Senza confusione sì all’uso del domain name

31 Agosto 2017

Il Sole 24 Ore 24 Agosto 2017 di Patrizia Maciocchi

Cassazione. Il titolare del marchio registrato prima non può vietare l’utilizzo se i servizi offerti sono diversi

Roma

Il titolare del marchio registrato prima non può vietare l’uso del domain name, se non c’è rischio di confondere i prodotti o i servizi. La Cassazione, con la sentenza 20189 respinge il ricorso di una Spa, attiva nel settore immobiliare, teso a bloccare l’uso di un nome a dominio. Alla base del “veto” e della richiesta di riassegnazione in proprio favore del domain name c’era la titolarità del marchio Etnapolis precedentemente registrato. Un segno troppo simile al domain name, etnapolis.it e etnapolis.com la cui registrazione era stata chiesta da un imprenditore siciliano titolare di una virtual communication agency, che forniva alle imprese servizi gestiti direttamente on line. Il target di riferimento era vario: dallo svago allo sviluppo di software ed hardware.
Per la Corte d’appello l’oggettiva diversità della classi merceologiche non poteva essere superata né dal richiamo all’uso pubblicitario del marchio, fatto dal ricorrente, né dall’affermata, ma non dimostrata, rinomanza del segno preesistente a livello nazionale.
La natura forte o debole del marchio è, infatti, rilevante nel caso di contraffazione tra due marchi non identici, mentre nel caso esaminato vale la legittimità della registrazione del segno come nome a dominio.
Secondo la difesa del ricorrente l’uso del nome a dominio andrebbe invece considerato illecito, anche quando c’è solo la possibilità che il pubblico associ il titolare del domain name al titolare del marchio già registrato, rendendo di fatto impossibile per quest’ultimo utilizzare il brand originario su Internet.
I giudici ricordano che già la legge marchi (929/1942), in seguito alla riforma del ’92 prendeva in considerazione i segni “atipici” in grado di confliggere con quelli già in uso. La norma chiariva che i titolari dei marchi non possono vietare ai terzi l’uso nell’attività economica del loro nome o del loro indirizzo purché l’uso non sia in funzione di marchio ma solo descrittiva. Previsione dalla quale si desume che anche un indirizzo può essere un marchio quando, come nel caso del nome a dominio, ne ricorrono i presupposti. Un’interpretazione che ha trovato conferma nel Codice della proprietà industriale (Dlgs 30/2005) che considera espressamente tra i segni distintivi anche il domain name.
Il titolare del brand originario non può far valere alcun automatismo nel vietare il diritto all’uso del nome a dominio. Sarà il giudice a decidere, basandosi non solo sull’identità dei segni e sulla loro confondibilità ma anche su identità e confondibilità dei prodotti, esclusa nel caso esaminato. La ricorrente non ha provato il rischio confusione e non si può ritenere che ogni marchio sia accompagnato dalla notorietà. Tale interpretazione sarebbe in contrasto con il principio di specialità del marchio e in conflitto con l’articolo 20 del Codice della proprietà industriale che fa scattare l’”esclusiva” solo in caso di segni identici per prodotti uguali o affini.

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