Olanda, il jolly dei trattati contro le doppie imposizioni

9 Giugno 2020

Il Sole 24 Ore 05 MAGGIO 2020 di Antonio Merola

FISCO INTERNAZIONALE

Il sistema è compatibile con la giurisprudenza della Corte del Lussemburgo

Nei giorni in cui si discute se l’Olanda si configuri o meno come un “paradiso fiscale”, è utile domandarsi in che misura ciò sia consentito dalla normativa europea e se in tutto questo l’Italia abbia qualcosa da imparare. L’Olanda ha storicamente sviluppato un sistema economico fondato, più che sullo sfruttamento delle risorse naturali, sulla “intermediazione” nei traffici commerciali internazionali, con una legislazione fiscale di favore idonea proprio ad attrarre investimenti stranieri. Questa strategia è stata portata avanti anche attraverso la sottoscrizione di un ampio network di convenzioni contro le doppie imposizioni con Stati esteri, con lo scopo di eleggere l’Olanda a Paese intermedio per investire in Europa, specialmente da parte di multinazionali americane. Il potere di negoziare a proprio piacimento i Trattati con i singoli Paesi esteri si è rivelato un vero vantaggio competitivo per i Paesi Bassi. La situazione è anche migliorata con la Brexit, grazie alla quale il sistema olandese prevede di ospitare un gran numero di multinazionali britanniche nel proprio territorio. L’attrattiva dell’Olanda è ben sostenuta anche da uno sviluppo tecnologico avanzato e da un sistema finanziario consolidato. Il ruolo di “intermediario” dell’Olanda è ben tollerato dal sistema normativo Ue, grazie alla libertà di stabilimento delle società e della libera circolazione dei capitali, espressione del più generale principio di “non discriminazione”.

Cosa accade, invece, se i Trattati fiscali sottoscritti dall’Olanda prevedono benefici differenti a seconda del Paese di provenienza dell’investitore? Ebbene, non si tratterebbe di “discriminazione”, come più volte sostenuto dalla Corte di giustizia Ue (si veda D. case e Act Group Litigation case), perché ciò deriverebbe dal libero “esercizio” della potestà impositiva di uno Stato Ue.

Allo stesso modo, la Commissione Ue ritiene che il diverso trattamento fiscale, da parte di un Paese Ue, di un investitore estero in ragione della sua giurisdizione di provenienza, non falsi la “concorrenza” del Mercato unico (quindi nessun “aiuto di stato” illegittimo) qualora sia giustificato dall’applicazione di un trattato fiscale, anche quando i redditi a lui distribuiti non verranno tassati in nessun Paese (si veda Commissione sul caso Mc Donald’s – Lussemburgo). A dare ulteriore forza propulsiva al sistema olandese è stata la scelta adottata dall’Ue, con il Trattato di Lisbona, per favorire gli incentivi fiscali statali su ricerca e sviluppo (patent box), escludendoli dal novero degli “aiuti di stato” illegittimi, perché ritenuti fondamentali per aumentare la produttività e stimolare la crescita economica del Mercato unico.

Alla luce di questo scenario l’Italia dovrebbe chiedere all’Ue di introdurre un principio di “equità sostanziale” contro le “distorsioni” della concorrenza (riconducibili all’utilizzo dei trattati fiscali) attualmente “legalizzate”. D’altra parte, il nostro Paese dovrebbe accelerare su ricerca e sviluppo tecnologico perché in un’economia marcatamente digitale laddove, a livello internazionale, la creazione del valore tende a passare dalla “forza lavoro” alla “proprietà intellettuale”, i redditi non appartengono più ai singoli Stati e una “fiscalità liquida” tenta disperatamente di tassarli.

Doing business in San Marino

Scarica ora il libro in formato PDF

Scarica
Get in touch
x
x

Share to:

Copy link:

Copied to clipboard Copy