Omessa dichiarazione del prestanome se c’è dolo
10 Settembre 2019
Il Sole 24 Ore 29/08/2019 di Antonio Iorio
REATI TRIBUTARI
Necessario provare l’intento del mero amministratore di diritto di evadere
Nel reato di omessa presentazione della dichiarazione, il prestanome risponde solo se è provato il suo intento di evadere le imposte attraverso l’inadempimento dichiarativo. Non è infatti sufficiente ai fini della colpevolezza, la mera assunzione dell’incarico di amministratore di diritto. A precisarlo è la Corte di cassazione, con la sentenza 36474 depositata ieri. Il legale rappresentante, in realtà mero amministratore di diritto, di una società veniva condannato per il reato di omessa presentazione della dichiarazione e occultamento o distruzione di documenti contabili. La pena veniva confermata anche in grado di appello e l’imputato ricorreva in Cassazione. Con riferimento al reato di omessa presentazione della dichiarazione, la difesa censurava che la Corte di appello aveva confermato la colpevolezza solo per la sua qualità di amministratore di diritto della società, trascurando che mancava qualunque prova sulla sussistenza del dolo specifico. Il prestanome, infatti, poteva al più ritenersi colpevole degli inadempimenti, ma proprio per la sua estraneità alla gestione sociale, affidata all’amministratore di fatto, non poteva sussistere l’intento di evadere attraverso l’omissione della dichiarazione.
La Suprema corte ha ritenuto fondata la doglianza sul punto. I giudici di legittimità hanno innanzitutto ricordato che nei reati omissivi, commessi in nome e per conto della società, l’amministratore di fatto è il soggetto attivo del delitto e il prestanome è il concorrente per non avere impedito l’evento illecito. L’amministratore di diritto, accettando la carica, ha accettato i rischi connessi al proprio ruolo, quale, ad esempio, impedire danni per la società stessa e per i terzi. Tuttavia, proprio perché nella maggior parte dei casi il prestanome non ha alcun potere di ingerenza, i reati omissivi sono solo formalmente a egli imputabili, atteso che l’agente va individuato in chi effettivamente gestisce la società, essendo l’unico in grado di compiere (o meno) l’azione dovuta. La Cassazione ha così affermato che al prestanome può essere addebitato il reato a titolo di concorso con l’amministratore di fatto solo a condizione che ricorra anche l’elemento soggettivo proprio del singolo reato. In particolare, per il delitto di omessa presentazione oltre al dolo generico, cioè la coscienza di aver omesso l’adempimento, occorre la volontà di evasione, integrata dalla cosciente intenzione di sottrarsi al pagamento delle imposte attraverso la citata omessa presentazione. Il giudice di merito quindi, deve individuare, al di là della mera assunzione della carica, ulteriori elementi a dimostrazione dell’intento evasivo. Nella pronuncia è altresì specificato che a tal fine, è di per sé insufficiente l’astratta consapevolezza che attraverso l’omessa presentazione non si sarebbero versate le imposte dovute, poiché il prestanome poteva anche non essere a conoscenza della situazione fiscale della società.