«Prestare» i conti correnti non è concorso ma riciclaggio

8 Agosto 2023

Il Sole 24 Ore 18 luglio 2023 di Eleonora Alampi e Valerio Vallefuoco

Per la Corte il money mule agevola l’occultamento del profitto già conseguito

Tempi duri per i money mule (i «muli del denaro»): per la Seconda sezione penale della Cassazione integra il delitto di riciclaggio la condotta di chi, senza aver concorso nel delitto presupposto, metta a disposizione il proprio conto corrente per ostacolare l’identificazione della provenienza del denaro provento del reato di frode informatica, consentendone il trasferimento tramite bonifici bancari.

Il fenomeno del money muling, ancora oggi soprattutto per le frodi informatiche e con le nuove tecnologie, è uno dei metodi più utilizzati dai riciclatori e consiste nel reclutare soggetti più o meno consapevoli che mettono a disposizione i conti a fronte una retrocessione percentuale per far transitare somme anche piccole e ostacolarne la tracciabilità. La Cassazione con la sentenza 29346/23 del 6 giugno scorso ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati, cui il Gip di Torino aveva applicato la pena patteggiata per riciclaggio. Gli imputati avevano eccepito l’erronea qualificazione del fatto, osservando che la condotta ascritta consisteva nell’aver messo a disposizione il proprio conto corrente per farvi confluire il denaro proveniente da una truffa informatica. Tale condotta sarebbe elemento costitutivo della frode informatica, in quanto strumentale al conseguimento dell’ingiusto profitto e non invece autonoma condotta di riciclaggio, così come sostenuto dal Gip. Di qui l’eccezione di mancata riqualificazione del fatto come frode informatica. Per l’articolo 640-ter c.p. commette il reato chi, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. Nel caso di specie, la truffa era stata perpetrata con il sistema del man in the middle. È una tipologia di attacco con cui l’hacker si frappone tra due soggetti (per lo più di un rapporto commerciale), assumendo l’identità di uno per indurre l’altro a dare informazioni riservate o a farsi versare denaro. Le modalità di realizzazione sono alla base dell’analisi della Corte che si sofferma su un dato non contestato: gli autori della frode informatica avevano già conseguito il profitto con la percezione fraudolenta delle somme di denaro corrisposte dalle vittime. L’azione delittuosa dei ricorrenti era, invece, consistita nel mettere a disposizione il proprio conto corrente senza concorrere in alcun modo nella truffa.Quindi, ad avviso della Corte, è riciclaggio, che (articolo 648 bis del codice) ha ambito applicativo circoscritto alle ipotesi di mancato concorso nel reato presupposto. La clausola di riserva, contenuta nella norma esclude, infatti, dal novero dei soggetti attivi il concorrente nel reato presupposto, la cui condotta, intesa ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro, costituisce un post factum non punibile. In altri termini, presupposto del riciclaggio è la precedente commissione di un altro reato, risultante dagli atti del processo, il cui compimento si sia esaurito nel momento di inizio della condotta di riciclaggio.

Doing business in San Marino

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