Le criptovalute favoriscono l’autoriciclaggio
5 Agosto 2022
Il Sole 24 Ore 14 luglio 2022 di Giovanni Negri
La Cassazione sottolinea l’opacità delle transazioni per il grado di anonimato
La fisionomia del sistema di acquisto di bitcoin «si presta ad agevolare condotte illecite», visto che consente di assicurare un grado elevato di anonimato. Via libera quindi alla custodia cautelare per truffa e autoriciclaggio.
Lo afferma la Corte di cassazione con la sentenza 27023 della Seconda sezione penale depositata ieri. Nel confermare la misura cautelare anche per il reimpiego dei proventi dei delitti di truffa aggravata in attività speculative come l’acquisto di criptovalute la Corte ha così respinto il ricorso della difesa con il quale si sosteneva che le operazioni non avevano finalità speculative e che, in ogni caso, le regole del mercato di riferimento non permettono di nascondere l’identità dell’acquirente perché sono improntate alla massima trasparenza.
La Cassazione tuttavia non è stata di questo parere e ha innanzitutto affermato che l’indicazione normativa fornita dall’articolo del Codice penale sull’autoriciclaggio (648 ter.1) sulle attività in cui il denaro frutto del reato presupposto può essere impiegato o trasferito non costituisce un elenco formale, ma piuttosto individua delle macroaree, tutte collegate dalla caratteristica dell’impiego finalizzato a ottenere un utile, inquinando in questo modo il circuito economico. In questa prospettiva nella nozione di «attività speculative» può essere ricondotta una pluralità di attività.
Per quanto riguarda le valute virtuali, la sentenza sottolinea che queste possono essere utilizzate per scopi diversi dal pagamento e comprendere prodotti di riserva di valore per obiettivo di risparmio e di investimento. E allora , a differenza di quanto sostenuto dalla difesa che aveva valorizzato in termini di trasparenza le registrazioni sulla blockchain e sul distribuited ledger, è invece possibile garantire il massimo «anonimato (sistema permissionless), senza previsione di alcun controllo sull’ingresso di nuovi “nodi” e sulla provenienza del denaro convertito».
Inoltre, afferma la Cassazione, che è «ormai noto» il numero elevato di criptovalute utilizzate nel darkweb proprio per le caratteristiche di opacità: alcune di esse, soprattutto per l’uso di tecniche crittografiche avanzate garantiscono infatti un eccellente grado di privacy sia con riferimento alla persona dell’utente sia in rapporto all’oggetto delle compravendite.
Del resto, la disciplina antiriciclaggio ha provato a fare fronte alla nuova situazione anticipando la V direttiva in materia di criptovalute, valute virtuali e destinatari degli obblighi di prevenzione, affiancando queste misure a quelle penali previste dal Codice su riciclaggio e autoriciclaggio.