Stabile organizzazione occulta con criteri stretti

9 Settembre 2025

Il Sole 24 Ore 26 Agosto 2025 di Enrico Holzmiller

Non si configura la presenza di una stabile organizzazione occulta nel caso in cui l’incidenza della casa madre si limiti a un’attività di direzione e coordinamento. È la conclusione della CgT di secondo grado della Lombardia con la sentenza 57/2025 (presidente Secchi, relatore De Domenico). Conclusione solo apparentemente scontata. Innanzi tutto, la correlazione tra il concetto di direzione e coordinamento, che richiama una sfera tipica della governance, e quello di stabile organizzazione, non è banale, atteso che la sfera decisionale è attrattiva della residenza fiscale e quindi correlata al concetto di esterovestizione. La sentenza quindi, seppur indirettamente, conferma il sottile confine a tra i due concetti, perlomeno per come vengono trattati, in modo spesso non univoco, nel caso di verifiche fiscali.

Nulla quaestio sulla differenza teorica tra stabile organizzazione e società esterovestita: mentre la prima è una sede secondaria estera di società residente, l’esterovestizione identifica una società “autonoma”, formalmente residente all’estero ma italiana ai fini fiscali.

Se la distinzione concettuale è chiara, nella pratica è più fluida, secondo la giurisprudenza (per la verità non consolidata) che identifica l’esterovestizione anche in assenza di fenomeni abusivi, ovvero anche nel caso in cui non vi sia la “scatola vuota” ma una organizzazione presente all’estero (si vedano le ordinanze di Cassazione n. 11709 e 11710 del 2022).

La sentenza in commento è interessante per valutare l’approccio nel contesto che trova il discrimine focalizzando l’attenzione non tanto sul PoEM (Place of Effective management), quanto sulla autonomia organizzativa della società estera rispetto alla controllante italiana, tale per cui l’incidenza decisionale di sulla branch si riduce “per differenza” a una mera attività di D&C.

L’innesco della verifica fiscale parte dall’analisi della documentazione della società italiana in materia di transfer pricing, dalla quale i verificatori evincono l’assenza di rischi in capo alla controllata estera (fornitrice di beni alla società italiana) oltre all’esistenza di una fee riconosciuta dalla prima alla seconda in relazione al volume di vendite raggiunto.

Le caratteristiche in capo alla branch straniera che hanno inciso sulla decisione dei giudici sono, in sintesi:

l’esistenza di un organigramma atto a provare il presidio sull’intero ciclo aziendale, sia con riferimento ai processi interni che esterni;

La prova della conclusione in via autonoma di contratti di acquisto di materie prime;

La gestione indipendente dei rapporti commerciali e contrattuali con il fornitore di energia elettrica, la cui incidenza rispetto agli altri costi di gestione risultava preponderante;

La prova di una assenza di dipendenza finanziaria nei confronti della controllante italiana.

Ne consegue, secondo la Cgt, che le attività gestionali della casa madre italiana si riducono, nei fatti, a quelle che a pieno titolo una capogruppo esercita sul proprio gruppo multinazionale, nell’ambito delle funzioni di direzione e coordinamento che alla stessa competono in funzione di tale ruolo.

Doing business in San Marino

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