Lo scudo non protegge dal reato di riciclaggio

9 Marzo 2020

Il Sole 24 Ore 25 FEBBRAIO 2020 di Antonio Iorio

CASSAZIONE

Lo scudo non protegge dal reato di riciclaggio

Configurabile il concorso tra sottrazione fraudolenta e autoriciclaggio

Si commette riciclaggio in caso di somme detenute all’estero, frutto di evasione fiscale di decenni precedenti, regolarmente scudate e poi trasferite sui conti degli interessati. A fornire questa rigorosa interpretazione è la Corte di Cassazione sezione 3 penale con la sentenza 7257 depositata ieri. In estrema sintesi, secondo i giudici di legittimità, è irrilevante ai fini della sussistenza del riciclaggio che le singole operazioni poste in essere siano tutte lecite (nella specie utilizzo scudo fiscale, deposito su conti cointestati, donazione delle somme) in quanto occorre far riferimento alla sola finalità del soggetto agente volta a schermare la provenienza delittuosa del denaro o dei beni.

Nella vicenda veniva sequestrata una significativa somma proveniente dai delitti di evasione fiscale, contrabbando e truffa commessi a metà degli anni 90, perché secondo l’accusa era stata realizzata la condotta di riciclaggio articolata in una pluralità di atti nell’arco di quindici anni. Uno degli indagati, in estrema sintesi, socio di una impresa svizzera, nel 2000 depositava somme in conti elvetici. Dopo alcuni anni (2003) le somme rientravano in Italia attraverso lo scudo fiscale e venivano depositate su conti a lui intestati con delega ad operare ad altro soggetto. Successivamente con una serie di operazioni e con un atto di donazione le somme erano definitivamente trasferite (nel 2015) a un terzo soggetto

La difesa eccepiva tra l’altro, che tutte le operazioni contestate erano perfettamente legittime ed eseguite in modo trasparente. Era peraltro inverosimile che la condotta illecita si fosse perfezionata in circa quindici anni.

La Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso evidenziando che per la sussistenza del riciclaggio non è rilevante la liceità o meno dei singoli atti compiuti ma la direzione finalistica volta a schermare la provenienza delittuosa del denaro. Inoltre, il reato essendo permanente si consuma con il compimento dell’ultimo atto della sequenza (si tratta cioè di un solo reato a formazione progressiva).

Sempre ieri, la Suprema Corte (sentenza 7259) ha ritenuto astrattamente configurabile il concorso tra la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e l’autoriciclaggio. Ciò in quanto il provento del reato presupposto (nella specie la sottrazione) può consistere non solo in un incremento del patrimonio ma anche in un risparmio suscettibile di essere “riciclato”. Nella specie l’utilità della sottrazione fraudolenta si è realizzata nel risparmio di spesa non derivante dalla imposta evasa bensì dal valore dei beni sottratti alla garanzia patrimoniale.

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