Le verifiche complesse sul fornitore esulano dai poteri del cessionario

6 Agosto 2025

Il Sole 24 Ore lunedì 28 Luglio 2025 di Lorena Di Fiore e Gennaro Nunziato

L’infedeltà fiscale e l’assenza di elementi caratterizzanti la struttura del fornitore (dipendenti, locazioni immobili, eccetera) non sono validi indizi per dimostrare l’inesistenza delle operazioni e il coinvolgimento nella frode fiscale del cessionario/committente, perché questi non può verificarli, non essendo dotato degli strumenti di indagine di cui dispone l’amministrazione finanziaria. È l’interessante decisione della Cgt di primo grado di Reggio Emilia (sentenza 129/2/2025; presidente e relatore Montanari).

L’Agenzia contesta l’oggettiva inesistenza delle operazioni intercorse tra Tizio e tre imprese operanti nel campo dell’edilizia. Le operazioni consistevano in semplici prestazioni di mano d’opera edile e sono state realizzate con il meccanismo dell’inversione contabile. L’Agenzia considera cartiere le tre imprese, perché prive di una struttura organizzativa (assenza di beni strumentali, mancanza di dipendenti, eccetera) e a causa dei loro inadempimenti fiscali/contabili. La prova della consapevolezza di Tizio di partecipare alla frode fiscale sarebbe data dall’elevato grado di “infedeltà fiscale” delle imprese, rilevabile dalla consultazione dello spesometro. Tra l’altro, l’Agenzia applica la sanzione Iva prevista in caso di reverse charge per operazioni inesistenti in ipotesi di provata consapevolezza del committente, come stabilito dal “nuovo” articolo 6, comma 9-bis.3, del Dlgs 471/97 entrato in vigore il 1° gennaio 2023, nonostante i fatti fossero precedenti.

Il contribuente impugna gli accertamenti e osserva che le operazioni contestate riguardano semplici prestazioni di mano d’opera eseguite dai titolari e/o soci dei fornitori, per cui non assume rilievo la mancanza di una struttura organizzativa e di personale dipendente; produce documentazione (rilievi fotografici, cronoprogrammi, corrispondenza, attestazione di esecuzione dei lavori) volta a dimostrare l’esecuzione. Quanto al profilo della diligenza, il ricorrente eccepisce che la conoscenza della “infedeltà fiscale” dei fornitori esorbita dalle cautele che si richiede che il cessionario sia tenuto ragionevolmente ad adottare e fa presente di aver ottenuto da loro sempre un Durc regolare.

La Cgt di Reggio Emilia accoglie i ricorsi riuniti richiamando la giurisprudenza di legittimità conforme e valorizzando la documentazione prodotta a prova dell’esecuzione delle operazioni. Per i giudici, «ai fini dell’assolvimento dell’onere della prova della conoscenza o conoscibilità (…) dell’esistenza di una frode Iva consumata a monte della catena produttiva o distributiva», le cautele richieste al cessionario e/o committente – perché si escluda il suo coinvolgimento, anche solo per colpevole ignoranza, nella frode commessa a monte – «non possono attingere a verifiche complesse e approfondite», analoghe a quelle che l’amministrazione finanziaria avrebbe i mezzi per effettuare (Cassazione, 14102/2024).

La decisione è conforme al recente orientamento di legittimità per cui al contribuente non può essere richiesto di effettuare verifiche complesse sui fornitori, in quanto egli non dispone degli strumenti di indagine necessari, in possesso invece del Fisco.

 

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