Per il Fisco l’amministratore unico non è dipendente

4 Marzo 2022

Il Sole 24 Ore lunedì 7 febbraio 2022 di Pasquale Dui

Anche per la V sezione incarichi incompatibili Vale anche per il presidente

Se manca la subordinazione il relativo costo è indeducibile dal reddito della società

Assoluta incompatibilità, in tema di imposte sui redditi, tra la qualità di lavoratore dipendente di una società di capitali e la carica di presidenza del consiglio di amministrazione o di amministratore unico della stessa. Sul punto interviene anche la sezione tributaria (la V) della Cassazione con le sentenze del 23 novembre e del 2 dicembre 2021. Questo perché il cumulo nella stessa persona dei poteri di rappresentanza dell’ente sociale, di direzione, di controllo e di disciplina rende impossibile quella diversificazione delle parti del rapporto di lavoro e delle relative distinte attribuzioni, che è necessaria perché sia riscontrabile l’essenziale e indefettibile elemento della subordinazione, con conseguente indeducibilità dal reddito della società del relativo costo da lavoro dipendente.

La subordinazione

La compatibilità della qualità di socio amministratore, membro del Cda di una società di capitali, con quella di lavoratore dipendente della stessa società, ai fini della deducibilità del relativo costo dal reddito d’impresa, non deve essere verificata soltanto in via formale, con riferimento esclusivo allo statuto e alle delibere societarie, occorrendo, invece, accertare in concreto la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione gerarchica, del potere direttivo e di quello disciplinare e, in particolare, lo svolgimento di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita.

Tradizionalmente questa problematica è stata affrontata massicciamente dalla giurisprudenza del lavoro e dalla prassi amministrativa Inps, attraverso, rispettivamente, sentenze e circolari amministrative.

La Cassazione

Come detto, due recenti sentenze della sezione tributaria della Cassazione si sono susseguite a breve distanza, affrontando l’annosa questione della compatibilità tra la qualifica di lavoratore subordinato e quella di consigliere di amministrazione, nei suoi profili di impatto sulle tematiche fiscali, direttamente o indirettamente implicate, in tema di deducibilità dal reddito di impresa dei costi per il lavoro subordinato e in tema di onere probatorio sulla dimostrazione della veridicità della posizione di lavoratore subordinato (sentenza 36362/2021 del 23 novembre e sentenza 38017/2021, del 2 dicembre 2021).

L’agenzia delle Entrate ha recuperato a tassazione nei confronti della società istante le spese sostenute dalla stessa nei confronti di due soci e amministratori, a titolo di lavoro subordinato, in assenza delle caratteristiche proprie di tale tipologia di rapporto, quali la sottomissione al potere direttivo, gerarchico e disciplinare. In particolare, per l’Agenzia, con riferimento al socio e amministratore, componente del Cda della società contribuente, questi godeva di autonomia decisionale e, nello svolgimento delle sue mansioni, non rispondeva del suo operato ad alcun superiore gerarchico.

Quanto all’altro amministratore, questo era presidente del consiglio di amministrazione, sicché essendo munito della rappresentanza generale della società, non era ammessa la contemporanea presenza dell’attività di lavoro subordinato, poiché il potere di rappresentanza equivaleva al potere di controllo, con la conseguente incompatibilità delle due cariche. Pertanto, i due soci e amministratori, rispettivamente, oltre al compenso quali componenti del consiglio di amministrazione, e quale presidente del consiglio di amministrazione, hanno percepito dalla società anche compensi da lavoro dipendente.

Secondo la decisione della Suprema Corte, la sentenza del giudice d’appello ha errato nell’applicazione dei principi giurisprudenziali di legittimità in materia, con riferimento alla possibilità del socio amministratore di svolgere anche, in parallelo, una attività di lavoro subordinato.

Invero, per la Corte è del tutto compatibile la posizione di socio di società di capitali con quella di amministratore della stessa, tranne le ipotesi di amministratore unico, presidente del consiglio di amministratore o di socio “sovrano” (Cassazione, sezione 5, 28 aprile 2021, numero 11161).

GIURISPRUDENZA E PRASSI

Serve la subordinazione

La qualifica di amministratore di una società commerciale non è di per sé incompatibile con la condizione di lavoratore subordinato, ma perché sia configurabile un simile rapporto è necessario che colui che intende farlo valere non sia amministratore unico della società e provi in modo certo il requisito della subordinazione che deve consistere nell’effettivo assoggettamento – nonostante la carica di amministratore rivestita – al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società.

Cassazione, sezione V, n. 38017 del 2 dicembre 2021

Ruoli non cumulabili

In tema di imposte sui redditi, sussiste l’assoluta incompatibilità tra la qualità di dipendente di una società di capitali e la carica di presidenza del consiglio di amministrazione o di amministratore unico della stessa, in quanto il cumulo nella stessa persona dei poteri di rappresentanza dell’ente sociale, di direzione, di controllo e di disciplina rende impossibile quella diversificazione delle parti del rapporto di lavoro e delle relative distinte attribuzioni, che è necessaria perché sia riscontrabile l’essenziale ed indefettibile elemento della subordinazione.

Cassazione, sezione V, n. 36362 del 23 novembre 2021

Mansioni diverse

La qualità di amministratore di una società di capitali è, dunque, compatibile con la qualifica di lavoratore subordinato della stessa, ove sia accertato in concreto lo svolgimento di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita, con l’assoggettamento ad effettivo potere di supremazia gerarchica e disciplinare (Cass., sez. L. 26 ottobre 1996, n. 9368; Cass., 25 maggio 1991, n. 5944; Cass., sez. L, 11 novembre 1993, n. 11119).

Cassazione, Ordinanza, sezione V, n.11161 del 28 aprile 2021

Gli organi di controllo

Le qualità di amministratore e di lavoratore subordinato di una stessa società di capitali sono cumulabili purché si accerti l’attribuzione di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale ed è altresì necessario che colui che intenda far valere il rapporto di lavoro subordinato fornisca la prova del vincolo di subordinazione e cioè dell’assoggettamento, nonostante la carica sociale, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo

di amministrazione

della società.

Cassazione, Ordinanza, 3 aprile 2019, n. 9273

Le verifiche

Ai fini della qualificazione come lavoro subordinato del rapporto di lavoro del dirigente, quando questi sia titolare di cariche sociali che ne fanno un “alter ego” dell’imprenditore, è necessario, se non c’è un contratto, verificare se il lavoro dallo stesso svolto possa comunque essere inquadrato all’interno della specifica organizzazione aziendale, individuando la caratterizzazione delle mansioni svolte, e se possa ritenersi assoggettato, anche in forma lieve od attenuata, alle direttive, agli ordini ed ai controlli del datore di lavoro.

Cassazione 19 novembre 2018, n. 29761

Le regole Inps

Il rapporto di lavoro subordinato è ritenuto compatibile con la qualità di amministratore purché esista effettivamente il vincolo della subordinazione, ovvero, per dirla in altri termini, da una diversa prospettiva, la medesima attività non può essere oggetto, nel contempo, del rapporto di lavoro subordinato e del lavoro di amministrazione, essendo, invece, indispensabile individuare una serie di mansioni riconducibili esclusivamente al contratto di lavoro.

Messaggio Inps 17 settembre 2019, n. 3359

Doing business in San Marino

Scarica ora il libro in formato PDF

Scarica
Get in touch
x
x

Share to:

Copy link:

Copied to clipboard Copy