L’inerenza segue l’attività svolta e non i ricavi conseguiti o potenziali

13 Aprile 2021

Il Sole 24 Ore 9 marzo 2021 di Laura Ambrosi

CASSAZIONE

L’antieconomicità non basta da sola a impedire la deducibilità degli oneri

L’ordinanza 6368 propende per una valutazione non di tipo quantitativo

L’inerenza di un costo va verificata rispetto all’oggetto dell’attività di impresa svolta e non con riferimento ai ricavi conseguiti o conseguibili. L’eventuale antieconomicità rappresenta al più un sintomo della estraneità degli oneri, di per sè non sufficiente ad escluderne la deducibilità.

A confermare questi interessanti principi è la Cassazione con l’ordinanza 6368/2021 depositata ieri.

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato ad una società con cui erano recuperati a tassazione costi per spese di sponsorizzazione. Secondo l’Agenzia si trattava di oneri non inerenti in quanto incongrui rispetto all’attività sponsorizzata, ed antieconomici, rispetto alle prestazioni ricevute. Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario che, per entrambi i gradi di merito, riteneva legittima la pretesa. La Ctr, in particolare, confermava l’indeducibilità nel presupposto che il costo fosse sproporzionato rispetto al potenziale «ritorno commerciale».

Il contribuente ricorreva così in Cassazione lamentando, sul punto, un’errata applicazione del principio di inerenza per la deducibilità dei costi e detraibilità dell’Iva. I giudici di legittimità, ritenendo fondata la doglianza, hanno innanzitutto ricordato che secondo un costante orientamento, per l’inerenza occorre verificare la correlazione del costo non tanto rispetto ai ricavi, bensì all’attività imprenditoriale nel suo complesso, con riguardo all’oggetto. Ai fini della determinazione del reddito di impresa, infatti, devono escludersi i costi estranei all’attività imprenditoriale. Ne consegue così che da un lato non assume alcuna rilevanza la congruità o l’utilità del costo rispetto ai ricavi, atteso che occorre un giudizio di inerenza di carattere qualitativo e non quantitativo; dall’altro l’antieconomicità rispetto al ricavo atteso costituisce un mero elemento sintomatico della carenza di inerenza.

Secondo la Suprema corte, tale elemento rappresenta un giudizio sull’opportunità dell’investimento effettuato e non sull’eventuale estraneità rispetto all’attività di impresa.

Il giudice d’appello, pertanto, aveva errato avendo fondato la propria decisione sulla correlazione tra costi e ricavi e non tra costi ed attività imprenditoriale.

La decisione è interessante poiché riguarda una frequente contestazione dell’amministrazione finanziaria. Non di rado, infatti, gli uffici disconoscono la deducibilità di un costo per assenza di «inerenza» non tanto rispetto all’attività nel suo complesso, ma perché considerato eccessivo rispetto ai servizi ricevuti ovvero inutile per i ricavi conseguibili o conseguiti.

La Cassazione ha ormai da tempo escluso la legittimità di simili contestazioni che costituiscono in realtà valutazioni quantitative dell’investimento effettuato dall’impresa, per di più postume rispetto al sostenimento del costo. È evidente, infatti, che nessun imprenditore potrebbe avere certezza del buon esito del proprio investimento ed infatti, il legislatore ha ancorato l’inerenza proprio all’oggetto dell’attività di impresa svolta e non ai ricavi conseguiti.

Doing business in San Marino

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