Marchi contraffatti e vendite online: Corte Ue più severa con le piattaforme
7 Marzo 2023
Il Sole 24 Ore lunedì 6 febbraio 2023 di Gianluca De Cristofaro Matteo Di Lernia
Per i giudici il portale internet può rispondere per le vendite di terzi
Dirimente il fatto che l’utente ritenga il provider coinvolto nel commercio
Il gestore di una piattaforma e-commerce risponde per l’uso illecito del marchio altrui se le attività svolte sulla piattaforma inducono un utente normalmente informato e ragionevolmente attento a ritenerlo direttamente coinvolto nella vendita dei prodotti, anche se i prodotti sono venduti da soggetti terzi. La Corte di giustizia Ue (cause riunite C-148/21 e C-184/21) con la decisione del 22 dicembre scorso ha, per la prima volta, ritenuto fondamentale la percezione dell’utente della piattaforma al fine di riconoscere un ruolo attivo ai provider. Una direzione sempre più seguita dai giudici italiani.
Gli annunci di terzi
La Maison Louboutin ha agito per contraffazione nei confronti di Amazon (prima davanti al Tribunale circoscrizionale di Lussemburgo e poi al Tribunale del commercio di Bruxelles) poiché riteneva che gli annunci di venditori terzi relativi a scarpe con suole rosse violassero il marchio “suola rossa” con cui contraddistingue le proprie calzature a tacco alto con una suola rossa (codice 18.1663TP della scala colori Pantone). Secondo Louboutin la piattaforma svolgeva un ruolo attivo nell’uso del marchio “suola rossa”, permettendone la visualizzazione e, inoltre, avendo detenuto, spedito e consegnato i prodotti.
Di contro Amazon ha ribadito il suo ruolo di mero gestore di un mercato online, esente da responsabilità per gli annunci di venditori terzi (articolo 14 della Direttiva 2000/31 Ce).
I giudici di entrambi i tribunali hanno considerato che la piattaforma:
nella comunicazione commerciale presenta le pubblicità, proprie e di terzi, in modo uniforme/analogo, senza distinzione sulla loro origine e tramite l’accostamento del suo marchio a quello del rivenditore;
offre servizi complementari di stoccaggio e spedizione dei prodotti.
Si sono poi chiesti se dovesse essere presa in considerazione anche la percezione degli utenti della piattaforma. Per entrambe le questioni i giudici hanno quindi effettuato un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
La responsabilità del provider
La Corte Ue ha innanzitutto ricordato l’orientamento tradizionale, secondo il quale l’uso di un marchio altrui in offerte di vendita in un mercato online non è di per sé riconducibile al gestore della piattaforma, poiché non si tratta di una sua comunicazione commerciale (C-324/09, L’Oréal; C-567/18, Coty c. Amazon).
Tuttavia, secondo la Corte, bisogna considerare lo specifico contesto delle condotte della piattaforma. A questo riguardo, per la prima volta la Corte ha stabilito che debba essere tenuta in considerazione la percezione che gli utenti hanno dell’attività svolta dal provider sulla piattaforma.
La Corte ha, quindi, per la prima volta, stabilito il principio per cui la percezione dell’utente mediamente informato della piattaforma rileva ai fini di verificare la responsabilità di quest’ultima. In particolare, secondo la Corte, le condotte del gestore di una piattaforma online rilevano ai fini di una sua responsabilità qualora l’utente abbia l’impressione che sia proprio il gestore a commercializzare, in nome e per conto proprio, anche i prodotti offerti in vendita dai venditori terzi.
Con riguardo alle specifiche condotte tenute dalla piattaforma e identificate dai giudici del rinvio, la Corte ha stabilito che le stesse rilevano ai fini dell’indagine dell’impressione generata negli utenti.
Questa sentenza costituisce quindi una stretta da parte della giurisprudenza Ue sulla responsabilità degli hosting provider già più volte affermata in Italia con decisioni che sempre più di frequente escludono il ruolo meramente “passivo” delle piattaforme e le considerano responsabili. Con la sentenza del 10 agosto 2022, la Corte d’Appello di Roma ha ritenuto Vimeo un hosting provider “attivo” in quanto organizzava e sfruttava i contenuti immessi in rete selezionandoli, indirizzandoli, correlandoli, associandoli ad altri. Sempre nel 2022 il Tribunale di Milano (ordinanza del 15 febbraio) ha attribuito un ruolo attivo alla piattaforma Farfetch in ragione dei servizi di promozione, conclusione dei contratti, organizzazione della consegna e assistenza clienti.