La rinuncia all’eredità cancella la responsabilità per i debiti tributari del defunto

9 Novembre 2020

Il Sole 24 Ore 3 Novembre 2020 di Angelo Busani

La rinuncia all’eredità, per effetto della sua caratteristica retroattività al momento dell’apertura della successione (articolo 521 del Codice civile), rende il chiamato all’eredità non responsabile del debito tributario del defunto, anche se la rinuncia intervenga dopo che, in epoca successiva all’apertura della successione, venga notificato un avviso di liquidazione, il quale sia poi divenuto definitivo per mancata impugnazione: la ragione è che, per regola generale, la responsabilità per i debiti ereditari (compresi quelli tributari) grava su chi, accettando l’eredità, assume la qualità di erede e non grava sul “semplice” chiamato all’eredità.

Lo decide laCassazione nell’ordinanza 24317 del 3 novembre 2020, nella quale, altresì, vengono altresì sanciti alcuni altri importanti principi:
a) se l’Amministrazione intende far valere l’intervenuta accettazione tacita dell’eredità (la quale impedirebbe l’esercizio della facoltà di rinuncia all’eredità), deve fornirne la prova (si pensi al caso del chiamato all’eredità che venda un bene ereditario o paghi un debito del defunto);
b) al chiamato rinunciante deve essere parificato il chiamato che non abbia accettato l’eredità, né espressamente né tacitamente, nei dieci anni successivi all’apertura della successione, poiché il decorso di detto decennio comporta la prescrizione del diritto di accettare l’eredità e, quindi, impedisce al chiamato di assumere la qualità di erede (rinunciare all’eredità dopo il decorso di tale decennio non produce alcun effetto e avrebbe solo una valenza meramente chiarificatoria);
c) all’eredità non può rinunciare il chiamato che decada dal diritto di rinuncia per effetto del possesso dei beni ereditari intrattenuto per un periodo superiore a tre mesi dopo l’apertura della successione, poiché, in tal caso, si produce un’irreversibile situazione di accettazione dell’eredità che non può essere posta nel nulla da una rinuncia (la quale, dunque, si rivelerebbe tardiva e anche in tal caso sarebbe improduttiva di effetto).

Tutto quanto fin qui riportato necessita di una precisazione quando il debito tributario sia quello afferente all’imposta di successione, in quanto, in questa ipotesi, per esigenze di certezza e di speditezza nella riscossione di detta imposta, è disposto che:
•i chiamati all’eredità sono esonerati dall’obbligo della dichiarazione di successione se, anteriormente alla scadenza del termine stabilito al termine per presentarla (di regola, un anno dall’apertura della successione) hanno rinunziato all’eredità e ne hanno informato per raccomandata l’agenzia delle Entrate (articolo 28, comma 5, del Dlgs 346/1990, il Tus, testo unico dell’imposta di successione);
•fino a quando l’eredità non sia stata accettata, i chiamati all’eredità rispondono solidalmente dell’imposta nel limite del valore dei beni ereditari rispettivamente posseduti (articolo 36, comma 3, Tus);
•al fine del calcolo dell’imposta (e cioè per l’individuazione dell’aliquota e della franchigia eventualmente applicabile), vi è da osservare la regola secondo cui l’imposta è determinata, fino a quando l’eredità non è stata accettata, considerando come eredi i chiamati che non vi hanno rinunziato (articolo 7, comma 4, Tus).

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