Tasse da pagare nel luogo in cui si lavora

11 Maggio 2022

Il Sole 24 Ore 19 aprile 2022 di Luca Calabrese Raffaele Calabrese Serena Civardi Elena Pasini Azzurra Sestito Roberto Sante Smilari Alessio Vagnarelli

Questa regola generale vale anche qualora l’attività sia prestata per un datore estero

L’ingresso in Italia dei remote workers si accompagna alla necessità di approfondire la tematica anche sotto un profilo fiscale.

Infatti, le peculiari modalità di svolgimento dell’attività lavorativa non consentono, allo stato attuale, di derogare al principio generale di territorialità che regola la tassazione internazionale dei redditi di lavoro dipendente.

Secondo quanto più volte chiarito dall’amministrazione finanziaria, in particolare, ciò che rileva è il luogo in cui fisicamente viene svolta l’attività lavorativa, a prescindere dal fatto che la stessa sia resa a beneficio di un datore di lavoro estero (in tal senso, risposte 17 maggio 2021, n. 345, 7 luglio 2021 n. 458, 15 settembre 2021 n. 590, 23 settembre 2021 n. 621, 27 settembre 2021, n. 626, nonché la risposta all’interrogazione parlamentare 5-04654 del 3 dicembre 2020).

Inoltre, con le recenti risposte 186 dell’8 aprile 2022 e 157 del 25 marzo 2022, in continuità con le posizioni già espresse con la circolare 33 del 28 dicembre 2020 e con la risposta 596 del 16 settembre 2021, l’agenzia delle Entrate ha confermato che, al ricorrere dei requisiti previsti dall’articolo 16 del Dlgs 147/2015, il regime di favore previsto per gli impatriati possa trovare applicazione anche in relazione ai redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia dai lavoratori in remote working.

Altro punto di attenzione riguarda poi l’astratta configurabilità per l’impresa estera di una stabile organizzazione (permanent establishment – Pe) di tipo materiale o personale.

Anche nel semplice lavoro da casa, infatti, non è escluso che, oltre ai più noti temi legati alla presenza di una Pe personale, possa ravvisarsi la presenza di una stabile organizzazione di tipo materiale; ilcommentario all’articolo 5 del Modello Ocse a tal fine precisa che «dove, tuttavia, un ufficio a casa è utilizzato su base continuativa per svolgere attività commerciali presso un’impresa ed è chiaro dai fatti e dalle circostanze che l’impresa stessa abbia richiesto alla persona di utilizzare quella sede per svolgere l’attività dell’impresa (ad esempio non fornendo un ufficio ad un dipendente in circostanze in cui la natura del lavoro richieda chiaramente un ufficio) l’ufficio a casa del lavoratore può essere considerato a disposizione dell’impresa».

Se per un verso, il requisito della continuità dello svolgimento di attività lavorativa e l’adempimento di una specifica prescrizione lavorativa potranno essere agevolmente riscontrabili, maggiori difficoltà si incontreranno nello stabilire se l’home office, l’ufficio a casa, possa essere effettivamente considerato nella disponibilità del datore di lavoro estero.

In tal senso, risulterà imprescindibile condurre una specifica analisi, da effettuarsi caso per caso, per verificare l’effettiva rilevanza fiscale di tali fattispecie.

Doing business in San Marino

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