Senza la pubblicazione del bilancio non c’è prescrizione per mala gestio

7 Ottobre 2019

Il Sole 24 Ore 05 SETTEMBRE 2019 di Patrizia Maciocchi

SOCIETÀ

Il rendiconto costituisce la prova dell’incapienza per i creditori

Documento non surrogabile da decreti ingiuntivi o annullamento dei fidi

La prescrizione non blocca l’azione di responsabilità del curatore verso gli amministratori della società per mala gestio, se manca la prova della pubblicazione del bilancio. E l’assenza di pubblicazione, utile a rendere chiara l’incapienza ai creditori, non può essere “surrogata” nè dai di decreti ingiuntivi a carico della fallita, nè dalla revoca dei fidi bancari. Il count down per la prescrizione può partire solo dal momento della pubblicazione dei “conti” perché solo allora ai creditori è chiara la situazione patrimoniale. La Cassazione (sentenza 22077) respinge il ricorso dei componenti del Cda di una società per azioni, contro, la condanna al risarcimento di oltre un milione e 700 mila euro, per aver provocato l’insufficienza patrimoniale della società di capitali poi fallita. Nel mirino dei giudici era finita un’operazione immobiliare, fatta con estrema negligenza, con costi eccessivi e attuando, infine, una cessione di quote in favore di una società di diritto lussemburghese, che non offriva garanzie sul pagamento del debito di una società di diritto francese, costituita dalla Spa amministrata dai ricorrenti e da questa partecipata per il 99,6 per cento. I membri del board respingevano l’ accusa di cattiva gestione e negavano la possibilità applicare nei loro confronti la norma del codice civile sulla responsabilità verso i creditori sociali (articolo 2394). Norma che presuppone che il danno patrimoniale ai creditori sia collegato da un rapporto di causalità con gli atti di mala gestio. E la dimostrazione del nesso sarebbe mancata nell’azione promossa dal fallimento, visto che la curatela non aveva dimostrato che i pregiudizi derivati dall’operazione “disinvolta” contestata, avessero prodotto lo stato di insufficienza patrimoniale. Alla Corte territoriale sarebbe poi sfuggito un altro elemento: la cessione era stata decisa dai precedenti amministratori e per i nuovi consiglieri era stato impossibile disporre degli elementi per verificare la correttezza dell’affare. Infine, c’è la carta della prescrizione. Con l’approvazione del bilancio e la sua regolare pubblicazione, i creditori sapevano dell’incapienza patrimoniale e c’era dunque il presupposto per far decorre i termini della prescrizione. Nessuna delle circostanze “a discolpa” è accettata dalla Cassazione. Ad iniziare dallo scaricabarile sulla passata gestione per la cessione. Un passaggio di mano deliberato circa 20 giorni dopo l’assunzione in carica del nuovo Cda composto dai ricorrenti. E dal momento dell’”investitura” derivava la responsabilità per le decisioni future. Nulla da fare sulla prescrizione. È vero che il bilancio di esercizio che segnala il “rosso” è utile a comunicare lo stato di incapienza della società, ma è vero anche che se non viene pubblicato, sono al corrente del deficit solo gli organi sociali e non i terzi. L’azione di responsabilità del curatore sarebbe stata prescritta in cinque anni a partire dal giorno in cui i creditori fossero stati avvertiti della condizione della Spa. Però non c’era prova della pubblicazione del semestrale né di altri elementi dimostrativi della conoscibilità. Allo scopo non sono, infatti, utili i decreti ingiuntivi, la revoca dei fidi e il mancato rispetto dei piani di rientro concordati con i creditori.

Doing business in San Marino

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