La dematerializzazione di quote delle Srl va prevista nello Statuto

8 Ottobre 2025

Il Sole 24 Ore 13 Settembre 2025 di Mario Notari

Due nuove massime della Commissione società del Consiglio notarile di Milano (214 e 215 del 22 luglio 2025) chiariscono i dubbi interpretativi sulle quote dematerializzate di Srl.

La cosiddetta legge Capitali dello scorso anno (legge 21/2024) ha previsto che le quote di Srl Pmi possono esistere in forma scritturale in base all’articolo 83-bis del Tuf (Dlgs 58/1998). È, quindi, consentito assoggettare in via facoltativa le quote allo stesso regime delle azioni delle Spa quotate in borsa.

Sul piano sistematico, la novità è di grande rilevanza. Le quote di Srl, che siano standardizzate e che adottino la forma scritturale, finiscono infatti per sovrapporsi in tutto e per tutto alla nozione delle azioni di Spa con la medesima forma scritturale.

Al di là dei profili generali, la norma pone delicate questioni interpretative, che vengono esaminate dalle massime in questione. Anzitutto si afferma che la decisione volta ad adottare il regime della dematerializzazione deve necessariamente consistere in una modificazione dello statuto, mediante l’introduzione di un’apposita clausola.

La massima 214, inoltre, affronta l’aspetto forse di maggior incertezza interpretativa della novella. Si tratta della portata applicativa della dematerializzazione, al cui riguardo la massima afferma la legittimità di diverse ipotesi, che potrebbero sembrare non direttamente rientranti nella lettera della legge:

in primo luogo, si chiarisce che non può in alcun modo distinguersi tra le categorie speciali e le quote ordinarie: anche queste ultime, infatti, se vi sono altre categorie, costituiscono una categoria, e pertanto non vi sono motivi per negare l’ammissibilità della loro dematerializzazione;

in secondo luogo, si afferma che la dematerializzazione può riguardare tutte le categorie di quote in cui è suddiviso il capitale sociale: non è cioè necessario che vi sia almeno una categoria di quote non dematerializzate, né al limite almeno una sola quota non dematerializzata;

si sostiene inoltre che la dematerializzazione può essere prevista dallo statuto anche in mancanza di categorie di quote e, quindi, indistintamente per tutte le quote in cui è suddiviso il capitale;

infine, si ammette la dematerializzazione anche per le quote prive di indicazione del valore nominale, purché rappresentanti la medesima frazione del capitale sociale, analogamente a quanto dispone, per le azioni, l’articolo 2346, comma 2, Codice civile.

Al di là degli ulteriori problemi interpretativi affrontati dalle massime, vale la pena osservare che questa forma delle quote non riguarda la maggior parte delle Srl, con pochi soci e con ridotta circolazione delle quote. Essa potrebbe invece diventare molto interessante per i casi di società con un alto numero di soci e con loro possibile variabilità, vuoi perché raccolgono capitali con forme di crowdfunding, vuoi perché si aprono a mutevoli forme di partecipazione, come avviene per consorzi in forma di Srl o per società che si ritirano dal mercato pur mantenendo molti soci.

È chiaro che in tutti in questi casi l’aspetto decisivo consisterà nei costi di adesione al sistema multilaterale di negoziazione (a carico della società) e al ricorso agli intermediari autorizzati (a carico dei soci). È su questo terreno che si vedrà se il nuovo istituto rimarrà sulla carta oppure rappresenterà una valida alternativa alle quote iscritte nel registro delle imprese.

Professore di diritto commerciale all’università Bocconi, Notaio in Milano, Coordinatore della Commissione Società

del Consiglio Notarile di Milano

Doing business in San Marino

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