La crisi di liquidità non esonera dall’Iva

11 Aprile 2018

Il Sole 24 Ore 14 Marzo 2018 di Rosanna Acierno

Imposte indirette. Confermato l’orientamento in base al quale l’omesso versamento è giustificabile solo in caso di forza maggiore

L’omesso versamento dell’Iva può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore, a cui lo stesso non abbia potuto porvi rimedio per cause estranee alla sua volontà. È pertanto irrilevante la cosiddetta “crisi di liquidità” del debitore alla scadenza del termine per operare il versamento dell’Iva, poiché il debitore ha l’obbligo non solo di accantonare le risorse necessarie per l’adempimento dell’obbligazione tributaria, ma anche di adottare tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo.
Sono le principali conclusioni cui è giunta la Terza sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza n. 11035 depositata ieri, conformandosi ad altre precedenti pronunce di legittimità.
Si ricorda che, secondo quanto stabilito dall’articolo 10 ter del Dlgs 74/2000 (come modificato dal Dlgs 158/2015) è punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’Iva dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a 250mila euro (fino al 22 ottobre 2015 50mila euro) per ciascun periodo d’imposta. Inoltre, in base a quanto stabilito dall’articolo 13 del Dlgs 74/2000 (entrato in vigore dal 22 ottobre 2015) l’omesso versamento dell’Iva per importi superiori a 250mila euro non è penalmente sanzionato quando il contribuente versa integralmente le somme dovute all’Erario, comprese le sanzioni amministrative e gli interessi maturati, prima della dichiarazione dell’apertura del dibattimento di primo grado.
La pronuncia trae origine da un ricorso per cassazione di una sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Trieste proposto da un imprenditore che aveva omesso per il 2008 e 2009 di versare l’Iva dovuta in base alle dichiarazioni annuali. In particolare, l’imprenditore eccepiva la mancata considerazione da parte della Corte di Appello della circostanza che l’omesso versamento dell’Iva non era dovuto ad una condotta volontaria, bensì alla crisi di liquidità in cui versava la sua impresa a causa di enormi crediti vantati nei confronti di terzi, ma non riscossi. Inoltre, lo stesso imprenditore chiedeva, per l’anno di imposta 2009, il riconoscimento della causa di non punibilità, in forza del principio del favor rei, per aver provveduto al pagamento di quanto dovuto a titolo di imposta, sanzioni e interessi anche se però dopo il dibattimento di primo grado.
Pur annullando la parte di sentenza relativa al reato commesso per il 2008 perché, trattandosi di omesso versamento Iva per 200mila euro, ossia inferiore alla nuova e più alta soglia di 250mila euro, il fatto non sussiste, i giudici di legittimità non hanno riconosciuto per il reato commesso per il 2009 alcuna causa di non punibilità. Secondo la Corte, infatti, soltanto la comprovata assoluta impossibilità di adempimento dell’obbligo tributario è idonea ad escludere la punibilità del reato di omesso versamento dell’Iva, ma non di certo la mera difficoltà di porre in essere il comportamento omesso.

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