Omissioni fiscali? Il manager risarcisce le sanzioni
10 Dicembre 2019
Il Sole 24 Ore 13 NOVEMBRE 2019 di Patrizia Maciocchi
CASSAZIONE
L’azione di responsabilità ha permesso di recuperare il 30% del debito con il Fisco
L’amministratore paga un risarcimento pari alle sanzioni irrogate alla Srl per le omissioni fiscali e contributive. La Cassazione, con la sentenza 27610, depositata il 29 ottobre, respinge il ricorso del manager condannato – per il danno fatto alla compagine – a pagare circa 330mila euro. Ad esercitare l’azione di responsabilità nei suoi confronti era stato il curatore fallimentare, che gli contestava l’omessa tenuta della contabilità e la mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali per quattro anni.
La Corte territoriale aveva considerato certo che, almeno, le sanzioni fiscali fossero un danno casualmente ricollegabile alla condotta dell’amministratore in modo immediato e diretto. E il tribunale lo aveva quantificato, rifacendosi al principio di equità, e dunque applicando la percentuale del 30% al complessivo credito di Equitalia iscritto al passivo.
Un “calcolo” condiviso dalla Corte d’Appello, perché in linea con il maggior importo che mediamente deriva a carico dell’imprenditore in caso di inadempimenti tributari e contributivi. Contro la decisione aveva fatto ricorso l’amministratore, secondo il quale non era provato un nesso tra il danno provocato al fallimento e la sua condotta sia in considerazione di una sentenza che escludeva l’evasione fiscale sia per l’inesistenza di un processo penale per fatti di bancarotta fraudolenta semplice o documentale. Il ricorrente aveva poi fatto riferimento anche ad ingenti somme depositate in Libia, che non era stato possibile sbloccare per la paralisi geopolitica del Paese. Per la difesa non era condivisibile neppure la quantificazione del danno: non si capiva perché la condotta, comunque negata, aveva provocato quel pregiudizio specifico.
La Cassazione, considera ininfluente l’assoluzione in sede penale, a fronte dei verbali della Guardia di finanza e soprattutto del debito verso l’Erario, ammesso al passivo, mentre la fondatezza della sua contestazione, non potrebbe certo essere valutata dai giudici di merito, rientrando nella giurisdizione tributaria.
La Cassazione ricorda che la tenuta sommaria della contabilità, giustifica di per sé la condanna dell’amministratore, con la sola esclusione della possibilità di commisurare il pregiudizio in base alla sola differenza tra attivo e passivo. Circostanza che, nello specifico, non è avvenuta, visto che il danno è stato tarato sulle sanzioni. Al ricorrente viene dunque contestato anche l’abuso del processo, con il conseguente aggravio di spese.