Residenza fiscale e redditi esteri tassati al momento dell’incasso
9 Settembre 2025
Il Sole 24 Ore 22 Agosto 2025 di Barbara Emma Pizzoni Stefano Grilli
Con la risposta a interpello 199 del 4 agosto, l’agenzia delle Entrate ha ritrattato la risposta 81 del 25 marzo scorso. La tesi espressa nella pronuncia di marzo non rappresenta un caso isolato, poiché il principio della rilevanza della residenza al momento della prestazione lavorativa era già stato affermato in più occasioni. Sia in relazione a trattamento di fine rapporto e incentivo all’esodo (risoluzione 1° agosto 2008, n. 341/E nonché le risposte a interpello, 11 settembre 2020, n. 343 e 1° agosto 2024 n. 167) sia con riferimento specifico ai compensi variabili dei manager (risposta 20 gennaio 2023, n. 126).
La risposta 199 riguarda il bonus incassato da un manager divenuto residente ai fini fiscali in Italia ma riferito a un periodo lavorativo (vesting) nel quale aveva lavorato ed era stato residente nel Regno Unito.
Il punto oggetto del (corretto) revirement dell’Agenzia riguarda i diritti impositivi dell’Italia in base al trattato con il Regno Unito (conforme sul punto al Modello Ocse). Per le convenzioni per evitare le doppie imposizioni è pacifico che lo Stato della fonte (working state) conservi il diritto di assoggettare a imposizione sui redditi derivanti dal lavoro ivi svolto, a prescindere dal momento in cui le somme sono percepite e assoggettate a imposta (Commentario all’articolo 15 Modello Ocse, paragrafo 12.1).
Lo Stato di residenza del lavoratore, invece, può assoggettare a imposta la remunerazione differita tutte le volte in cui quest’ultimo sia ivi residente al momento del verificarsi del presupposto impositivo in base alle regole interne di quello Stato e fermo restando l’obbligo di eliminare (tramite esenzione o credito di imposta) la doppia imposizione.
L’articolo 15, infatti, non riguarda lo Stato di residenza del lavoratore, il quale applica i propri criteri interni di tassazione (in Italia in base al principio di cassa). Il punto è chiarito nel report «Cross-border Income Tax Issues Arising from Employee Stock-Option Plans» del 16 giugno 2004, le cui conclusioni sono state poi recepite nel Commentario.
Nella risposta 81, l’Agenzia aveva invece sostenuto che, ai fini convenzionali, la residenza andasse verificata con riferimento al momento della maturazione del reddito e non a quello dell’incasso. Correttamente, dunque, l’Agenzia, nella rettifica, riconosce invece il diritto dell’Italia di assoggettare a imposta il bonus percepito dal manager in ragione della sua residenza in Italia al momento dell’incasso, con applicazione del credito d’imposta (articolo 165 Tuir).
Con la risposta 199 l’Agenzia ha, dunque, corretto il tiro in materia di bonus, con la conseguenza che dovrebbe ritenersi rettificato anche quanto affermato nella risposta 20 gennaio 2023, n. 126. Ratione materiae e per coerenza, l’Agenzia dovrebbe aver implicitamente modificato la propria posizione negli altri casi in cui ha adottato la medesima interpretazione. Si veda, ad esempio, la risposta all’istanza di interpello 11 settembre 2020, n. 343 con riferimento a un Tfr e a un incentivo all’esodo percepito da non residente che aveva lavorato all’estero nel periodo di maturazione pur mantenendo la residenza in Italia. In tale contesto, l’Agenzia aveva affermato la potestà impositiva interna in virtù della residenza italiana durante il periodo di maturazione. Tale interpretazione dovrebbe considerarsi superata a favore della non imponibilità in considerazione della mancata residenza italiana al momento della percezione dei redditi (oltre che dell’assenza di prestazioni lavorative svolte nel territorio dello Stato).