giuridiche dell’IP, o in cui la società italiana opera come prestatore di servizi di ricerca e sviluppo (R&S) a beneficio della consociata estera titolare dell’IP, ponendo la necessità di effettuare un’attenta analisi fattuale di ciascuna fattispecie.
Il beneficiario effettivo
Parimenti, analoga prova rigorosa viene richiesta dall’amministrazione finanziaria in riferimento alla qualifica di beneficiario effettivo, inteso come il soggetto che, nell’ambito della corresponsione di flussi reddituali transfrontalieri (dividendi, interessi e royalties), dispone non solo della titolarità formale ma anche di un autonomo potere dispositivo e di un effettivo reale godimento in relazione ai redditi interessati, in quanto non vincolato da obblighi legali o contrattuali di ritrasferimento dei flussi reddituali a terzi soggetti.
La verifica della condizione di beneficiario effettivo viene condotta attraverso un approccio sostanziale e non meramente formale, volto a fornire piena prova in merito ai requisiti individuati dalla recente giurisprudenza di legittimità: substantive business activity test, dominion test e business purpose test.