La presenza effettiva può fissare la residenza
11 Gennaio 2024
Il Sole 24 Ore 27 dicembre 2023 di Giuseppe Marini
PERSONE FISICHE I NUOVI CRITERI
Con l’articolo 1 del Dlgs sulla fiscalità internazionale, approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2023, sono stati riscritti i criteri attributivi della residenza fiscale per le persone fisiche. Per effetto di tale modifica la residenza fiscale viene oggi ricollegata a:
1 residenza ai sensi del Codice civile;
2 domicilio inteso come luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona;
3 presenza nel territorio dello Stato.
Tali requisiti, come era previsto anche nella precedente disciplina, sono tra loro alternativi; sicché, il verificarsi di uno soltanto di essi per la maggior parte del periodo di imposta è sufficiente ai fini della attribuzione della qualità di residente nel territorio dello Stato e della relativa tassazione dei redditi ovunque prodotti.
I nuovi criteri (quello del domicilio individuato in modo autonomo rispetto all’istituto previsto nel Codice civile e quello della mera presenza nel territorio dello Stato), pur essendo stati introdotti al dichiarato fine di semplificare e dare certezza nei rapporti fisco/contribuente, pongono dubbi interpretativi e di costituzionalità.
Prima della modifica era controverso il significato da riconoscere alla nozione di domicilio in base al Codice civile (richiamata dalla norma tributaria) il cui verificarsi per un periodo ultrasemestrale comportava l’attribuzione della qualifica di residente.
L’intervento normativo spariglia il quadro precedente. In particolare non sembra aver aderito in toto ad alcuna posizione giurisprudenziale laddove veniva comunque riconosciuta rilevanza ad affari e interessi patrimoniali, circoscrivendo la questione interpretativa alla prevalenza o meno di tali interessi su quelli affettivi e familiari.
Il nuovo domicilio (attributivo della residenza fiscale) viene, invece, individuato, nel luogo in cui si sviluppano in via principale le relazioni personali e familiari della persona. Non vi è più traccia degli interessi e degli affari economico-patrimoniali. Ciò significa che per attribuire la residenza fiscale l’agenzia delle Entrate dovrà procedere a una misurazione delle relazioni personali e familiari del contribuente e solo se queste si trovano in via principale in Italia il soggetto potrà essere considerato fiscalmente residente. Per relazioni personali cosa deve intendersi? Le amicizie? Se così fosse per emettere un accertamento l’Agenzia dovrebbe prima procedere al censimento degli amici sparsi nel mondo e se, a seguito di tale censimento, risultasse la prevalenza degli stessi in Italia (sotto il profilo quantitativo o qualitativo?) potrà/dovrà contestare la residenza al soggetto.
Non sembra un criterio di collegamento ragionevole difettando la giustificazione logico giuridica del principio di tassazione su base mondiale che dovrebbe essere individuato nell’appartenenza economica del consociato alla comunità stato.
Si poteva – in conformità a una parte della giurisprudenza – tutt’al più disegnare il nuovo domicilio (attributivo della residenza fiscale) nel senso che allorché gli interessi patrimoniali e quelli affettivi e personali non fossero riferibili a un’unica giurisdizione, dovesse essere privilegiata la lettura che dava prevalenza agli interessi di natura personale. Ma la lettera della nuova norma esclude (invece) del tutto la rilevanza degli affari patrimoniali. Il che potrebbe anche comportare una riduzione dell’estensione dei soggetti fiscalmente residenti. Ma allora cui prodest? Per superare tali dubbi si potrebbe sposare un’interpretazione conforme a Costituzione forzando il dato letterale per ricomprendere nella locuzione «relazioni personali» gli affari economico-patrimoniali. Ciò determinerebbe un ritorno al passato riproponendosi la dicotomia interessi patrimoniali/interessi affettivi.
Ulteriori perplessità si riscontrano nell’altro (nuovo) criterio della (mera) presenza ultrasemestrale in Italia. Finora la presenza fisica era correlata all’individuazione dei concetti di domicilio o residenza. Con le modifiche normative intervenute sarà da ritenere fiscalmente residente chi, per la maggior parte del periodo di imposta, è presente nel nostro Paese e ciò a prescindere da residenza e/o domicilio. È un criterio di collegamento che potrebbe anche lasciare spazio ad abusi nell’applicazione pratica.
In proposito si espone al rischio di essere considerato residente fiscalmente in Italia lo studente straniero che durante l’anno sarà presente per un periodo ultrasemestrale o la persona, residente e domiciliata all’estero, che si dovrà recare in Italia per prestare assistenza a un parente malato. Anche tale previsione pone dubbi di costituzionalità per violazione degli articoli 3 e 53 della Costituzione.
Vero è che l’operatività di questo criterio potrebbe essere esclusa nei casi in cui vi è copertura convenzionale per effetto della sottoscrizione di trattati contro la doppia imposizione da parte dell’Italia, dovendosi applicare il criterio delle tie breaker rules (articolo 4, paragrafo 2, del modello di convenzione Ocse). Ma, laddove non vi sia copertura convenzionale, il criterio si applica e potrebbe dare luogo a conseguenze irragionevoli. Forse sarebbe stato più opportuno introdurre questa previsione in forma di presunzione relativa.