Prestito dei soci, ritenuta anche sugli interessi non erogati

7 Ottobre 2019

Quotidiano del Fisco – Il Sole 24 Ore del 10 SETTEMBRE 2019 di Roberto Bianchi

La società di capitali che riceve somme di denaro dai propri soci a titolo di mutuo ha l’obbligo di operare la ritenuta d’acconto sugli interessi dovuti non solo nel caso in cui la corresponsione degli stessi sia effettivamente avvenuta, ma anche quando essa sia soltanto presunta dalla norma. Ciò in virtù del carattere ordinariamente oneroso del mutuo previsto dall’articolo 1815 del Codice civile, oltreché in forza della presunzione prevista dal comma 2 dell’articolo 45 del Dpr 917/1986. Lo afferma la Cassazione nelle tre ordinanze 20625, 20626 e 20627 depositate il 31 luglio 2019.

Già nel 2018 con l’ordinanza 3819 i giudici di legittimità avevano precisato che i finanziamenti dei soci alla società si devono presumere onerosi, con la conseguente applicazione della ritenuta d’acconto sui correlati interessi passivi, non solo nel caso in cui la corresponsione degli stessi risulti essere effettiva, ma anche qualora sia solamente presunta.

La dimostrazione della mancata percezione di interessi attivi sulle somme concesse a mutuo incombe sul contribuente, atteso il carattere normalmente oneroso di tali operazioni, così come previsto sia dall’articolo 1815 del Codice civile che dall’articolo 45 del Tuir.

Ne consegue che la società che ha ricevuto il finanziamento dai propri soci è obbligata a operare la ritenuta d’acconto sugli interessi dovuti (articolo 26 del Dpr 600/1973) non solo quando la corresponsione di tali importi è concretamente avvenuta, ma anche quando la stessa sia soltanto presunta dalla legge.

Va altresì evidenziato che in precedenza la Suprema corte, con la sentenza 8747/2008, aveva affermato che la semplice indicazione degli interessi passivi nel bilancio della società rappresentava essa stessa ragione per cui scattasse l’obbligo di operare la ritenuta d’acconto, a prescindere dalla materiale erogazione degli stessi.

Pertanto, nonostante la norma di riferimento individui il momento di effettuazione della ritenuta in occasione del pagamento degli interessi, il collegio di legittimità ha ritenuto che la presunzione di percezione degli interessi in capo al titolare del reddito operi anche per il sostituto d’imposta e che tale obbligo sorga automaticamente in conseguenza dell’iscrizione in bilancio per competenza degli interessi maturati.

Dunque una volta stabilito che una determinata operazione costituisce un finanziamento oneroso, ovvero che la stessa debba considerarsi tale da un punto di vista tributario, è importante accertare in quali casi e in quale momento sorga in capo al soggetto beneficiario, nella sua veste di sostituto d’imposta, l’obbligo di applicazione della ritenuta alla fonte sugli interessi passivi.

Con specifico riferimento agli interessi relativi alle somme finanziate, il comma 5 dell’articolo 26 del Dpr 600/1973 dispone che i soggetti indicati nel comma 1 dell’articolo 23 del Tuir operino una ritenuta a titolo d’acconto con obbligo di rivalsa sugli interessi da essi corrisposti.

La norma, pertanto, utilizzando il termine “corrisposti” nel significato più comune attribuitogli ossia di “proventi materialmente versati”, collega l’insorgere dell’obbligo di effettuazione della ritenuta all’atto del pagamento degli interessi, e non a circostanze diverse, come, per esempio, la loro eventuale maturazione (effettiva o presunta) o la loro iscrizione nelle poste di debito del soggetto che ha beneficiato del finanziamento.

Appare pertanto evidente come la conclusione a alla quale è giunta la Suprema corte non collimi con quanto letteralmente previsto in materia dal dettato normativo.

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