Operazioni inesistenti, prova all’acquirente
8 Marzo 2018
Il Sole 24 Ore 14 Febbraio 2018 di Antonio Iorio
Cassazione. All’amministrazione basta la presunzione di fittizietà
Nelle operazioni soggettivamente inesistenti l’amministrazione può limitarsi a provare anche in via presuntiva la fittizietà dell’operazione. L’onere probatorio si sposta così sul contribuente/acquirente il quale deve dimostrare di aver agito in piena buona fede e cioè che, utilizzando l’ordinaria diligenza, non poteva accorgersi della frode. A confermare questo orientamento è la Corte di cassazione con due ordinanze (n. 3473 e 3474) depositate ieri.
In entrambe le vicende, l’Agenzia recuperava l’Iva sugli acquisti in quanto ritenuti connessi a fatture soggettivamente inesistenti. Un terzo, infatti, si era interposto fittiziamente nelle operazioni al solo fine di evadere le imposte.
L’ufficio giustificava la pretesa impositiva evidenziando in estrema sintesi che le società emittenti le fatture fossero mere cartiere prive di organizzazione. In un caso (relativo all’acquisto di autovetture) il venditore era anche privo di dipendenti e di capacità finanziaria, inoltre i prezzi praticati risultavano inferiori a quelli di mercato.
I giudici di legittimità, in buona sostanza, sono stati chiamati a valutare se l’onere probatorio in capo all’ufficio fosse stato correttamente assolto, dal momento che in entrambe le vicende si rilevavano irregolarità in capo alle imprese venditrici ma non si provava il coinvolgimento degli acquirenti.
La Suprema corte in entrambi i procedimenti ha dato ragione all’amministrazione finanziaria ribadendo principi importanti.
Innanzitutto, in presenza di fatture soggettivamente inesistenti, come confermato dalla consolidata giurisprudenza comunitaria e della stessa Cassazione, l’onere probatorio iniziale ricade certamente sull’amministrazione che deve provare, anche in via presuntiva, l’irregolarità dell’operazione.
Va da sé, in tale contesto, che l’assenza di organizzazione, di strutture di dipendenti delle imprese venditrici ben integravano tale situazione.
A questo punto gli acquirenti devono dimostrare di aver agito in buona fede: il che significa che, utilizzando l’ordinaria diligenza, non avrebbero potuto sospettare degli illeciti perpetrati dai venditori. In assenza di tale prova è legittima l’indetraibilità dell’Iva assolta sugli acquisti.
Le decisioni confermano il consolidato orientamento in materia e devono indirizzare conseguentemente le modalità difensive. Spesso infatti, l’acquirente ignaro della frode si difende rilevando che l’Ufficio non ha in alcun modo provato concretamente il suo coinvolgimento negli illeciti altrui. In realtà è ormai pacifico che all’amministrazione finanziaria non è richiesta tale prova ma soltanto di indicare, anche in via presuntiva, gli elementi che rendono sospetta l’operazione in questione che di norma sono riferiti al venditore
È opportuno quindi che gli acquirenti, già prima di porre in essere tali operazioni, o comunque dopo le contestazioni dell’amministrazione, producano tutti gli elementi necessari perché possa emergere che non potevano sospettare degli illeciti perpetrati da altri (il venditore).