Obbligo di indicazione nel quadro RW dal 2023 e senza minimo di legge

7 Marzo 2023

Il Sole 24 Ore lunedì 6 febbraio 2023 di Stefano Capaccioli e Dario Deotto

Prima della manovra le Entrate avevano richiamato le sole valute

Anche le disposizioni della legge di Bilancio 2023 relative al monitoraggio fiscale e alla “emersione” delle cripto-attività generano dubbi.

Il primo di questi è legato al fatto che (solo) a partire dal 2023 viene stabilito che le criptoattività devono essere dichiarate nel quadro RW. Il problema è l’aspetto sanzionatorio in caso di inadempimento. Come più volte si è riportato su queste pagine, l’articolo 5 del Dl 167/1990 individua le penalità in ragione dell’ubicazione territoriale delle attività (Paesi non black list, sanzione dal 3 al 15% delle attività non dichiarate, mentre per i Paesi black list la sanzione è raddoppiata). Il fatto è che, perlomeno quando il contribuente non ricorre a intermediari, disponendo egli stesso del wallet, si è in presenza di fenomeni che sono affrancati da un territorio, per cui è di difficile individuazione il trattamento sanzionatorio, essendo quest’ultimo, come si è visto, radicato a un territorio “fisico”. Si auspica, quindi, che l’annunciata riforma del sistema sanzionatorio, disciplini espressamente questi fenomeni.

Un’altra perplessità è come possa trovare giustificazione una sanatoria per il passato (commi 138 e seguenti) a fronte di un obbligo di legge che viene inserito per la prima volta dal 2023. In passato, vi sono stati solo interventi di prassi (poi anche le istruzioni al modello) che hanno riportato la necessità di indicazione nel quadro RW, peraltro delle sole valute virtuali, ma la norma non disponeva tale obbligo. Tant’è che esso viene stabilito solo oggi. Tra l’altro la norma stabiliva, come d’altronde ora, che solo quando le attività detenute all’estero risultano «suscettibili di produrre reddito imponibili in Italia» le si doveva indicare nel quadro RW. E stante l’assimilazione – fatta in passato dalla prassi – delle valute virtuali con le valute estere, in molti casi (quando la giacenza media era inferiore a 51.645 euro per almeno 7 giorni lavorativi) la stessa Agenzia aveva riportato che le criptovalute non determinavano obblighi reddituali. Con la conseguenza– per la normativa riferita alle valute estere – che non si era in presenza di attività «suscettibili di produrre reddito imponibile in Italia».

Senza contare, come detto, che l’obbligo di indicare nel quadro RW era stato affermato dalle Entrate per le sole valute virtuali, mentre ora la legge lo impone per tutte le criptoattività, senza un minimo di legge.

In questo contesto appare meno rilevante anche il fatto che se si vuole aderire alla sanatoria per il passato anche ai fini reddituali (pagando il 3,5% sul valore delle attività, oltre allo 0,5%) la medesima prassi aveva detto (interpello 788/2021) che le operazioni crypto su crypto relative a valute virtuali, quando la giacenza media risultava superiore a 51.645 euro per sette giorni lavorativi continui, si dovevano considerare rilevanti, mentre ora non lo sono.

Doing business in San Marino

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