La Brexit ha bloccato il trasferimento in Italia delle società inglesi

11 Maggio 2022

Il Sole 24 Ore lunedì 25 aprile 2022 di Angelo Busani

DIRITTO DELL’ECONOMIA

Per effetto della Brexit, non è più possibile per una società di diritto inglese trasferire la sede legale in Italia, trasformandosi in una società di diritto italiano. Dagli articoli 1 e 1046 del Companies Act 2006 si desume infatti che la legislazione inglese non contempla il trasferimento della sede legale all’estero, né la possibilità di adottare una trasformazione in un tipo sociale proprio di un altro ordinamento, assoggettandosi ad esso (cosiddetta operazione di cross-border conversion o di trasformazione internazionale).

Lo afferma l’ufficio studi del Consiglio Nazionale del Notariato rispondendo al quesito (n. 56-2022/A; 31-2022/I) se una Limited di diritto inglese, con sede legale nel Regno Unito e iscritta nel registro delle imprese britannico, titolare di un immobile sito in Spagna, potesse trasferire l’attuale sede legale in Italia con contestuale sua trasformazione in società a responsabilità limitata di diritto italiano.

Secondo il Notariato, l’unico modo attraverso il quale è consentita la cancellazione dal registro delle imprese britannico (in base agli articoli 1003 e 1004 del Companies Act) è lo scioglimento volontario della società e, quindi, la cessazione di ogni attività da parte della società inglese.

La ragione di questa conclusione è che, dal 1° gennaio 2021, il Regno Unito è definitivamente uscito dall’Unione europea ed è scaduto con il 31 dicembre 2020 il periodo di transizione (previsto dall’articolo 126 dell’accordo di recesso) durante il quale, in base all’articolo 127, il diritto dell’Unione continuava ad applicarsi al Regno Unito. Pertanto, ora che la Brexit ha prodotto pieni effetti, il Regno Unito si deve sotto ogni profilo considerare Stato terzo rispetto all’Unione Europea.

Questo comporta che, in caso di trasferimento della sede di società britannica, non si possono più applicare i principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia Ue che, ampliando gradualmente la regola della libertà di stabilimento, consentono il trasferimento della sede all’interno dell’Unione europea in regime di continuità anche laddove la legge nazionale dello Stato di partenza o quella dello Stato di arrivo impongano lo scioglimento nel Paese di partenza e la costituzione di una nuova società nel Paese di arrivo.

Pertanto, la questione va trattata sulla base dell’articolo 25 della legge italiana 218/1995, che dispone che le società sono disciplinate «dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione», a meno che la sede dell’amministrazione sia situata in Italia oppure che in Italia si trovi l’oggetto principale della società, casi in cui si applica la legge italiana. Inoltre, il medesimo articolo 25 dispone che i trasferimenti della sede in un altro Stato hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi degli Stati interessati.

In sostanza, occorre effettuare un duplice riscontro, tanto della legge dello Stato di provenienza, quanto di quella dello Stato di destinazione e, quindi, è necessario che l’operazione di trasferimento della sede sociale all’estero sia considerata valida da entrambi gli ordinamenti. Ciò che accade per parte italiana, ma che non accade per parte inglese.

Doing business in San Marino

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