Reati fiscali, sequestrabili i beni del legale rappresentante
10 Settembre 2018
Il Sole 24 Ore 25 AGOSTO 2018 di Laura Ambrosi e
Antonio Iorio
EVASIONE
La possibilità sancita dalle Sezioni unite della Corte di cassazione
La misura quando è impossibile aggredire il profitto dell’illecito
I sequestri di beni mobili e immobili in presenza di reati tributari sono sempre più frequenti. In caso di condanna per un delitto fiscale, l’obbligatorietà della confisca di quanto evaso, anche per importi equivalenti, prevista dall’articolo 12 bis del Dlgs 74/2000, comporta che le procure procedano preventivamente al sequestro dei beni stessi.
Così, dinanzi a una contestazione di un reato tributario e in assenza del pagamento del dovuto, la Procura può già nelle more delle indagini, disporre il sequestro preventivo finalizzato a garantire la successiva confisca. Si tratta di una misura che riguarda i beni costituenti il profitto o il prezzo del reato tributario, che non appartengono a persona estranea al reato (cosiddetta confisca diretta) ovvero, quando ciò non sia possibile, dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto (confisca per equivalente).
Normalmente avviene nelle forme per equivalente, ed è riferita ad utilità patrimoniali, nella disponibilità del reo, di valore corrispondente all’evasione commessa.
Al riguardo la Cassazione ha precisato (sentenza 35786/ 2017) che non è necessaria per l’applicazione della misura cautelare la sussistenza del pericolo di dispersione del patrimonio: il giudice è così tenuto a verificare semplicemente che i beni rientrino nelle categorie delle cose oggettivamente suscettibili di confisca.
Una delle questioni più dibattute riguarda il soggetto nei cui confronti debba essere disposto il sequestro. La problematica è delicata perché, in presenza di violazioni tributarie costituenti delitto commesse da una società, il beneficio illecito di sovente non è conseguito dal rappresentante legale (in genere l’amministratore) ma dall’impresa e dai soci. Sul punto sono intervenute le Sezioni unite penali (sentenza 10561/2014) secondo cui il sequestro può essere disposto anche sui beni del legale rappresentante della società ma occorre distinguere il caso del sequestro “diretto” da quello per “equivalente”. Nella prima ipotesi la misura cautelare riguarda denaro o beni direttamente riconducibili al profitto del reato. Nella seconda ipotesi, invece, il vincolo “per equivalente” è correlato alla impossibilità di aggredire ciò che presenti un nesso di derivazione qualificata con il reato, con la conseguenza che si aggrediscono beni per un valore corrispondente.
Nei confronti di una società è consentito esclusivamente il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto del reato. È escluso il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente relativo a beni della persona giuridica, salvo che quest’ultima non sia un mero schermo fittizio. Ai danni del rappresentante legale della società (il reo) sono ammesse invece entrambe le misure cautelari.
Per un orientamento più garantista della Corte, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto sui beni personali degli amministratori solo nell’ipotesi in cui il profitto (o i beni a esso riconducibili) non siano più nella disponibilità dell’ente anche in esito ad una valutazione sommaria (Cassazione 6053/2017).
In tale contesto, però la Cassazione (38723/ 2018) ha precisato che se al momento dell’emissione del provvedimento non venga compiuto l’accertamento delle disponibilità costituenti il profitto del reato in capo alla società, occorre disporre il sequestro cautelare in via subordinata sia nei confronti dell’ente sia del legale rappresentante. Solo così viene predisposto il titolo per riservare alla fase dell’esecuzione la ricerca dei beni da sottoporre a sequestro finalizzato alla confisca diretta e in caso di mancato rinvenimento per equivalente.