Nelle vendite online l’influencer inquadrabile come agente di commercio
11 Giugno 2024
Il Sole 24 Ore 24 maggio 2024 di Paola Grattieri e Alessandro Limatola
L’influencer che promuova stabilmente e con continuità in rete i prodotti di un’azienda è inquadrabile come agente di commercio.
Lo ha stabilito il Tribunale di Roma con la sentenza 2615/24 del 4 marzo scorso, in cui ha ritenuto legittima la riscossione dei contributi operata dalla Fondazione Enasarco in seguito a un accertamento ispettivo. Nel caso specifico, è emerso che alcuni influencer si erano impegnati a promuovere i prodotti dell’azienda convenuta in giudizio sulle loro pagine social media e siti web, indicando nella pagine web un codice personalizzato associato all’influencer e pattuendo con l’azienda venditrice un compenso per ogni singola vendita andata a buon fine recante il medesimo codice.
Il Tribunale ha rilevato che l’introduzione di nuovi mezzi e tecniche di vendita ha rivoluzionato il modo in cui i consumatori interagiscono con i prodotti o i servizi. Web e social network, si configurano, oggi, come un nuovo e ulteriore strumento per fare promozione attraverso gli influencer, i quali – in presenza di indizi idonei a dimostrare gli elementi della stabilità e della continuità previsti dagli articoli 1742 e e seguenti del Codice civile – vengono qualificati come agenti di commercio.
Si tratta di figure “professionali” che, grazie alla loro popolarità e alla capacità di fidelizzare i propri follower, diventano strumento di comunicazione del brand influenzando (promuovendo) le scelte di acquisto del pubblico. La promozione, dunque, non avviene in maniera “tradizionale”, ma con le nuove tecnologie. L’influencer, infatti, proprio per il ruolo determinante che svolge all’interno dei processi comunicativi, viene incaricato dalle imprese del settore in cui esso opera di pubblicizzare i loro prodotti, andando così a svolgere un’attività promozionale delle vendite retribuita tramite il pagamento di un compenso. Contrattualizzando un influencer, quindi, l’azienda persegue lo scopo di far diventare propri clienti i follower dello stesso. E la presenza di una zona determinata di operatività – prevista dall’articolo 1742 per il contratto di agenzia – coincide in questo caso con la comunità dei follower dell’influencer, che acquistano i prodotti della società mediante il codice sconto veicolato dall’influencer.
In questo contesto, secondo il Tribunale è irrilevante il modo attraverso il quale l’influencer induca i propri follower all’acquisto, non essendo necessario che si rivolga individualmente a ciascuno di essi presentando le caratteristiche del prodotto, il prezzo, sollecitandone l’acquisto, atteso che nel mondo web la promozione di prodotti viene assicurata attraverso la pubblicazione sui vari social da parte dell’influencer di contenuti destinati alla platea dei follower.
Sulla base dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità ritenuta più pertinente (Cassazione, Sezione lavoro, sentenza 20453 del 2 agosto 2018), il Tribunale ha anche richiamato il principio secondo cui la prestazione dell’agente può comunque consistere in atti di contenuto vario e non predeterminato, che tendono tutti alla promozione della conclusione di contratti per conto del preponente (ivi incluso, ma non solo, il compito di propaganda). Si tratta di scenari in cui l’attività dell’agente non richiede, quindi, necessariamente la ricerca del cliente ed è sempre riconducibile alla prestazione dedotta nel contratto di agenzia anche quando il cliente non sia stato direttamente ricercato dall’agente, purché sussista nesso di causalità tra l’opera promozionale svolta dall’agente nei confronti del cliente e la conclusione dell’affare cui si riferisce la richiesta di provvigione.